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Autore: Rory_chan    11/02/2007    5 recensioni
Eccomi con un'altra storiella niente male (spero)tanto per cambiare ho iniziato con una fic SakuSasu ma penso di continuare con altre coppie. spero che vi incuriosisca e non vi annoi troppo dato che vado principalmente sul romantico.
Genere: Romantico, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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E INFONDO, BASTA POCO PER ESSERE FELICI, DAVVERO

E INFONDO, BASTA POCO PER ESSERE FELICI, DAVVERO.

 

Lei era semplicemente lì. Adesso lo guardava ferma, immobile, non azzardando un solo passo. Semplicemente lei, bella in ogni suo particolare, del viso, del corpo, dei movimenti, bella in tutto quello che le apparteneva. E a lei, apparteneva anche lui. Solo una volta si erano incontrati dopo i vari avvenimenti, uno che li toccava nel cuore.

Solo una volta, e lui…la poteva uccidere, ci aveva anche provato… poteva toglierle in un secondo tutta quella bellezza che l’adornava. Ma adesso, lasciando da parte i ricordi, amari ricordi, lei era lì, in piedi, le mani le ricadevano inermi lungo i fianchi, strane scarpe bianche argentate le calzavano ai piedi, e lui, la guardava, studiandola, assaporando i giusti lineamenti di una ragazza cresciuta, uno strano vestito a coprirle il corpo, un vestito non adatto a quella situazione, lungo fino alle caviglie…bianco. L’ampia gonna si muoveva scostata dal lieve venticello estivo che si aggirava a quell’ora a Konoha. I fianchi fasciati dalla stoffa di raso bianco, un corpetto forse un po’ troppo stretto per lei, bianco. Tutto bianco. Quel colore, non andava affatto bene, non era il colore che si addiceva a loro, quello proprio No. Le spalle scoperte, tremarono appena, ma la ragazza continuava a stare ferma, non accennando a coprirsi o a muoversi…o a parlare. Non faceva assolutamente nulla. Lo fissava. Ed era quello che più lo innervosiva. Come poteva non parlare? Una buona volta, lui era disposto ad aprire bocca, a iniziare un discorso con lei. Ma infondo, non c’erano parole da dire, si capivano dagli intensi sguardi che si lanciavano a vicenda. Non c’era bisogno delle parole, eppure dovevano spiegarsi, una buona volta. Perché lei era lì? E soprattutto, perché proprio lui si era costretto ad andare in quel dannato villaggio, rischiando tutto, la vita, l’onore, l’orgoglio, perché lui era lì? Dannazione, perché? Non se lo spiegava. E adesso tutti e due, insieme, zitti, fermi, in piedi, si guardavano. La tensione era palpabile nell’aria, anche a diversi metri fra loro. Fu lui per primo ad abbassare lo sguardo, vergognandosi di non essere riuscito a mantenere quello della ragazza, vergognandosi di essere lì, semplicemente. Ma quel che era più semplice e che lui non capiva o cercava di non capire perché dentro di sé, sentiva che lui in questo momento doveva essere lì. Semplice, no? Cosa c’era da capire? Era la cosa più futile che potesse esistere. Strinse le mani in pugni e tremavano, non ne sapeva il motivo. Erano solo lui e lei, cosa in più? Niente assolutamente nulla. O forse…un qualcosa di complicato esisteva? Cosa impediva loro di essere felici, finalmente? Forse perché lui era un traditore assetato di vendetta e lei era l’allieva protetta dell’hokage. Due mondi completamente opposti. Lei il bene, lui il male. Ma gli opposti non si attraggono? Si, si attraggono eccome. Era tutto scientifico, no? Era tutto così irreale, quasi loro facessero parte di un film. Strinse di più le dita, fino a sentire le unghie graffiargli i palmi. Mentre lui commetteva questo movimento, così brutale, lei avanzò con passo sicuro, quasi ondeggiando, fino a quando non si fermò chinandosi per terra, poco distante da lui, e il suo movimento invece, era fluido…giusto. Lei raccolse un fiore… bianco, tanto per cambiare, ma quel colore lui iniziava proprio a non sopportarlo. Perché tutto è così bianco? Perché lei è bianca e io sono nero? Perché tu sei il male e lei è il bene, semplice.

