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Autore: Notperfect    30/07/2012    7 recensioni
Lui era il mio supereroe.
one-shot xxx
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Superhero
 

La campanella che annunciava l’inizio del pranzo era appena suonata e mi stavo dirigendo in mensa con il mio gruppo di amici, il solito gruppo di amici.
-Rose ci ha dato dentro l’altra sera in discoteca-. Commentò Niall divertito e penso che nella sua mente stesse immaginando i movimenti sexy di Rose mentre si strusciava su di lui alla festa di inizio anno.
-Ero ubriaca fradicia, non giudicatemi!-. Si difese quest’ultima.
Era da un po’ di tempo che notavo che non partecipavo più come una volta ai discorsi dei miei amici, soprattutto da quando papà era venuto a mancare. Lui era stato il mio punto di riferimento fisso ed ora che non c’era più mi sentivo spaesata. Erano passati tre mesi dall’incidente, ma pensavo che ci volessero anni affinché mi riprendessi.
Anche i miei amici avevano notato questo cambiamento in me ma penso che capissero la situazione in cui mi trovavo in quel periodo. Loro facevano di tutto per vedermi sorridere ma avrebbero dovuto aspettare ancora molto prima di vedermi sorridere come una volta, vedere la mia spensieratezza e il mio umorismo; di tutto questo avrebbero avuto soltanto il ricordo almeno per un altro po’.
Prima che papà morisse ridevo e scherzavo continuamente, partecipavo a tutte le attività della scuola e non facevo altro che spassarmela tutte le sere in discoteca. Ora non mi andava più neanche di uscire il sabato sera e addirittura mi mancavano i rimproveri di papà quando facevo tardi.
-Che ne dite di andare a mangiare una pizza stasera?-. Propose Harry.
-Io ci sono-. Rispose Louis.
-Anche per me va bene-. Aggiunse Niall.
Rose annuì.
-Non penso che verrò-. Dssi io infine, mangiandomi le unghie e abbassando lo sguardo.
-Kim, non puoi stare sempre chiusa in casa. Devi uscire e divertirti; solo così riuscirai a distrarti-. Era Rose che parlava. Lei era stata quella che mi era stata più vicina, quella che aveva cercato più volte di sollevarmi il morale inutilmente. Tanto non ci sarebbe mai riuscita, io sarei rimasta triste e sconsolata.
-Rose, ne abbiamo già parlato. Non ho intenzione di uscire stasera, non voglio! E sono stufa di essere tratta come un’incompresa. Insomma, capitemi, cazzo! Ho perso mio padre solo tre mesi fa perché un auto me l’ha portato via. Non posso ritornare ad essere la Kim di un tempo in un paio di mesi. Mi occorre tempo e…-. Non terminai la frase in quanto sentivo gli occhi pizzicarmi. Mi alzai improvvisamente e a passo svelto mi diressi verso l’uscita della mensa tra il chiasso degli altri studenti che sembravano non accorgersi minimamente di me, lasciando i miei amici lì, da soli, a riflettere su ciò che avevano appena fatto.
Svoltai al corridoio a destra e proseguii fino in fondo. Mi accasciai al muro e mi sedetti sul pavimento gelido, portandomi le gambe al petto e immergendovi la mia testa dentro.
Quello era un periodo difficile per me, sin troppo.
Sentivo le lacrime scendere veloci e bollenti e come una lamina, le parole dei miei amici mi avevano perforato il corpo ed ora sentivo bruciare le ferite.
Improvvisamente, sentii qualcuno parlare nella classe sulla cui porta io ero appoggiata. Mi alzai lentamente e dalla parte in vetro della porta riuscii ad intravedere il capitano della squadra di football, Dan, e altri due ragazzi che sapevo facevano parte della combriccola di Dan ma i loro nomi mi erano sconosciuti.
Da ciò che dicevano e facevano sembravano che stessero importunando il ragazzo che gli era di fronte, Zayn Jawaad Malik.
Malik era un ragazzo timido e solitario, originario del Pakistan. A differenza della maggior parte dei ragazzi della British School di Londra, era musulmano e molto spesso era preso di mira dai bulletti della scuola, i quali lo prendevano in giro e lo chiamavano con i nomignoli più squallidi mai sentiti prima, inerenti le sue origini.
Molto spesso mi era capitato di sfiorarlo o di incrociare i suoi occhi ma non gli davo molta importanza; più che altro provavo compassione per lui e parecchie volte avrei voluto aiutarlo ad andare avanti e a non dare peso a ciò che gli veniva detto.
-Sei un povero perdente, Malik!-. Era uno dei due ragazzi robusti.
-Cosa ti aspettavi, Chace? Viene dal Pakistan e sua madre è una prostituta! Non ha neanche un padre perché chissà la madre con quanta gente ha scopato!-.
-Non parlare così di mia madre!-. Urlò Zayn rivolto a Dan. –Tu non sai niente di me e non sei tenuto a farlo. Non puoi parlare di me e della mia famiglia in questo modo perché non sei nessuno. Sei un povero idiota che crede di avere la scuola ai suoi piedi. Sei ridicolo e patetico-.
Wow.
Non aveva mai visto qualcuno rispondere in quel modo Dan. Tutti avevano paura di lui, tutti non avrebbero mai voluto fargli un torto perché sapevano che non l’avrebbero scampata così facilmente come pensavo che in quel momento il pakistano non l’avrebbe passata liscia.
Avevo paura per lui e per ciò che Dan aveva intenzione di fargli perché di sicuro non avrebbe lasciato la situazione in quel modo. Malik sembrava più minuto di lui e dall’espressione di Dan e dei due amici compresi che non avevano buone intenzioni.
