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Autore: EvgeniaPsyche Rox    28/07/2012    8 recensioni
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.
-
[Questa storia ho iniziato a scriverla quando avevo tredici anni e, contando che adesso ne ho quasi diciassette, è normale che io abbia cambiato modo di scrivere, anche perché mi sto dedicando a generi differenti. Da un lato preferirei eliminarla perché i capitoli, soprattutto i primi, non sono scritti esattamente bene (Almeno, per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica). Ma ragazzi, le recensioni sono tante; questa è la prima long che ho pubblicato e mi sono affezionata.]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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[Titolo tratto dalla magnifica canzone degli anni '60 dei ''The Moody Blues'']

 

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Tutor And Boyfriend.

 

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19. Nights in white satin 

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«Non è possibile, non è possibile. No, no, ma come cavolo... No, no, non può essere vero, no!», ripetè come un disco rotto, buttando le coperte sul pavimento; si voltò con gli occhi lucidi verso i numerosi scaffali pieni di libri, i quali ora erano sparsi sul pavimento e sulla scrivania.
Afferrò per la terza volta lo zaino e vi infilò la testa dentro, sentendo poi il rumore di una matita colorata cadere sul pavimento; sospirò e posò la cartella, lanciando un'accurata occhiata alla stanza immersa nel caos più totale.
«Ma com'è possibile?», si continuò a chiedere mentre si piegava sulle ginocchia, allungando le mani sotto il letto, senza però riuscire ad afferrare qualcosa di concreto. «Come ho fatto a perdere una cosa così importante?», si sedette sul tappeto, sconsolato e afflitto; successivamente si morse furiosamente il labbro inferiore, cercando di pensare sul da farsi.
Non doveva farsi prendere dal panico. Non lui, una persona così pacata e riflessiva.
E invece sì. Proprio lui, una persona così pacata e riflessiva, si stava facendo prendere dallo sconforto più totale; si stava pur sempre parlando del diario che teneva ormai da più di tre anni, uno degli oggetti più importanti che possedeva. Il luogo dove vomitava i suoi pensieri, le sue emozioni più scavate e nascoste.
Ma, soprattutto, l'unico oggetto che era a conoscenza di ciò che voleva fare.
Appoggiò un dito sulle labbra con aria pensierosa, sforzandosi di ricapitolare tutto; due giorni prima aveva portato il diario a scuola perché in spiaggia desiderava scrivere qualcosa. Poi però aveva incontrato Axel e si era ritrovato a dormire a casa sua, quindi il diario l'aveva automaticamente portato a scuola anche il giorno dopo.
Di conseguenza...
Sospirò, alzandosi.
Quel maledetto diario o era rimasto a casa del suo tutor o era stato rubato da qualche suo compagno; in effetti, continuò a pensare, il giorno prima suo fratello aveva iniziato a frugare nel suo zaino, quindi c'era un'alta probabilità che il colpevole del delitto poteva essere lui stesso.
Ma perché mai Sora avrebbe dovuto rubargli il diario? A malapena sapeva leggere e inoltre non era un tipo del genere.
Scosse la testa, scartando immediatamente l'ipotesi.
Forse il diario era stato rubato a casa sua; se si escludeva Sora, rimanevano soltanto sua madre e suo padre. Quest'ultimo però era sempre a lavoro ed entrava in camera sua soltanto quando c'era lui, oltre al fatto che bussava alla porta per educazione.
Cancellò dalla mente il nome di suo padre e si concentrò sulla donna; certo, per essere impicciona lo era, ma davvero era in grado di cercare il suo diario soltanto per sapere che cosa gli passava per la testa?
Sì. Forse. Improbabile. Chissà. No. Impossibile.
Poi un lampo squarciò la mente del biondo che si tirò una manata sulla fronte: nessuno sapeva che lui scriveva su un diario da più di tre anni. Nessuno. Nè suo fratello, nè suo padre e neanche sua madre. Neanche Riku, tanto per citare una persona che passava un sacco di tempo a casa sua.
Nessuno.
Quel diario gli era stato regalato da Olette mentre stava mettendo in ordine la sua stanza e lui, insieme ad Hayner e a Pence, stava dando un'occhiata in giro: aveva così trovato quella sottospecie di quaderno in bianco e lo aveva mostrato alla giovane. «E questo?»
Lei aveva sbattuto più volte le palpebre e aveva sorriso appena. «Te lo regalo, se vuoi. Tanto a me non serve. Se non lo prendi, sarò costretta a buttarlo.»
Così lui aveva annuito e si era infilato l'oggetto nello zaino, ignaro che presto sarebbe diventato di fondamentale importanza.
Era molto improbabile che Olette fosse magicamente apparsa nella sua stanza giusto per riprendersi il diario; a quel pensiero assurdo scosse la testa, sospirando rumorosamente.
Aveva praticamente sprecato il suo Sabato pomeriggio a cercare quel maledetto oggetto; si massaggiò le tempie e alzò lo sguardo verso il soffitto, non sapendo più che cosa fare.
Forse lo aveva davvero preso qualche suo compagno di classe. Magari qualcuno aveva iniziato a frugare nel suo zaino e aveva trovato il diario, rubandoglielo per dispetto.
Improvvisamente corrugò la fronte; no, era praticamente impossibile.
Lui non si staccava mai dal suo zaino. Durante l'intervallo era l'unico che rimaneva in classe a leggere e durante le lezioni era ovvio che fosse seduto al proprio posto.
Allora come diavolo erano riusciti a rubargli un oggetto così grande da sotto il naso?
Poi si illuminò; e se in realtà il diario fosse scomparso addirittura prima di tornare a scuola? E se non fosse mai stato nel suo zaino, dopo la nottata a casa di Axel?
Due più due faceva sempre e comunque quattro, così come gli asini continuavano a non volare.
O il diario era diventato magicamente invisibile grazie ad una fata o a Babbo Natale, o quel pagliaccio di Axel glielo aveva davvero rubato. Se aveva avuto il coraggio di seguirlo per una giornata intera, non si sarebbe fatto sicuramente scrupoli a frugare nel suo zaino con tutta la tranquillità del mondo.
Ma non era quello a spaventarlo.
Era un'altra la cosa che aveva iniziato a farlo tremare in maniera incontrollabile: un altro pensiero.
E se Axel avesse letto tutto ciò che aveva scritto?




