Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: Summerdiedtoday    30/07/2012    0 recensioni
Una canzone parla di un ragazzo,di Jimmy,il Gesù della Periferia. Una canzone racconta della sua lotta,e della sua fuga,una canzone racconta della sua morte. Questa storia racconta solo di Jimmy,di come fosse,nonostante tutto,fottutamente umano,fottutamente nostro.
E di come ha lasciato chi lo amava in periferia.
-Raiting,potrebbe essere verde,non ci sono scene violente,ma siamo pur sempre in periferia,c'è droga,c'è alcool,ci sono urla e rabbia.
E io non voglio rischiare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Jane continuava da diversi minuti a scrutare la stanza, ignorando gli sguardi di Danian che la cercavano. Si sentiva un po’ una testa di cazzo per la pessima battutina di poco fa. Jane lo evitava, sembrava un po’ per i cazzi suoi. E ‘sti cazzi. Si resse in piedi facendo spallucce e una smorfia. Cercò di recuperare i vestiti sparsi per terra; mancavano i boxer. Controllò da per tutto, ma niente. Dovevano essere sotto il letto, quindi si chinò accanto ad esso e imprecando cercò di prenderli con un braccio. 

–Dan..-
-Eh. Ma porca puttana..- Rispose innervosito; quei boxer sembravano destinati a rimanere li sotto per sempre.
-Tu hai mai avuto una famiglia?- lei sembrava non far caso all’impresa di Danian, dato il suo tono tranquillo con lo sguardo verso il soffitto. Poi si voltò aggrottando le sopracciglia. –Danian..?-
-Ah ti ho preso brutto figlio di puttana!- esclamò reggendosi in piedi, per poi finalmente infilare i boxer. –Ma quanto sei coglione, dio.- gli disse Jane con aria rassegnata. –Lascia perdere, non puoi capire.- le rispose infilando i pantaloni, poi si buttò di peso sul letto accanto a lei. -Tu come ti senti?- le chiese.
-In che senso?- non riusciva a capire se parlasse sul serio o se sotto ci fosse qualche doppio senso forzato o comunque qualcosa del suo genere.
-Tu come pensi che sia la tua vita?-
Jane si stupì del tono serio che Dan assunse dopo quella scena grottesca con i boxer sotto il letto. Cominciava a pensare che il ragazzo soffrisse di personalità multipla. Rimase di stucco per un istante. -Penso solo che potrei stare meglio, se trovassi il coraggio di andarmene senza tener conto di nulla. Come faresti tu. Insomma, a te non fotte niente di niente e nessuno. Se tu l’avessi voluto, saresti partito. Te ne saresti andato da questa città di merda, prendendo il primo treno che ti capitava. Io invece no. Penso semplicemente di non farcela, ormai.-
-Ah..- Dan accennò un sorriso imbarazzato. Non augurava a nessuno di essere come lui. –Bè, hai ragione. Se avessi voluto, l’avrei fatto, ma qui c’è la mia vita ormai ..- una vita che ha dovuto ricostruirsi da solo, senza l’appoggio di nessuno, che ormai aveva cominciato ad amare, nonostante la scarsa qualità.
-Quanto meno riesci ad accettare questa situazione del cazzo.- adesso lo guardava fisso negli occhi, Danian deglutì. –Voglio conoscere la tua storia Dan.- le sembrava una cosa stupida da chiedere, ma voleva davvero conoscere la sua storia semplicemente per riuscire a capire meglio quel ragazzo, ma questo era l’argomento che Danian avrebbe voluto evitare. Aveva sentito Jane farle quella domanda poco prima e fece finta di essere preso da .. altro. Il suo passato era il suo punto debole. –Guarda che non è niente di avvincente la mia.. storia. Insomma, non dovresti prendere esempio da me. Non meriti di essere odiata o mandata via o.. no ok? Non c’è motivo, fidati.- aveva la voce tremante e Jane se ne accorse. Gli accarezzò il viso. –Raccontami.-. Dan si passò la mano sul viso, poi sui capelli. Jane automaticamente gli si poggiò sul petto.

