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Autore: Northern Isa    30/07/2012    5 recensioni
A Hogwarts, Aaron Mulciber affronta insieme agli amici Avery e Piton i M.A.G.O. tra progetti per un futuro al servizio dell’Oscuro Signore e l’ossessione per una ragazza che farebbe meglio a dimenticare.
Questa storia si è classificata seconda al contest Cantatemi, o Muse, di maghi e non di Babbani di ValViols.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Mangiamorte, Mary MacDonald, Serpeverde, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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a Latis Lensherr,
perché, senza accorgermene, ho usurpato il nome di battesimo che hai inventato per Mulciber.
Dedicarti questa OS è il minimo che possa fare in cambio.




Di fuoco e Marchi Neri.

 
Quando percorro il corridoio del quarto piano e ascolto queste note, il tempo sembra bloccarsi.

«Aaron, che diavolo ti prende?»
Riapro gli occhi quando avverto qualcosa pizzicarmi il braccio, lasciato scoperto dalla manica della camicia che ho arrotolato fin sopra il gomito.
Dan Avery si è bloccato di fronte a me e mi guarda con aria divertita. La sua camicia è sgualcita quanto la mia, anche lui si è liberato del maglione della divisa e la sua cravatta verde e argento ha il nodo allentato.
«Fatti gli affari tuoi.» rispondo tra i denti, serrando la presa sui libri che porto sottobraccio.
Stendo il braccio sinistro davanti a me per togliermi Avery davanti; lui si sposta con passo incerto e mi lancia un’occhiata offesa, ma non protesta. Riprendo a incedere deciso, come se non mi fossi mai fermato, cercando di ignorare le note di piano che provengono dall’Aula della Musica. È Mary McDonald che suona, penso serrando le labbra, ne sono sicuro.
«A proposito».
La voce di Dan risuona tra le pareti di pietra del corridoio. Sento i suoi passi affrettati, mi affianca rapidamente.
«Non terrei le maniche così sollevate, specie quella sinistra. Non vorrei che si intravedesse qualcosa. E togliti quell’aria svagata dalla faccia, sembri un idiota».
Gli rivolgo una smorfia, senza smettere di camminare. Siamo amici ormai da sette anni, da quando ci siamo conosciuti sull’Espresso, ma è in momenti come questo che vorrei che stesse zitto.
Danny non capisce, non può farlo. Non sa che sono i giochi di luce sulle onde castane dei capelli di lei a farmi perdere la concentrazione quando ce l’ho davanti durante le lezioni di Trasfigurazione. Non immagina che è la sua risata cristallina a farmi voltare durante i pasti in Sala Grande. Non realizza che è la linea perfetta delle sue mani ad ammutolirmi ogni volta che le sue dita scorrono sui tasti di quel piano.
A volte penso che Severus potrebbe capirmi perché, anche se con noi non ne parla, so che muore per quella Evans, che sta spesso in compagnia della McDonald. Ma Dan no, lui non sospetta nulla, troppo concentrato sul Signore Oscuro. È quasi ora di uscire allo scoperto accanto a lui, lo so anch’io. Siamo maggiorenni, siamo stati marchiati quando siamo tornati a casa per le vacanze di Natale, ma solo quando finirà la scuola saremo veramente liberi di seguirlo. Paradossalmente, sveleremo noi stessi coprendoci il volto con una maschera.
«L’esame di Incantesimi è andato bene, no?» dice ancora Dan con tono casuale.
«Credo di sì.» rispondo svoltando un angolo e infilandomi in un corridoio costeggiato da armature lucenti. Il suono delle note del piano è ormai lontano, quasi impercettibile. Mi sforzo di non pensarci. «Non come quello di Severus, però. Ma credo che riusciremo a procurarci un discreto numero di M.A.G.O.».
«È quasi finita, non è vero?» mi chiede ancora Dan, senza guardarmi in faccia e senza smettere di camminare.
Non so se stia parlando della scuola, della sessione di esami, della nostra libertà, della melodia che Mary McDonald sta suonando nell’Aula della Musica. Nel dubbio, annuisco in silenzio.
Le viscere mi si annodano spiacevolmente: ho sempre avuto problemi con la fine delle cose, lo so bene.
So che la chiusura della nostra carriera scolastica è un cancello che ci viene sbattuto in faccia, lasciandoci soli e sguarniti di fronte ad una strada che non conosciamo. No, a dire il vero non siamo soli: abbiamo scelto il Signore Oscuro per non esserlo. Ma questo comporta la fine della nostra autonomia: ogni decisione sarà presa da lui, ogni gesto avrà come sfondo lui, ogni pensiero sarà rivolto a lui. Io non ci sarà più, perché ci sarà solo lui. Giusto o sbagliato, coerente o inadeguato, saldo o febbricitante, mi sono consacrato a lui.
So anche che la fine della scuola significa che non vedrò più la McDonald, né la sentirò più suonare.

