Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Shodaime    29/07/2012    5 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Reborn stava già imboccando la tangenziale quando un urto spaventoso accartocciò il cofano della macchina, provocando danni per almeno un paio di centinaia di dollari all’auto e il definitivo venir meno del battito cardiaco di Tsunia, che a quel punto cominciò a rivalutare l’idea di essere rapita dagli alieni, cosa che in gioventù tanto la spaventava.

Allo stato dei fatti, però, dato che la macchina non sembrava essere uscita di strada e Reborn stava, sebbene alquanto interdetto, ancora saldamente alla guida, Tsunia non era del tutto certa che quello che li aveva fermati fosse un evento riconducibile alla normale natura di questo pianeta.

“Ma….Mamma….Che sta succedendo?” Mugugnò Tsunia, ancora avvolta nel velo da sposa.

Reborn non rispose, e anche se avesse voluto farlo non ne avrebbe avuto il tempo, dato che lo sportello del passeggero fu praticamente divelto da una figura incappucciata che si stagliava nel buio della notte, illuminata solo dalla fioca luce di un Mc Drive in lontananza.

“E tu chi sei?” Domandò Reborn, che aveva già impugnato la pistola.

A quel punto la figura si sporse in avanti, arrivando a sporgersi nell’abitacolo. Con un gesto lentissimo portò la mano sul cappuccio, che sfilò con altrettanta comodità, tanto che Reborn ebbe il tempo di sbadigliare, sistemarsi il cappello e controllare la data di scadenza del bollino blu; la radio ebbe il tempo di far partire una musica da film horror, e Tsunia ebbe persino il tempo di trovare parecchi parallelismi tra quella situazione e quella con i Dissennatori di Harry Potter che l’aveva terrorizzata tanto da farla scappare dal cinema nel bel mezzo del film.

Quando finalmente il cappuccio fu tolto, Reborn si lasciò sfuggire una smorfia annoiata. “Ah, sei tu Fra Cristoforhei.” Disse. “Mi devi i danni della macchina. Che fai, concili?” Domandò, uscendo per constatare che i pugni del ragazzo avevano fermato la macchina sfondandone del tutto il muso.

“Reborn! Avevo estremamente bisogno di parlarti!!” Disse il frate, ignorando formalmente la presenza di Tsunia.

“E i cellulari non esistono?” Replicò Reborn, tirando fuori dalla taschina interna del tailleur un blocco per gli appunti per segnarsi i danni.

“E tu perché ti sei vestito così? Sei ESTREMAMENTE ambiguo!!!’’ Rispose il frate, esorcizzando Reborn con gesti a caso delle mani.

Reborn lo guardò male. “Si può sapere che vuoi? Avremmo un attimo fretta.” Disse, totalmente inespressivo come suo solito.

“A cento metri da qui ci sono dei posti di blocco dei buoni, hanno già preparato tutto per prendervi e farvi estremamente male, quindi è meglio se venite con me, vi nascondo io!” Spiegò il frate.

Reborn ci pensò un attimo, poi scrollò le spalle e andò a slegare Tsunia dal seggiolino.

“Dove andiamo?” Domandò. “E chi è quello? Mi fa impressione!!!”

“Non offendere Fra Cristoforhei, cara. Ci ha già pensato madre natura.” La redarguì la madre.

“Cara?? Ma io ricordo che quando ci fu il battesimo era estremamente maschio!” Si sorprese il frate, mentre faceva salire i due nel suo furgoncino.

“Lascia perdere, in questa fiction siamo tutti molto sessualmente incerti.” Sospirò Reborn, che sedutosi al lato passeggero si sistemò le basette e rimise il lip gloss.

“C…Che vuol dire? Perché estremamente maschio?....Che….Che ne sai tu? Dove stiamo andando? E CHE DIAVOLO DI NOME E’ CRISTOFORHEI???” Strepitò Tsunia, mentre il mezzo prendeva una via secondaria per raggiungere la superstrada Namimori-Milano.

“E’ una storia estremamente triste. Mio padre era all’anagrafe per iscrivermi, e stava dicendo di volermi chiamare Cristoforo, quando vide dalla finestra un ladro che stava spaccando il finestrino della sua macchina. Si lasciò sfuggire un “HEI!” ed eccoci qui.” Raccontò. Poi si mise a ridere in modo spaventoso. “Una sfiga estrema, non trovi?’’

Tsunia evitò di rispondere. Sospirò, chiedendosi che fine avesse fatto Mukurenzo.

Poi si limitò a guardare fuori dal finestrino, scorrendo con gli occhi il paesaggio che aveva accompagnato la sua infanzia, e che ora si lasciava alle spalle a bordo di un furgoncino in compagnia di sua madre e di un pazzo sclerato.

“Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime ineguali, su cui tante volte mi si sono scorticate le ginocchia; ville sparse e piene di ananassi sul pendio, addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, non sa nemmeno se sto trabiccolo ha i freni!”

Fu un viaggio lungo e tormentato.

Il Giappone era alquanto distante dalla Brianza, e dopo trentuno soste per rifornimento e altrettante dal meccanico, finalmente all’alba di svariati giorni dopo lo svincolo di Monza apparve davanti agli occhi di Tsunia.

“Siamo…Arrivati?” Domandò, con in mano un cornetto preso all’autogrill e ancora in testa il cappellone di pelo che aveva preso passando dalla siberia.

L’urlo di Fra Cristoforhei quando fu ora di pagare il pedaggio, fu la risposta più ovvia.

“E’ UN TOTALE ESTREMAMENTE ALTO!!” Si stupì il frate.

Reborn alzò le spalle, tirando fuori la carta di credito. “La tratta Caracas- Namimori mi costa molto di più.” Commentò.

Tsunia finse di non aver sentito.

“Dove stiamo andando, esattamente?” Domandò.

“In un posto estremamente sicuro! Sarete protetti nel convento della monaca Sbronza!” Rispose il frate, allegro.

Tsunia, per l’ennesima volta, avrebbe voluto chiamare il Telefono Azzurro.
   
 
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