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Autore: Exentia_dream    29/07/2012    8 recensioni
Ed eccomi con una nuova ff.
Una Draco/Hermione. Non vorrei dire altro. Anzi, lo dico.
Hermione, dopo il diploma, si trasferisce in Francia, dove sposa indovinate chi?... Torna a Londra per la morte di suo padre e, qui, incontra indovinate chi?
Spero di avervi incuriosito. Nel caso, buona lettura.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Stupide Incertezze...


POV Draco:
Ritrovarsi dopo tutto quel tempo e lasciare che il destino facesse il suo corso senza intralci e vedere che lei buttava tutto all’aria così, per chissà quale motivo, mi dava i nervi: avevo sopportato il suo silenzio per giorni interi -perché a mio parere quando una persona ama rispetta anche le richieste più assurde- ma il suo silenzio era diventato pesante, soprattutto dopo averla vista uscire dalla sala interrogatori insieme a Henri: la mezz’ora più lunga della mia vita. Non sapevo davvero cosa pensare. Cosa avrebbe fabbricato il mio cervello durante il resto della giornata? Quanto sarei andato in paranoia e in gelosia a causa di quella scena?
Certo, con loro c’era una guardia, ma in quel momento mi sono sentito paralizzato dalla paura, perché non ero riuscito ad interpretare l’espressione di Hermione: non sapevo se fosse terrore, eccitazione, incertezza, vittoria o forse tutte queste emozioni insieme… fatto stava che provavo una strana sensazione.
In realtà, era una sensazione che conoscevo bene e in bocca sentivo già il sapore della sconfitta, della perdita… proprio come era successo anni prima, quando seppi della sua partenza.
 
 
Ero seduto sulle scale ad aspettare Blaise: mi meravigliai che non fosse in casa, visto che sapevo con certezza che per quella giornata non aveva impegni.
Sentivo il freddo nelle ossa e il cappotto non scaldava abbastanza… forse a causa dell’umidità o forse perché sentivo che stava per succedere qualcosa: la morsa allo stomaco non annunciava mai niente di positivo ed io ero troppo scettico per poter credere in un miracolo.
Sapere della gravidanza di Cloe era stato tremendo: il mio futuro si era trasformato completamente ed io non potevo tirarmi indietro.
Non sapevo com’era cominciato tutto, come mi ero riavvicinato a Cloe, ma sapevo perfettamente il perché: avevo preso la decisione di stare con Hermione e lei mi aveva lasciato per uno schiaffo. Avevo capito che i propri errori si pagano sempre, anche se a volte con un prezzo troppo alto.
Passai due settimane chiuso in casa, attaccato alla cornetta del telefono, senza sentire la sua voce neanche per un attimo.
Il tempo sembrava essersi fermato, il cuore non batteva più e quando Blaise venne a prendermi per portarmi ad una festa in maschera mi apparve nelle vesti di un angelo salvatore: non ero presente a me stesso, in nessuna parte del corpo. Ero uno zombie.
Quando arrivai a quella festa, avevo il cervello appannato dal dolore e una pacca sulla spalla mi fece capire quanto realmente fossi in quel luogo, circondato da quelle persone e da splendidi corpi di donna, di cui il più coperto indossava trenta centimetri di stoffa.
-Su, amico: dacci dentro! Questa è la vita!
Il sorriso di Blaise mi fece sorridere e in quel momento capii fino a che punto mi ero lasciato andare, in che misura mi ero abbandonato all’incertezza.
Non so quanto tempo passai  a parlare con lei di cose inutili prima che si ripresentasse. –Quindi sei qui con Blaise?
-Sì.- ero di poche parole, ma che m’importava? Non avevo nessuna voglia di fare conversazione.
-Ricominciam?- la guardai con aria scettica. Cosa intendeva? Mi tese la mano.-Io sono Cloe.
-Draco.- la guardai e, per quanto bellissima, pensai ancora una volta quanto mi sembrasse stupida: un immenso giro di parole per dirmi il suo nome con la speranza di recuperare una storia che non era mai iniziata. Il suo nome: quattro lettere, nulla di particolare.
Un bicchiere dopo l’altro, ognuno di un colore diverso, e il cervello si chiuse come una valigia mentre la vista si annebbiò totalmente.
 