“Sasuke-kun… queste sono le cosmee di Konoha, sai? Sono apprezzate in tutte le terre a noi confinanti…” poche parole, per far rialzare lo sguardo vacuo del ragazzo per posarlo su quella figura esile, che stava ancora chinata e si rigirava quel dannato fiore bianco fra le dita.

“lo so” e le sue, erano parole perse nel vuoto, senza nessun significato, solo per imprimere la sua superiorità in tutto, e forse, davvero non sapeva quanto sapeva lei. Un sorriso incurvò le labbra della ragazza che rialzandosi, scosse elegantemente il suo vestito.

“quasi non ti riconosco” disse lui, ancora, parole prive di significato, la riconosceva eccome, invece. Lei, gli infestava le notti, tutte, i pensieri, i sogni, gli incubi, tutto…tutto era parte di lei, e lei lo aveva fatto suo. La ragazza sorrise più apertamente, quasi un sorriso sfacciato, si portò le mani ai capelli e li sciolse da quella crocchia raffinata ed elaborata, solo per occasioni importanti, e lui, di quelle occasioni importanti non faceva parte, semplicemente. I capelli rosa le caddero sulle spalle nude coprendole appena, si estesero sulla schiena, toccandone il fondo.

“così mi riconosci?” chiese poi con voce dolce, quasi lo stesse prendendo in giro e lui, odiava essere preso in giro. “lo sai che non mi riferisco ai capelli” ed era vero. Quei capelli li conosceva bene, un tempo li poteva toccare, sfiorare tutte le volte che voleva, ma adesso era cambiato tutto, e loro ne erano a conoscenza. “lo so, ti riferisci al vestito vero? Sono scappata Sasuke-kun, come una codarda…come te” lui sospirò. Abbassò di nuovo lo sguardo non accorgendosi che quella figura quasi angelica si stava avvicinando a lui. Perché era così dannatamente sbagliato? Loro non dovevano essere lì, non insieme. Rischiava tutto lui e rischiava tutto anche lei. “non sono cambiata io, sai? Più che altro è cambiata Konoha. Peccato che tu non l’abbia vista, scommetto che ti sarebbe piaciuto vedere, davvero.” Uno stupido discorso. Non era per quello che lui era venuto, non era per quello che lei era scappata. “Sakura… io…non dovresti”  e perché no? Dopotutto era quello che lui voleva, perché?

“non mentirmi Sasuke-kun, ne ho abbastanza delle tue bugie… una buona volta dimmi la verità, non chiedo molto, solo la semplice, cruda verità.” Non chiedi molto ne Sakura? Chiedi tanto invece. Mi costa tanto dirti la verità e tu lo sai. La ragazza ondeggiò verso di lui, ingenuamente, come era solita essere, gli porse la cosmea che teneva ancora fra le dita, e senza un particolare motivo, lui la prese, non sapendo cosa farsene di un fiore, lui lo tenne fra le mani. “parla. Io sono scappata dal mio matrimonio per sentirti, adesso parla.” A lei era costato molto quell’incontro proibito. Mentre saliva all’altare lo aveva visto di sfuggita, e non ci aveva pensato due volte nell’inseguirlo e fermarlo, abbandonando tutto, dicendo addio a tutto quello che con fatica, aveva costruito, passo dopo passo. E per lui, non era facile. Per niente. Abbassò lo sguardo sulla cosmea, disgustato nel sentir mancare il coraggio di fissarla mentre parlava. “e guardami in faccia mentre lo dici, lo sai Sasuke-kun, a me è costato molto di più.” Non se la ricordava così decisa e antipatica, antipatica per non dire un’altra parola. Davvero, forse avrebbe fatto meglio a non andare in quel dannato villaggio, ad evitare quella situazione che adesso, lo prendeva tanto. Sarebbe stato tutto più semplice, ma quella era una sua seconda abilità innata, cacciarsi in situazioni poco adeguate a lui, e quella, era una di quelle. Un po’ confuso, vero? Rialzò forzatamente lo sguardo, la fronte madida di sudore gli faceva male, forse per lo sforzo di pensare alla cosa più giusta da fare. Posò l’attenzione dei suoi occhi neri, come le notti invernali, ma privi di stelle che brillavano serene, l’unica stella che splendeva adesso era lei, posò lo sguardo su di lei, così bella, raffinata, elegante, da mangiare solamente con gli occhi. Guardare ma non toccare. Eppure lui, voleva solo starle accanto. Le parole uscirono senza che lui se ne accorse “io temo di amarti” poche parole, ma piene di tutti i significati possibili per lei, che finalmente, sentì il suo dolore svanire nel petto. “perché temi?” una cosa sicuramente ingiusta, perché doveva avere paura? “perché non dovrei e tu, lo sai.” Sei freddo. Sei glaciale. Sei veramente antipatico. Mi fai male, sei solo capace di ferirmi, non sai fare altro. Niente.