In realtà non aveva letto proprio tutto ciò che c'era scritto sul diario che ora teneva tra l'indice e il pollice come se fosse uno straccio sporco, sventolando a destra e a sinistra di fronte agli occhi stupiti e alla bocca un poco schiusa del ragazzo di fronte a lui.
«Ma hai capito il primino? Vuole scappare, assurdo!»
La Domenica successiva, dopo pranzo, aveva deciso di invitare Demyx a casa sua per parlare delle scoperte che aveva fatto; a Reno non poteva dire niente di niente, dato che era un fanatico del gossip fino al midollo e in meno di dieci minuti la notizia si sarebbe sparsa in tutta città fino a raggiungere le orecchie del biondo e della sua stessa famiglia.
«Oooh, il diario di Roxas, è incredibile!», commentò sordamente l'amico con le iridi luccicanti. «Potresti venderlo su e-Bay! Secondo me ci faresti un sacco di soldi!»
Axel ridusse gli occhi a due fessure, appoggiando il diario sulle proprie ginocchia. «Ma che cazzo stai dicendo? A chi vuoi che importi di uno stupido diario di un quindicenne qualunque?»
«A te è importato, per esempio.», osservò Demyx, inclinando il volto su un lato con aria ingenua; il fulvo trasalì e si grattò la nuca con aria leggermente imbarazzata. «Questo non c'entra.», borbottò poi, scrollandosi le spalle, cercando di deviare l'argomento. «Comunque, hai capito o no quello che ti ho detto?»
Il chitarrista sbattè più volte le palpebre. «Intendi quello che hai detto sulle nuove penne che si illuminano al buio?»
L'altro si tirò una manata sulla faccia, lanciando un'occhiata esasperata in alto, chiedendosi dove avesse la pazienza di sopportare una persona del genere. «No, quello non c'entra un cazzo adesso. Stavo parlando di Roxas. R. O. X. A. S. Got it memorized? Roxas, il fatto che vuole fuggire e ch-»
«Aaah!», lo interruppe immediatamente Demyx, annuendo. «Sì, Roxas e il suo lavoro del farsi toccare in discoteca!»
«Lui non si fa toccare da nessuno!», tuonò alzando improvvisamente la voce il diavolo dai capelli fiammeggianti, tirando un pugno sul tavolo sotto lo sguardo perplesso e confuso del compagno; successivamente il primo incrociò le braccia con un'espressione irritata dipinta sul volto. «E' la gente che allunga troppo le mani. Quei luridi bastardi.»
«Comunque non è una cosa carina leggere i diari degli altri.», mormorò il chitarrista, imbronciando le labbra. «E' da impiccioni.»
Axel alzò le spalle in un gesto di totale indifferenza. «Io sono il suo tutor e di conseguenza ho il diritto di sapere tutto su di lui.»
«Ne sei proprio sicuro?», chiese ingenuamente l'amico, sbattendo più volte le palpebre; il fulvo annuì, mentendo spudoratamente. «Ma certo. E poi non si accorgerà neanche che gliel'ho rubato.»
Demyx abbassò lo sguardo verso il diario e corrugò la fronte. «Ma la pagina strappata c'era già?»
«E-Eh? A-Ah, ehm... Sì, più o meno... », farfugliò impacciatamente il rosso, cercando di dare un'aria più presentabile all'oggetto. «Vedrai che con un po' di colla tornerà come nuovo.»
«Se lo dici tu...», mormorò il castano, leggermente titubante. «Ma adesso che cosa hai intenzione di fare?»
«Mi sembra ovvio, no?», domandò retoricamente Axel. «In un modo o nell'altro gli impedirò di fuggire.»
Successivamente scrutò con estrema attenzione l'oggetto che aveva appoggiato sulle proprie gambe; dopo aver letto del lavoro di Roxas, aveva chiuso con un tonfo il diario senza pensarci due volte, ignaro che, in realtà, poco più avanti, c'erano altre due pagine scritte che parlavano proprio di lui.
Demyx non disse nulla, limitandosi ad alzarsi per poi raggiungere la finestra con aria assorta, mentre il fulvo continuò a parlare: «Il problema è solo capire come impedirgli di fuggire. Tu hai qualche suggerimento? Anzi, no, lascia perdere, è meglio. Ogni volta che ti chiedo qualcosa non fai altro che peggiorare la situazione.», e fece un cenno con la mano; l'amico, però, non ascoltò una sola parola di ciò che aveva detto, limitandosi a mantenere le iridi rivolte verso il mondo esterno. «Non pensavo che Roxas fosse un tipo da bicicletta.»
«Eh? Ma che cazzo dici, Demyx? Smettila di delirare e ascoltami! Devo trovare un modo per impedirgli di fuggire.», spiegò Axel alzandosi e mettendosi una mano tra i capelli, sperando di farsi venire un'idea nel più breve tempo possibile.
«Non sembra che sia venuto soltanto per salutare.», continuò a mormorare il chitarrista sordamente; il rosso grugnì qualche imprecazione a denti stretti, estremamente irritato dalle frasi insensate del compagno. «Vuoi dirmi che diavol-», ma la domanda gli si bloccò in gola non appena voltò lo sguardo verso la finestra.
Un basso ragazzino dai capelli dorati e disordinati aveva appoggiato la sua bicicletta contro un palo, attraversando poi il marciapiede con un passo veloce e sicuro.
«Merda.», si lasciò sfuggire il tutor, alzandosi di scatto; strinse il diario tra le mani e lo consegnò immediatamente all'altro presente che lo guardò stralunato. «Nascondi questo coso. Muoviti.», e gli tirò uno spintone per condurlo in camera prima di voltarsi e raggiungere la porta d'ingresso senza lasciare tempo a Demyx di dire altro.
Proprio in quel momento si espanse il suono del citofono nella casa e il diciottenne deglutì rumorosamente, lanciandosi una fugace occhiata allo specchio per controllare il proprio aspetto esteriore; successivamente prese un respiro profondo e aprì lentamente la porta, ritrovandosi l'espressione indecifrabile di Roxas.
Strinse con nervosismo la maniglia e si sforzò di accennare un largo sorriso estremamente falso. «Ehi, Roxas! Ma che sorpresa!»
Il biondo rimase in silenzio per qualche secondo, limitandosi ad osservare un punto perso nel vuoto. «Spostati.», ordinò poi bruscamente, rialzando le iridi blu verso quelle smeraldine del tutor che corrugò la fronte. «E-Eh? Ehm, no, adesso non puoi entrare in casa.», e cercò in ogni modo di bloccare l'entrata al quindicenne. «Non immagini il disordine mostruoso che c'è!»
«Non importa. Spostati.», ripetè con più sicurezza il giovane, mantenendo lo sguardo fisso sul più grande.
