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Autore: The Shadow of the Sun    31/07/2012    0 recensioni
'Le sfumature del vento' parla delle varie sfumature della vita. Ogni personaggio ha una storia diversa dalle altre, chi vive fin da piccolo nel lusso e chi per vivere deve rubare. Chi ha una famiglia numerosa e chi invece non ha conosciuto neanche i propri genitori. In ogni modo tutte queste vite diverse, si uniranno, come ogni anima, una volta libera, si unisce al vento che viaggia in ogni luogo, per portare conforto.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PARTE 1 - ROXANNE

CAPITOLO UNO
Caro diario,
Non credevo che l’avrei mai detto, ma adesso sono libera e felice! Grazie per avermi ascoltata, grazie per essere stato sempre la mio fianco! In te ho riposto i miei sentimenti e i miei più nascosti pensieri! Proprio per questo adesso che sono felice, ti brucerò! Affinché l’anima che è nata dentro di te, possa essere libera! Come me!
Non è mica un addio!
Tutte le anime, una volta liberate, si uniscono alle altre, formando il vento! Lo stesso vento che spesso ti consola quando sei stanco e solo!
A presto mio fedele amico, la fiamma ti raggiungerà, ma tranquillo! Ci rivedremo nel vento!
 
Chiusi il quaderno e alzai gli occhi su Leila che mi fissava senza dire una parola. “Beh? Cosa ne pensi?” prese un sospiro e poi iniziò “è bellissimo! Mandalo a qualcuno! Rox mandalo a qualcuno! M A N D A L O  A  Q U A L  C U N O!” iniziò a scandire bene le parole. “Sarebbe bello, ma nessuno leggerà mai questa storia! Tu sei la mia fan numero uno! E anche l’unica!” scoppiammo a ridere “Si! E ricordati che quando diventerai famosa, dovrai farmi conoscere i Tokio Hotel! Me l’hai promesso!” Puntò l’indice contro di me “Certo, ma non diventerò mai famosa!” alzai le spalle. “Comunque è tardi, devo tornare a casa!” Ci alzammo dalla nostra solita panchina isolata dal mondo e tornammo a casa.
Aprii la porta e trovai subito Madre Cristina ad aspettarmi. “Dove sei stata?” chiese infuriata. “ero fuori, con Leila!” risposi senza dare importanza allo sguardo severo della Madre.  “E chi sarebbe questa Leila?” chiese ancora. “Quante volte ancora lo dovrò ripetere? Leila è la mia migliore amica!” risposi infastidita. “Ma chi? Quella che scrive con la mano del diavolo? Ecco perché adesso ti sei tinta i capelli di rosso, li hai fatti allungare, non li sistemi, metti sempre un sacco di matita nera su quei bellissimi occhi verdi! E ti vesti come se fossi una discepola di Satana! E’ colpa sua!” La Madre mise le mani sul capo. “Ah certo! Ora è colpa sua perché è mancina? E poi non importa come ti vesti! Anche se Leila avesse avuto i capelli biondi, lunghi e si fosse vestita come una brava ragazza, potrebbe essere una discepola di Satana, non trovi?” la Madre non rispose e io rimasi con lo sguardo fisso sui suoi occhi. “Ma .. ma .. chi è questa Leila?! Non è italiana!” disse non sapendo che rispondermi. “Il suo vero nome è Lara, ma io la chiama Leila. Perché Leila significa notte! E tutto di Lara, ti ricorda la notte.”  Dopo questa frase salii in camera, dove la piccola Jamila, mi aspettava con ansia. “Rox!” Urlò per poi saltarmi addosso. “Sei pronta per diventare grande? Finalmente domani raggiungiamo i quattro anni!” risi iniziando a farla girare. Rideva spensierata. Jamila era come una sorella per me.  Arrivò in orfanotrofio che aveva quasi un anno! Quando la vidi, avvolta nelle lenzuola in quella cesta fuori dalla porta, ebbi una strana sensazione! E quando guardai quegli occhi color nocciola, sentii uno strano legame tra me e lei. “Che cos’è questo?” chiese Jamila con la sua piccola voce. “Nulla, è una storia! Ne vuoi raccontata una?” fece cenno di si col capo portando le manine alla bocca. “C’era una volta, una principessa..” Jamila sbuffò. “Non mi piacciono le principesse!” pensai che quella minuscola bambina, fosse  sempre più simile a me. “Allora, c’era una volta …” mi fermò “una tigre!” esclamò. “Va bene, c’era una volta, una tigre che aveva perso il suo tigrotto.” Jamila si sistemò sul letto “Mamma tigre, andò in cerca del tigrotto che si era perso e si avvicinò a …” mi fermò di nuovo “a me!” rise. “Perfetto! E si avvicinò a Jamila. E le disse ‘Ciao piccola umana, io ho perso il mio tigrotto, sai dove posso trovarlo?’ e Jamila rispose..” mi fermai “Se l’è mangiato Rox!” mi precedette Jamila. “Io? Ma come, io sono una tigre! Arrrr!” Feci il verso della tigre facendole il solletico. “e Jamila le disse che il tigrotto era stato preso da una mamma gatta …” continuai a raccontare la storia, fin quando Jamila non si addormentò!  Sospirai e mi preparai per andare a dormire.
