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Autore: nals    31/07/2012    4 recensioni
James/Lily
Deglutisci la saliva che ti rimane, avanzando di un passo, ed è così automatico pensare di essere sul punto di retrocedere di altri mille. È sempre stato così con James. Andargli incontro avrebbe significato avvolgersi in una rete con le proprie mani, legarsi una pietra in vita e tuffarsi in mare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Insegnami a restare.
 

 
A Sara. Perché sì.
Alla Brà che è tornata :3
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Respiri troppo forte, Evans. “
C-cosa?
“N-n... ”
“Stai congelando. Va’ a dormire.”
“No”. È la prima cosa che ti ha suggerito il cervello. Poi “no” e ancora “no” e “no, no, no, no, no, no. NO.”
Deglutisci la saliva che ti rimane, avanzando di un passo, ed è così automatico pensare di essere sul punto di retrocedere di altri mille. È sempre stato così con James. Andargli incontro avrebbe significato avvolgersi in una rete con le proprie mani, legarsi una pietra in vita e tuffarsi in mare.
“Sei sorda?” è astioso, adesso, il suo tono. Lo vedi. C’è rabbia tra le dita del pugno serrato e irritazione nella rigidità della mascella.
Nascondi un sorrisino senza senso, sfidandolo con l’ennesimo passo in avanti. E poi un altro. Arriva il terzo e sei a metà strada, ed il quarto, e il quinto. Il sesto è quasi sofferto, ed è anche l’ultimo. Lui scoppia a ridere e tu non capisci, non puoi capire, non vuoi nemmeno farlo.
Perché diavolo lo sta facendo? Sta ridendo di te?
“Mi stai prend-?
I denti mordono la lingua e l’istinto. Il respiro ti si mozza all’improvviso e sei quasi felice delle urla indignate a rimbombarti in testa.
Lo avevi promesso. Te lo eri promessa. Niente insulti, niente astio. Balle. L’abitudine è così odiosamente vincolante, dispotica.
Eppure. Eppure quel peso sullo stomaco non ha nulla della massa del senso di colpa.
Sai benissimo cos’è che ti ha offesa. Lo sai benissimo. È ancora lì a strizzarti i polmoni, a rallentarti i battiti.
James copre, copre tutto. Cela se stesso oltre il mantello, nella pausa di una ristata che gli scava due splendide fossette sulle guance. Ma è solo pelle che si tende, assecondando la natura di un ordine decisivo. Negli occhi non c’è nulla di quella felicità.
James copre, copre tutto, e finge, finge, finge. E fa così schifo.
“Potrei toglierti dei punti, Evans. Fuori per i corridoi a quest’ora della notte.”
“Potrei farlo anch’io” Sussuri così piano che quasi stenti a riconoscerla, la tua voce, e lui ridacchia, ammorbidendo le spalle.
Riduci la distanza che vi divide in due falcate e lui ti guarda. C’è ancora quel fottuto sorriso  a rovinargli la faccia. Perché non è quello suo, non è quello vero. La dita prudono, desiderose di tendersi e schiaffeggiarlo. Sospiri.
Quando gli presti di nuovo attenzione ha lo sguardo fisso altrove, perso oltre il vetro spesso della finestra – una delle tante a bucherellare i corridoi del del quinto piano.
Il tuo è fermo al di qua della lastra. Scorre tra ciglia scure, nelle rughe di malessere – o dolore, o tutto quanto –  a solcargli la fronte. Poi scende sulle guance e scivola sulle labbra, fino al mento. Non c’è più. Non c’è più il sorriso fasullo. Non c’è più per davvero. Il cuore inizia a battere all’impazzata preda d’ una felicità improvvisa e la mano si tende, contraendosi leggera sulla sua spalla. Senti la muscolatura congelarsi tra le dita, quasi fosse diventata un tutt’uno con le ossa, e scatti indietro.
“M-mi dispiace, James.”
Sussurri via il peso sullo stomaco, sprecando tutto il fiato e Potter s’irrigidisce ancora, improvvisando un  traballante passo indietro. Ha l’aria di poter crollare da un momento all’altro, eppure è un attimo e quell’orribile maschera torna a ricoprirgli il viso. Tutta la debolezza spiata nel giro di un secondo è corsa via.
Ti sta sorridendo, adesso, e tu lo odi.
“Dispiace anche a me, Evans. Sarà per la prossima. Ma attenta, te ne toglierò il doppio.” Ridacchia come se quel riso cancelli il resto e sfila via, sfiorandoti il fianco.
E tu lo odi. Lo odi così tanto.
“Smettila.” I denti questa volta non fanno in tempo – con lui non hanno fatto in tempo quasi mai.
“Eh?”
“Smettila, ho detto. Smettila di far finta che non t’importi.” Non sai da dove sia uscita via questa rabbia, sai solo di volerla tirar fuori tutta.
