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Autore: Marika Repent    31/07/2012    2 recensioni
Hawke non ce l'ha fatta. Ora tocca a te, ragazza dai capelli rossi, vai e stravolgi il Thedas, fa sì che il mondo rinasca. Chissà se i sentimenti giocheranno a tuo favore.
[FPGxFenris][BUT storie contorte xD ]
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua, dopo vari castelli mentali ho deciso di mettere su carta virtuale il frutto della mia testolina, spero vi possa piacere questa storia un poco intricata tra la mia PG e i vari personaggi di DA.
Per ora metto Rating Arancione, poi successivamente lo alzerò se necessario :)
Grazie a Kevin ( Fendy ) per avermi fatto da beta-reader
Enjoy, Maki :3
 
Tingiamo di rosso le speranze
Prologo: Melissa

 
 Ero in viaggio. Non sapevo precisamente dove andare o da chi farmi ospitare, sapevo solo che la mia vecchia casa era stata distrutta dai Prole Oscura durante il Flagello, e che questo bastava per farmi girovagare in lungo ed in largo nel Ferelden alla ricerca di un alloggio e perché no, di un lavoro. Passavo le notti in alberghi che potrebbero essere paragonati a topaie o a sgabuzzini, per conservare le sovrane che mi erano rimaste, mentre durante il giorno mi allenavo con la pratica delle doppie armi, sebbene io non fossi un granché brava nel maneggiare i due pugnali argentei che portavo sempre con me. Non avevo amici, o meglio non me ne rimase neanche uno dopo il Flagello, ero rimasta sola. L'unico mio compagno era il mio mabari, Fanon. Il nome lo scelse mia madre proprio perché il colore del suo manto era bianco e morbido come la neve. Io e Fanon siamo cresciuti insieme, a rincorrerci nella foresta di Brecilian, ma un demone mi portò via anche lui. Ricordo che una notte fui costretta ad accamparmi in una grotta vicino alla cittadina di Kirkwall, e proprio quella notte vidi molte persone e molti elfi correre disperati, fu allora che radunai le poche cose che possedevo e decisi di uscire allo scoperto chiedendo cosa stesse succedendo. Tra la folla disperata riuscii a capire che “il campione di Kirkwall era caduto in battaglia”. Il grande Hawke, colui che aveva combattuto mille nemici, sterminato un numero indeterminato di criminali, portato la città verso la ricostruzione, era davvero morto? Non che a me importasse qualcosa poiché  una come me, il grande Hawke non l'avrebbe nemmeno considerata, e non sto parlando di sesso, ma semplicemente il campione non aveva più tempo per aiutare le famiglie in difficoltà, troppi impegni e troppe lodi da parte di tutti, a parer mio.Sta di fatto che quella notte decisi di passarla alla “Taverna dell'Impiccato” nella Città Inferiore. Entrando si esalava un odorino strano di birra e sudore, orripilante e alquanto sgradevole, ma per un letto sul quale dormire avrei sopportato anche quello. D'altro canto pensai di averne passate anche di peggiori. Posai la mia borsa nella stanza semibuia e umida che mi era stata assegnata e mi sedetti sul letto a riflettere. Ormai non tenevo più il conto dei giorni passati come una vagabonda, e questa mia nuova vita cominciava a piacermi: totale libertà, nessuna responsabilità se non verso me stessa, nessun pensiero. Era davvero la vita che mi era stata destinata dal Creatore? Per un attimo nella mia mente ritornò l'immagine della mia famiglia, e mi chiesi di conseguenza se in un futuro avrei potuto formarne una anche io. Poi sghignazzai in solitudine e guardai lo specchio impolverato e incrinato che era stato appeso al muro. Ero dimagrita e i miei capelli stavano crescendo troppo in fretta, li liberai dal nastro che li tratteneva e constatai che in lunghezza arrivavano quasi al fondoschiena. Se avessi avuto le orecchie a punta mi avrebbero scambiata letteralmente per un elfo. Ero bassina per essere un'umana, il naso dritto e i grandi occhi scuri mi procuravano un'aria da cerbiatto, fanciullesca, quasi idiota. Pessimo, pensai tra me e me. Mi immersi nella tinozza d'acqua riscaldata posta al lato della stanza e rimasi lì per un tempo indefinito, e quando mi alzai era notte fonda, ma ancora non si erano placate le voci e le grida di nani, elfi e umani alticci che discutevano del più e del meno. Mi asciugai con un panno e scesi a dare un'occhiata. Dopo un bel bicchierone di birra e uno spuntino feci due passi, dimenticandomi di prendere i miei pugnali e l'armatura leggera. Come una brava cretina ero per le strade della città inferiore, perlopiù sola, di notte e disarmata. Un bel modo per farsi ammazzare. Per le strade non c'era anima viva, anche se ero consapevole che qualche brigante era proprio dietro l'angolo pronto a sbucare fuori minacciando di derubarmi. Fortunatamente nulla di tutto ciò accadde e riuscii a tornare alla mia stanza sana e salva. Prima feci un'ulteriore tappa per prendere un altro boccale di birra, ne andavo matta. Mi sentii osservata quando decine di occhi indiscreti puntarono le mie gambe e la mia scollatura, e lasciamo perdere tutti i commentini vari che sentii nei miei confronti. Ero felice di non essere una prostituta, povere donnacce quelle. Un uomo si avvicinò, era alto, con i capelli corti e scuri, la barba incolta ed un pugnale nella mano destra.

«Hei bambolina, lo sai che sei veramente uno splendore, eh?» in quel preciso istante sentii il suo alito da alcolizzato penetrarmi le narici come acido muriatico, orribile.

«Ma ti prego stammi lontano» dissi pacatamente.

«Stanotte dormirai con me, vero? Lo sai che io sono molto bravo in certi giochetti, potrei farti urlare per tutta la notte»ghignò. Le sue parole mi fecero andare di traverso la birra e subito dopo gli lanciai un'occhiataccia, ma quella faccia da cane bastonato che mi ritrovavo non era adatta a spaventare nemmeno un cucciolo di gatto.

«Ti ho detto di lasciarmi stare» continuai.
 
A quel punto mi pentii di non essermi portata nemmeno uno dei miei pugnali, e di non aver potuto trapassargli la gola, il cuore, gli occhi, e qualsiasi altra parte del corpo. Mi prese per un braccio, e la mia corporatura esile non mi aiutò a liberarmi dalla presa. Poco dopo mi ritrovai con le spalle al muro, e quell'uomo-bestia prese a leccarmi il collo. Non so come ma mi trattenni dal vomitargli addosso, anche se cercai di divincolarmi in una qualche maniera. Nessuno mosse un dito per aiutarmi, tutti guardavano la scena come se fosse uno spettacolo di marionette o un numero di magia. La sua saliva sul collo mi dava il voltastomaco, quell'essere cominciò a toccarmi anche il seno e le coscie, si stava mettendo male.
«Sei davvero molto bella, molto» esclamò eccitato.
 
«Lurido bastardo, mi fai schifo» urlai.
 
A quelle parole l'uomo strinse la presa sul mio polso e mi schiacciò sempre più contro al muro, finchè uno schizzo di sangue mi macchiò il viso, e l'uomo cadde a terra senza vita. Un attimo solo per riprendere fiato, e due occhi d'ambra mi stavano fissando, mentre il resto della taverna rimase immobile ed allibito.

«Le donne vanno sedotte, non stuprate, che mancanza di buone maniere, signori.»
   
 
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