-Come hai osato parlarmi in questo modo?-. Dan fece un passo in avanti dando un colpo al libro che Zayn aveva in mano, facendolo cadere a terra.
Malik però, sembrava non aver paura, sembrava che lo sguardo penetrante di Dan non incutesse in lui nessun tipo di paura o timore. Sembrava tranquillo e addirittura sembrava intenzionato a picchiare Dan, più di quanto Dan avrebbe voluto.
Volevo entrare, volevo placare quella situazione. Ma quante probabilità avevo di uscirne viva. Da quanto sapevo il capitano della squadra di football non aveva mai sfiorato una ragazza se non a letto, ma ci sarebbe sempre stata una prima volta per tutto.
Ma non potevo assistere ad una rissa e non fare nulla, mi sarebbe rimasto sulla coscienza.
Mi feci coraggio e in mente ripetevo ‘Forza, puoi farcela’.
Aprii la porta spavalda giusto in tempo per fermare un pugno da parte di Dan.
-Ehm…ho interrotto qualcosa?-. Chiedi titubante.
Fu l’unica cosa che mi venne in mente di poter dire.
Certo che avevo interrotto qualcosa, una rissa precisamente.
-No, bambola, tu non hai interrotto niente-. Dan mi si avvicinò e iniziò a sfiorarmi un braccio.
Mi tirai indietro non appena sentii il contatto della mano ruvida e fredda di quella specie di animale.
-Che ci fai qui tutta sola?-. Domandò poi uno di loro, che da quanto avevo capito si chiamava Chace.
-Niente. Mi serviva il libro di scienze. Devo…devo fare una ricerca-.
Mi voltai verso Zayn Malik e dal suo sguardo capii che lui stesso aveva capito il mio gioco. In un primo momento mi guardò torvo, quasi mi stava ispezionando da capo a piede per capire fino in fondo cosa avevo intenzione di fare; poi il suo sguardo si tramutò e sembrava quasi emanare una sola parola: ‘grazie’.
Gli diedi un’occhiata veloce poi ritornai a guardare Dan di fronte che continuava a guardarmi compiaciuto e appagato.
-Non ti avevo mai vista fino ad ora. Dove sei stata tutto questo tempo?-.
Non risposi, semplicemente lo guardavo dritto negli occhi, decisa e determinata. Dal mio sguardo non trapelava nessun sentimento, nessuna emozione, se non ribrezzo.
-Mi piacciono i tuoi capelli biondi…-. Proseguì sfacciato, accarezzando la mia chioma dorata di capelli lunghi. -…ma anche il tuo culo sembra essere apposto-. Diede un’occhiata al mio fondoschiena divertito ed io mi contrassi alla sua presa.
-Lasciami stare-. Intimai poi.
Chace e l’altro idiota risero lievemente mentre Malik guardava la scena senza dire e fare nulla.
-Oppure? Dai, ci divertiremo. Sembri aggressiva. Se a letto mostri tutta quest’aggressività saresti un asso del sesso-. Mi prese per un braccio e iniziò a trascinarmi verso la porta dell’aula.
-Lasciami!-. Urlai.
-Oh, andiamo…-.
-Ha detto lasciala!-. Dal nulla Zayn Malik fece un passo verso di noi.
-Ohoh, da dove hai trovato tutto questo coraggio, Jawaad?-. Chiese Dan spavaldamente, allentando un po’ la presa sul mio braccio. –Non sapevo fossi così coraggioso-.
-Ha detto lasciala-. Ripeté ancora una volta.
-Non provocarmi, Malik, o sarò costretto a farti assaporare il tuo sangue-.
-O il tuo-. Ribatté Zayn determinato.
Non potevo crederci.
Quel ragazzo timido e solitario ora sembrava aver trovato la forza e il coraggio di affrontare un Dan più infuriato che mai. Nessuno, e sottolineo, nessuno, era mai riuscito a dare una risposta del genere a Dan McGeel.
Dan eliminò totalmente il contatto che vi era tra me e lui e sferrò un pugno al povero Malik, che però sembrava esser fatto di pietra.
Si raddrizzò e, a sua volta, diede due pugni a quella faccia odiosa di Dan.
Subito i due della combriccola andarono a rapporto da Dan, ma non appena sembravano essere intenzionati ad uccidere Zayn Malik, la professoressa Tyler entrò in aula.
-Cosa ci fate voi qui?-. Chiese rivolta a noi sei.
-Niente-. Rispose immediatamente Chace.
-La nostra amica voleva prendere un libro per una ricerca che abbiamo per domani-. Ecco come Dan McGeel se la scampava sempre. Aveva sempre una scusa pronta e puntualmente funzionava sempre.
-Oh, capisco. Beh, McGeel, potresti aiutarmi a portare le gabbie delle rane nel laboratorio?-.
-Ecco, io…si, professoressa-. Disse Dan rassegnato.
Io e Malik ce la svignammo mentre i due della combriccola rimasero con Dan ad aiutarlo.
Nel corridoio, Zayn sembrava molto imbarazzato, come lo ero anche io.
-Grazie-. Dissi poi.
Insomma, mi aveva salvata in un certo senso.
-Grazie a te. Ho capito che sei entrata per evitare che si scatenasse l’inferno lì dentro. Ti avevo vista già prima quando stavi fuori la porta a vedere cosa accadeva dentro l’aula-.
-Oh…-. sussurrai.
-Il pranzo è quasi finito ed io non ho fame. Che ne dici di andare a fare un giro fuori, in cortile?-. Mi propose
Davvero non riconoscevo più quel ragazzo. Era possibile che fosse cambiato nel giro di una notte?
Annuii col capo e ci dirigemmo verso l’uscita di servizio.
Fuori non c’era nessuno. Si sentiva soltanto il suono dei tuoni che preavvisavano l’arrivo di un temporale.