Al mattino ricordavo lontanamente un profumo fiorato e dei capelli biondi, poi il vuoto.
Un messaggio sul cellulare mi avvertiva che era stata una notte stupenda… peccato che non ne ricordassi un attimo.
Guardai alla finestra e non riconobbi le tende e mi sentii smarrito.
Poche settimane dopo seppi che la ragazza con cui avevo fatto sesso e i cui lineamenti nella mia mente si sostituivano a quelli di Hermione era incinta, incinta di mio figlio: dovevo scegliere tra il dovere e quell’amore che ti cambia la vita.
Scelsi il dovere.
Avevo voglia di farmi male, per comparare almeno un po’ il dolore che avevo provocato ad Hermione: i suoi occhi lucidi, la sua richiesta di restare ancora vivi nei pensieri. Stavo cominciando a perdermi nei particolari della sera in cui avevo distrutto la mia storia, una sera di cui malauguratamente ricordavo tutto.
Purtroppo o forse per fortuna, Blaise accostò l’auto.-Ehy, sei qui da molto?
-Non lo so.
-Sali… c’è una cosa che devi sapere.
Di nuovo la fitta allo stomaco, ma sorrisi e aprii lo sportello. Avrei voluto alleggerire la tensione, ma la serietà di Blaise mi dissuase da ogni tentativo. Quindi abbassai lo sguardo e fissai un punto qualsiasi. –Cosa c’è?
-Se n’è andata.
-Nella casa fuori città?
-Lontano dall’Inghilterra- rimasi in silenzio. –E’ stata la decisione giusta per lei: ha diciotto anni e una vita davanti a sé.- Blaise parlava, ma io non lo ascoltavo già più.-In fondo, che motivo aveva di restare qui? Tra voi è finita e tu hai deciso di stare con Cloe…
-Sta zitto! Non è finito niente… NIENTE!- forse tremavo, ma non per il freddo. Avevo di nuovo il cervello e la vista appannati, ma questa volta per via dei ricordi e delle lacrime. –Portami da lei.
-E’ già partita.
-Dimmi dov’è.
-Draco… a cosa serve? Ora hai la tua vita, la tua famiglia, il tuo posto nel mondo… lasciale trovare il suo.
-E’ lei la mia vita, la mia famiglia e il mio posto nel mondo. Devo raggiungerla.
-La ami, Draco? La ami davvero?
-Sì.
-Allora lasciala andare.
E strinsi i pugni…
 
 
Il rumore della porta che si richiudeva mi riportò al presente.
-Come va?
-Potrebbe andare meglio.
-Hermione mi ha chiesto di incontrare Henri e ho preferito…- non gli lasciai terminare la frase e misi fine al discorso alzando la mano con il palmo aperto poco sopra la mia testa.
-L’ho vista. E’ tutto okay.
Harry mi guardò sconcertato, con un sopracciglio sollevato, ma lasciò cadere lì. Apprezzai lo sforzo, ma l’imbarazzo che trasmetteva mi fece pensare che parlava per creare un alibi alla sua migliore amica.
-In realtà…
-Davvero Harry, è tutto okay.- il suo volerla giustificare mi rabbuiò parecchio: c’era qualcosa che Hermione voleva nascondermi? Qualcosa che non voleva sapessi o forse il contrario e non aveva il coraggio di dirlo?
Mi sembrò di avere di nuovo di fronte l’espressione di Blaise, una sera del mio passato… ora, invece, di fronte a me c’era Harry Potter, in un pomeriggio del mio presente.
Raccolsi qualche foglio dalla scrivania e finsi di sistemarlo, cercando di evitare di dare voce ai miei dubbi… avrei potuto provare a fare conversazione, ma non riuscivo a trovare argomenti; avrei potuto trovare una scusa qualsiasi per uscire dall’ufficio, ,a non riuscii neanche in quello, o forse non lo feci perché il caos che regnava lì dentro rispecchiava quello che avevo io all’interno.
Squillo il telefono e tirai un sospiro di sollievo quando sentii la voce di Natan. –Papà, sstai lavorando?
-Ora no.
-Hai già arresstato qualche ladro?
-No, oggi non c’è stata nessuna rapina.
-Ma non puoi ssaperlo sse ssei ssempre sseduto. Fai come l’Uomo Ragno: usa una masschera e vola sui tetti.
Sorrisi: adoravo la sua voce da bambino e il suo modo di strascicare le esse. –E come deve essere questa maschera?
-Rosssa. Anzi no, verde. No, no, no: arancione.
-Va bene.
-E poi devi scegliere un potere: l’Uomo Ragno ha le ragnatele, tu cosa vuoi?
-Non lo so, scegli tu!
-Mmmh… non lo sso…- mi beai della sua fantasia e mi lasciai trasportare dalla sensazione di leggerezza che mi pervase i muscoli. –Forsse dei raggi magici che diventano manette.
-Dei raggi… colorati?
-Sì, verdi. Sarai fortissimo!- sentii Cloe che chiedeva il telefono. –Papà, ti voglio bene. Buonanotte.
-Buonanotte, campione.
-Ehy.- la voce familiare di Cloe.
-Ciao, come va?
-Bene… senti, domani puoi passare di qui: ho delle commissioni da fare e non so a chi lasciare Natan…
-Nessun problema. A che ora?
-Appena puoi.
-Alle nove sono lì. A domani.
-Perfetto, grazie. Ciao.
-Ciao.
Sentivo di nuovo un peso indefinito sulle spalle, a cui si aggiungeva il peso della situazione che si era creata con Cloe: avevamo trascorso tanti anni insieme, senza mai conoscerci davvero, ma l’estraneità che aveva cominciato a dividerci dopo la separazione era un qualcosa a cui faticavo ad abituarmi. Una maschera che non riuscivo a portare.
Strano, visto che era cominciata con una maschera ed era continuata allo stesso modo.
Forse, sentivo il bisogno di conoscerla con sincerità: non come compagna di vita, ma nel suo ruolo di madre di mio figlio.
Lo dovevo soprattutto a Natan, ma anche a me e a Cloe: non c’era amore tra noi, ma rispetto sì… quello doveva esserci per forza.
Mi resi conto che Harry era andato via quando trovai il coraggio di chiedergli di Hermione, quindi guardai di fronte a me e cominciai a ridere.
Devo essere pazzo.
Sapevo che quella risata era solo il rilascio di un nervosismo che mi opprimeva da giorni.
Posai la nuca sulla testiera e chiusi occhi.
E intanto, altre domande si erano rannicchiate nella mia mente.
 
