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Autore: WilKia    28/07/2012    5 recensioni
Che cavolo ci faceva in quel posto dimenticato da Dio?
Ah, già.. non ho un posto migliore in cui andare.
Ricordò con una smorfia autoironica.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jaded
 
 
 
 
 
Rain sollevò la testa e aguzzò l’udito oltre il suono assordante delle casse attaccate all’ipod, che diffondevano le note dell’intro di Thunderstruck degli AC/DC.
Si ripulì rapidamente le mani sullo strofinaccio che teneva sulla spalla sinistra ed abbassò il volume sul riff di Angus Young pensando che prima o poi avrebbe dovuto provare a suonarlo.
Rimase in silenziosa attesa per alcuni istanti e stava quasi per rialzare il volume, quando il campanello suonò.
Allora non me lo ero immaginato.
Pensò con un sorriso.
“Santana – chiamò affacciandosi dalla cucina – puoi aprire per favore?”
Si risistemò la bandana viola intorno alla testa e ritornò ad occuparsi della cena.
“SANTANA!”
Richiamò dopo alcuni minuti in cui la ragazza non aveva dato alcun cenno di vita.
In quel momento il campanello suonò per la terza volta e Rain si ripulì di nuovo le mani, mentre correva ad aprire domandandosi che fine avesse fatto la latina.
“Ciao Quinn – salutò la ragazza che attendeva dietro la porta e che le rivolse un lieve cenno con la mano – scusa, non volevo lasciarti fuori, ma stavo cucinando e quella scansafatiche della tua amica è scomparsa non so dove.
Ma entra, non startene qui sulla porta.”
Concluse spostandosi per permettere alla bionda di entrare in casa.
“Grazie.”
Rispose Quinn attraversando la porta e fermandosi nell’ingresso.
“Accomodati e fai pure come se fossi a casa tua – la invitò indicandole il divano del salotto – io vado a chiamare la desaparecida.”
Si affrettò su per le scale salendo i gradini tre alla volta.
“Ehi ragazzina – chiamò aprendo la porta della camera della ragazza – Quinn è arriva…”
Si bloccò e balzò indietro, richiudendo rapidamente la porta.
Si appoggiò con la schiena al muro premendosi i palmi delle mani sugli occhi cercando di cancellarsi dalla mente l’immagine che aveva colto, anche se solo per un attimo fugace, entrando nella camera della ragazza.
Santana era stesa sul letto e dava le spalle alla porta, ma questo non le aveva impedito di notare la sua nudità, celata solo parzialmente dal lenzuolo drappeggiato intorno ai suoi fianchi. Con la destra teneva il cellulare premuto contro l’orecchio, mentre la sinistra scompariva sotto al lenzuolo.
Non serviva certo essere una veggente per capire chi fosse dall’altro lato della linea.
Rain scosse la testa e si fece un appunto mentale per ricordarsi di bussare sempre alla camera di Santana, anche quando era sicura che Brittany non fosse in casa, in modo da evitare di trovarsi di nuovo in una situazione simile.
Per fortuna Santana sembrava non aver notato la sua improvvisa e fulminea intrusione.
Scosse la testa ridacchiando, mentre tornava di sotto.
Aaah essere adolescenti ed innamorate…
“Allora, l’hai trovata?”
Domandò Quinn sollevando un sopracciglio curiosa, quando la vide ritornare da sola.
“Ehm… ora è… impegnata. È al telefono con Britt. Ci raggiungerà non appena avrà… ehm non appena le sarà possibile.”
Farfugliò vagamente imbarazzata.
Il sopracciglio di Quinn si sollevò ulteriormente, poi una luce di comprensione le illuminò gli occhi verdi e la ragazza ridacchiò.
“Benvenuta nel club – esclamò scuotendo la testa divertita – almeno tu non hai visto lo spettacolo completo, non sai quante volte le ho sorprese negli spogliatoi dopo gli allenamenti dei Cheerios, prima degli allenamenti dei Cheerios...”
“Durante?”
Domandò Rain con un ghigno divertito.
“No durante mai, sono due ninfomani, ma non al punto di rischiare l’ira della coach Sylvester.”
Affermò ridacchiando e strappando una risata leggera anche a lei.
Rain osservò il suo sorriso rilassato, notando che per una volta aveva abbandonato i vestitini che indossava di solito in favore di un paio di shorts azzurri e di una semplice maglietta blu scura.
“La cena temo non si cucinerà da sola, quindi dovrò tornare ad occuparmene. Mi fai compagnia?”
“Volentieri. Anzi, se ti serve una mano…”
Offrì Quinn alzandosi dal divano e seguendola in cucina.
“Quindi tu non hai l’avversione per i fornelli come la tua amica?”
“Diciamo che sono in grado di sopravvivere senza dover per forza ricorrere a ristoranti e fast food.”
“Ottimo, in questo caso – le disse porgendole una confezione di farina e recuperando la bottiglia del latte dal frigorifero – comincia pure a fare la besciamella.”
Senza attendere la risposta di Quinn si risistemò la bandana sui capelli, risciacquò accuratamente le mani e riprese a tirare la sfoglia che aveva dovuto lasciare a metà preparazione sul piano di marmo della cucina per andare ad aprire la porta.
“Ehm, Rain?”
Si sentì chiamare dopo alcuni istanti.
Si voltò verso Quinn, trovandola nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata, un’espressione di confuso imbarazzo stampata sul volto.
“Ho detto che sono in grado di sopravvivere… la besciamella so a mala pena cosa sia.”
Borbottò, mentre un lieve rossore le saliva alle guance.
Rain ridacchiò.
“Ok, scusa. Errore mio. Mmm… che ne dici di grattare il formaggio?”
Offrì conciliante.
“Sì. Quello posso farlo.”
Annuì lei con un sorriso timido.
 