-Mi dispiace per ciò che subisci ogni giorno qui dentro, deve essere un inferno-. Dissi mentre calpestavamo l’erba alta che circondava l’intero stabilimento. –Scusa, non volevo essere così schietta-. Aggiunsi quando notai l’espressione sconfortata sul suo volto.
-No, non fa niente, ormai ci ho fatto l’abitudine. Non capisco perché non accettano una persona professante una religione diversa dalla loro. Io lo farei al posto loro anche per allargare i miei orizzonti-.
-Già…-.
-Tu non sei razzista, vero?-. Mi domandò.
A quel termine rabbrividii. Non avevo mai pensato di poter assistere ad atti razziali, eppure era quello che facevo ogni giorno, ma non avevo il coraggio di definirli tali in quanto la parola ‘razzismo’ era troppo grande e grave da pronunciare.
-No, certo che no. Non lo sono mai stata e mai lo sarò. E’ da stupidi essere razzisti. Insomma è ridicolo esserlo-.
Vidi un sorriso debole incresparsi sul suo volto.
-Avrei dovuto conoscerti prima, allora-.
Sorrisi lievemente e mi voltai verso di lui. Mi stava fissando.
Solo allora notai i suoi occhi. Erano…bellissimi. Forse questo termine non li riscatta. Insomma, erano meravigliosi. Erano di una sfumatura di marrone che andava dal cioccolato fondente alla nocciola. Nonostante fossero pupille le sue, come quelle di qualsiasi essere vivente, sembrava che se ti ci fossi tuffata dentro non avresti mai toccato fondo. Erano profondi, penetranti. Mi facevano mancare il respiro quando li incontravo e mi mandavano in confusione il cervello. Quasi mi smarrivo nei suoi occhi e nei mie pensieri sdolcinati su di lui.
-Allora, che corsi extrascolastici frequenti qui?-. Chiesi poi per spezzare quell’atmosfera di imbarazzo.
-Arte e musica-.
-Ah, quindi sei uno a cui piace l’arte. Anche a mio padre piaceva l’arte. Andava a moltissime mostre di artisti della zona e una volta è stato alla galleria d’arte di Parigi-.
-Dovrei conoscerlo, andremmo subito d’accordo-. Sorrise soddisfatto.
La mia espressione diventò quasi gelida sul mio volto, abbassai lo sguardo e inizia a guardare un punto indefinito nel vuoto. Qualche lacrima iniziò a farsi spazio nei miei occhi e non sapevo fino a quanto ancora avrei resistito.
-Mio padre non c’è più-. Confessai poi.
-Oh…Scusa, io non lo sapevo. Non avrei mai detto nulla per ferirti se l’avessi saputo. Sono…sono un idiota, scusami-.
-No, non sei un idiota. Non lo sapevi, non fa niente-.
Ci sedemmo su un muretto.
Non sapeva cosa dire, glielo si leggeva in faccia. Era imbarazzato, proprio come me.
-Sai, da quando mi ha lasciato non faccio altro che piangere e pensare ai bei momenti passati insieme a lui. A quando mi portava al luna park, a quando andavamo al mare, a quando sacrificava il suo tempo per giocare a bambole con me-. Mi scappò una risata pensando a quegli episodi di tanti anni prima, mentre una lacrima contrastante scivolò sul mio volto. –Mi manca tantissimo, nessuno può immaginare quanto mi manchi, nessuno capisce quanto gli ho voluto bene e quanto gliene voglio tutt’ora, avendo sempre in mente il suo ricordo, perché lui era il mio supereroe, era sempre pronto a difendermi dalle cattiverie degli altri. Io lo chiamavo ‘superman’-.
A quel punto non seppi più trattenermi e le lacrime scesero violente, come una cascata straripante.
-Io…io…-. Sbuffò debolmente come se avesse mandato all’aria tutti i limiti che si era posto precedentemente e poco dopo mi ritrovai travolta dalle sue braccia.
Fu gesto improvviso e spontaneo. Ricambiai la sua stretta, anche a quello non mi seppi trattenere. Era strano che mi sentissi al sicuro tra le braccia di uno sconosciuto? Beh, io lo provavo in quel momento.
-Scusa, ti sto deprimendo-. Sussurrai poi flebile.
-Non è vero-.
Mi ritrassi indietro e lo guardai negli occhi. Una sensazione di beatitudine e di confusione mi invase l’animo. Quasi sussultai a quella sensazione così potente e travolgente. Era come se mi avesse conquistata, come se fossi stata consapevole che in un modo o nell’altro sarei diventata indipendente da quegli occhi, da lui.
Anche lui mi stava guardando.
Poi una folata di vento fece sventolare i miei capelli, e distogliemmo entrambi gli occhi gli uni dagli altri. Mi sistemai una ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio e mi asciugai quelle poche lacrime che erano rimaste.
-Come mai stai sempre per i fatti tuoi? Ai miei amici piaceresti di sicuro-.
-Non sono un tipo socievole-. Rispose semplicemente lui.
-Però con me ti stai aprendo-.
Non dissi ciò per superbia. Era soltanto l’osservazione della realtà, era un dato di fatto, era la realtà.
-Già…-. Sussurrò.
Era come se neanche lui ne sapesse il motivo, come se anche lui avesse voluto trovare una risposta a quella domanda e che fosse stupito dal suo aprirsi con me.
-Prima hai detto che frequenti il corso di musica-. Ripresi più tranquilla. –Sai suonare qualche strumento?-.
-Chitarra, pianoforte e…triangolo-. Rispose ironico.
-Wow, dovresti farmi sentire qualcosa-.
-Sono troppo timido per esibirmi in pubblico-.
-Ma io sono io. Ah, non mi sono ancora presentata. Io sono Kimberly Curtees, puoi chiamarmi Kim-. Gli porsi la mano.
Prima mi guardò divertito, poi posò lo sguardo sulla mia mano continuando ad avere un sorriso debole in volto e poi me la strinse.
-Io sono Zayn Jawaad Malik, puoi chiamarmi Zayn-.
 