 
 
Doveva essere passato parecchio tempo, perché erano venute e andate tante persone, ma il mio ufficio era rimasto chiuso. Forse mi ero addormentato, forse ero stato assorbito da quei pensieri che cancellano il mondo intorno o forse non era passato tutto quel tempo.
Ancora una volta avevo perso la cognizione di me stesso, di quello che realmente mi circondava e di quello che invece avrei voluto intorno.
Era stato un ragazzino senza freni, che non aveva paura di sbagliare e che imparava dai propri errori. Mi ritrovavo ad essere un uomo che prima di agire rifletteva mille volte, stanco di fare errori e di imparare da essi. Avevo cominciato ad insegnare, ad essere il punto di riferimento di qualcuno che mi vedeva come un eroe e non solo di me stesso e questo mi faceva sentire importante: era un qualcosa che mi dava gioia e il fatto di averlo fatto con Natan e di non poterlo fare con il figlio che davvero avevo sempre desiderato mi distruggeva.
Ero pessimo.
Uscii dall’ufficio con il bisogno pressante di prendere un po’ d’aria e di bere un caffè. Non sapevo cosa provare: ero deluso dal fatto che Hermione non chiamasse, soprattutto perché vederla con Henri aveva fatto crescere in me il dubbio che tutto quello che c’era stato non era stato importante.
Cosa ci faceva con lui? Perché continuava con il suo silenzio? Avrei accettato la fine, ma ne volevo la conferma. Me lo doveva: non poteva permettersi di lasciarmi in bilico.
Se non fosse successo nulla tra di noi, avrei potuto capirla… ma tra di noi c’era un figlio e doveva darmi una spiegazione.
Mi sentivo così lontano da quelli che eravamo stati fino a pochi giorni prima.
Quando arrivai alla macchinetta del caffè, decisi che non era il caso di assumere altra caffeina e innervosirsi ancora di più. La rabbia, la frustrazione non mi avrebbero portato a niente, nemmeno a migliorare la situazione.
Sarebbe servita tanta razionalità.
Tornai nel mio ufficio e mi sedetti di peso nella sedia che, per via della spinta, roteò un po’.
Notai che il display del cellulare era acceso e lo raccolsi con la fretta di chi spera in qualcosa di buono. C’era un messaggio in segreteria e lo ascoltai.
Avviai la telefonata, muovendo le dita con una rapidità di cui io stesso rimasi impressionato, ma gli squilli non accennavano a finire e dall’altra parte del telefono attaccò la segreteria.
Di nuovo la sensazione allo stomaco mi avvertiva che non sarebbe successo nulla di positivo e il fatto che Hermione non rispondesse a telefono me ne dava la prova.
Avvia di nuovo la chiamata e ancora una volta attaccò la segreteria.
Una, due, tre volte ancora.
Non sapevo cosa fare e allora decisi di aspettare e, per quanto la razionalità fosse il mio forte, la preoccupazione prese il sopravvento: forse era successo qualcosa, forse Hermione aveva bisogno di aiuto, forse si era sentita male e per questo non rispondeva al telefono.
Nel frattempo uscii dall’ufficio e mi infilai in auto, pronto per tornare nell’albergo in cui alloggiavo. Avevo bisogno di una doccia per schiarirmi le idee, per distendere i muscoli. Avevo bisogno di tante cose, tranne di quell’ostinato nervosismo che, per un motivo o per un altro, veniva sempre a farmi compagnia.
Agitarmi non serviva  a niente, ma di stare calmo non se ne parlava proprio. Come potevo far finta di non sentire quella brutta sensazione?
Riprovai ancora a telefonarle e quando mi rispose mi sentii invaso da due emozioni totalmente contrastanti tra loro: ero sollevato perché sapevo che stava bene ed ero arrabbiato perché non credevo di meritare ulteriori tempi di rimando. Dovevo avere le mie spiegazioni.
-Cristo Santo, ‘Miò… va tutto bene?
-Sì.
-E’ la dodicesima telefonata che faccio, è successo qualcosa?
-No.
-Come mai non hai risposto?
-Stavo facendo una doccia. Dovrei parlarti.
Era come se un enorme pezzo di mondo mi fosse caduto sulle spalle: era un peso che non riuscivo a sostenere.
Capii che non c’era molto di cui parlare. Sarebbero bastate due parole: “E’ finita!” e il discorso sarebbe finito lì. La serietà con cui Hermione parlava non lasciava spazio ai dubbi, alle speranze e neanche alle illusioni. Il dolore allo stomaco era una brutta manifestazione del mio sesto senso, ma non sbagliava mai. –D’accordo.- risposi con voce totalmente piatta.
-Appena ti è possibile, fai con calma…
-Prima ne parliamo e meglio sarà. Passo tra un po’ a casa tua.-  ero in auto, a pochi isolati da casa sua. Se la nostra storia doveva finire sarebbe stato meglio farlo immediatamente: rimandare non avrebbe fatto altro che accrescere la mia delusione, il mio dolore e soprattutto la sua voglia di riprendere la sua vita, magari da dove l’aveva lasciata.
-Va bene.
 