“sei solo capace di ferirmi” ripetè lei guardandolo torva. Era davvero una cosa ingiusta.

“se ferisco te, ferisco me stesso e tu, lo sai.” Poche parole, insignificanti. Poche parole, davvero, non contavano nulla. Il sole cominciò a calare lentamente, illuminando i loro volti dalla luce rossastra, arancione, inondando i loro occhi dalla luce prodotta dal tramonto. Ed era davvero bello stare lì, da soli, loro due, su un prato verde costellato da vari fiori colorati, ma quasi tutti bianchi. Tutto bianco, tranne lui. E poi, una panchina poco distante da loro, un precipizio profondo che donava una bellissima vista del villaggio della foglia, sotto di loro. Così ingiustamente sbagliato. “lo sai…io adesso me ne devo andare, dubito che tornerò” e questa volta, la fermezza con cui la ragazza lo affrontava, svanì completamente, lasciando nella voce note di panico, paura. “no, ti prego! Non andartene un’altra volta, non lasciarmi ancora sola.” Una supplica, e questo lo atterrì più di quanto lo era prima. “non sei sola. L’unico che è solo qui, sono io.” Amarezza nella voce, abbandono. “hai la possibilità di non essere più solo, no? Ti prego, non mi lasciare, io ho mollato tutto per te, e ti ringrazio, perché se tu oggi non fossi venuto, io ora sarei sposata con un uomo che non amo” ed era la pura e semplice verità. Lei non amava quell’uomo, non l’aveva mai amato perché l’unico per il quale il suo cuore batteva, era lui. “non ho fatto una cosa giusta, forse sarebbe stato meglio così” le parole caddero nel vuoto, nel nulla, come cadde il cuore di quella ragazza semplicemente innamorata. “non dire così, ti prego. Se sei venuto qui, un motivo, ci sarà” un motivo ci sarà. Qual’era il motivo? Forse lui non sopportava più quella lontananza da lei, forse perché semplicemente l’amava, e avrebbe impedito che qualcuno gliela portasse via. Egoismo da parte sua. L’aveva abbandonata e ora pretendeva che lei non amasse nessun altro a parte lui. Forse avrebbe potuto farlo se le cose fossero andate diversamente, se lui fosse rimasto bianco com’era un tempo. “non fraintendermi, io sono qui solo per rivedere la mia città…” una folata di vento per dividere il resto della frase “…la mia vecchia città” ma non era assolutamente vero e lei, lo sapeva. “ti ho già detto di non dirmi bugie. Voglio solo la verità da parte tua” ma la verità già la sapeva, era inutile continuare a ripetere le stesse cose in un momento come questo. Lui abbassò nuovamente lo sguardo sulla cosmea, se la rigirò fra le dita, guardando i morbidi petali bianchi ondeggiare nelle sue mani. Fece qualche passo verso la ragazza e le infilò il fiore nei capelli, sistemandolo appena, giusto per mantenerlo in equilibrio e lei, piangeva. Tanto per cambiare piangeva e lui non lo sopportava, non lo aveva mai sopportato. “ti prego, non piangere, è inutile farlo, non c’è nessun motivo” ma avrebbe voluto farlo anche lui. Perché era così tutto dannatamente sbagliato? Perché? Lo aveva combinato lui quel pasticcio, tutto da solo. Terza abilità innata. Quante altre abilità avrebbe dovuto sopportare? Se sono queste, non ne avrebbe voluto avere, tranne quella che gli spettava di diritto. Davvero, tutti e due avevano sofferto già troppo. E senza volerlo lei si avvicinò, istintivamente, serrò le braccia al collo del ragazzo e si strinse a lui. E lui senza volerlo, istintivamente, serrò le braccia dietro la schiena della ragazza, la strinse a sé, forte, quasi per prenderla e portarsela via, quasi per non lasciarla più. Sentiva le lacrime di lei bagnargli la felpa. La strinse più forte. Sentiva le sue lacrime chiedere prepotentemente di poter scendere, ma non lo fece, non poteva piangere davvero. Nonostante il suo cuore adesso era in pace con sé stesso, nella sua testa impazzava una furiosa battaglia, era triste e felice insieme. Triste perché sapeva che quel momento sarebbe finito e avrebbe dovuto lasciarla. Felice perché si sentiva un po’ bianco. La sua anima si era riappacificata con il suo cuore e ora un po’ di nero era svanito. Bastava poco. Bastava poco per sentirsi meglio. “ti prego, portami con te” e altre parole, caddero nel vuoto della sua risposta silenziosa. “lo sai meglio di me che non posso. Il tuo posto è qui, ormai il mio è al villaggio del suono, lo sai.” Davvero cattivo. Davvero. Fece per divincolarsi dalle braccia della ragazza, ma lei lo strinse più forte, e questa volta, non lo avrebbe lasciato per nessun motivo. “no Sasuke-kun, non te ne andrai con un altro grazie. Te ne andrai con me.” E questo lo aveva deciso lei, punto e basta. Le bastava questo, poter stare con lui, per sempre, era quello che aveva sempre sognato. “vorrei, davvero, ma non posso, lo sai” e perché dovrebbe saperlo se lei non voleva saperne niente? “io non so un accidenti, Sasuke-kun, so solo che voglio stare con te e questo mi basta.” Basterebbe anche a lui, davvero. Basta e avanza. Nessuna risposta giunse da parte del ragazzo che continuava a farsi stringere da lei. Forse perché non c’era niente da dire, forse perché lui non sapeva cosa dire. Era così tutto dannatamente sbagliato. Lui sospirò, poggiando la fronte sulla spalla nuda della ragazza, privo di parole. “mi basta sapere che io amo solo