E’ stato così che io e Zayn ci siamo conosciuti. Avevamo diciassette anni all’epoca, ora ne ho ventitré.
Ho passato i sei anni più belli di tutta la mia vita con lui. E’ stato il mio migliore amico e insieme abbiamo attraversato le situazioni difficili in cui io e lui ci trovavamo. Certo, qualche volta abbiamo litigato ma è normale che succeda se l’amore è sano.
Lui mi capisce, sempre.
Lo amo con tutta me stessa e sarei capace di fare qualunque cosa per lui e per rivederlo ancora una volta, per l’ultima volta.
Qualche mese fa Zayn ha deciso di arruolarsi nell’esercito. Mi ha detto: -Kim, so che non capirai, so che ci starai male, ma voglio aiutare il mio paese, voglio salvarlo dalla crudeltà degli altri popoli-.
Così è partito per il Pakistan e non so quando ancora tornerà.
Spero presto e soprattutto che lo faccia; aspetto ancora che apra la porta di casa e mi corri in contro dicendomi:'Sono a casa, Kim, mi sei mancata'. E nonostante sappia perfettamente che questo non accadrà mai, ci spero sempre.
Mi ha inviato tantissime lettere, ogni singolo giorno l'ho sentito vicino, sento il suo affetto da amico e il suo amore come compagno di vita, grazie alle sue parole.
La sua ultima lettera mi è arrivata una settimana fa.
 
