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Autore: Sigyn    29/07/2012    2 recensioni
Luna continua a fissare Millicent. Il gatto approva.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Luna Lovegood, Millicent Bullstrode
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sitting in a tree,
K - I - S - S - I - N - G






Millicent Bullstrode non aveva un bell’aspetto. Millicent Bullstrode non aveva un bel carattere.

Millicent non era una Pureblood, non era ricca, non era aggraziata e non aveva i voti migliori di tutta Hogwarts. Non era nemmeno vagamente interessante: era solo una ragazza troppo goffa, troppo robusta, troppo alta, con le spalle troppo larghe e i lineamenti del viso troppo mascolini. Il destino non le aveva riservato nemmeno una comoda, rassicurante anonimità, e nonostante questo era perfettamente normale che tutti la ignorassero.

Il problema, apparentemente, era spiegarlo a Lunatica Lovegood.

Al momento, l’altra ragazza era impegnata ad invadere il suo spazio personale all’ombra di uno dei tanti alberi nel parco di Hogwarts, fissarla con i suoi penetranti occhi grigi e giocherellare distrattamente con il suo gatto.

Il suo gatto. Agravain. Quello che una volta era arrivato abbastanza vicino a cavare un occhio a Goyle e spesso tentava di distruggere l’intero guardaroba di Pansy.

In quel momento, il felino traditore stava facendo le fusa a Luna, seduta a gambe incrociate di fronte a lei sul prato, le calze macchiate d’erba e di terra. I suoi capelli biondi sembravano catturare la luce del sole come tanti fili d’oro, e la collana – tappi di Butterbeer, notò Millicent: Pansy avrebbe storto il naso, e Daphne avrebbe riso, ma lei la trovava carina – le tintinnava lievemente al collo, mossa da una brezza leggera.

Millicent sbuffò. – Vattene. Questo è il mio posto – le intimò, riservandole uno dei suoi sguardi più torvi. Luna scrollò le spalle, senza distogliere lo sguardo. – Gli alberi non sono di nessuno – rispose, con quel suo sorriso svanito e gentile: - solo di se stessi -. Millicent batté le palpebre un paio di volte, ma, osservando la sua espressione calma e sicura, preferì non provare nemmeno a discutere.

Ci fu qualche secondo di silenzio, rotto solo dai miagolii di Agravain. Luna lo stava accarezzando, e lui sembrava apprezzare. Non stava nemmeno tentando di graffiarle la mano.

E Luna continuava ad osservarla.

I suoi occhi erano grigi come un cielo invernale, tondi e sporgenti ma in qualche modo semplicemente perfetti per il suo viso. Erano lontani, e allo stesso tempo così dolci e caldi. La guardavano come se fosse un animale strano, magari uno di quei cosi che Lunatica pensava infestassero il vischio. Istintivamente, li paragonò ai suoi, di un insignificante marrone, duri e freddi.

Millicent non era abituata ad essere osservata in quel modo – o osservata e basta. Non era il tipo di ragazza che ci si fermava a guardare una seconda volta: una era più che abbastanza, per ragazzi e ragazze, per capire che non era bella né affascinante, e neppure graziosa o carina.

- Smettila di fissarmi – sbottò, la voce gelida e tagliente.

Lunatica inclinò leggermente il capo, con aria confusa. – Perché? – chiese, in tono innocente e perplesso, grattando il gatto dietro un orecchio.

- Perché non mi piace essere fissata -. Millicent si passò una mano tra i capelli neri, corti e disordinati. Esitò qualche secondo, prima di continuare: - E poi, perché dovresti farlo? -. Ciò che la sorprese di più fu che non rimpianse di averlo detto, anche con quel tono incerto che in qualsiasi altra situazione l’avrebbe fatta sentire debole e stupida. Forse era perché la loro conversazione era già abbastanza surreale, forse perché lo sguardo sereno e attento di Luna la invogliava ad essere sincera – perché le ispirava fiducia, in un modo che nemmeno lei avrebbe saputo definire.

Luna rise, e Millicent si trovò a pensare che la sua era una bella risata, allegra e spontanea. – Non è un po’ da ipocrita? Tu stessa mi guardi in continuazione -.

E, in effetti, era vero. Le piaceva osservarla studiare nella Biblioteca, o leggere quell’assurdo giornale al contrario a colazione in Sala Grande, o andare a caccia di animali inesistenti nei corridoi della scuola. E non era certo la prima volta che si soffermava su quanto fossero belli i suoi capelli e i suoi occhi.

- Non lo faccio in continuazione! – le ringhiò contro. Si sentiva le guance in fiamme. Distolse lo sguardo, e cambio discorso: - Quindi, è per questo? Per ricambiare il favore? -. Era una vendetta bizzarra per un’offesa bizzarra, ma, in fondo, si trattava di Luna Lunatica Lovegood.

E poi, improvvisamente, le mani dell’altra ragazza lasciarono il pelo nero e morbido di Agravain – che miagolò irritato: probabilmente, era un altro gatto identico a quello di Millicent – e si posarono sulle sue, delicate. Millicent si voltò di nuovo verso di lei.

Il sorriso di Luna era diverso, ora, anche se Millicent non avrebbe saputo spiegare come. E poi, la ragazza si sporse verso di lei, i loro visi ora a pochi centimetri l’uno dall’altro. – No. È solo perché anch’io ti trovo molto bella -.

Le loro labbra si sfiorarono in un tocco leggero, gentile e terribilmente breve. Fu solo un attimo, e dopo il primo bacio di Millicent Bullstrode era già finito.

Luna sorrise al suo viso paonazzo e alla sua espressione sconcertata. – Posso stare sotto il tuo albero, ora? – domandò, e Millicent non era del tutto certa se stesse scherzando o fosse seria ma annuì comunque.

Alla fine, sorrise anche lei.




  
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