VI.
Se non fossi consapevole del fatto
che i prossimi minuti
saranno in tutta probabilità i più difficili
della mia vita, giurerei di
trovarmi in un film. La sera, a Roma, non è tanto fredda
quanto quella
londinese e il cielo è stellato, di un blu intenso e quasi
magico. È un vero
peccato sprecare una serata del genere e un panorama così
mozzafiato, per uno
stupido litigio scatenato da un’idiota.
Ben ha spalancato le finestre della
camera degli ospiti e
si è rifugiato in balcone: tiene i gomiti appoggiati alla
balaustra e lo
sguardo è lontano, quasi assente. Chissà,
probabilmente sta già pensando al
modo più giusto per lasciarmi.
Mi sembra
di essere finita in una terribile commedia-tragedia romantica: ancora
non so,
però, come finirà. Credo dipenda tutto da Ben e
da quello che uscirà dalla sua
bocca. Quando è sotto pressione, o nervoso, tende a dire una
marea di cavolate.
Con l’agilità
di un bradipo zoppo, mi isso sul cornicione,
in modo da poter vedere Ben in faccia. Lui, in una sorta di riflesso
automatico, afferra il mio braccio e mi tira un po’ in
avanti. Probabilmente
teme che potrei sfracellarmi al suolo da un momento
all’altro. Non che abbia
torto, in effetti. Con l’equilibrio che mi ritrovo, rischio
sul serio di
cadere. Quando mi sono stabilizzata, Ben si stacca, quasi come se si
fosse
scottato. Siamo arrivati già a questo punto?
Spero di no, perché non
ho intenzione di diventare la
Bella Swan della situazione. Si, ho letto Twilight e mi piace, ma io
non sono
così sfigata. Non mi ridurrò uno straccio solo
perché Ben ha deciso che è
troppo vecchio, per me.
Cielo, Edward ha
novant’anni e Bella non ne fa mica una
tragedia! Perciò, non ho intenzione di sentire una sola
parola in merito. Se
non sapessi che quando Ben ha intenzione di portare avanti un discorso,
di
solito lo fa fino alla fine, gli impedirei proprio di cominciare.
Ma, siccome so quanto gli piace
fare il tragico, resto
zitta, in attesa che trovi il coraggio di dire quello che pensa, evidentemente, dal primo momento in cui
ci siamo conosciuti. Merda, perché prevedo che non
finirà affatto bene?
«L’Italia
è bella. Sai, ci sono già stato.»
esordisce poco
dopo, in tutta tranquillità. Inarco un sopracciglio, senza
capire dove voglia
andare a parare, e non replico. O almeno ci provo, visto che le parole
mi
salgono alle labbra prima che io riesca a ricacciarle indietro.
«Non girarci intorno,
Ben.» lo supplico. Mi guarda
intensamente per qualche istante, poi sospira.
«Non ha tutti i torti,
sai?» con un cenno della testa
indica l’interno della casa. Visto? Lo sapevo io che quel
deficiente avrebbe
rovinato tutto. Maledetti italiani e maledetta la loro lingua lunga e
biforcuta. Se Ben mi lascerà per colpa delle insinuazioni di
Alessandro, giuro
che questa notte lo impicco con le lenzuola. Giuro.
«Senti,
Ben…»
«No, Morgan. Stammi a
sentire tu: sono troppo grande per
te.» mormora. Non mi guarda neanche. E io sento il cuore
sprofondare sempre più
in basso, lo stomaco contratto per il nervoso e un vago senso di
vertigine mi
assale.
Ora, non so se sono semplicemente
stanca per il viaggio in
aereo o se, cosa molto più probabile, sono vicina ad
un’incazzatura coi
fiocchi. Non posso credere che Ben metta in dubbio tutto ciò
che siamo per un’insinuazione
tanto stupida fatta da qualcuno che, tra le altre cose, non ha alcuna
voce in
capitolo.
Non rispondo, troppo presa dal
nervoso e dalla delusione. Se
parlassi adesso, sono certa che finirei con il dire qualcosa di troppo.
«Dieci anni sono tanti.
Troppi…» continua Ben,
imperterrito. Adesso, però, mi guarda. Cosa si aspetta, che
scoppi a piangere
qui, così? e dargli questa soddisfazione?
«Non la pensavi allo
stesso modo, quando siamo andati a
letto insieme.» replico, maligna. Vuole lasciarmi? Bene,
allora diciamo le cose
come stanno.