 

Danian aveva il cuore in gola, non voleva tornare a casa quel pomeriggio. Avrebbe rivissuto quel teatrino di  cui era protagonista da ormai quattro anni, da quando gli era stato imposto di frequentare quella scuola “dove i leccaculo andavano avanti”, come lui la definiva. Prima di lui l’aveva frequentata anche suo fratello maggiore di tre anni, Alexander, con cui non era mai andato d’accordo, specialmente negli ultimi tempi. Era uno di quei tipici figli di papà, con amici e peli nel culo altrettanto figli di papà.
I suoi genitori, Edward e  Anne Davis, non perdevano occasione per umiliare il figlio minore con il loro spudorato orgoglio per Alex, sottolineando quanto lui fosse brillante, garbato, amato da tutti i professori e che sicuramente avrebbe seguito la strada d’imprenditore, proprio come il padre, mentre invece Danian sarebbe diventato una nullità. Semplicemente perché loro non gli permettevano di frequentare una scuola a cui potesse essere più portato ed essere se stesso, senza essere ossessionato dal confronto con suo fratello maggiore. 
Eppure Danian quel quadrimestre ce l’aveva messa tutta, ma ricevette insufficienze in tutte le materie.
Fece un respiro profondo, poi entrò in casa tenendo lo sguardo basso. A quanto pare Alex era già tornato a casa, con la sua macchina super lussuosa regalatagli dal padre. Sentiva risate entusiaste provenire dalla sala da pranzo. Sicuro di dover rovinare il quadretto della famiglia perfetta, entrò, zittendo i suoi e Alex che portava in mano un foglio bianco con i voti del primo quadrimestre. –Ah.. sei tu.- disse Alex sorridendo. 
–Alex ha il massimo dei voti in tutte le materie.-
 –Ciao anche a te papà..-. Tutti fissavano Danian. Suo padre con aria di sfida, sua madre con un velo di speranza. Nonostante Alex fosse quello che fosse, si sentiva sempre in imbarazzo in situazioni del genere. 
–Papà, sediamoci a pranzare, ne parleremo più tardi.. Danian deve essere stanco.- cercò di evitare il discorso, anche lui sapeva come sarebbe finita, perciò invitò tutti a tavola con un sorriso.
 –Pf, stanco di fare il fannullone..- borbottò l’uomo delle mille risorse mentre si sedeva a capotavola.
 –Ed, non esagerare, caro..- Anne quanto meno fece la sua parte, pur non essendo molto convincente.
-Cara, è così, e lo sa bene. Dovrebbe cercare di darsi una mossa, invece di non fare nulla dalla mattina alla sera.
Danian stava in silenzio. Era inutile discutere con una persona del genere.
-Vedi, non ha nemmeno la facoltà di rispondere. L’inutilità di questo ragazzo non ha limiti..- finì con una risata rumorosa, sperando di coinvolgere la moglie e il figlio maggiore, fallendo.
Danian si alzò di botto dal tavolo da pranzo, fiondandosi di fronte alla porta di ingresso intento ad aprirla. Quella situazione lo distruggeva, non poteva più sopportare niente di tutto quello.
-Prova solo ad aprire quella porta e sarai fuori da casa mia per sempre.-. Il sig. Davis stringeva il braccio del figlio talmente forte da fargli quasi male. Danian si voltò e guardò il padre negli occhi. Ne rimase impietrito, lasciò la presa. Era come se avesse percepito tutta la rabbia che quel ragazzo aveva in corpo e quanto essa fosse grande. Accadde tutto così in fretta. Restò a fissare la porta spalancata di fronte a lui, senza muovere un muscolo, senza provare niente. Forse solo un pizzico di disprezzo verso quel figlio che non era cresciuto come nelle sue aspettative, già previste prima ancora che nascesse.