mi dà tutto ciò di cui ho bisogno 
e mi aiuta a coesistere 
con lo scoraggiamento.

 
Quando mi rigiro tra le lenzuola del mio letto e sento queste note, il sonno sembra scomparire.

Ci ho pensato per tutta la notte. Sono mesi che la supero nei corridoi, chiamandola Mudblood tra le risate di Dan, per poi voltarmi a guardare le sue spalle cinte dal braccio dell’amica di turno sollevarsi e abbassarsi scosse dai singhiozzi e sentirmi bruciare. Non voglio che la scuola finisca e il massimo del contatto tra noi sia stata una parola velenosa sputata sul viso.
In Sala Grande, a colazione, mi siedo al tavolo dei Serpeverde, tra Dan e Severus. Quando Mary e le sue amiche ci passano accanto, dirette al tavolo dei Grifondoro, annuso l’aria socchiudendo gli occhi, cercando disperatamente di separare il suo dagli altri odori della Sala.
«Dai, Aaron, andiamo via» mi dice Severus, allontanando il piatto da davanti a sé. «Abbiamo un’ora libera prima dell’esame di Pozioni».
«Andrai alla grande» gli dice Dan con una pacca sulla spalla.
I miei occhi sono ancora fissi sulla nuca della McDonald. È la sua pelle che odora tanto piacevolmente di vaniglia?
Quando ci alziamo dalla panca, la Sala Grande è quasi completamente vuota. La McDonald, la Evans e un’altra amica salutano Potter e i tre idioti che si porta dietro, per poi allontanarsi. Accanto a me, anche Severus guarda nella loro direzione. Mi basta questo per farmi scattare, come se qualcuno avesse acceso la mia miccia.
«Dove vai?» mi grida dietro Dan.
Mugugno qualcosa di incoerente in risposta, ma Danny non si arrende.
«D’accordo, allora vengo anch’io!»
Non mi sfugge lo sguardo di Severus: sa che non è un caso se ho preso la stessa direzione delle Grifondoro. Quando Dan lo esorta a seguirci, lui risponde che invece ripeterà un po’ prima dell’esame. In quel momento invidio il suo autocontrollo.
Dan e io superiamo il grande portone e, appena fuori il castello, affondiamo in una pozza di luce solare. Le ragazze sono dirette alle Serre.
«Ehi, Mudblood!»
Dan accanto a me ridacchia, sfoderando la bacchetta. Mi basta un’occhiata fugace per accorgermi che non ci sono insegnanti in zona; quando la McDonald si volta verso di me, sento la lucidità venirmi meno.
La Evans si ferma accanto all’amica, la sento appena quando mi urla contro di lasciarle in pace. Le iridi della McDonald brillano di collera; avverto uno strano calore percorrermi le vene del collo.
Danny le insulta ancora, sfoderando le migliori imprecazioni del suo repertorio. Ora tutti abbiamo la bacchetta stretta in pugno.
«Siete un manipolo di idioti!» urla la bruna. «Vi credete forti solo perché siete in gruppo e andate a insultare le persone. Bel coraggio, davvero».
Un brivido mi percorre la spina dorsale come una scarica elettrica: mentre gridava, con i bei tratti trasfigurati dalla rabbia e dall’indignazione, la McDonald guardava me. Non Danny, non altri: me.
«Everte Statim!»
La McDonald, colpita in pieno dal mio incantesimo, fa un volo di qualche metro, per poi atterrare scompostamente sull’erba. Qualcuno strilla, corriamo tutti nella sua direzione, ma io sono il primo ad arrivare accanto a lei. Le sue gambe sono piegate secondo angolature strane, le braccia sono aperte sul prato come pronte ad abbracciarmi, i suoi occhi ora sono vuoti. Sono l’ultima cosa che vedo, prima di essere inghiottito dall’oscurità. 
Lo so. Io lo so che tu hai parlato in quel modo solo per provocarmi. Ti ho dato ciò che meritavi, ciò che volevi.