Un misto di soddisfazione e malinconia indugiava sul viso di Santana, mentre scendeva al piano di sotto, ballonzolando svogliatamente da un gradino al successivo.
Era a metà della scala, quando avvertì il suono sommesso di due risate che conosceva bene.
Si affacciò alla porta della cucina e trovò Rain, le spalle voltate alla porta, comodamente seduta al tavolo, una mano a sorreggerle il mento e lo sguardo fisso su una teglia di alluminio usa e getta in cui Quinn, che aveva una bandana nera legata sui corti capelli biondi, stava versando un mestolo ricolmo di ragù.
“Quante volte ti ho detto che non sta bene spiare, ragazzina?!”
La richiamò l’ex-soldato senza voltarsi.
Come al solito.
Santana roteò gli occhi, mentre un piccolo sorriso le si formava sulle labbra.
La familiarità della frase detta da Rain e del suo atteggiamento avevano allontanato il moto di stizza possessiva che si era impadronito di lei per un attimo, vedendo Quinn intenta ad aiutarla in cucina.
Alle parole dell’ex-soldato, la bionda aveva alzato lo sguardo verso di lei, per poi sorriderle.
“Ehi, Q.”
La salutò con un cenno della testa.
“Ciao Satana. Come sta Britt?”
Domandò lei con una luce maliziosa negli occhi verdi.
“Bene, si sta divertendo. Oh, mi ha detto di salutarvi…”
Santana si avvicinò al tavolo e si allungò rapidamente attraverso il piano di legno fino ad immergere la punta dell’indice nella pentola del ragù per poi portarselo alle labbra.
“Ehi!”
Protestò Rain, tuttavia senza fare nulla per fermarla.
“Quante volte devo dirti di tenere quelle tue zampacce lontane dal mio sugo?”
Per tutta risposta Santana le rivolse uno dei suoi sorrisetti sarcastici prima di farle la linguaccia e allungarsi sul tavolo per rubare un altro assaggio.
Ma questa volta Rain non rimase impassibile.
Con uno dei suoi tipici scatti felini si sporse attraverso il tavolo afferrando il polso di Santana e tirandola verso di sé.
Santana emise un gridolino sorpreso sentendosi strattonare. Perse l’appoggio dell’altra mano e si ritrovò stesa sul tavolo, mentre Rain continuava a tirarla verso di sé.
Con una risata, Quinn sollevò la teglia su cui stava lavorando, mentre Santana scivolava sul tavolo fino a ritrovarsi seduta scompostamente sulle ginocchia di Rain che iniziò a farle il solletico senza pietà.
“Ti ho detto – ringhiò scherzosamente sovrastando il suono delle sue risate – di tenere quelle zampacce lontane dal mio sugo.”
“Va bene! Mi arrendo.”
Soffiò tra una risata e l’altra, cercando di afferrare i polsi sfuggenti di Rain per bloccare il suo attacco.
“Mi arrendo.”
Ripeté di nuovo, quando l’ex-soldato le diede un po’ di respiro.
In quel momento si accorse dello sguardo divertito di Quinn e si affrettò ad alzarsi dalle ginocchia di Rain, tentando di ricomporsi.
