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Autore: adamantina    27/07/2012    8 recensioni
"Ci chiameranno eroi.
Diranno che è stato merito nostro se questa guerra è terminata.
Leggeranno i nostri nomi sui libri di storia e scriveranno saggi su di noi.
Ma noi, noi e chiunque abbia partecipato a questa guerra, sa che non ci sono stati eroi.
Ci sono stati martiri e ci sono stati reduci."
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Titolo: Ci chiameranno eroi

Autore: adamantina

Fandom: Harry Potter

Genere: Malinconico, Drammatico

Rating: Giallo

Avvertimenti: Slash, Het, One-shot, What if?

Personaggi: Hermione Granger, Harry Potter, Ron Weasley

Prompts: Personaggio femminile, frustrazione (non nominata), inchiostro

Introduzione: Ci chiameranno eroi.

Diranno che è stato merito nostro se questa guerra è terminata.

Leggeranno i nostri nomi sui libri di storia e scriveranno saggi su di noi.

Ma noi, noi e chiunque abbia partecipato a questa guerra, sa che non ci sono stati eroi.

Ci sono stati martiri e ci sono stati reduci.

Note dell’autrice: Le citazioni all’inizio e alla fine sono tratte dalla canzone “Nati ieri” di Raf.

 

CI CHIAMERANNO EROI

 

Ci vedrai già grandi, ci potrai capire

Se per un amore ci vedrai soffrire

Ma poi ridere di gioia e gridare ad una stella

Che la guerra è finita e che la vita è bella … “

 

 

Hermione si sedette alla scrivania, poggiando cautamente le mani sul piano di legno levigato.

La sedia era scomoda rispetto al letto in cui era stata sdraiata negli ultimi giorni, ma questo passava davvero in secondo piano rispetto alla situazione nel suo insieme.

Non era certa di poterlo fare. Deglutì a vuoto, quindi cercò a tentoni nel cassetto una pergamena, una piuma e un botticino di inchiostro. Impiegò qualche minuto, ma alla fine riuscì a poggiare sul tavolo tutto il materiale. Con gesti delicati, svitò il coperchio del calamaio e distese la pergamena davanti a sé, tenendola ferma con la sinistra per evitare che si arrotolasse su se stessa.

La parte facile era finita.

Prese fiato profondamente, inspirando l’odore lieve e appena percepibile dell’inchiostro, mentre si rigirava tra le dita la piuma d’oca, riflettendo, fino a graffiarsi involontariamente con la sua punta acuminata. Si portò il dito alle labbra, preoccupata, e constatò che da esso non usciva sangue. Si sentì sollevata –almeno non aveva macchiato la pergamena.

Chiuse gli occhi e quasi rise tra sé per il gesto inutile.

Non cambiava nulla.

Fu con una certa rabbia nervosa e determinata che intinse la piuma nel calamaio.

 

[Caro Harry,

vorrei che tu fossi qui per poterti parlare di persona.]

 

Strinse le dita sul gambo fragile di quello che un tempo era il suo oggetto preferito e che ora pareva uno strumento di tortura. Per scrivere quelle dodici parole, con una cura esagerata, doveva aver impiegato almeno dieci minuti. Respirò ancora, attingendo a quelle che aveva sempre considerato sue doti: pazienza, coraggio, saggezza.

Pazienza per accettare quelle difficoltà impreviste.

Coraggio per non lasciarsi cadere in una vana disperazione.

Saggezza per trovare le parole giuste da scrivere.

 

[Mi manchi.]

 

Desiderò improvvisamente cancellare quella frase, scritta impulsivamente, ma non poteva.

Si concentrò per impugnare meglio la piuma, per scrivere su una linea diritta, sforzandosi di ripetere gesti che erano stati automatici come respirare e che adesso le costavano una fatica sovrumana.

 

[Ho tante cose da dirti e temo dovrò ridurmi a scriverle.

Dicono che non ci si rende conto di ciò che si ha finché non lo si perde.

Ho scoperto che è vero, Harry, e non mi riferisco solo ai miei occhi.]

 

Doveva continuare a lottare, da vera Grifondoro. Aveva combattuto in guerra, non si sarebbe fatta atterrare da un gesto banale come quello della scrittura.

Cercò le parole giuste per esprimere ciò che era celato nel suo cuore.

 

[Potrei scusarmi all’infinito e non sarebbe ancora abbastanza.

Potrei giustificarmi e piangere, ma non servirebbe a nulla.

Tu lo sai quanto è difficile, vero? Certo che lo sai, sei l’unico che mi può capire.

Sto parlando di responsabilità.

Chi meglio del Prescelto può cogliere il vero significato di questa parola?

Te l’avevo giurato, Harry. Pensavo davvero che sarei riuscita a salvarlo.]

 

La disperazione riaffiorava lentamente insieme alle parole. Hermione ebbe un tremito violento, causato da stanchezza, paura e rimpianto, e il suo polso incerto urtò qualcosa.