Correva, non sapeva da quanto tempo ormai. Correva e le sue lacrime leggere si confondevano con le prime gocce di un preannunciato temporale. Non era stanco, ma aveva freddo, perciò entrò dentro il primo locale che gli capitò. Era un bar, forse, non ci fece caso. Cercò il bagno e vi si fiondò dentro.  Voleva stare dove nessuno avrebbe potuto rompergli il cazzo, da solo, con la consapevolezza di non poter più avere una casa, dopo aver accettato le condizioni del padre. Certo, perché lui era un perdente, un ignorante, la vergogna dei Davis, la pecora nera della famiglia. Adesso che finalmente aveva mandato tutti a fanculo, avrebbe voluto dare una svolta alla sua vita, cominciando da quella faccia di cazzo che aveva: pelle chiara e liscia come il culo di un bambino, capelli biondo cenere non troppo lunghi per un ragazzo e gli occhi azzurri. Sembrava tanto uno di quei bravi ragazzini che si vedono nei telefilm, quelli per cui le dodicenni vanno matte. Oddio, lui non era così. Nella tasca dei jeans teneva sempre un coltellino che gli aveva regalato suo padre per il suo quattordicesimo compleanno. Sapeva solo che apparteneva al bis nonno, e non ne aveva mai capito quella sacra importanza che esso possedeva; forse era una qualche cazzata inventata per fargli credere che dargli in dono un fottuto coltellino fosse qualcosa di cui sentirsi onorati, pensava però che sarebbe stato utile per autodifesa o cazzate del genere. Non sapeva da dove cominciare; fosse stato per lui avrebbe fatto una plastica facciale, o una cosa del genere. Aprì il coltellino e lo girò tra le dita per qualche secondo. Deglutì e fece un leggero taglio verticale che partiva dalla tempia destra  fino allo zigomo. Con un po’ di fatica alle mani, cercò di tagliare i capelli ai lati. Uscì uno schifo, ma almeno non sembrava più un rottinculo figlio di papà. 
Bene, forse era un passo verso un modo di vivere tutto nuovo, fatto con le sue regole. Si sentiva tremendamente coglione. La verità è che non aveva idea a cosa stesse andando in contro, pur sapendo che suo padre non avrebbe avuto la compassione di farlo tornare in casa. Cosa sarebbe diventato? Che cosa ne sarebbe stato di lui? Che cazzo avrebbe fatto adesso? Di sicuro non sarebbe rimasto li in quel bagno puzzolente continuando a guardarsi allo specchio con disprezzo. O forse si. Spaccò in mille pezzi quell’immagine orribile. Non ragionava, cominciava a sanguinare e finì per prendere a calci tutto.

 

 

- Spero tu sia felice adesso.- Alex prese il giubbotto dall’attacca panni e si fece strada fuori casa sperando di riuscire a seguire suo fratello minore. Edward era ancora inerme, sapeva che questa volta l’avrebbe perso per sempre. Non fece nulla. Si sedette sulla sua poltrona e cominciò a sorseggiare Jack Daniels dalla bottiglia mezza vuota. Anne salì al piano di sopra, anche lei con il sangue di ghiaccio di chi aveva appena perso la fiducia di un figlio e con un pizzico di rimpianto per essersi sentita in dovere di parteggiare il marito.
Alex sapeva bene che Danian provava una certa invidia nei suoi confronti, ma ciò non lo aveva mai toccato particolarmente da portarlo a disprezzare suo fratello minore, ne tanto meno a non preoccuparsi per lui, cosa che quest’ultimo non aveva mai provato a considerare. Danian vedeva Alex proprio come i suoi genitori e la sua testardaggine non gli aveva mai permesso di andare oltre a quest’immagine. 
Dopo aver girato tutto il quartiere ed essersi ritrovato zuppo d’acqua, Alex chiese informazioni in un bar. Entrò di sopravvento –per caso un ragazzo biondo e occhi azzurri è passato di qui?- i presenti si guardavano facendo cenno di no con la testa –in bagno c’è un ragazzo che sta li da almeno un quarto d’ora, ho paura che stia combinando qualcosa di brutto- intervenne un tipo che stava al bancone, mentre serviva dei caffè, -sarei voluto andare a controllare, dato che dal bancone non si possono sentire i rumori provenienti dal bagno, ma ho preferito lasciarlo da solo, sembrava un po’ sfinito il ragazzo..-, Alex gli sorrise e si precipitò in bagno. Aveva paura di aprire quella porta, non sapeva che aspettarsi.

