Pasta di Sale
Sei già tutto sporco di farina. Sei
adorabile!
Affondi gioiosamente le mani in quella poltiglia che dovrebbe
essere pasta.
1 di farina, ½ di sale, ½ d’acqua. Ma non sono sicura che le
proporzioni siano giuste.
Qualcosa prende sostanza tra le tue ditina sottili.
Sei più bravo di me ad impastare.
-Bleeaah!! Piccicata!- Alzi le manine
ricoperte.
Ridendo, te le prendo e le strofino assieme, pulendole dal più
grosso. Ridi anche tu e con una pallina di pasta raccogli tutte le briciole
cadute sul tavolo.
-Cosa vuoi fare?-
Continui a girarti la pallina tra le
mani e fissi pensieroso il muro.
-Uuhm… coniio.-
-Bene. Ora faccio il
corpo.-
Prendo anch’io un pezzo di pasta iniziando ad ammorbidirlo.
Guardi
con attenzione le mie mani e ti gratti di sfuggita il largo cerotto sul
nasino.
Mi si stinge il cuore.
Continuo a sorridere, ma te ne
accorgi.
Mi fermi imbronciandoti. -Mami, cosa c’è?-
-Niente, piccolino,-
ti sfioro la guancia -Niente.-.
Mi credi e ti rassereni. Mi mostri la tua
pasta: -Io, testa!-
Continuiamo a lavorare silenziosamente, ma io mi
distraggo, guardandoti respirare con la bocca.
Non ha lasciato che ti
medicassi con la magia.
Non ha lasciato che ti portassi al nostro
ospedale.
Ha osato colpirti, ma non ha lasciato che ti curassi.
Sembri
quasi non ricordare quel che è successo ieri sera.
Quante volte ti ho detto
di stare chiuso nella tua stanza, quando io e lui litighiamo?
-Mami? Pecché
piangi?- … Non me ne sono accorta.
-Nulla, tesoro, scusa.- Mi asciugo le
guance col polso, sporcandomi.
-Mami…-
-Davvero Sevie. Fai le orecchie,
ora, da bravo.-
Mi alzo, raggiungo il lavandino e mi lavo mani e
faccia.
-Così?-
Mi volto. Le hai attaccate un po’ storte. Sono…
espressive.
-Sei bravissimo, amore. Davvero bravo.-
Mi asciugo
velocemente.
-Lo mettiamo qui sul davanzale, per un pochino. Poi accendo il
forno e lo facciamo asciugare lì, OK?-
-Sì!-
Non faccio in tempo ad
appoggiarlo che sento le chiavi girare nella toppa della porta
principale.
Sospiro.
La porta che si apre. -Eileen!- Più che un saluto
sembra una minaccia.
Ti irrigidisci, spaventato, e ti sfiori ancora il
naso.
-Sì, Tobias, siamo in cucina.- Dico ad alta voce rivolta all’altra
stanza. Mio Dio… se riuscissi a trovare un lavoro… potremmo andarcene di
qui.
Guardi la porta della cucina mordicchiandoti le labbra, ma sai che
adesso si butterà in poltrona e non si alzerà per ore.
Ti tranquillizzi un
poco.
Vengo da te e ti abbraccio.
-Sei il mio piccolo eroe. Lo sai, vero,
Sevie? Ti voglio un mondo di bene.-