Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: Riddge    29/07/2012    1 recensioni
'The price to be paid' l'ho inserita tra le fanfic di Madoka, perché ho preso molto spunto dall'anime - pur essendo una storia tutta sua -, con qualche modifica apportata, e perciò l'ho ritenuto corretto.
Buona lettura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Quinto

- Carry
Aprii lentamente gli occhi e mi trovai improvvisamente spaesata, in una stanza non mia.
Provai a togliermi le coperte, ma le mie mani, al minimo movimento, pizzicarono.
Le guardai e le trovai fasciate, e sotto le bende sentivo la pelle spezzata.
Aggrottai la fronte, confusa, ed alzai lo sguardo appena la porta si aprii.
— Ben svegliata cara.
Un'infermiera si avvicinò al mio letto e armeggiò con una sacca con dentro un liquido vermiglio, e lo versò in un'altra, dalla quale partiva un tubicino sottile, che arrivava fino al mio polso.
— Perché mi state facendo una trasfusione di sangue?
— Non ricordi cara?
Scossi la testa e mi guardai i polsi.
— No.
— Hai perso molto sangue bambina.
Aggrottai di nuovo la fronte e guardai il viso ben disposto della giovane donna.
— Perché?
Lei sorrise compassionevole e si sedette sul mio letto, prendendomi le mani tra le sue.
— Tutti facciamo grandi sbagli, bambina. Tante cose ci portano a fare cose avventate.
Mi sfiorò l'interno dei polsi ed io capii all'istante.
— L'ho fatto da sola?
Lei annuì e mi strinse le mani.
Ora che sapevo la causa di quel bruciore, volevo sapere il motivo di un gesto così avventato.
Quale fu la causa che mi portò a tagliarmi le vene?
— Io…
— Meglio se torni a riposare, sei stata in coma per tre giorni, è naturale essere così confusi.
Coma per tre giorni?
— Che giorno è oggi?
— Lunedì.
Sprofondai mentre facevo un veloce calcolo mentale.
Lunedì meno tre… giovedì?
Chiusi gli occhi e provai a ricordare, ma non ci riuscivo. Ricordo solo il buio e basta.
Mi mossi sul letto e sentii qualcosa di vuoto tre le gambe, ma non ci badai.
Se provavo a ricordare cosa feci il giorno prima, la nube aumentava.
Accesi la tv e cercai qualcosa da guardare, finché non trovai il mio telefilm preferito.
Sgranai gli occhi mentre cominciavo a ricordare.
Il telefilm, ero in ritardo, la scorciatoia… due ragazzi.
Scoppiai a piangere.
 

- Leslie
Guardai Michael giacere al mio fianco, addormentato come un angelo.
Gli accarezzai la testa e sorrisi; sembrava un bambino.
All'improvviso realizzai cosa poco tempo fa successe: avevo fatto l'amore con lui, Michael.
Per quanto tempo avevo sognato questo momento?
Ero felice, il mio sogno d'amore si stava formando pian piano.
Lo abbracciai e mi addormentai.
 

- Evan
Fuori faceva caldo e Clissi stava meglio, molto meglio. In più le erano venute delle voglie strane, quelle che ti assalgono all'improvviso e violentemente.
Oggi le era venuta voglia di sushi e, anche se non lo dava a vedere, sembrava davvero ossessionata. Al che la portai in quel ristorantino giapponese, dove i sushi erano buoni e costava tutto a metà prezzo.
— Evan, potrei sposarti — sorrise lei, schioccando un bacio sulle mie labbra.
Sorrisi. — Allora sposami. Naturalmente ti comprerò un anello e ti farò una proposta di matrimonio da considerarsi tale.
Lei ingrandì i suoi occhi verdi e mi guardò sorpresa, dopo le mie parole.
Si mise a piangere e rise.
— Sei un pazzo Ev.
Le presi il viso tra le mani e la guardai dritta negli occhi.
— Guarda che io non scherzo.
Lei sorrise e mi baciò.
— Neanche io.
Sorridemmo entrambi e, mano nella mano, andammo a mangiare sushi.
— Cosa desideri Evan?
Potevo desiderare altro?
 