Non presi sonno. Continuavo a pensare alle parole di Leila. Dovevo forse mandarla davvero ad una casa editrice? Ma sapevo che l’avrebbero rifiutato! Affondai il viso nel cuscino per poi alzarlo e guardare il quaderno.
Impiegai tutta la notte per finire di scrivere quella storia al computer.
Mi misi sul letto e i miei occhi si chiusero automaticamente, ma qualcuno mi svegliò. “Giù dal letto dormigliona!” Madre Cristina mi buttò a terra. “Stavo dormendo!” esclamai infuriata. “Non mi importa!” rispose. “Devi fare le pulizie!” continuò porgendomi paletta e scopa.
Mi alzai sforzandomi parecchio e cominciai con le pulizie. Misi il quaderno in una busta per spedirla in una delle case editrici più importanti. Scesi nel garage e lì ci trovai un divano, mi guardai intorno e non vedendo nessuno nei paraggi, posai la busta e il resto a terra e mi accomodai su quel comodissimo divano addormentandomi nuovamente. Una mano mi sfiorò la spalla. “Ehi scusa, dovremmo usare il garage!” aprii piano gli occhi e alla vista di quel grasso ragazzo caddi a terra. “ehi! Tutto ok?” il ragazzo si piegò per vedere come stavo. Feci cenno di si col capo, presi tutto e andai via in fretta e imbarazzata. Arrivata sopra, Jamila correndo mi venne incontro. “Piccola mia, auguri!” le diedi un bacio sulla guancia. Arrivò Madre Cristina con due signori. Un uomo alto e pelato e una donna bassa e grassottella. “Jamila, ti presento i tuoi nuovi genitori! Non sei contenta?” il pelato e la grassottella non fecero neanche un sorriso. La donna teneva in mano un cagnolino che ringhiava alla piccola Jamila che mi guardò spaventata per poi mettersi a piangere. La portai nell’altra stanza e le asciugai le lacrime. “io non voglio andare con quelli là! Io voglio stare con te, Rox!” guardai dispiaciuta il viso triste della bambina e andai da Madre Cristina che intanto aveva salutato i due signori. “Non può farlo!” sbattei il pugno sul tavolo, ma la Madre non mi diede importanza. “Mi ascolti! Non può portarmela via e soprattutto non può darla a quei due mostri! Lo vede anche lei che non la tratterebbero bene! Madre Cristina!” urlai. Madre Cristina si girò e poi guardandomi negli occhi schiuse la bocca e fece uscire delle parole. “Roxanne, questo posto probabilmente chiuderà! La gente non vuole figli di altri! Potreste rimanere tutti in una strada! Quindi, ora come ora, i signori Siragusa sono l’unica salvezza di Jamila! Tu hai dei soldi? Hai i soldi per mantenere questo posto?! No! Non ci sono abbastanza soldi, Roxanne. Quando sarai ricca, ti darò anche Jamila se è questo quello che desideri.” Rimasi in silenzio. Tornai da Jamila che mi aspettava ancora piangendo. “Piccolina, devi andare con quei due signori! Ma ti prometto che verrò a prenderti!” Asciugai quegli occhi color nocciola pieni di lacrime accarezzando i riccioli ramati della piccola Jamila. Madre Cristina entrò nella stanza. “Jamila, i tuoi nuovi genitori ti verranno a prendere tra due mesi. Appena finita l’estate perché prima sono in viaggio.” Comunicato questo, andò via. Pensai che avrei avuto una intera estate per trovare una soluzione.
Presi Jamila e uscii di casa. “Dove andiamo?” mi chiese. “Ti sto portando a fare un giro” le sorrisi. “Però prima, devo fare una cosa.” Mi avvicinai ad una cassetta della posta e spedii la mia storia. “Rox, me lo compri un gelato?” tirò i miei jeans. Sospirai guardando la cassetta della posta. “Si, andiamo.”