te, e questa volta, sei tu che lo sai.” Aveva ragione, ma come potevano fare loro due insieme? Come accidenti avrebbero potuto fare? Il sole tramontante illuminava ancora di rosso le loro figure abbracciate, creandone un ombra molto romantica, un lieve venticello scompigliò i loro capelli, fece svolazzare la lunga gonna bianca della ragazza, fece volare via il fiore che stava ancora nei capelli suoi. Sospirarono, sia lei che lui. “non abbiamo futuro Sakura, andremmo solo incontro alla morte e io non voglio questo, per favore adesso lasciami, basta così” avrebbe voluto tenersi stretto a lei ancora un po’, ma sapeva che poi, sarebbe stato più difficile lasciarla, e lei ubbidì, lo lasciò dal suo abbraccio in modo che lui potesse allontanarsi di poco. “e se a me non importasse?” queste parole lui, le apprezzò molto. Almeno queste parole non erano prive di significato come lo erano state le sue. Non importava, sarebbero morti insieme, con la consapevolezza di amarsi e di vivere quel poco tempo a loro concesso felici, come non lo erano mai stati. “importa a me. Non m’interessa di morire, ma tu non lo meriti, davvero Sakura, non complicare le cose più di quanto siano già complicate” ed era dannatamente vero. Era tutto dannato com’era tutto sbagliato. “lo sai che Naruto sta per diventare hokage? Mi ha ripetuto più volte che se tu fosti tornato lui non ti avrebbe punito, e le sue promesse Naruto le mantiene, è ancora tuo amico, nonostante quello che hai fatto, non gli interessa, torna, saremo felici, e anche io le promesse le mantengo.” Una bella offerta. Decisamente bella. Ma c’era sempre un ostacolo da superare, quello rimaneva perennemente a rovinare tutto, a complicare di più. “non è quello il punto. Se io tornassi, Orochimaru verrà a distruggere Konoha, e io questo non lo voglio, sto cercando in tutti i modi di allentare o rimandare questo piano che Orochimaru vorrebbe già attuare, se io rimango lì, tu saresti salva, tu e Naruto e tutti gli abitanti di Konoha.” E purtroppo era vero. Non c’era soluzione, non c’era, qualcuno avrebbe dovuto soffrire di questa scelta, e quello sarebbe stato lui, perché aveva fatto tutto lui, ma quel che più lo innervosiva, era la testardaggine della ragazza che si trovava davanti, che scosse violentemente il capo. “attaccherebbe lo stesso, e poi…” sorrise infantilmente “…Naruto è talmente forte che solo lo aiutassimo io, te, Kakashi, sua moglie Hinata, Neji, Kiba, Shikamaru, Ino, Shino, Rock Lee, Tenten, Gaara e tutti gli altri, lo batteremo di sicuro… cerca di essere ottimista” si riprese nella foga di dire tutti quei nomi, “ci sono anche i nostri genitori a combattere, abbiamo alleati dalla sabbia, abbiamo Tsunade, abbiamo Jiraya, lo batteremo, con una buona alleanza, lo batteremo, vedrai” lo rassicurò e lui, non ebbe più pretesti per discutere. Abbassò lo sguardo sul prato, osservò il fiore che si trovava sotto di lui, bianco. Perché era tutto così puro in quel posto? Era tutto puro tranne lui. Lui si sentiva a disagio, non era lì che sarebbe dovuto stare. Sospirò. “fosse tutto così semplice…” e da bravo guastafeste rovinò quell’atmosfera che si era creata. Il sole ormai era calato del tutto lasciando spazio alla luna, alle stelle e al buio della notte. Il vento si fece più forte e questa volta la ragazza dovette coprirsi. Buttò indietro la testa e le stelle si riflettevano nei suoi occhi verdi, lasciando lui a guardarla incantato in tutta la sua bellezza. “ti amo” lui diceva poche parole, ma quelle, le azzeccava tutte. Poche parole e quelle erano le più piene di significato. Poche parole, solo due, per sentirsi veramente felice. Basta poco in effetti per essere felici. Si abbassò e prese il fiore che prima guardava con assiduità, fece solo un passo per essere di nuovo vicino alla ragazza e porgerglielo, con un piccolo sorriso incurvato sulle labbra. Bastava poco, davvero, per sentirsi più bianco di quanto non fosse mai stato fino adesso. Solo ora poteva di nuovo sentirsi parte di quell’ambiente che un tempo gli apparteneva. Solo ora si sentiva veramente completo. Avrebbe dovuto farlo prima. Ma meglio tardi che mai, no? La ragazza sorrise “anch’io” e ancora poche parole, più di un sussurro, trasportate dal vento, facevano sentire una persona felice. Si abbracciarono, il cuore che batteva veramente forte, colpa di un desiderio finalmente realizzato, poteva scoppiare. “non mi lascerai sola, allora?” poco più di un mormorio confuso della ragazza che adesso stringeva con tutte le sue forze colui che si trovava fra le sue braccia, una breve esitazione. “…no” ecco come un NO secco potesse essere la parola che fa gioire di più una sciocca ragazza innamorata. E lei si allontanò dolcemente, per mettere in contatto i loro sguardi, adesso così vicini, come mai aveva sperato, e si unì nel corpo con lui, accostando le morbide labbra a quelle del ragazzo e finalmente premerle una buona volta, per far sorgere quel bacio tanto aspettato, e adesso era veramente felice, era veramente lei, adesso sentiva caldo, sentiva caldo dove lui la stringeva, dove lui la toccava, dove lui la baciava, ovunque ci fosse la sua presenza, calda come lui non lo era mai stato, ma che stava imparando ad essere.