 

Danian era seduto per terra con le gambe distese e la testa poggiata al muro, in mezzo ai suoi capelli tagliati malamente e pezzi di vetro sporcati da piccole gocce di sangue. –Porca puttana Danian, che hai fatto? E questo taglio, e questo sangue?- 
-Ti prego, non fare finta che ti interessi qualcosa. Sei falso come… oddio vattene, che cazzo vuoi?- aveva gli occhi socchiusi e stanchi. Avrebbe voluto dormire.
Alex si chinò sulle ginocchia e cercò di tirarlo su, ma Danian non aveva intensione. Voleva essere lasciato in pace. -..Sono venuto per aiutarti. Ho capito cosa provi, voglio solo assicurarmi che tu stia bene. Sai, anche se siamo diversi non significa che io non mi preoccupi per te. Sei pur sempre mio fratello.-
-Ciao smettila.- Danian girò la faccia verso il muro, ma Alex cominciò a rompersi le palle, perciò lo prese per il braccio e lo tirò su. –Ma cosa vuoi?? Io in quella casa di merda non ci torno, vattene, non ho bisogno di te vaffanculo-. Alex non sapeva che dire. Non voleva peggiorare la situazione. Gli lasciò il braccio e si sedette accanto a lui, senza parlare ne nulla.
Rimasero così per qualche minuto. Alex pensava a quello che suo fratello stava rischiando di diventare e cominciava a sentirsi colpevole a causa dei paragoni a cui era sottoposto. Invece Danian pensava che forse suo fratello era sincero, che stava facendo lo stupido rifiutando le sue attenzione. Perché in fondo era ciò che aveva sempre voluto, un po’ di considerazione da parte della sua famiglia. 
–Senti Alex io..-
-Non fa niente Dan, ho capito.- lo abbracciò, come mai era successo.
-Adesso che hai intenzione di fare?-
-Intanto pulirò questo bordello che ho fatto e_-
-Intendo.. che farai adesso? Tornerai a casa o..-
Bella domanda. Non ne aveva idea.
-Prendo un treno adesso, se ti va di accompagnarmi..-
-Come? Cioè, così.. E dove andrai?- 
-Andrò a Berkeley.- nominò la prima città delle vicinanze che gli venne in mente, in realtà.
-Ok, vengo con te e ti aiuto a trovare una sistemazione, tanto papà mi ha dato dei soldi che conservo ancora in banca e_-
-No tranquillo, mi sono già.. organizzato.- ovviamente non era vero un cazzo.
-Sicuro?- lo guardò con aria di dissento.
-Si, sicuro.-  voleva fare tutto da solo, pur essendo certo che sarebbe durato poco.

 

Per quanto possa aver apprezzato le attenzioni che Alex gli aveva dedicato, Danian non vedeva l’ora di toglierselo dai piedi, cominciando a pensare che forse era meglio quando non si consideravano a vicenda. Voleva che tutto fosse pianificato e organizzato, ma Danian voleva solo andarsene da li e arrangiarsi, vivendo alla giornata.
-Allora, ho chiamato l’albergo e_-
-E mi ospiterà fin che non avrò trovato una sistemazione, me l’hai già detto.- disse Danian alzando gli occhi al cielo, seduto su una panchina della stazione di fianco ad Alex che non smetteva un attimo di fare telefonate. Sembrava una cazzo di guida turistica impazzita.


Il treno per Berkeley era in sosta davanti ai due e per Danian era ora di andare. Si abbracciarono e Alex diede al fratello tutte le raccomandazioni possibili e immaginabili, come una mamma che lascia partire il figlio in gita con la scuola per la prima volta.
-Abbi cura di te, Dan.-
-Lo farò..-
Un altro abbraccio, poi Danian si voltò con decisione e salì su quel treno insieme a due enormi borsoni.
 Ci mise un po’ a trovare una cabina libera; questa affacciava sul lato della stazione, perciò poté vedere dal finestrino il fratello rivolgergli un sorriso amaro e poi andarsene lentamente. 
Alex non avrebbe mai pensato di provare certe cose verso il fratello. Non aveva mai sentito quell’amore fraterno così forte e si chiedeva perché bisognava che Danian se ne andasse per percepire questa loro unione, così solida quanto quasi invisibile. Il rimpianto di aver perso il fratello lo perseguiterà, fino a fargli rendere conto che essere se stessi è l’unica cosa che conta.