Mi mandi in bestia
perché ti adoro così tanto
 
amo tutti gli sporchi trucchi 
e i giochi confusi che fai 
su di me 

Quando spalanco gli occhi nell’oscurità e ascolto queste note, il respiro sembra bloccarsi.

Con gli esami di Pozioni alle spalle, Severus, Dan e io sediamo in un angolo della nostra Sala Comune, lontani da tutti gli altri Serpeverde. Danny racconta a Severus del tiro mancino che abbiamo giocato alle tre Grifondoro, l’altro ascolta con avidità. Sembrano entrambi soddisfatti: Dan sorride ancora per lo scontro con le tre ragazze, Severus probabilmente perché sa di aver preso il massimo in Pozioni.
Solo io mi sento diverso da loro. Diverso e distante. Le mie viscere sono ancora annodate, mi sento ancora bruciare dentro mentre le parole della McDonald mi risuonano nelle orecchie. Lei voleva me, ne sono certo. È da quando ci siamo separati che non smetto di pensare a lei, che mi muovo come un sonnambulo in un incubo, che l’immagine della ragazza sdraiata sull’erba mi tormenta.
Mi alzo di scatto dal divano su cui sono seduto.
«Ehi, si può sapere dove vai adesso?» mi domanda Dan.
«Io… ho bisogno di prendere una boccata d’aria».
«D’accordo, vengo con te» dice Dan, facendo per alzarsi.
Faccio scattare il braccio verso di lui, mostrandogli il palmo.
«No. Voglio stare da solo. Scusatemi».
Quando esco dai sotterranei, l’aria che mi rinfresca il volto non è affatto più respirabile. Continuo a sentirmi inghiottito in un baratro di oscurità, come quando ho guardato negli occhi sbarrati della McDonald, continuo ad avvertire il fuoco scorrermi nelle vene.
So che devo cercarla, ho bisogno di vederla. Pattuglierò l’intera Hogwarts fino a che non l’avrò trovata.
I miei piedi si muovono da soli, diretti verso l’Aula della Musica: il primo luogo dove mi viene in mente di cercarla. Sono appena arrivato al corridoio del quarto piano che sento le note del piano. È lei che sta suonando, ne sono certo. Lo percepisco dal ritmo all’inizio lento e malinconico, poi più intenso e dinamico. Con due dita spingo via la porta dell’aula, che ruota sui cardini senza fare alcun rumore. Vedo la sua schiena ritta, la linea perfetta del collo appena nascosta dai capelli raccolti. Il cuore inizia a sbattermi contro le costole come un uccello in gabbia che cerca la libertà.
La stanza è illuminata solo da una candela, che getta un flebile bagliore sul piano. La ragazza deve aver iniziato a suonare che il sole non era ancora tramontato, e non deve essersi accorta dell’oscurità incedente. Con pochi passi silenziosi sono alle sue spalle; quando soffio sulla candela, l’aula piomba nel buio e la musica cessa all’istante.
«Chi è là?» domanda lei con voce ansiosa.
La pelle del sedile su cui siede sfrigola: Mary si sta muovendo, probabilmente per guardarsi intorno. Le sono così vicino che la punta del mio naso sfiora i suoi capelli. Lo sapevo: il profumo di vaniglia era il suo.
Quando poso le mie mani sulle sue spalle, sobbalza. Mi sfugge tra le dita come acqua fresca; quando la punta della sua bacchetta si illumina, l’oscurità non è ancora scomparsa.
«Mulciber!» esclama furiosa quando mi riconosce.
«McDonald» rispondo tranquillo, affondando le mani nelle tasche.
«Non ne hai avuto abbastanza per oggi? Quando ti deciderai a lasciarmi in pace?»
Mary calca sulle ultime parole, fremendo di rabbia. Quando i capelli le si agitano scompostamente intorno al viso come adesso, è ancora più bella.
«Attenta al nemico che ti scegli» le consiglio sorridendo.
«Lo so che tu, Avery e quell’altro babbeo di Piton siete dei Mangiamorte, va bene?» sbotta lei. «Non credere di farmi paura, siete tutti dei palloni gonfiati insignificanti, mossi da Tu-Sai-Chi come marionette. Ma non lo capisci che quello che lui vuole è la guerra? Che non si fermerà finché non ci avrà distrutti tutti? Credete di stare dalla parte giusta, adesso. Beh, vedremo!»
Continuo a sorridere di fronte alla sua invettiva.