“Vieni Q. lasciamo a Rain la sua cucina e andiamo a scegliere che film guardare più tardi.”
Quinn spostò un paio di volte lo sguardo tra di loro, finché Rain non le fece un cenno affermativo.
“Andate pure – disse con un sorriso, mentre prendeva il posto della bionda e si rimetteva a lavorare sulla cena – ma per favore impediscile a qualsiasi costo di scegliere ‘L’Esorcista’ e ‘It’. Me li ha fatti vedere talmente tante volte che mi addormenterei alla prima scena.”
“Ok, farò del mio meglio – ridacchiò Quinn togliendosi la bandana – grazie del prestito.”
Concluse poi porgendole il piccolo drappo di stoffa nera.
Rain scosse la testa.
“Quella la puoi tenere.”
Disse semplicemente.
“Io non la uso mai…”
Aggiunse poi con una scrollata di spalle ricambiando lo sguardo confuso di Quinn con uno dei suoi mezzi sorrisi.
“Beh, allora grazie.”
Rispose lei riprendendo la bandana e rivolgendole un sorriso timido.
Santana sbuffò stizzita e afferrò Quinn per il polso trascinandola fuori dalla cucina.
“Se avete finito con queste smancerie, io vorrei scegliere il film per stasera.”
Borbottò contrariata, guadagnandosi un sopracciglio alzato da parte di Quinn e uno sguardo perplesso di Rain.
Ignorò entrambe e si diresse decisa in salotto, accompagnata dalla musica che tornava a diffondersi ad alto volume in cucina, sulle note di “Hotel California” degli Eagles.
Aprì seccamente il mobiletto dei DVD e iniziò a scrutare i titoli con sguardo inceneritore, non curandosi minimamente di rendere Quinn partecipe della scelta del film.
“Allora si può sapere che cosa c’era di tanto divertente?”
Sbottò acida, voltandosi verso Quinn con le mani appoggiate sui fianchi e una delle sue espressioni intimidatorie stampata sul viso.
Quinn sollevò un sopracciglio perplessa.
“Come siamo nervosette… e io che pensavo che il sesso ti migliorasse l’umore.”
Disse sarcastica.
Santana ci mise un momento a registrare ciò che le aveva detto.
“Eh?”
“Oh andiamo. Ho suonato il campanello tre volte e Rain ti ha chiamata talmente forte che l’ho sentita anche io dall’esterno. Non mi serve certo una sfera di cristallo per sapere di cosa stavi parlando al telefono con Brittany.”
Continuò sollevando il sopracciglio, omettendo, naturalmente, la conversazione che aveva avuto poco prima con Rain.
Santana incrociò le braccia sul petto e prese fiato, pronta a lanciarsi in una delle sue sparate.
“Andiamo San, sono io – la interruppe Quinn con un sorriso accomodante – non hai bisogno di stare sulla difensiva con me, probabilmente so di te e Brittany da prima ancora che lo sapessi tu stessa.”
Santana alzò gli occhi al cielo e scosse la testa prima di tornare a voltarsi verso i DVD.
“Allora – sbuffò con voce annoiata – c’è qualche film che non hai ancora visto?”
 