 
 
Probabilmente, in quell’istante il mio orologio smise di correre dietro al tempo che correva e rallentava a suo piacimento: eravamo entrambi stanchi di quello che ci succedeva… però, io dovevo continuare a camminare, a dare senso al mio tempo, a correre, a vivere.
Improvvisamente mi sentii come se le gambe e le braccia non mi appartenessero più: aprii la portiera, scesi dall’auto e premetti il tasto dell’antifurto, ma non ero io a farlo. Forse era lo spirito di sopravvivenza, forse era quella piccola fiammella di speranza che barcollava, ma ancora c’era.
Bussai alla porta e con gli occhi assenti attesi che Hermione aprisse.
Quando il legno si spostò e la vidi mi apparve diversa da com’era sempre stata: c’era qualcosa in lei che non le apparteneva, ma non capii di cosa si trattava.
-Ciao.
-Vieni, entra.
La seguii, ma non ero lì. Ero in un ricordo del passato.
 
-Credi che riusciremo a restare insieme sempre?
-Che domanda!
-Dico sul serio: credi che ci ameremo sempre, anche se le nostre strade si divideranno?
-Sì, credo di sì. Perché me lo chiedi?
-Ho la sensazione che non resteremo insieme?
-Io non direi.
-Se succedesse, ti amerò sempre.
-Davvero?
-Sì.
-E se un giorno dovessimo rincontrarci, non ti lascerò.
Non risposi perché l’emozione mi strinse la gola e le parole restarono bloccate nei pensieri, ma con il cuore le promisi che sarei rimasto con lei, anche se solo con il pensiero.
Promisi che l’avrei amata sempre e che semmai ci fossimo lasciati e avessimo avuto un’altra occasione, non l’avrei lasciata andare.