e la pace sorgerà e ci distruggerà 
e ci renderà di nuovo insignificanti

Quando guardo il tuo volto e ascolto queste note, le mie vene sembrano incendiarsi.

Sento le note del pezzo che Mary stava suonando echeggiarmi nelle orecchie, anche se le sue mani affusolate sono lontane dal piano. Forse è per via della sua voce melodiosa anche quando è arrabbiata, o forse mi sta solo facendo diventare pazzo.
Perché ha dovuto parlare di guerra? Il Signore Oscuro fa parte della via che io ho scelto per me, non voglio che lei si riempia la bocca con il suo nome. Mary continua a inveire, ma la mia mano scatta sulle sue labbra come un rapace sulla preda, riducendola al silenzio. I miei polpastrelli premono sulla sua pelle bianca, lasciandovi dei segni rossi. Alla luce della punta della sua bacchetta, stretta ancora tra le dita, leggo sbigottimento e rabbia nei suoi occhi. Continuo a tenere premuta la mano destra sulla sua bocca, mentre con la sinistra sciolgo delicatamente la sua presa e le sottraggo la bacchetta. Sembra sgomenta, ma non oppone resistenza. È vero, allora: tutto quello che faceva aveva lo scopo di attirare la mia attenzione. Allontano lentamente anche la mano destra dalle sue labbra; è turbata e confusa, potrebbe ricominciare a inveire, ma continua a tacere.
Il silenzio si spande tra di noi e invischia le nostre mani, i nostri abiti, i nostri capelli, come resina degli alberi. Anche i miei gesti sono diventati più lenti, almeno finché la mia bocca non si avventa sulla sua, mentre le mie mani iniziano a percorrerle la schiena. La avverto irrigidirsi tra le mie braccia, come colpita da un Incantesimo della Pastoia, ma non mi fermo. La mia lingua percorre il profilo delle sue labbra, la sua saliva mi brucia in gola come Whiskey Incendiario. D’improvviso fa per allontanarsi da me, ma stringo le mie mani intorno ai suoi polsi e la premo contro il mio petto. Sono mesi che aspetto questo momento, non la lascerò andare per così poco. Continuo a baciarla come se ne andasse della mia vita, facendo sempre più forza sui suoi polsi man mano che cerca di divincolarsi. Senza staccare le mie labbra dal viso della McDonald, lascio scivolare il mio braccio sinistro sulle sue spalle, mentre continuo a stringerle i polsi con la mano destra. La sua bacchetta ormai giace per terra con la punta spenta: l’oscurità intorno a noi non è mai stata così intensa, ma quella dentro di me sembra esplodere di scintille bianche mentre serro le palpebre contro la pelle delle sue guance. Il suo profumo di vaniglia mi inebria, resterei qui per sempre.
Con un improvviso strattone, la McDonald riesce a liberarsi dalla mia stretta e arretra di qualche passo. Nell’oscurità non riesco a vedere il suo viso, ma sento ancora la pressione delle sue morbide curve sul mio corpo, e un brivido mi percorre.
«Mulciber!» urla con voce isterica.
Chiama il mio nome, penso chiudendo gli occhi, ti prego, chiamalo ancora.
«Che diavolo ti è venuto in mente? Come ti sei permesso? Mi hai fatto male, razza di cretino. Io ti… ti…».
Cosa? Andiamo, cosa mi faresti?

Tu mi farai desiderare la morte 
inciderei il tuo nome nel mio cuore 
distruggeremo questo mondo per te 
so che vuoi che io 
provi il tuo dolore 

Quando penso alle tue labbra e ascolto queste note, mi sembra di annegare nell’oscurità.