Sentì il rumore del calamaio che si rovesciava e quello impercettibile, fluido dell’inchiostro che colava sul tavolo, sulla pergamena, sulle sue mani.

Era troppo.

Hermione emise un urlo furente.

Perché non riusciva più a far nulla da sola.

Perché la strega più brillante della sua età era del tutto impotente.

Perché presto sarebbe stata dimenticata da tutti.

Sarebbe rimasta sola.

Ben presto il grido divenne un singhiozzo irrefrenabile.

Sembrava che anche Hermione Granger potesse crollare, dopotutto.

 

Impiegò qualche minuto a riprendere il controllo di sé. Si asciugò le lacrime con irritazione e infilò la mano in tasca, estraendone la becchetta. La puntò davanti a sé, verso il punto dove credeva si trovasse la pergamena.

«Gratta e netta» disse decisa.

Era orribile non poter vedere il risultato dell’incantesimo, ma ritenne di essersi già auto commiserata abbastanza per quel giorno, e considerò che dopotutto i suoi incantesimi andavano quasi sempre a buon fine, specialmente quelli minori.

Riprese la penna, un nuovo calamaio e riprese il suo lavoro lento e metodico.

 

[Ricordo ancora la tua espressione quando la voce di Voldemort è rimbombata nel castello.

Eravamo solo io e te, in quel momento, e discutevamo di dove trovare il Diadema di Corvonero.

Tu hai chiuso gli occhi, hai capito che la battaglia era inevitabile.

«Ti prego, Hermione, giurami che lo proteggerai.»

«Te lo giuro, lo difenderò a costo della vita.»]

 

Forse avrebbe dovuto sentirsi esclusa per quella richiesta così sentita e protettiva del suo migliore amico, ma in realtà Hermione lo capiva.

L’aveva sempre sospettato.

Dovette posare la piuma sulla scrivania per riordinare le idee. Avrebbe voluto rileggere le sue parole, ma non era possibile, perciò si decise a continuare.

 

[È stata colpa mia.

Non lo nego ora, né mai lo farò.

Avevo Bellatrix Lestrange sotto il tiro della mia bacchetta.

Sarebbero bastate due parole, Harry, per vendicarmi della freddezza con cui mi aveva marchiata a sangue tempo prima.

Avrei potuto ucciderla. Avrei dovuto ucciderla.

Non l’ho fatto.

Alla fine mi è mancato il coraggio. Pensavo sarebbe stato più semplice, farsi consumare dall’odio al punto di togliere la vita, ma ho scoperto di non esserne capace.

Persino quando lei ha riso –ha riso, Harry- , ha puntato la bacchetta contro Ron, accanto a me per difendermi, e l’ha colpito con un lampo di luce verde, anche allora la mia bocca si è rifiutata di pronunciare quella stessa Maledizione che lei aveva appena scagliato.

Ha riso, Harry, l’ha fatto davvero, e mi ha chiamata “Mezzosangue codarda”.

E, nonostante tutto, io non l’ho uccisa.]

 

Non piangeva più. Le sue dita erano aggrappate alla piuma sottile come se si trattasse di un’ancora di salvezza, del suo unico punto di riferimento nel buio totale che ora la circondava, letteralmente e in senso figurato.

Avrebbe voluto vedere cosa aveva scritto. Era certa che i segni tracciati fossero strani e sbagliati, proprio come si sentiva lei.

Strana.

Sbagliata.

 

[Riesci a capire?

Tu, che hai avuto la freddezza necessaria per togliere la vita al Signore Oscuro, puoi comprendere come sia possibile che neanche in quel momento, sopraffatta dal dolore, io sia riuscita ad uccidere?

Se l’avessi fatto, forse la mia coscienza sarebbe macchiata in modo vergognoso e indelebile.

Se l’avessi fatto, Ron sarebbe ancora vivo.]

 

Non si fermò.

Tutte le sue energie erano concentrate nei movimenti affannosi della mano sul foglio, mentre prendeva confidenza con la sua nuova condizione di disabile.

Si bloccò soltanto quando quella parola le balzò nella mente.

Hermione era stata definita abile molte volte.

Era un’abile studentessa, un’abile strega, un’abile pozionista, un’abile pensatrice.

Ora tutto ciò aveva perso di significato.

Disabile.

Lo era davvero?

 

[So che lo amavi, Harry, l’ho sempre saputo.

Quando leggerai queste parole, forse penserai che, come sempre, ero due passi avanti a voi.

Non è così. Vi sono sempre rimasta dietro.

Vi seguivo alla cieca, con il desiderio bruciante di appartenere a qualcosa, a qualcuno.

Mi avete dato quello che cercavo: vi avrei seguiti fino in capo al mondo.

Avrei fatto qualunque cosa per dimostrarvi di meritare il vostro affetto.

Qualunque, tranne questa.

Qualunque, tranne uccidere.]

 

Aveva quasi finito, ormai, non poteva lasciarsi scoraggiare.