«Adesso non posso farti entrare, Roxas. Se vuoi più tar-», ma non riuscì a terminare di parlare che il primino gli tirò improvvisamente una gomitata sulle costole, facendolo piegare in due dal dolore. «Ma sei scemo?! Mi hai fatto male, porca...», si morse furiosamente il labbro inferiore, stringendosi la parte colpita mentre il biondo lo superò con aria apatica, entrando finalmente in casa.
«Maledetto primino.», continuò a mormorare il fulvo, cercando faticosamente di rimettersi in piedi prima di voltarsi con fare terrorizzato, notando che Roxas si stava guardando attorno con estrema attenzione.
La sua unica speranza era Demyx.
A quel pensiero impallidì come un lenzuolo, deglutendo nuovamente; allora era certamente la fine, senza alcun dubbio.
Il giovane dagli occhi blu, nel frattempo, stava spostando tutto ciò che gli si parava davanti, aprendo tutti i cassetti possibili e guardando attentamente sotto i tavoli, i divani e le sedie.
«Insomma, Roxas!», si fece improvvisamente sentire il diavolo dai capelli fiammeggianti, incrociando le braccia. «Vieni qui senza preavviso, mi tiri una gomitata e adesso metti sottosopra casa mia? Sei proprio un bel maleducato del cazzo, eh.», a quell'osservazione il biondo si fermò un attimo, lanciandogli un'occhiata omicida prima di riprendere a cercare.
Il diciottenne allora sospirò pesantemente, affrettandosi a cambiare tattica. «Ehm, non ti andrebbe un bel gelato?»
Il primino richiuse un cassetto e si illuminò di una strana luce, avviandosi in cucina; Axel a quel punto tirò un sospiro di sollievo, mettendosi una mano sul petto.
«Reno ha comprato ben tre tipi di gelati, quindi hai un'ampia gamma di scelta.», cinguettò allegramente prima di assumere nuovamente un'espressione inorridita alla vista del ragazzo che aveva ricominciato ad aprire i cassetti, frugando tra le numerose posate.
«Si può sapere che cosa diavolo stai facendo?», chiese con finta irritazione il più grande; Roxas lo ignorò e si avvicinò al frigo, aprendolo con fare estremamente attento e indagatorio.
«Ma che caz-», sbuffò pesantemente con il naso, sforzandosi di non risultare troppo volgare. «Credi che io sia così pazzo da nascondere un diario nel frigorifero?», e non appena terminò di formulare quella domanda impallidì immediatamente, mettendosi una mano sulla bocca. «Oh, porca di quella...»
Troppo tardi. Il biondo si era già voltato, facendo cadere la lattina di Pepsi che aveva in mano prima di dirigersi con aria minacciosa verso l'altro, stringendo i pugni. «Axel, dimmi dove cazzo lo hai messo. Adesso
Il rosso si tirò nervosamente la stoffa della maglia, deglutendo per l'ennesima volta. «N-Non so proprio di che cosa par-»
«Dove cazzo è il mio diario, Axel?!», e questa volta il primino alzò il tono della voce, sentendo la rabbia ribollire dentro sé.
«Non so proprio di che cosa tu stia parlando. Io non ho nessun diario.», cercò di dire con fermezza il tutor, incrociando le braccia per sembrare maggiormente sicuro di ciò che diceva.
«Smettila di dire cazzate. Lo so che ce l'hai tu.», ribadì a denti stretti Roxas, sforzandosi di non sbraitare o mettersi a gridare come una ragazzina; Axel si limitò a scrollarsi le spalle con tutta la tranquillità del mondo.
Il ragazzo dai capelli dorati rimase in silenzio per qualche secondo, osservando un punto vuoto di fronte a sé; successivamente si illuminò nuovamente, lasciandosi sfuggire un sorrisetto sghembo prima di superare il più grande, uscendo dalla cucina.
«E adesso si può sapere dove stai andando?», chiese il diavolo dai capelli fiammeggianti al fantasma di Roxas; si massaggiò le tempie con aria spossata prima di trasalire di colpo. «Oh, merda, no, in camera mia, no, no!», trillò con fare allarmato, affrettandosi a raggiungere il quindicenne, il quale, nel frattempo, era sulla soglia della porta della sua stanza a bocca aperta.
Axel notò lo sguardo scioccato del giovane e corrugò la fronte, voltando finalmente gli occhi verso l'interno della camera: spalancò così automaticamente la bocca anche lui. «Porca miseria, Demyx, ma che cazzo hai fatto?!»
Il diretto interessato, che stava reggendo il diario tra pagine strappate, colla e scotch, alzò gli occhi verso gli altri due, grattandosi la nuca con fare impacciato. «Stavo sistemando il diario di Roxas.», spostò le iridi verso il diretto interessato e si illuminò, porgendogli l'oggetto dall'aria impresentabile. «Ecco qua, è tutto tuo!»
«Il... Il mio diario... », mormorò con aria afflitta il biondo, afferrando il quaderno tra le mani tremanti.
Demyx sorrise allegramente, pensando di aver fatto una buona azione; Axel, al contrario, assunse un'espressione preoccupata, sforzandosi comunque di parlare. «B-Beh, non è così male in fondo. Basta sistemarlo un po' e vedrai ch-»
«Axel, sta' zitto.»
«Ma no, ascoltami, ti posso spiega-»
«Chiudi quella cazzo di bocca.», scandì bene il biondo, osservando con estrema attenzione le iridi smeraldine del tutor; alzò poi la mano sinistra e gli tirò uno schiaffo senza pensarci due volte.
Il chitarrista sgranò gli occhi, mentre Axel appoggiò automaticamente il palmo sinistro sulla zona colpita, sibilando qualcosa sul tremendo bruciore; ebbe il forte impulso di ricambiare il colpo, ma poi pensò che in fondo se lo era meritato e che probabilmente quel ceffone aveva in qualche modo fatto sentire meglio Roxas.
Quest'ultimo, nel frattempo, voltò lo sguardo verso Demyx che si nascose immediatamente dietro la tenda, tremando. «Tirerei volentieri uno schiaffo anche a te, ma non lo faccio soltanto perché so che è tutta colpa di Axel.», e, dopo aver detto ciò, tornò a guardare il fulvo con un'espressione indecifrabile. «Sai, forse te ne avrei parlato apertamente. Te ne avrei parlato perché pensavo di potermi fidare di te.»
E quelle parole bruciarono molto più dello schiaffo. Gli bruciarono nel petto, gli provocarono un'ondata violenta che lo fecero irrigidere sul posto.
Rimase fermo, perfettamente immobile ad osservare un punto di fronte a sé.
Non si voltò neanche quando sentì Roxas andarsene.