Il mio petto si solleva e abbassa seguendo il ritmo del mio respiro ansante. Ogni volta che inspiro, mi sembra che i miei polmoni vadano a fuoco.
L’Aula della Musica è ancora immersa nell’oscurità; sono appoggiato alla sua porta, con la schiena che aderisce contro il legno, da quando Mary è scappata da me. Non so perché non abbia deciso di inseguirla nel corridoio. Forse perché so che la luce delle torce appese alle pareti del quarto piano avrebbe rovinato tutto.
Si stava così bene in quest’aula, la cui frescura è un sollievo al calore della stagione, il cui buio è riposo per gli occhi. È stato come se l’oscurità dell’aula fosse stata lo scrigno di qualcosa di esaltante, accaduto nel mio ventre senza testimoni. Come se il buio avesse racchiuso le nostre voci, strappandole dalle nostre gole e impedendo loro di disperdersi e di raggiungere orecchie indiscrete.
Mi sfioro la bocca con le dita mentre continuo a pensare a lei. Averla accanto a me, su di me, senza neanche un millimetro di spazio a separare i nostri corpi, è stato quanto di meglio potesse accadere. Erano mesi che desideravo quella maledetta Mudblood senza poter fare nulla per prendermela.
Finalmente, dopo tanto tempo, sono riuscito a sfogare il fuoco che mi percorreva le vene, la tensione degli esami, lo scoraggiamento per un futuro troppo incerto, il timore per non essere all’altezza del Signore Oscuro, la rabbia che è sempre stata mia compagna.
Finalmente, dopo tanto tempo che le sognavo, ho avuto le sue labbra.
Il pensiero di lei continua ad ossessionarmi, sento la sua mancanza sulla pelle come se fosse andata via da anni e non da pochi minuti.
Una consapevolezza mi fredda improvvisamente, calmando ogni impulso che si agita in me. Solo ora mi rendo conto del terribile potere che la ragazza ha su di me: lei sa come svelare le mie debolezze.
Strabuzzo gli occhi nell’oscurità e cerco di sostenermi puntellando i gomiti contro il legno della porta. Non è così che devono andare le cose, non per un servo del Signore Oscuro, non per un Mangiamorte.
Mudblood. È questo ciò che lei è, è quanto di più disgustoso ci sia al mondo. E allora perché mi sento infiammare ogni volta che le passo accanto?
Maledizione. Dan ha ragione, è quasi finita. Ogni cosa è quasi finita, perché una nuova era sta per sorgere su di me e sul mondo magico: l’era del Signore Oscuro. Ha ragione Danny. Non dovrei distrarmi, specialmente per colpa di una Mudblood.
Inspiro profondamente ancora una volta, poi apro la porta alle mie spalle. La luce delle torce del corridoio mi assale, ferendomi gli occhi. Lancio ancora un’occhiata al buio dell’Aula della Musica dietro di me, poi chiudo delicatamente la porta. Quel momento con Mary, quel calore che mi ha percorso il collo, quel tramestio che mi ha scombussolato le viscere deve rimanere sbarrato in quella stanza, rinchiuso nell’oscurità, per non uscirne mai.

e Venere sorgerà e ci distruggerà 
e ci renderà di nuovo insignificanti



 

Note dell'Autrice: ringrazio innanzitutto la giudiciA per aver indetto questo splendido contest: amo i Muse, ma non avrei mai immaginato che un loro brano potesse ispirarmi così tanto! La ringrazio inoltre per l'ottimo e celere lavoro e, naturalmente, per il secondo posto! Sono felicissima ^_^ Nell'eventualità che vi interessasse il suo giudizio a questa storia, questo è il link: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10215676&p=6
Qualche informazione ulteriore: la canzone che mi ha ispirato è Space Dementia, e ho riportato le strofe in corsivo. Non so se questo faccia di questa storia una song-fic, la realtà è che volevo utilizzare le strofe quasi come la chiusura di sipario di ognuna delle cinque parti in cui è concettualmente divisa questa OS.
Ricordo che nel capitolo della saga dedicato al peggior ricordo di Piton, Lily Evans si riferisce a un certo scherzo che Mulciber, insieme ad Avery, ha organizzato per Mary McDonald. Partendo da questa informazione, sono andata un pochino oltre, e il mio cervellino ha inventato tutto il resto u.u

   
 
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