Cara Kim,
è stato duro per me lasciarti e partire per un luogo così lontano dal tuo. Diciamo spesso che ci siamo conosciuti per caso, ma io penso che sia stato il destino a farci incontrare. Molto spesso ti ho sognato durante la mia permanenza qui e molto spesso avevo intenzione di ritornare e riaverti nuovamente tra le braccia, sentire il tuo profumo e toccare le tue labbra con le mie. Se devo essere sincero, inizialmente non pensavo che avrei sentito così tanto la tua mancanza, ma col passare dei giorni mi sono accorto che mi sbagliavo. La tua assenza mi sta consumando giorno dopo giorno e non so fino a quando ancora resisterò. Ricordi quando, sei anni fa, mi hai detto che tuo padre era il tuo supereroe? Beh, spero che abbia funto io da supereroe in questi anni per te e sappi che lo sarò per sempre, ti controllerò dall’alto:  ho contratto un’epidemia tipica di questa zona, sto morendo.
Ricorda Kim, dal paradiso sarò il tuo superman.

                                                                                                              Zayn Jawaad Malik.










 

Boh, mi è venuta così.
vi piace? A me un pochino, si , dai.
Posso dire che è...'okay'.
Fatemi sapere cosa ne pensate, e se volte
passate sul mio profilo!
Un bacio,
notperfect. xxxx

 
 

 
 
 
  

 

PS: volevo avvisarvi che ho iniziato un nuova
fanfiction...sempre su Zayn! Spero che la leggiate e che mi lasciate
una vostra recensione!Questo è il link:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1597792&i=1
   
 
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