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''Caro Diario,
ieri sera Axel (Il tizio che deve farmi da tutor) è venuto a cenare qui, insieme a me, Sora, Riku, i miei e Vanitas.
Lui mi osserva mentre leggo. Lo so perché ha detto che sembro assorto quando leggo. E che sembro perso in un mondo tutto mio.
Non è strano? Secondo me sì.
Poi questa mattina siamo usciti insieme e mi ha fatto una sorpresa. Mi ha portato in un bellissimo prato e abbiamo fatto una colazione splendida. Sono stato bene, anche se talvolta mi metteva un po' a disagio. Questo perché spesso mi fissa o mi si avvicina troppo. E' imbarazzante.
Poi è successa un'altra cosa strana.
Per caso ha visto la fotografia di me, Pence, Hayner ed Olette e io... Io sono scoppiato a piangere.
Quando mi sono accorto che avevo gli occhi bagnati volevo sprofondare tre metri sotto terra. Temevo che mi considerasse un bambinetto.
E invece no.
Mi ha consolato, anche se in modo un po' strano. Mi ha tenuto tra le sue braccia e mi ha accarezzato.
Mi piacciono le sue coccole.
Anche se lui è stravagante. Molto stravagante.
Successivamente mi ha portato a casa sua in moto e sono stato costretto ad aggrapparmi a lui per non cadere.
La sua schiena è molto calda.