Portai Jamila a prendere un gelato, poi la portai al parco. La guardai giocare, i suoi riccioli ramati saltavano a destra e a sinistra, il suo sorriso era così puro, che avrebbe scaldato il cuore anche all’uomo più crudele del pianeta. Un bambino fece cadere a terra Jamila, andai subito lì a rimproverarlo, ma il bambino mi fece la linguaccia. Lo alzai dalla maglietta e lo misi a testa in giù. Il bambino iniziò a piangere e a chiamare sua madre. “Jamila, vieni qui!” Posai il bambino e presi Jamila, per poi iniziare a correre. Mi fermai dietro un muro, con il fiatone posai Jamila e mi sedetti a terra. “Rox, ti voglio bene” disse Jamila abbracciandomi. “Anche io, piccola mia.” La strinsi a me.
Una figura tutta incappucciata, si fermò a guardare me e Jamila. Lo fissai “hai qualche problema?” dissi decisa. Il ragazzo si avvicinò. “Ciao” mi disse. Strinsi a me Jamila “che cosa vuoi?” il ragazzo sorrise e tolse gli occhiali da sole scoprendo i suoi bellissimi occhi color ghiaccio, tolse anche il cappuccio, scoprendo i capelli neri tutti disordinati, sistemandoli con la mano. Infine scoprì il viso. Un viso perfetto, con quella barbetta non troppo lunga e neanche troppo corta. “Non sai davvero chi sono?” chiese sorridendomi. “Si, so chi sei. Un ragazzo che cerca guai!” dissi fissandolo negli occhi. Non so perché lo feci, se fosse stato un ragazzo con brutte intenzioni, dopo questa affermazione, avrebbe fatto del male a me, ma soprattutto alla piccola Jamila, ma sapevo che lui non era cattivo. Lo vedevo dai suoi occhi apparentemente insensibili e malvagi. Gli stessi occhi che celavano tristezza, solitudine, rabbia. Le stesse sensazioni che provavo io chiusa in quell’orfanotrofio. “Che caratterino!” rise. “Piacere, io sono Kurt!” Mi porse la mano, la afferrai e mi alzai in piedi. “Roxanne.” Risposi. “e lei chi è?” si abbassò davanti alla piccola Jamila e le sorrise. “Si chiama Jamila.” Si nascose dietro la mia gamba. “è tua sorella?” mi chiese. “No.” risposi secca. “ah … è … tua figlia?” chiese imbarazzato. “No.” Risposi ancora. “Devo tornare a casa adesso.” Presi in braccio Jamila e feci per andare via. “Aspetta! Posso accompagnarti?” chiese posando una mano dietro la testa, feci cenno di no col capo e andai via, lasciandolo completamente di sasso.
Tornai a casa, pensando a quel volto. Scrollai la testa facendo andare via quei pensieri “Madre Cristina, io vado a lavoro! Torno stasera tardi.” Salutai Jamila e mi avviai.
“Salve a tutti” salutai. “Meno male che sei qui Rox! Sistema la palomina, poi sella anche l’arabo, dopodiché portali in campo e fai montare quelle due bambina, poi li lavi, li metti ad asciugare lì e dopo avergli messo il grasso agli zoccoli rimettili nella stalla! Ah! E ricordati di pulire prima i box! Ah! E visto che ci sei, dai da mangiare ai cavalli al pascolo! Tutto chiaro?” presi un respiro profondo e poi feci cenno di si con la testa.
Feci tutto quello che la principale mi aveva chiesto e quando tornai dal pascolo, era ormai sera. “Rox, c’è una persona che vuole montare” mi disse la principale. “A quest’ora?! Digli che siamo chiusi!” si affacciò il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. “Che deve dirmi scusa?” rise. Sospirai e preparai Jack, il purosangue inglese. “Sai montare?” chiesi. Rispose di si, quindi io ne approfittai e sellai anche Zahira, la puledra di hannover che io amavo. “Monta!” gli ordinai. Il ragazzo mi guardò e rise salendo a cavallo. Andammo nel campo e lui si affiancò a me. “Sei sempre così scontrosa?” disse il ragazzo. “Solo coi figli di papà.” Risposi. Il ragazzo rise divertito. “Quindi lavori qui! E sai anche andare a cavallo!” sospirai, fermai il cavallo e ripartii all’altra mano. “Ma che fai scappi?” mi affiancò nuovamente. “Devo lavorare.” Risposi di ghiaccio. 
  
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