 

 

Danian era in fase rincoglionimento post-dormita sul treno, mentre girovagava per la stazione di Berkeley. Ovviamente non seguì l’itinerario preparatogli da Alex, quindi prese un bus a caso per “cominciare ad ambientarsi”. In quindici minuti si ritrovò sulla Gilman Street, dove il bus faceva capolinea. Appena sceso dal bus, si guardò in torno con una smorfia. “Boh.”. Continuò a camminare fin quando non avrebbe trovato un bar, o qualcosa del genere, per bere qualcosa e chiedere informazioni sulla zona. Quella Gilman Street gli piaceva; c’era un’aria tranquilla, nemmeno molto traffico e gli edifici bassi.
Era il tramonto e ormai camminava da almeno mezz’ora. Si fermò ad un locale, “da Jack”. Entrò con aria spaesata e tutti i presenti lo fissavano per via degli enormi borsoni e l’aspetto troppo sobrio per le circostanze; cominciò a sentirsi in imbarazzo. I tipi del locale avevano tutti dei capelli assurdi, le ragazze mezze nude con trucco pesante e i ragazzi con magliette e pantaloni strappati. –Amico, hey!- un tizio con dei capelli neri a riccissimi che sembrava più grande di tutti gli altri ragazzi presenti,  gli si avvicinò dandogli una pacca sulla spalla. –Dà qua, ci penso io.- gli disse, togliendogli i borsoni dalle mani.
 –Grazie mille, lei è il proprietario?- domandò.
-Non c’è di che, ma dammi del tu!!- rispose il tizio, dandogli un’altra pacca sulla spalla, che questa volta lo fece barcollare. –Si, sono il proprietario Jack, in persona.- si presentò, stringendo la mano a Danian con aria soddisfatta.
Jack aveva capito che il giovane si sarebbe fermato per un bel po’, perciò invitò il nuovo arrivato al bancone, offrendogli una birra. I due si fecero una bella chiacchierata e Jack raccontò un po’ della zona. Disse che la maggior parte dei suoi clienti sono i tipi che frequentano il 924 Gilman Street. Sono tutti ragazzi tra i venti e i trent’anni che vivono cazzeggiando in giro per la città. C’era chi lo faceva per scelta, chi invece non aveva nessun’altra possibilità.  A questo punto, Jack si sentiva in dovere di fare gli onori di casa al nuovo arrivato, invitandolo al 924 Gilman Street quella sera. Danian ovviamente accettò, stupito di aver trovato già qualcosa durante il suo primo giorno a Berkeley. 
Ad un tratto si sentii un frastuono dal fondo del locale. C’era una ragazza bionda per terra con un vestitino lilla strappato e macchiato, dall’aspetto probabilmente doveva aver appena vomitato, e un ragazzo con dei capelli arruffati nero corvino, le braccia completamente tatuate e una maglia con le maniche tagliate. Stava per accendersi una sigaretta con aria infastidita, imprecando sottovoce. Fece il primo tiro e poi raccolse letteralmente la ragazza da terra per poi andare verso l’uscita. Danian fu l’unico a fissare quella scena, perché a quanto pare nessuno era impressionato dal vedere una ragazza che non riesce a reggersi in piedi e in quelle condizioni. Si sforzò di lasciar perder e continuò a chiacchierare con Jack, che nel frattempo serviva gli altri clienti. 
Al bancone vennero i tipi della bella scenetta di qualche istante fa. –Dammi una birra, così la riporto a casa.- disse il ragazzo mentre teneva la bionda dal busto. Danian si accorse che la ragazza lo fissava, ma cercò di ignorarla e il tipo aveva un non so che di curioso quindi non smetteva di togliergli gli occhi di dosso. Jack servì la birra, nel frattempo si accorse che il nuovo arrivato fissava Jimmy con aria incerta, perciò glie lo presentò –Jim, ti presento il nuovo arrivato, a quanto pare passerà un po’ di tempo da noi- disse Jack entusiasta. –Hey..-  disse Danian timidamente, accennando un sorriso. Jimmy smise di sorseggiare la sua birra per guardare meglio quel biondino insignificante. Lo squadrò dall’alto al basso con espressione di sufficienza, poi gli strinse la mano–benvenuto all’inferno- gli disse con aria teatrale e una risata soffocata e quasi maligna. Danian lo guardò con occhi sgranati, non essendo sicuro di aver capito bene, mentre Jack se la rideva tra se e se. Nel frattempo, la bionda malridotta, vomitò per terra a pochi centimetri dallo sgabello di Danian. –Che cazzo fai??- le urlò Jimmy. Lei non disse nulla, ma continuava a guardare gli occhi di quel ragazzo che non aveva mai visto prima ma che in un modo o nell’altro la ipnotizzavano. A quel punto Jimmy prese di peso la ragazza e uscì dal locale senza una parola, solo bestemmie a non finire. Danian era molto, molto confuso. Continuava a notare che la gente attorno era totalmente indifferente alla scena di quella ragazza combinata in quel modo, tutto era normale per loro e non riusciva a capacitarsene. –Quella ragazza ha bisogno d’aiuto..- disse a Jack, mentre continuava a guardare l’ingresso del locale.- È in buone mani, tranquillo… ma a te che importa?- gli rispose il barista, come se fosse una cosa fuori dal comune preoccuparsi per gli altri. -Be', era in condizioni pessime e mi preoccupo- . Jack rise, come per prenderlo per coglione. –Tranquillo, qui non devi sentirti in dovere di aiutare gli altri, ognuno se la cava per i cazzi suoi e va bene così. È questo che differenzia il nostro modo di vivere da quello altrui. Alla fine, se finisci in Periferia, in un modo o nell’altro, sarà sempre un atto di masochismo.-
-Non ti seguo...-
-Ci sono sempre tante alternative, quando devi fare delle scelte. Sono cazzate quando si dice “non avevo scelta”, capisci? Se decidi di stare qua, o non hai idea di cosa ti aspetta o sei sicuro di potercela fare.-
-Jimmy intendeva farmi capire questo, poco fa?-
-Bè.. si, suppongo. Quella ragazza, Jane, stava cercando questo, quindi cazzi suoi. Altrimenti se ne sarebbe già andata, fidati.-
-Come lo sai?-
-Non lo so, lo penso e basta. È questa l’impressione che da.-
Danian era perplesso. Vedeva negli occhi di quella ragazza che in realtà avrebbe dato qualsiasi cosa pur di uscirne, si ostinava  a credere che davvero Jane lo stesse facendo di sua volontà. Secondo lui c’era quel Jimmy dietro. Come disse Jack, non erano cazzi suoi, perciò non ci pensò più e riprese a chiacchierare con il primo conoscente della Periferia che a poco a poco gli presentò un po’ dei clienti più fidati. In così poco tempo riuscì a sentirsi un po’ più a suo agio, nonostante fosse ancora così diverso da gli altri.