Fuori c'è una bella arietta fresca e ci sono anche le stelle.
Mi mancano Hayner e Xion
Ti saluto.''




 

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Si disse che molto probabilmente era una di quelle persone che quando toccava una cosa la rovinava.
O la bruciava forse, chissà.
Sì, era sicuramente così. Non riusciva a mantenere niente integro. Doveva sempre combinare qualcosa, ferire le persone, soprattutto quelle a cui più teneva.
E, dopo aver passato un'ora sdraiato sul letto a fissare il soffitto, era giunto ad una conclusione schietta e semplice; lui ci teneva a Roxas. Eccome se ci teneva. Ci teneva da morire.
Il giorno precedente era magicamente scomparso. Di mattina, prima del suono della campanella, non l'aveva visto in cortile; durante la ricreazione non l'aveva trovato neanche in classe e nemmeno in bagno. Stessa cosa per la fine della giornata scolastica.
Eppure c'era. L'aveva chiesto a Sora e lui gli aveva detto che era stato presente.
Quindi, a quanto pare, era un tipo molto bravo a nascondersi; questo poco, ma sicuro.
Aveva provato a chiamarlo, ma il suo cellulare risultava sempre spento. Aveva deciso così di lasciargli un semplice messaggio in segreteria dove gli chiedeva scusa. Sperò soltanto che l'avesse ascoltato.
Sospirò e voltò la testa dall'altra parte.
Aveva pensato di andare a trovarlo a casa, ma temeva di ritrovarsi sua madre alla porta; sicuramente non si sarebbe fatta scrupoli a mentirgli, dicendogli che Roxas era fuori.
Si mise a sedere sul materasso e scrutò con aria persa i jeans che indossava.
Quella mattina, invece, era riuscito a vederlo di sfuggita all'uscita della scuola; aveva provato a chiamarlo, ma lui era subito corso via alla velocità della luce.
Non si sarebbe dato pace, di questo ne era certo. Per nessuna ragione al mondo lo avrebbe lasciato andare senza provare a parlargli, a scusarsi, a dirgli che gli dispiaceva.
Roxas era troppo prezioso e questo Axel lo aveva capito soltanto dopo quella lunga riflessione.
Guardò l'orologio digitale sul comodino e trasalì, imprecando a gran voce non appena si accorse che erano le ventidue e dieci minuti.
Si alzò immediatamente e si infilò una felpa leggera di colore nero, uscendo poi dalla stanza; incrociò Reno per i corridoi che gli fece un cenno con la testa. «Non ti sei ancora messo il pigiama?»
Axel scosse energeticamente la folta chioma scarlatta. «Io esco.»
«Eh? Cosa?», fece il maggiore, perplesso e stralunato. «A quest'ora? E dove vuoi andare?»
L'altro si limitò a scrollarsi le spalle con aria ambigua. «Devo uscire e basta.»
«Fai un po' come vuoi.», si limitò a borbottare Reno prima di avviarsi in bagno, sbadigliando; il diciottenne si affrettò ad uscire, richiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Raggiunse la moto parcheggiata a pochi metri di distanza e la cavalcò, accendendo il motore dopo aver lanciato una fugace occhiata nei d'intorni.
Nel quartiere non c'era praticamente nessuno e in quella notte di un fresco Martedì di metà Maggio regnava il silenzio interrotto soltanto dal rumore della sua moto che era finalmente partita.
Sentì il vento schiaffeggiarli il volto e i capelli, ma non vi fece caso; si limitò ad accelerare, iniziando a riflettere sul da farsi.
Era sicurissimo del fatto che Roxas fosse già uscito di casa, anzi; magari era già arrivato a destinazione. In fondo o andava a piedi o in bicicletta, quindi doveva pur sempre partire con un certo anticipo.
Ora il vero problema era un altro: come poteva capire qual'era il locale in cui lavorava?
Non sapeva neanche dove diavolo stava andando.
Strinse con maggiore forza i manubri, sibilando qualcosa di incomprensibile a denti stretti. C'erano parecchi locali nella città, ma, se la memoria non lo ingannava, quelli che di notte facevano anche da discoteca erano soltanto due.
E il primo era poco distante dalla casa di Roxas. Quindi c'era un'alta probabilità che quest'ultimo lavorasse proprio in quel locale.
Uno strano presagio si fece spazio nel suo stomaco e si accorse di avere il cuore che stava inspiegabilmente battendo più forte del dovuto; era agitato, doveva ammetterlo. Parecchio agitato.
E se non era quello il locale giusto? Avrebbe dovuto fare retromarcia e recarsi verso il secondo che si trovava praticamente dall'altra parte della città, perdendo così troppo tempo. Non gli restò che sperare, di avere fortuna, una volta ogni tanto.
Superò la casa di Roxas, nella quale riuscì ad intravedere le luci del primo piano accese e una lunga scala che collegava il giardino e la finestra della stanza del biondo; aumentò così ulteriormente la velocità e raggiunse il luogo prestabilito in una decina di minuti.
Sospirò pesantemente e socchiuse gli occhi per un attimo, accorgendosi di avere ancora il battito cardiaco estremamente veloce.
Spense il motore e scese dalla moto, udendo già la musica che proveniva dal locale. Iniziò ad incamminarsi con una certa lentezza, quasi si sentisse improvvisamente insicuro; e se si fosse ritrovato faccia a faccia con Roxas, che cosa gli avrebbe detto? Come avrebbe fatto a convincerlo ad abbandonare quel lavoro, se lui non gli rivolgeva neanche la parola?
Ripensò a ciò che aveva letto sul suo diario, alle ultime pagine intrise di rabbia, dolore; alla sua ansia, alle sue parole riguardanti coloro che lo toccavano in mezzo alla puzza di fumo e di alcool. Strinse i pugni, sentendo un'improvvisa scarica di rabbia attraversargli il corpo e accelerò il passo.
Semplice. Lo avrebbe costretto ad uscire da quel postaccio, anche a costo di prenderlo in braccio.
Entrò finalmente nel locale e la musica assordante che regnava gli trapanò i timpani, causandogli una fitta immediata alla testa; si chiese come diamine faceva un ragazzo come Roxas a sopportare una situazione del genere per quasi due ore.
Si appoggiò le mani sulle orecchie, iniziando a spintonare diverse persone per farsi strada; un'enorme quantità di luci colorate illuminavano l'ambiente ad intermittenza e una parte dei presenti era si stava cimentando in balli volgari, al contrario degli altri che erano seduti in piccoli tavoli o di fronte al balcone, intenti a chiacchierare tra di loro magari nella speranza di concludere la serata in maniera più accesa e infuocata.
Chiacchierare, poi. Axel era sicuro che se si fosse messo a parlare non sarebbe neanche riuscito a sentire la propria voce, figurarsi quella degli altri.
E, proprio come aveva scritto Roxas, c'era un tremendo odore di fumo e di alcool che avrebbero potuto mandare in tilt il cervello di chiunque. Nei bagni, continuò a pensare il rosso, chissà poi cos'altro c'era.
Notò una ragazza dai lunghi capelli biondi ricadenti in morbidi boccoli sulle spalle avvicinarsi a lui con un sorriso malizioso dipinto sul volto; Axel si scostò immediatamente, estremamente irritato.
Voleva solo trovare Roxas. Era quella l'unica cosa che contava davvero.
Si guardò attorno con estrema attenzione, sperando di incrociare quegli splendidi occhi blu da qualche parte. Eppure, tra tutte quelle luci, quella gente, quella musica e quell'odore risultava un'impresa quasi impossibile. Le persone sembravano mescolarsi tra di loro, formare un'unica massa che non faceva altro che peggiore la situazione.
Per non parlare del mal di testa che iniziava a farsi sentire.