- David
Portai un mazzo di viole a Carry, non appena mi furono detti gli orari di visita.
La trovai rannicchiata sul letto a guardare il vuoto, con gli occhi vacui ed i capelli biondi terribilmente flosci.
Carry amava i suoi capelli, li considerava la cosa più bella in suo possesso; vederli così spenti e cupi davano una tristezza immensa, capace di stringere il cuore perfino a me.
Mi avvicinai al suo letto e le posai il mazzo vicino, in modo che le potesse guardare.
Vidi le sue labbra protendersi in un sorriso triste.
— Viole. Te lo sei ricordato.
Mi sedetti al suo fianco e le accarezzai una mano fasciata dalle bende appena cambiate, mentre continuava a guardare il vuoto e una sua mano accarezzò i petali viola dei fiori.
Sembrava una cieca, si comportava come se per vedere dovesse toccare, udire, odorare ed assaporare. I suoi occhi castani, solitamente vivaci, erano velati di un nero morto, come se all’interno stesse marcendo pian piano.
Era triste, solo a guardarla metteva una tristezza enorme.
— Sai Dav, sono stata violata.
Non risposi, ma le strinsi la mano. Ricambiò la stretta e le sue nocche impallidirono, così la costrinsi a trattenersi.
I suoi occhi mi guardarono, ma era come se non lo facessero sul serio.
— Cosa sono Dav?
— Sei Carry.
— Cos’è Carry?
— Tu.
Lei appoggiò la testa sulla mia mano e scoppiò a piangere.
— Morirò Dav, morirò.
— Non dirlo.
— Perché? Perché non devo dirlo? È la verità Dav, io morirò! Vorrei tornare indietro, lo vorrei tanto. Cosa sono Dav? Cos’è una Puella Magi? Perché posso controllare il fuoco, a quale scopo se non posso usarlo per bruciare chi mi ha fatto questo? Voglio morire!
Alzai una mano e le diedi uno schiaffo, che la zittì all’istante.
— Grazie. — si toccò la guancia colpita, bagnata dalle lacrime.
— Svegliati Carry, sei viva, non morta, e non morirai.
Così la lasciai, sola nella camera d’ospedale.
 

- Clissi
Con una mano stringevo quella di Evan, con l’atra accarezzavo la pancia all’altezza del ventre.
Sorrisi; mi sentivo già una famiglia, Evan, io ed il mio bambino.
Ero incinta, aspettavo il figlio di Evan da quasi due mesi. Era grandioso, mi sentivo felice, e da ciò traevo la gioia e la forza per andare avanti.
Avevo qualcosa a cui pensare, oltre a quel che mi circondava, alla magia, al desiderio, ad Egg Eater.
Ero stanca.
Questa piccola vita rappresentava la mia luce, un dolce brillio di speranza e normalità.
Quando dovevo dirlo ad Evan? Volevo aspettare ancora una settimana, volevo prepararlo, non volevo che si spaventasse, era l’ultima cosa che desideravo.
Mi voltai verso di lui e gli diedi un bacio a fior di labbra.
— A cosa era dovuto? — sorride lui.
— A tutto — ricambiai io il sorriso e mi alzai sulle punte a dargli un secondo bacio.
Lui rise e mi diede l’ultimo bacio, poi ci addentrammo nel parco, dritti verso la bella betulla in mezzo al prato, lontano dagli altri alberi.
Guardai proprio quel albero.
— Ti ricordi?
Evan mi abbracciò da dietro.
— Rinfrescami la memoria.
Sorrisi e portai le sue mano sul mio ventre, chiudendo gli occhi.
Lui si ricordava, non poteva dimenticarsi quel giorno, esattamente come me.
Ma infondo era bello raccontarlo ad alta voce, aiutava ad immaginarsi tutto.
— Io ero fradicia, tu eri fradicio. Volavano gavettoni da ogni dove, anche bottiglie e scarpe.
Evan rise. — Una di quelle era la mia.
— Già, deve avertela sfilata Ty, in qualche modo. Ed è proprio la scarpa che mi arrivò in testa.
Risi anche io insieme ad Evan, e lui posò esattamente la sua testa nel punto in cui mi colpì la scarpa.
— Mi venni in contro mortificato, chiedendo perdono in quattro lingue esatte. Io scoppia a ridere e ti restituii la scarpa, calzandotela.
— Cenerentolo.
— Esatto.
Poi lui mi baciò, nell’istante esatto in cui io mi alzai, dopo avergli messo la scarpa, proprio davanti a questa betulla.
Aprii gli occhi per guardarlo negli occhi, ma nell’istante in cui alzai le palpebre impallidii.
Sull’albero c’era qualcosa che non doveva esserci.
— Evan scappa… — sussurrai.
Indietreggiai, guardando l’uovo nero di strega.
— Scappa!
Troppo tardi, il Labirinto ci risucchiò.
  
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