«Sono troppo piccola
quando si tratta di presentarmi ai
tuoi, o quando si tratta di farci vedere insieme, ma quando hai voglia
di fare
sesso i miei vent’anni non sono un problema. È
così, Ben? Dimmelo, avanti.»
incrocio le braccia sotto il seno, in attesa di una sua risposta. Che,
puntualmente, non arriva.
Ahi. Ora si, che mi viene da
piangere. È così, quindi: la differenza
d’età era il pretesto per lasciarmi. Non
posso credere di esserci cascata. E con entrambe le scarpe, poi!
Come sei stupida, Morgan. Illusa.
Ecco la verità.
«Si può sapere
che cazzo dici, Morgan?» sbotta Ben,
qualche istante dopo. Eh, certo, fa anche l’incazzato,
adesso. Come se avesse
ragione lui! Come se non fossi io, quella che ha appena scoperto di
essersi
innamorata di uno stronzo.
«Stronzo.»
farfuglio, passandomi rabbiosamente un pugno
sulla guancia. Quando ho iniziato a piangere? Non me ne sono neanche
accorta.
«Che pezzo di stronzo. Io
ci ho creduto, sai? Quando Brian
mi diceva che mi avresti preso in giro, che mi avresti spezzato il
cuore, non
gli ho mai dato ascolto. Che stupida.»
«La vuoi piantare di dire
cazzate, per piacere?» mi
blocca, tappandomi la bocca con una mano. Lo scosto bruscamente, poi
continuo
nel mio isterico monologo.
«Che deficiente. Ci
credi? Io, che porto avanti tutta ‘sta
stronzata del pirata! Io! Mi sono fatta fregare come una cazzo di
principessa
rincoglionita. Che cretina. Morgan il pirata. Ma dove? Cielo, neanche
Bella
Swan sarebbe tanto idiota. Beh, forse lei si. No, neanche lei.
Deficiente.»
«Hai finito?»
«Non ho neanche iniziato!
E tu, brutto stronzo che non sei
altro, come ti sei permesso di illudermi in questo modo? Ti vorrei
buttare giù
da questo cazzo di balcone, se non fosse che è troppo basso
e che non ti
faresti niente! Ah, quanto vorrei picchiarti!» inveisco
totalmente fuori
controllo.
Non posso credere di essere stata
tanto stupida. Dico davvero.
Sono una gran deficiente. Innamorarmi di Ben Barnes. Ma dai, a chi
volevo darla
a bere? È durata anche fin troppo, per i miei gusti. E anche
per i gusti di
Ben, evidentemente, perché altrimenti non mi lascerebbe.
Se penso a tutto le storie che mi
ha fatto affinché non
venissi a Roma, mi viene da ridere. Lui, che fa storie a me! E poi
viene
apposta a Roma per lasciarmi. Ci credo che è incazzato, ha
anche speso i soldi
del biglietto. Ci godo. Se lo merita. La prossima volta me ne vado in
Messico.
Ma quale maledetta prossima volta?
Ancora tutta presa dal mio
interessante sfogo psicopatico
e vagamente isterico, mi accorgo che Ben ha cominciato a ridere e mi
interrompo.
«Mi prendi anche per il
culo?»
«Ti rendi conto delle
stronzate che stai dicendo?» ride,
forte. Lo ammazzo. Davvero. Ora lo afferro per quella camicia del
cavolo – che bella,
è la mia preferita – e lo butto giù.
Forse se cade di testa si fa abbastanza
male, no?
«IO?»
«Non voglio lasciarti,
Morgan.»
Ecco, ora mi spezzerà il
cuore e… cosa? Non vuole
lasciarmi? E allora si può sapere perché ha fatto
tutto questo maledetto teatrino del balcone, con
l’espressione tragica,
assorta, affranta o come cavolo si dice, facendomi partire le
coronarie?
«Scusa?»
«Pensi davvero che quello
che dice quell’idiota potrebbe
indurmi a lasciarti?»
«Ma tu hai detto
che…»
«Non mi hai fatto finire
di parlare, come al solito.»
«Quindi non mi vuoi
lasciare?»
«No.»
Oh, questo cambia decisamente
tutto. Ed improvvisamente,
non so perché, mi sento parecchio deficiente. Secondo voi lo
sono davvero? Deficiente,
intendo. Secondo me si. E parecchio. Beh, tecnicamente Ben avrebbe
potuto
essere chiaro sin da subito. Essere un attore non lo autorizza mica a
fare di
tutto una tragedia. O no?