Roxas. Doveva assolutamente trovare Roxas.
Sospirò pesantemente e decise di dirigersi nei bagni nella flebile speranza di trovarlo lì, quando la sua attenzione si focalizzò su una figura esile schiacciata contro il muro a causa del peso di un altro ragazzo, molto più alto di lui.
I capelli dorati che ricadevano disordinatamente sulla fronte; gli occhi di un blu intenso ora impauriti e spaesati.
«Roxas.», bisbigliò a fior di labbra, quasi sotto ipnosi; poi le sue iridi si illuminarono di una luce intensa e speranzosa, mescolata però alla rabbia che si era presa possesso del suo corpo. «Roxas!», e questa volta urlò, nonostante fosse perfettamente consapevole del fatto che il diretto interessato non l'avrebbe sentito; spintonò altre persone e corse, rischiando addirittura di inciampare, raggiungendo finalmente il giovane che però non si era ancora accorto della sua presenza.
Il ragazzo che lo stava praticamente tenendo incollato al muro era sicuramente ubriaco, dato lo sguardo vacuo e il sorriso sinistro sul suo volto. Axel non riuscì a vedere molto della suo aspetto fisico dato che i capelli erano nascosti da un buffo cappello bianco. E soprattutto perché, in fondo, non gli interessava più di tanto.
Non appena lo vide alzare la mano per toccare chissà quale parte del corpo di Roxas, lo precedette, tirandogli un pugno in pieno volto.
Fu istintivo. Non pensò nè alle conseguenze e non si interessò ad esse neanche quando vide il ragazzo cadere rumorosamente a terra con un rivolo di sangue lungo il naso.
Rimase immobile perfino quando lo guardò rialzarsi con aria spaesata ed estremamente infuriata al tempo stesso. «Ma che cazzo... Ehi, ma che cazzo hai fatto?! Sei fuori di testa per caso?!»
Axel non rispose e si limitò a voltare lo sguardo verso Roxas che aveva spalancato gli occhi e la bocca. «Sei tu che sei fuori di testa. E non permetterti più di avvicinarti a lui, tanto meno di toccarlo.», si osservò le nocche sporche di sangue e se le pulì sui jeans, avvicinandosi poi al giovane studente che sembrava essere paralizzato; gli afferrò la mano con un veloce scatto, trascinandolo nella parte opposta sotto alcuni sguardi incuriositi.
Soltanto alcuni perché la maggior parte dei presenti non si era nemmeno accorta di quanto accaduto, probabilmente abituati alle frequenti risse nel locale.
«Ehi, tu! Guarda che quello è il mio cameriere!», vide un uomo sulla quarantina bloccargli improvvisamente il passaggio con un'espressione piuttosto scocciata. «Roxas, torna immediatamente a lavorare o ti puoi scordare la paga.», il diretto interessato fece per rispondere, quando Axel lo precedette, stringendogli ulteriormente la mano con aria impassabile. «Roxas si licenzia, mi dispiace.»
«C-Cosa? Che cavol-», ma il biondo non ebbe tempo di ribattere che il tutor gli tolse in un attimo il grembiule bianco che indossava, lanciandolo addosso al padrone prima di raggiungere velocemente l'uscita.
Tirò un enorme sospiro di sollievo non appena riuscì finalmente a respirare aria fresca, pensando che essere in mezzo al silenzio notturno fu una sorta di benedizione; fece per socchiudere gli occhi, quando il giovane accanto a lui tolse violentemente la propria mano dalla sua, indietreggiando di qualche passo. «Ti rendi conto di che cosa hai fatto?! Per colpa tua ho perso il lavoro!», strillò con tutto il fiato che aveva in gola, cercando in ogni modo di soffocare i singhiozzi, senza risultati. «Sei... Sei... Sei un... Un... », venne scosso da un brivido e si aggrappò ad un muro, tremando violentemente.
Il più grande ignorò le sue precedenti lamentele, notando che era improvvisamente impallidito. «Roxas? Ehi, Roxas, stai bene?»
Il diretto interessato scosse la testa, circondandosi le spalle con le mani. «Io... E' successo tutto così in fretta.»
Si lasciò sfuggire un flebile singhiozzo e abbassò automaticamente lo sguardo, accorgendosi di essere preso dallo sconforto più totale. Aveva perso il lavoro e con esso si era sfumata la sua unica possibilità di tornare a casa da Xion e Hayner.
Ma davvero ci teneva così tanto a rivederli? Anche a costo di aver accettato quello sporco lavoro? E se Axel non fosse venuto, che cosa gli sarebbe successo?
Quest'ultimo pensiero in particolare lo fece scoppiare immediatamente in lacrime, costringendolo a coprirsi il volto tra le mani tremanti; rimase in silenzio ad ascoltare i propri singhiozzi finché non si sentì avvolgere da un caloroso abbraccio.
Alzò timidamente le iridi arrossate e incrociò il premuroso sguardo di Axel che gli stava accarezzando delicatamente la testa, stringendolo al proprio petto. «Roxas, adesso ascoltami. Ho sbagliato a prenderti il diario. Anzi, ho sbagliato a frugare nel tuo zaino, così come avevo sbagliato a seguirti quando sei uscito con Naminè. Vorrei tanto dirti che non lo rifarò più, ma sarebbe una bugia.», si interruppe per qualche secondo, permettendo al quindicenne di riflettere sul discorso iniziale prima di proseguire. «Io... Io penso che se dovessi tornare indietro nel tempo lo rifarei. Dimmi pure che faccio schifo, ma è così. Sono.... Sono un po' confuso attualmente, però io ci tengo a te. Ci tengo tantissimo, per questo sono qui, per questo ti ho portato via.»
Desiderò solo vomitare via tutto, tutti i pensieri e le emozioni che aveva provato insieme a lui. Non gli importò delle conseguenze; volle soltanto che Roxas sapesse.
Era l'unica cosa che contò davvero in quel momento.
Il biondo si ritrovò a stringere tra le mani la felpa del tutor, mentre quest'ultimo riprese la parola. «Non mi scuserò per averti fatto perdere il lavoro, sappilo. Non mi pento di nulla, niente di niente.», fece scorrere una mano fino alla schiena del giovane, prendendo ad accarezzarla con estrema delicatezza, quasi fosse timoroso di spezzare quel corpo così fragile di fronte al suo. «Quando ti avevo seguito l'ho fatto soltanto perché... Beh, perché mi dava fastidio vederti con un'altra persona. Per questo quando ho letto del tuo lavoro mi sono arrabbiato, ed eccomi qui, Roxas. Non ti libererai di me tanto facilmente, non adesso che ti ho detto tutto questo.»
Roxas avrebbe tanto voluto dirgli di stare zitto, di smetterla di alimentare quel fiume in piena di parole, di chiudere la bocca per un po', di lasciarlo in pace. Si sentì la testa scoppiare e gli sembrò che dentro di sé ci fosse in corso una sorta di guerra tra emozioni e sentimenti. Era tutto a soqquadro, tutto in disordine, un'esplosione mescolata a chissà cosa.
Eppure dall'altra parte desiderò ardentemente che non smettesse di accarezzarlo, riempiendo la sua anima di quelle rivelazioni così forti e travolgenti da distruggerlo. Distruggerlo anche in senso positivo. Distruggerlo perché stava crollando tutto per essere rimpiazzato da qualcosa di nuovo, più forte.
«Sarai un po' scosso», interruppe il breve silenzio Axel, notando che l'altro non cennava ad aprir bocca. «ma almeno lascia che ti dica un'ultima cosa.», gli afferrò con dolcezza il volto con entrambe le mani per potersi tuffare in quello splendido oceano ora in tempesta.
E se Axel non fosse arrivato in tempo, che cosa gli sarebbe successo?
«Sei incantevole.»
Successivamente sorrise e Roxas ebbe paura che presto o tardi sarebbe scoppiato.