Il bar chiudeva bottega verso le 22.30, quando iniziavano le serate al Gilman. Danian si era intrattenuto da Jack fino a quell’ora, così si recarono insieme al 924.
La musica dal vivo e il pogo mangiava vivo chiunque mettesse piede sulla soglia dell’ingresso. Tutti si schiantavano contro tutti cantando a squarcia gola e il piccolo locale era illuminate da poche luci colorate.
Danian venne subito coinvolto. Non capiva un cazzo, sentiva solo questa musica  e le voci dei presenti che gli martellavano il cervello e gli spintoni che arrivavano da tutte le parti. Non sentiva più le sue braccia, ne le sue gambe e temeva che la testa gli sarebbe esplosa da un momento all’altro e sarebbe morto in quell’istante sotto quel piccolo palco, calpestato dal pubblico di bruciati impazziti. Non era mai stato così felice in tutta la sua vita.
La musica si fermò. La band aveva terminato la performance e tutti cominciarono a tirar fuori quel poco di lucidità che possedevano andando ognuno per i fatti loro. Chi usciva, chi si sedeva per terra, chi saliva sul palco a cazzeggiare con i microfoni e chi –come Danian- andava al bancone. Non appena vide Jack intento a strofinargli la testa, si rese conto di aver passato l’intera giornata tra lui e bevande varie. Pensò anche che solo quella mattina aveva lasciato casa. Distolse il pensiero, non aveva intensione di farsi venire dei rimorsi o cose del genere. 
Jack era insieme ad una coppia che non faceva altro che sbaciucchiarsi. Lei, Hayreen, aveva dei lunghi capelli blu elettrico con qualche dread dello stesso colore e un piercing al sopracciglio destro; lui, Drew, aveva i capelli rasati e un grande tatuaggio nel petto. –Il nuovo arrivato ha bisogno d’aria, lo vedo un po’ pallidino..- disse Jack, scaraventando Danian e la coppia fuori dal locale. Era solo una scusa per uscire, dato che nessun’altra band avrebbe suonato e gli alcolici non erano ammessi. 
Hayreen e Drew probabilmente avevano preso qualcosa di forte prima di entrare al Gilman. Si reggevano a vicenda cantando qualcosa simile a Guns of Brixton e ridendo come ritardati. 
-Ai.- Drew era appena caduto per terra. Hayreen cadde a sua volta di fianco a lui per le risate e, in qualche modo, si ritrovarono una sopra all’altro. Jack e Danian li guardarono prima perplessi, poi proseguirono lasciandoli mentre facevano sesso in mezzo alla strada. Andarono nel retro del bar di Jack, per mostrare a Danian dove sarebbe potuto rimanere per la notte. Era una specie di grande ripostiglio dove Jack teneva tutto il necessario per il bar ed era diventato una specie di albergo, dato che ci dormivano almeno altre sette persone. Jack liquidò il nuovo arrivato tornando fuori a cercare qualcuno con cui condividere un po’ di marijuana, lasciandolo da solo nel ripostiglio. 
Pensò che come primo giorno era andato benissimo, era proprio quello che cercava. Si addormentò di botto sotterrato dalla stanchezza e i pensieri un po’ confusi dall’alcool.