Le loro mani s’incontrarono, stringendo insieme quel fiore che teneva in mano lei, patto del loro amore. Si allontanarono lentamente, pronti poi a saltare su un albero e sedersi su un grosso ramo. Lei si tolse il vestito da sposa che ancora indossava, lo lanciò giù per terra, e quando questi toccò il prato, quel brusco tocco fu la fine della sua vecchia vita, quella falsa, mentre quella vera si faceva largo, come l’inizio di una storia d’amore verace e duratura, quella con l’uomo che amava davvero, quella con il suo Sasuke-kun. Lui si sedette appoggiando la schiena al tronco dell’albero, le gambe a cavalcioni sul ramo che penzolavano inermi e attendevano la ragazza, che non tardò ad arrivare, sedendosi davanti a lui, posò dolcemente la sua schiena sul petto del ragazzo, la testa abbandonata sulla spalla di lui, si sistemò con grazia coprendosi con la felpa che lui si era tolto per avvolgerla in un po’ di calore, ma tanto loro, nonostante girasse un leggero vento, avevano caldo, erano riscaldati dal loro amore, dalla loro passione, dalla loro amicizia, stavano semplicemente bene da soli.

E questo bastava, basta poco per essere felici, basta solo una persona capace di amarti veramente, basta solo la consapevolezza di non rimanere più solo, davvero, questo bastava.  

  
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