 

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''Caro Diario,
ieri è stata una giornata orribile; ho fatto una figuraccia davanti a tutta la scuola, durante l'assemblea di Istituto.
E' stato tremendo. Dovevo parlare di fronte a tutti e sono scappato via a causa dell'ansia.
Sono proprio uno stupido, non è vero?
Sono corso in bagno e dopo un po' è arrivato Axel a consolarmi; è stato... E' stato molto gentile.
Così tanto che mi sono fatto coraggio e gli ho parlato del mio problema legato all'ansia; temevo che mi prendesse per matto, invece è stato comprensivo. Non lo facevo così... Così... Ecco, così, insomma.
Invece oggi siamo andati al Luna-Park. Axel ha invitato solamente me, ma sono venuti anche quel tonto di mio fratello insieme a quel rompipalle di Riku.
Non credo che Riku e Axel si vogliano molto bene. Non fanno altro che litigare come due bambini. Sono veramente irritanti, diamine.
Comunque, è stato... Strano. Dopo aver fatto le montagne russe (Ho rischiato di morire dalla paura, te lo assicuro!) io e Axel ci siamo allontanati da Sora e Riku; lui mi ha sfidato ad entrare in un tunnel dell'orrore e io, da bravo scemo, ho accettato.
Sono uscito sotto shock, sul serio. E' stato a dir poco spaventoso. Ma si può sapere chi è l'idiota che ha inventato quel gioco del diavolo? Meno male che c'era Axel insieme a me, altrimenti credo che sarei seriamente svenuto dalla paura.
Poi mi ha comprato lo zucchero filato e mi ha portato in tantissimi giochi. E' stato davvero divertente, era da un po' che non passavo così il tempo. Io credo che Axel sia una persona espansiva, forse anche troppo, dato che non fa altro che avvicinarsi a me nei momenti più inopportuni. Non è che mi dia fastidio, però... Però mi crea molto imbarazzo.
Alla fine della giornata ho incontrato Naminè che mi ha invitato a stare un po' con lei domani. Non vedo l'ora. E' una ragazza particolare. Credo che mi capisca. Per certi versi mi ricorda un po' Xion.
Chissà se a lei piace leggere, anche se non credo. Non fa altro che disegnare; perfino la mattina, nel cortile della scuola, quando non parla con Kairi (Una sua compagna), si mette a dipingere. E' molto brava. Spera di diventare un'artista e io glielo auguro con tutto il cuore.
Ad Axel penso che Naminè non gli stia molto simpatica; non appena la vede fa una faccia strana, quasi arrabbiata. Comunque poi lui mi ha regalato un pupazzo a forma di orsacchiotto: è bellissimo, mi è piaciuto un sacco.
Axel è davvero gentile con me, anche se io non lo tratto molto bene. Forse dovrei fare qualcosa per ringraziarlo, tu cosa dici?
Adesso vado a cenare e tra poco leggerò un po'.
Domani dovrò lavorare e solo il pensiero mi soffoca. Però devo farlo. Devo farlo se voglio tornare a casa.
Tanti saluti.''