--

Era passato quasi un anno da quando Danian decise di andare per la sua strada. Molte cose erano cambiate insieme a quel ragazzino dall’aria angelica contrastata dal leggero taglio sul viso: la Periferia stava diventando pericolosa per tutti, ma nessuno se ne rendeva conto. Era tutto perfettamente normale. Era normale vedere risse che spesso finivano a sangue o gente che sveniva dal nulla. Era normale persino vedere qualcuno morire di overdose e se succedeva, probabilmente sul momento si era troppo ubriachi per poi non ricordare che fine abbia fatto quella persona.
C’è da dire che, nonostante le circostanza, Danian non era poi così sfrenato. Aveva colorato la sua cresta con un blu scadente ormai diventato azzurrino e scroccava vestiti dove capitava. Non gli interessava molto la droga e merdate varie, se non per fare compagnia a qualcuno. Era li per vivere a modo suo, e così fece: la devastazione al 924 continuava fino al mattino dopo e sarebbe ricominciata la sera stessa, mentre durante il giorno cercava di sopravvivere in giro per la Gilman Street insieme ai suoi “compagni”. Questa era la sua vita e ne andava fottutamente fiero. 
Ormai conosceva più o meno tutti in Periferia, passava la maggior parte del tempo con Drew, Hayreen e Leslie. Ebbe anche modo di conoscere bene Jimmy e poteva considerarlo ormai come il suo migliore amico, o il compagno di sopravvivenza migliore di tutti. Insegnò a Danian tutto quello che c’era da sapere sulla Periferia e su chi ci vive. All'inizio sentì parlare della sua fama da saggio del villaggio, infatti si mise un po’ sulle difensive, fin che una mattina –non si sa come- si ritrovarono nudi uno aggrappato all’altro nel ripostiglio di Jack. Jimmy, mantenendo la parte del superiore della situazione, fece finta di nulla e si accese una sigaretta ma Danian non riusciva a smettere di ridere fino a sentirsi male mentre Jimmy gli diceva di smetterla, anche se a forza di trattenere le sue di risate gli stava per esplodere lo stomaco. 
Erano sempre in giro insieme a fare i coglioni disturbando i passanti con scherzi da bambini delle elementari e entrambi contagiavano una risata generale ovunque passassero. 
Se pur il loro rapporto fosse abbastanza strano quanto unico, a metà tra scuola di vita e bighellonaggio lev. 1000, ad un certo punto qualcosa stava cambiando. Danian notò che Jimmy non si comportava più allo stesso modo. Era come se stesse amplificando quelle sue manie di superiorità e non voleva più vedere nessuno, nemmeno Danian. Nessuno seppe mai qual era il vero motivo di questo suo comportamento, ma tutto cominciò quando portò al parcheggio la sua sorellastra Jane, la ragazza che Danian vide vomitare la prima volta che entrò da Jack. 
Con il passare dei mesi questa storia di Jimmy si trasformò in un mistero, tanto che si mormorava di un Gesù della Periferia ogni volta che era nei paraggi, sempre da solo con la sua immancabile sigaretta e quell’aria da onnipotente che assumeva. Danian pensava fosse una storiella fatta da qualche rottinculo per prenderlo in giro, ma mai avrebbe pensato che quella gente faceva sul serio. Erano tutte un sacco di stronzate e non credeva di aver vissuto con gente così idiota fino a quel momento. Questa storia del Gesù di Periferia era stata inventata da qualche coglione che non riesce a spiegarsi questo atteggiamento del cazzo di Jimmy e non aveva assolutamente senso. Nemmeno lui, che era il suo migliore amico, non riusciva a spiegarselo, ma non ricorreva a certe soluzioni disperate. Era questo che Danian pensava, fin quando Jimmy non sparì, morì, comparve quella scritta di sangue sul muro e ritornò per provargli che lui era davvero il Gesù di Periferia, e non avrebbe dovuto nominare il suo nome invano.