Rain infornò le lasagne e si sciacquò le mani sogghignando alle voci animate che le giungevano dal salotto. Evidentemente era in corso un battibecco in piena regola.
Prese tre lattine di coca-cola dal frigo e si diresse in salotto, dove le ragazze avevano già iniziato a vedere il film e si lasciò scivolare a terra sul tappeto, appoggiando le spalle al divano.
“Che film avete scelto?”
Domandò prendendo un sorso dalla sua lattina, mentre osservava le immagini sullo schermo.
“Haunting.”
Rispose Quinn afferrando la lattina che le stava porgendo.
“Già – intervenne Santana – la nostra Q ha scelto un film da mammolette.”
“È comunque un bel classico su una vecchia casa infestata. Gli effetti speciali erano ben fatti per l’epoca.”
Concesse l’ex-soldato.
“E poi, vale sempre la pena di vederlo anche solo per la presenza di Catherine Zeta-Jones.”
Aggiunse indicando lo schermo su cui l’attrice aveva appena fatto la propria apparizione.
“Amen!”
Rispose Santana con un sorrisetto, prendendo a sua volta un sorso di cola.
“E un film non deve essere per forza pieno di schizzi di sangue e arti mozzati per fare effetto – intervenne Quinn – anche la suspance è importante.”
“Mammoletta.”
Rincarò la latina con un ghigno.
Rain scosse la testa ridacchiando silenziosamente e si concentrò sul film, ma perse velocemente interesse. Ascoltare i continui battibecchi tra Santana e Quinn, che sembravano trovare un pretesto per bisticciare praticamente in ogni cosa, era molto più divertente.
“Rain perché non vieni qui sul divano con noi?”
Domandò Quinn durante una pausa dopo l’ennesimo scambio d’opinioni tra lei e Santana.
“Ora devo andare a sfornare la cena – rispose con uno dei suoi mezzi sorrisi – magari dopo mi impossesserò io del divano e confinerò voi due giovincelle sul pavimento.”
“Te lo puoi scordare, Capitan America!”
Soffiò Santana scompigliandole i capelli.
Rain non le diede nemmeno il tempo di allontanare la mano, le afferrò il polso e con un movimento fluido la trascinò a terra per poi prendere il suo posto sul divano.
“Oh, grazie di esserti offerta di andare a sfornare tu le lasagne al posto mio, ragazzina. Davvero molto gentile da parte tua. Sono commossa.”
Con la coda dell’occhio vide la risata che Quinn tentava, con poco successo, di nascondere dietro il palmo della mano.
Santana fece per ribattere, ma alla fine ci ripensò alzandosi da terra con aria annoiata e dirigendosi in cucina, seguita dallo sguardo sbalordito di Quinn.
“D’accordo – borbottò prima di lasciare il salotto – ma vedi di non farci l’abitudine, soldato.”
“Ma cosa…? Come?”
Balbettò la bionda spostando confusa lo sguardo tra Rain e il punto in cui era appena sparita la sua amica.
“Ma cosa sei una specie di esorcista?”
Domandò infine indicando l’ingresso della sala.
Rain ridacchiò.
“No, seriamente – continuò la bionda – non ho mai visto Santana… così.”
“Oh, ti assicuro che il suo cambiamento ha ben poco a che fare con me.”
“Io so solo che non ho mai visto Santana così… non so. Sembra più distesa, meno incattivita del solito. Non che abbia perso la sua solita lingua tagliente – precisò alzando gli occhi al cielo – ma la vedo… diversa.”
Sospirò arrendendosi al tentativo di trovare la giusta definizione per il cambiamento della sua amica.
“Ed è successo da quando tu sei arrivata…”
“Sta semplicemente iniziando a capire chi è. Chi è veramente. Ha iniziato a guardare dentro di sé e a capire cosa vuole davvero. E soprattutto sta smettendo di combattere contro sé stessa e si sta lasciando andare. Aveva già iniziato quando sono arrivata io. Le ho semplicemente tenuto la mano, mentre proseguiva. E continuerò a farlo finché ne avrà bisogno. Capire ed accettare sé stessi non è una strada facile.”
Quinn aveva abbassato gli occhi a quelle parole, prendendo a disegnare linee immaginarie su un cuscino che si stringeva in grembo.
“Anche per te è stato così difficile? – domandò titubante – sai, realizzare di essere gay.”
Rain ci pensò su, osservando il suo atteggiamento insicuro.
“Scusa – si affrettò poi a dire Quinn – forse sono troppo invadente, non mi devi…”
“Ero in una situazione completamente diversa.”
La interruppe Rain, attendendo che sollevasse lo sguardo prima di continuare.
“Io ero un po’ più grande e soprattutto ero già indipendente. Non dovevo rendere conto a nessuno di ciò che sono, se non a me stessa. Non avevo pressioni addosso. Nessuno che volesse che fossi la figlia perfetta.
Non che non sia stata dura anche per me. Solo che ciò per cui soffrivo non era il non riuscire ad accettare che fossi perdutamente innamorata di una donna, ma il dover accettare che quella donna non sarebbe mai potuta essere mia, perché il suo cuore apparteneva già a qualcuno, e andare avanti.”
“E ci sei riuscita? – domandò Quinn con un filo di voce – sei riuscita ad accettarlo e ad andare avanti?”
“L’ho accettato – sospirò con un sorriso malinconico – e ogni singolo giorno che passa mi sto sforzando di andare avanti.”
Concluse osservando lo sguardo triste di quegli occhi verdi.
Che cosa mi sto perdendo qui?
“Ehi voi due – chiamò Santana dalla cucina – vedete di alzare il culo da quel divano, perché se vi aspettate che vi porti di là la cena potete anche iniziare a imparare a vivere di sola aria.”
Le due ragazze ridacchiarono.
“Visto. Non è cambiata poi così tanto.”
Sogghignò Rain alzandosi dal divano.
“Oh, no. Grazie al cielo no.”
Ridacchiò Quinn seguendola in cucina.
 