Una promessa che forse avevo mantenuto solo io, perché avevo la netta impressione che per lei quel giuramento non valesse più niente: si stava tirando indietro, mi avrebbe lasciato.
-Come stai?
-Bene.- aveva lo sguardo calato sui suoi toast e le tremavano leggermente le mani.
La guardavo: era mia, era sempre stata mia, perché voleva andarsene?
Una domanda stupida, a cui sarebbe stato stupido rispondere.
-Mi fa piacere.
-Draco… è inutile girarci intorno.
-Lo so, ma aspettavo che cominciassi tu a parlare.
-Ho rivisto Henri.
-Lo so.
-Te l’ha detto Harry?
-Sì, ma vi ho visti.
-Avrei voluto dirtelo, ma non ne ho avuto il tempo.
-Certo, perché tornare a casa per fare qualche toast era troppo impegnativo: richiede così tanto tempo fare un toast che non hai potuto rubare dieci minuti del tuo tempo per passare nel mio ufficio e farmi sapere che stavi bene, che avevi deciso di tornare con tuo marito. Almeno la decenza di avvisarmi. Credevo fossi cresciuta.
La vidi irrigidirsi. –Infatti: quello che non è cresciuto sei tu. Non sono tornata con Henri, altrimenti te l’avrei detto.
-Ah, certo.
-Vuoi litigare, Draco?
-No, voglio una risposta.
-A cosa?
-Al tuo silenzio: mi hai chiesto del tempo e ne hai avuto, poi mi richiami… per cosa? Per dirmi cosa?
-Non serve irritarsi, Draco, davvero.
-Credo di aver aspettato abbastanza.
-Voglio stare con te, okay? Quel tempo è stato inutile e…
Nonostante il sollievo e la felicità che provai in quel momento, la rabbia ebbe il sopravvento, perché mi sentii privato di un tempo che avrei potuto passare con lei e con nostro figlio; perché mentre io ero lì ad aspettare, lei giocava con i suoi inutili giri di parole.-Credi che siamo tutti a tua disposizione? Che siamo dei pupazzi con cui giocare?
-I-io non capisco cosa c’entra questo.
-C’entra eccome.- era il fatto che lei non andasse subito al sodo che mi innervosiva: era sempre stata così, ma stare sulle spine in una situazione così importante faceva male e sanguinare non era affatto piacevole.
-No, ti ho detto che ho capito come stanno le cose, che voglio stare con te… che quel tempo è stato inutile.
-Ora quel tempo serve a me. Mi dispiace.- mi alzai e mi diressi verso la porta.
Lei mi seguì. –Cosa vuoi? Mi dici che vuoi una risposta e poi non ne sei contento, eh?
-No, non ne sono contento.
-Sei sempre stato bravo ad andare via…
-Allora farò quello in cui sono tanto bravo.- i suoi occhi si riempirono di lacrime e mi ritrovai a fissare il legno massiccio della porta.
Ero fuori casa e mi sembrò che il mondo si frantumasse sotto i miei piedi.
Mi sembrava di sentire il suo respiro affannato dal pianto e allora bussai con la mano chiusa a pugno.
-Vai via, Draco.
-Mi dispiace, ‘Miò. Sono arrabbiato: ho aspettato per giorni una telefonata e poi ti ritrovo a fare toast.
-Ne avevo voglia.- sorrisi, perché la immaginai sorridere. –Sei un bambino: non ti sopporto quando fai così.
-Fammi entrare.
-No.
-Ti prego…
La porta si aprii di nuovo e vidi Hermione mentre asciugava le lacrime con il polso e tirava su col naso. La abbracciai e immaginai di poterla stritolare, ma avevo così tanta voglia di sentirla addosso che non riuscivo a contenere lo slancio e la forza con cui stringerla.
In fondo, aveva ragione: mi aveva chiesto di restare tanti anni prima ed io ero andato via… non potevo farlo più, non ora che il mio mondo aveva tutto quello di cui avevo bisogno.
Ero diventato diffidente nei confronti della vita e non avrei puntato uno spicciolo su nessuna scommessa su me stesso, ma lei mi aveva ridato il coraggio di ricredere e scoprire le carte.
-Ho fame.- disse, con la voce coperta dal mio petto.
-Andiamo.
Mentre mi incamminavo verso la cucina, il telefono suonò e il disegno di un messaggio s’illuminava sul display.
<>
Mi sentii dispiaciuto perché non avrei visto mio figlio, ma avrei passato del tempo con la donna che amavo: ne avevamo troppo da recuperare e forse non ci saremmo riusciti del tutto…
Ma la notte era giovane ed io volevo vederla invecchiare e diventare di nuovo bambina… insieme a lei.



Angolo Autrice:
Salve popolo di EFP... la notte è giovane anche per me, chissà per chi altri.
Sono un po' delusa perchè la storia sta ricevendo pochi commenti e non so più se continuare su questa lunghezza d'onda o cancellare tutto... vi chiedo di commentare anche per dirvi che non vi piace, perchè il vostro parere per me è davvero importante.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero che ricomincerete a seguire questa storia.
Buonanotte a tutti, 

la vostra Exentia_dream
   
 
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