 

Le raccontò tutto, per filo e per segno. Tutto d’un fiato, mantenendo un’espressione impassibile, mentre Jane lo fissava in cerca di qualche segno di… umanità, forse? Danian non aveva smesso un minuto di parlare, senza un tono e senza mostrare emozioni. Era questo che era diventato? A causa di suo padre, della Periferia e Jimmy? Era diventato così bravo a trattenere tutto dentro, specialmente quando Jimmy se n’era andato, che Jane cominciò a pensare di non conoscerlo  affatto. Ma Dan era fatto così. Si era ormai abituato a tenere per se le sue emozioni da quando aveva distrutto il bagno di un bar nella sua città natale tre anni prima. Da quel momento in poi avrebbe dovuto accettare l’idea di doversela cavare da solo. Era quello che voleva –o almeno così diceva- quindi si sarebbe adattato e avrebbe  sicuramente trovato dei modi per seppellire le sue emozioni. Jimmy, oltre ad essere stato il suo presunto mentore, era l’unica persona con cui riusciva ad essere se stesso per davvero e averlo perso così l’aveva reso più debole e più forte allo stesso tempo. Sentiva che essersi fidato così tanto di Jimmy lo avesse penalizzato e aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai fatto la stessa cosa con nessun altro, per questo è sempre stato così confuso nei confronti di Jane e non voleva raccontarle la sua storia. Alla fine ha pensato che era giusto farlo, dato che lei aveva fatto lo stesso. 
Quando finì parlando della scritta sul muro, Danian abbassò la testa. Fino a quel momento non si era reso conto di come la vita di tutti loro dipendesse davvero da Jimmy, da come si erano ridotti dopo che lui se n'era andato. Era tutto più semplice, quando aveva il suo migliore amico accanto e lo era anche per tutti gli altri, che a differenza di Danian lo vedevano come un vero e proprio Messia, come un intoccabile santo, e lui davvero non se n'era reso conto. La sua testa stava per esplodere per tutti quei pensieri e tutte le emozioni coinvolte. Era peggio di una sbornia appena passata. 
Jane non sapeva cosa dire, ne cosa fare. Lo abbracciò a lungo, poi gli disse –puoi fidarti di me-. 
Danian soffocò un sorriso mentre le stampò un bacio.

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Salveh u-u questo parto (in effetti ci ha messo tempi da gravidanza e-e ) è interamente di Saroina,so ciiaoh.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Summerdiedtoday