Ancora una volta, tirò fuori tutto il suo coraggio per combattere contro il desiderio di lasciarsi andare e distruggere la lettera.

Piuma e inchiostro erano contemporaneamente suoi alleati e avversari.

 

[Ho detto che mi dispiace, ma voglio essere sincera.

Se tornassi indietro adesso, avrei il coraggio di fare ciò che va fatto, conoscendone le conseguenze?

Sapendo che quella luce verde toglierà la vita al mio migliore amico, al tuo grande amore, e che una maledizione ad essa successiva, proveniente dalla medesima bacchetta, mi ruberà la vista?

Vorrei poter rispondere di sì.

Mentirei.]

 

Prese fiato, rileggendo mentalmente il discorso.

Avrebbe voluto potersi Smaterializzare da Harry e fargli le sue scuse di persona, ma lui le aveva urlato che era tutta colpa sua, che aveva infranto il suo giuramento, che non voleva vederla mai più.

 

[Non so se mi potrai mai perdonare.

E se anche lo facessi, le cose non sarebbero mai più come prima, non è vero?

Qualcosa si è spezzato.

Mi sono spezzata anch’io, alla fine, perché nessuno può piegarsi così tanto e restare integro.

Ma sto facendo il possibile per rimettere insieme i pezzi.

Sto reagendo, perché, per quanto sia dura, la mia vita continua.

Dovrò abituarmi a non vedere, dovrò rinunciare ad una delle cose che amo di più al mondo –leggere- e rassegnarmi all’idea che non vedrò più un tramonto, che non vedrò più te, con i tuoi capelli spettinati e quella vecchia cicatrice sbiadita.

Che non vedrò più Ron.]

 

Se solo rialzarsi e ricominciare fosse stato così facile.

La schiena di Hermione era ancora piegata, e le ricordava che era stata superba nel tentare con orgoglio di tenerla dritta, in una muta sfida contro il cielo.

 

[Ci chiameranno eroi.

Diranno che è stato merito nostro se questa guerra è terminata.

Leggeranno i nostri nomi sui libri di storia e scriveranno saggi su di noi.

Ma noi, noi e chiunque abbia partecipato a questa guerra, sa che non ci sono stati eroi.

Ci sono stati martiri e ci sono stati reduci.

Ron appartiene alla prima categoria; noi alla seconda.

Siamo ancora vivi, abbiamo ricevuto questo onore ed onere, pesante come un macigno, di portare con noi il ricordo di color che non ce l’hanno fatta, che sono rimasti vittime di una crudeltà razzista e ingiustificabile.

Dobbiamo trasmettere queste memorie a coloro che verranno dopo di noi, perché atrocità del genere non si ripetano, perché non ci sia più bisogno di martiri né di eroi.

Continuare a combattere tra i nostri stessi ranghi di vincitori, scaricandoci addosso colpe imperdonabili, non farà nulla di bene.

Ti chiedo perdono in nome della pace per cui abbiamo lottato, in nome del mondo che vogliamo creare. Ti chiedo perdono in nome di un’amicizia eterna che neanche la guerra può distruggere.]

 

Hermione deglutì ed ebbe un fremito.

Un ultimo sforzo.

 

[Ricordati sempre che ti voglio bene, che ti amo.

Ricordati che sei nei miei pensieri e nel mio cuore, e non dimenticare ciò per cui abbiamo combattuto. Ciò per cui anche Ron aveva accettato di sacrificarsi.

Con tutto l’affetto possibile,

per sempre tua

 

Hermione]

 

Appose la sua firma rapidamente.

«Fennec» chiamò subito, perché non voleva che ripensamenti successivi le impedissero di mandare la lettera.

Il gufo, un piccolo allocco che aveva acquistato per lei un’amica, la raggiunse velocemente e si appollaiò sul suo braccio teso. Con mani insicure, Hermione arrotolò la pergamena e gliela legò alla zampa tesa.

«Portala ad Harry» sussurrò, e il rapace si sollevò in volo, uscendo dalla finestra socchiusa.

Hermione rimase sola.

Tutto l’ottimismo che aveva cercato di trasmettere ad Harry in quella lettera in realtà non lo provava. Come poteva, sapendo tutto ciò che aveva perso? Sapendo ciò che l’aspettava?

Ripeté a se stessa che doveva rialzarsi, che forse un giorno, con l’aiuto di Harry e con il suo perdono, ce l’avrebbe fatta.

Ma in quel momento era sola, circondata da un buio nero e impenetrabile come le gocce d’inchiostro che gocciolavano silenziose dal tavolo e le macchiavano le mani senza che lei se ne accorgesse, e che avevano lasciato, su quella pergamena, una piccola macchia scura sulle parole “ti amo”.

 

Nati ieri siamo noi, siamo il futuro

Siamo preparati per un mondo duro

Figli di questa realtà, noi crediamo fino in fondo

Che domani sia migliore nonostante tutto.”

   
 
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