Non ci capisco più
niente. Mi strofino gli occhi,
probabilmente sbavando quel poco trucco che ho usato e che ha resistito
al
pianto. Poi tiro un pugno sul braccio di Ben, sperando di fargli male.
Vana
speranza, visto che comincia a ridacchiare senza ritegno. Ma si,
tranquillo. Prendimi
pure per il culo. Cosa vuoi che sia?
«Cos’era?»
«Doveva essere un pugno,
ma evidentemente non ha avuto l’effetto
sperato.» borbotto, risentita. Poteva almeno fingere che gli
avessi fatto male.
Insomma, non dev’essere poi così difficile, no?
«Mi dispiace. La prossima
volta fingerò di essermi
fratturato il braccio.»
«Davvero divertente,
Benjamin. Dico sul serio.» sarcasmo
allo stato puro, ecco cosa sono. Ancora una volta, Ben non riesce a
prendermi
sul serio, e si mette a ridere. Mi lascia un bacio sulla fronte, poi mi
abbraccia forte. Gli avvolgo i fianchi con le braccia, e nascondo il
viso nell’incavo
tra il suo collo e la sua spalla.
«Quindi non vuoi
lasciarmi…» ripeto, per l’ennesima
volta.
Proprio non mi capacito di questa cosa. Se non vuole lasciarmi, allora
cosa
vuole? Non che mi dispiaccia stare ancora con lui, eh! È
l’uomo che amo, e per
quanto io finga di essere forte, sono esattamente come Bella Swan: una
stupida mollacciona.
«Ancora? Non ho nessuna
intenzione di lasciarti. A dire la
verità, volevo chiederti una cosa…»
accenna Ben. Ogni traccia di divertimento è
sparita, sostituita da un tono serio e vagamente emozionato.
Il mio cuore perde un battito.
Questa volta, anziché scendere
nello stomaco, balza in gola. Non vorrà mica chiedermi di
sposarlo?
Vero?
Non so neanche cosa potrei dirgli.
Certo, ovviamente direi
di si, perché lo amo e tutto il resto. Ma io,
sposata? A vent’anni? Come lo dirò a Brian? E a
mamma e papà? Oh, merda. Non ce
la posso fare. No, assolutamente. È troppo, per il mio
povero, piccolo cuore. Ho
sempre pensato che sarei rimasta zitella a vita. Insomma, non
è che sperassi per davvero
di trovare un uomo
abbastanza pazzo da condurmi all’altare.
«Si, lo
voglio.» rispondo, in automatico. Ben sorride.
«Vuoi cosa? Non ho
neanche parlato!» protesta, poi. La sua
voce è di nuovo divertita. Non è che anche questa
volta vuole prendermi per il
culo? No, perché lo uccido sul serio, adesso.
«Non lo so, cosa vuoi
chiedermi?» rispondo, confusa. Non ci
capisco più niente, mi sento così frastornata, da
tutto quello che sta
succedendo. Oh, mamma mia, che faccio? Non so neanche più
dove sono.
«Cosa pensi che voglia
chiederti?»
«Non lo so!
Cosa?»
«Dimmelo tu.»
«Ben, non capisco
più niente. Ti prego, parla chiaro.»
«D’accordo…»
Un ultimo respiro, poi Ben si
inginocchia e dalla tasca
dei pantaloni tira fuori una scatolina in velluto rosso.
«Morgan Anderson, vuoi
sposarmi?»
E adesso lo so per certo: Bella Swan, al mio confronto, è una povera sfigata.
***
Signore, ci siamo. Questo è il penultimo capitolo. Personalmente, non credo che sia un granché, ma mi sono davvero divertita, a scriverlo. E un pò mi sono anche emozionata. Spero che non vi abbia deluso, o che la proposta non vi sia sembrata stupida, o troppo avventata. Nel prossimo capitolo, che sarà l'ultimo, avrete tutte le dovute e meritate risposte.
Davvero, spero che non vi abbia deluso, perchè mi dispiacerebbe moltissimo, ecco. Ho anche pensato di tirare la storia per le lunghe, ma non ce l'ho fatta. L'ho pensata così, corta, e così sarà. Niente, spero che vi sia piaciuto.
Fatemi sapere che ne pensate, ci conto!
Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e anche a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate. E a chi legge soltanto. Grazie di cuore.
Con affetto,
Fede.