 
Angolo della pazza
 
Il titolo appartiene ad una canzone degli Aerosmith che ho scelto perché… perché sì. Mi suonava in testa mentre scrivevo il dialogo tra Rain e Quinn, perciò.
 
Lo so. Questo è l’ennesimo, inutile, capitolo di transizione. E scriverlo è stato un autentico parto.
Ma non temete, nel prossimo una certa situazione inizierà a smuoversi, forse (e dico forse, perché tutto dipende sempre da quello che vorranno fare le mie dita nel momento in cui si poseranno sulla tastiera) addirittura si arriverà ad una rivelazione.
Staremo a vedere.
 
EhiEHI. Ebbene sì questa FF ha compiuto un anno… un anno e tre giorni per la precisione. Speravo di riuscire a postare questo capitolo proprio il giorno del suo compleanno, ma la mia white syndrome, aggravata da una notevole incazzatura per un esame per il quale mi sono preparata tutta l’estate (trascurando la scrittura) solo per poi vederlo rimandato a settembre, mi hanno impedito di farlo.
 
Quindi vi ringrazio di cuore. Tutti. A partire da chi mi ha seguita da subito, dai primi timidi passi di questa FF, ed è ancora qui con me. A chi dopo un po’ si è stufato e ha smesso perché, si lo ammetto, sta FF è lunghissimaaa e ancora non so nemmeno io quando e come andrà a finire. A chi all’inizio non mi ha considerata, ma poi ha deciso di dare un’opportunità a questo mio delirio.
 
E grazie grazie grazie infinite a chi mi ha anche lasciato il proprio parere e dato consigli.
 
Grazie a tutti.
 
WilKia >.<
 
   
 
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