   

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Rientrò silenziosamente nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Tirò un sospiro di sollievo, asciugandosi le labbra bagnate prima di focalizzare la vista verso la figura scura accanto al letto; successivamente si avvicinò al morbido materasso, coricandosi prima di socchiudere gli occhi.
Axel lo aveva accompagnato a casa con la moto, salendo poi nella sua piccola cameretta grazie alle scale per fargli compagnia; lui non aveva opposto più di tanta resistenza, dato che quella notte non se la sentiva proprio di stare solo in mezzo alle tenebre.
No, quella notte proprio no.
«Spero di non avere più l'odore dell'alcool addosso perché mi sono lavato una decina di volte con il sapone.», brontolò improvvisamente, sbuffando con il naso; udì l'acuta risata del tutor espandersi nella stanza e se lo immaginò scuotere la testa, com'era di sua abitudine fare. «Nah, non puzzi più di alcool, non preoccuparti.»
«Meno male.», riaprì del tutto le palpebre, spostando lentamente il volto alla sua sinistra, quasi timoroso di vedere Axel andare via. «Ho sonno.», disse poi, sospirando appena; il rosso ridacchiò nuovamente, sedendosi sulla sponda del letto per poi allungare il braccio verso la guancia del quindicenne, accarezzandogliela con gentilezza. «Beh, è normale, sai? Tutti di notte hanno sonno.»
«Ma dai? Non lo sapevo.», mugugnò ironicamente Roxas in risposta, rilassandosi immediatamente alle attenzioni del tutor.
Axel gli aveva fatto un sacco di rivelazioni, no? Perché non poteva provare lui per una volta ad esporre il suo pensiero?
«Axel?»
«Se mi chiedi di raccontarti una favola, la risposta è no, te lo dico già.»
Il biondo si lasciò sfuggire un flebile sorriso divertito e scosse timidamente la testa. «Volevo... Volevo solo chiederti se potevi rimanere qui con me.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti sorrise a sua volta tra le tenebre, chinandosi verso il volto del più piccolo. «Ma certo che sì. Ti prometto che resterò qui fino a quando non dormirai profondamente.»
Roxas si sentì immediatamente sollevato e cercò la mano del diciottenne per poterla stringere impacciatamente, lasciandosi sfuggire un sospiro impercettibile. «Axel, mi potresti dire ancora quella cosa?», interruppe nuovamente il silenzio con la voce impastata dal sonno.
Il diretto interessato inclinò il volto su un lato, perplesso. «Uh? Quale cosa?»
«La cosa che mi hai detto prima.»
Axel rise ancora. «Ti ho detto tante cose prima.», osservò con aria divertita.
L'altro dal canto suo parve piuttosto deluso e infatti imbronciò un poco le labbra, brontolando qualcosa di incomprensibile ad occhi chiusi; il fulvo sembrò riflettere per qualche secondo e se ci fosse stata la luce Roxas avrebbe visto improvvisamente le sue iridi smeraldine illuminarsi di uno strano luccichio.
Si avvicinò ulteriormente al biondo fino a sfiorare il suo orecchio sinistro con le proprie labbra. «Sei incantevole, Roxas.»
Quest'ultimo avvampò immediatamente e sorrise una seconda volta, sentendo il proprio cuore fare un salto di gioia.
E fu ancora più felice non appena Axel spostò le proprie labbra sulle sue per potergli regalare un candido bacio intriso di desiderio e passione; ebbe il forte impulso di ricambiare con altrettanta tenerezza, ma la stanchezza glielo impedì.
Gli piacevano le attenzioni di quello stravagante ragazzo. Eccome se gli piacevano.
Gli piaceva Axel. Tanto, tantissimo.
Stava per abbandonarsi tra i deliziosi sentieri di Morfeo, quando udì lo scricchiolio della porta che lo costrinse a spalancare di scatto gli occhi, facendogli salire il cuore in gola con un violento balzo.
E questa volta non fu a causa della gioia.
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*Note di Ev'*
Salve gente. Oddio, siamo già al capitolo diciannovesimo, assurdo. E i capitoli stanno diventando piuttosto lunghi, uhm. Mi auguro vivamente che non risultino pesanti in alcun modo.
Ma perché ogni volta faccio queste entrate in scena a dir poco penose?
Boh.
Allora, sì. Questo capitolo è diviso in quattro parti; un Roxas che cerca ossessivamente il proprio diario -Facendosi parecchie seghe mentali stile C.S.I per capire chi il colpevole-, un Axel e un Demyx che parlano allegramente prima dell'arrivo del biondo che fa il culo a tutti, poi di nuovo Axel che decide di salvare il nostro Roxey e, infine, il primino che si lascia coccolare dal suo tutor :'33
Sì, si lascia coccolare prima di sentire il sinistro rumore della porta. è_é Vi ho lasciati sul più bello, nh? Sono proprio una stronza, lo so.
Io... Io non lo so. E' un po' sdolcinata come cosa, o sbaglio? Non lo so perché mi escono queste cose ;_; Però, andiamo, dopo tutti quegli schiaffi, un po' di tenerezza ci voleva, uhm.
Che altro dire, ehm... Ah, sì; come avrete notato, come contorno (???) ci sono anche le altre due famigerate pagine di Roxas che Axel non ha letto. Che sfigato. <3
Avrei voluto pubblicare prima, ma desideravo ardentemente dedicarmi alla storia di ''Evanescenti giornate incorniciate da sguardi indiscreti''. E la prossima pubblicazione sono quasi sicura che sarà di ''Insidie interiori''.
Cioè, oddio, è un bel casino avere tutte queste storie in corso, però non riesco a trattenermi molto dal pubblicare ogni volta ç_ç'' Io e le mie strane fissa, già. Come quella di aver speso la mattinata cambiando per la millesima volta la mia presentazione. *Sospira con fare rassegnato*
Ma tralasciando questo, uhm... Sì, insomma, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di lasciare una recensione. Non immaginate quanto esse mi rendano felici. Sapete quanto tenga io a sapere i pareri altrui.
E ora vi lascio, sperando che voi stiate passando delle vacanze piacevoli.
Alla prossima.
E.P.R.

 

   
 
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