Cambi idea non appena fissi il suo sguardo. Fa quasi paura, James. È una maschera di collera ed indignazione, terribilmente autentica.
“Non...”
Inditreggi, senza però smettere di guardarlo, non puoi. Non lo merita.
“Cosa? Cosa, James?”
Le sue labbra si schiudono, ma non ne esce suono. Scuote la testa un paio di volte e poi sospira profondamente, tirandosi indietro. Si nasconde ancora.
Si nasconde, Merlino. Continua ad evitarmi.
“Va’ al diavolo.” Lo sibila superandoti e sai di non poter più niente. Hai paura di non saper più respirare quando lui, il respiro, ti si nega per l’ennesima volta. Ma è la disperazione a sbloccarti. Ti volti e lo afferri all’improvviso, affondi le dita nella stoffa del mantello e stringi, stringi forte.
 “Fa  male anche a me, capisci. Fa male.” Capisci, James?
C’è qualcosa di totalmente sbagliato in ciò che ti sei lasciata sfuggire, eppure non trovi un errore plausibile in nessuna di quelle sillabe. Fa male anche a te, Lily; fa male, perché fa male a lui.
Cerchi di vincere il fiatone e liberi James dalla tua presa. Per qualche assurda ragione si è fermato. Si è fermato, sì, e sta bluffando ancora, rendendoti spettatrice di una risata di quelle gutturali e talmente fasulle da far venire il volta stomaco.
“Che ti prende, Evans? Hai mandato giù qualcuna delle brodaglie che prepari per Lumaluma?”
Lo fissi incredula, mentre un dolore neonato ti si arrampica su per la gola. Lo schiaffo parte inaspettato e frigge sul palmo.
“Non trattarmi così.” Sussurri, trattenendo le lacrime. “Non trattarmi c- ” non termini perché James si è voltato, per l’ennesima volta.
“James! Potter, fermati! Mi disp- ”
“Basta, Okay?! Basta, Lily.” Ringhia infuriato, scattando indietro. È tornato a guardarti.
“Aspetta. Non vole-”
“C-che significa, Evans? COSA? Perché cazzo... piantala. Piantala.”
“James...”
“Zitta. NON GIOCARE CON ME.”
“Che stai dicendo?”
“NON FAR FINTA CHE T’IMPORTI!”
“...”
“Non voglio la tua pietà. Non voglio... niente. Lasciami in pace.”
“Credi che la mia sia pietà? È questo, Potter?”
“Non lo è, Evans?”
Hai il suo viso arrossato ad un soffio ed è così complicato trattenerti. Hai la risata impigliata in gola. Ti sembra di essere tornata a pochi mesi fa quando litigare ed insultarsi era questione di normale routine.
“NO.” No, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no.
“Certo.”
“James...”
“Sul serio, Evans, non è il momento. Sono Potter, sono sempre quel Potter. Quello che disprezzi tanto. Non è cambiato niente. NON È CAMBIATO UN CAZZO, CHIARO?”
“No. Non è vero.”
“Non ti facevo così stronza, sai? Ma a quanto pare mi sb-”
“Non lo sei da tempo, James.”
Il silenzio è stranamente piacevole. Forse perché ti senti leggera, adesso. Non c’è alcuna aspettativa a gravarti le spalle o ad annodarti il cervello.
James continua a guardarti, tu hai smesso di farlo da un po’. Credi sia meglio così: lasciargli del tempo senza rubarglielo dagli occhi, con gli occhi.
“N-non... Merlino. Sono... sono stufo, STUFO, di starti dietro, Evans. Addio.”
All’improvviso senti tutto il gelo, che James ti aveva consigliato di evitare, penetrarti la pelle e gli fissi le spalle, ignorando le lacrime che ti hanno offuscato gli occhi. Sta andando via, nonostante tutto.
Non ha perso la rigidità a cui l’hai costretto con la tua presenza, però, sembra un burattino appena in grado di assecondare i suoi fili. È quasi buffo, è quasi sopportabile.
Inconsciamente, pensi a quelle poche volte in cui i risultati scolastici non hanno portato con se quella soddisfazione di sempre, all’amaro sulla lingua, a quel senso di frustrazione e fallimento che rimaneva a sonnecchiarti nel petto per giorni interi, fino a quando non saresti riuscita a recuperare il votaccio e a ritornare a credere di poter essere impeccabile sempre. Pensavi che avresti provato qualcosa del genere in situazioni di questo tipo...ma. Cosa? Cosa, Lily? Fa male, vero? Fa molto più male. Fa male mille volte in più, il vuoto. Il vuoto che quelle spalle ti hanno lasciato dentro. Ha rifiutato tutto ciò che stavi per donargli, tutto ciò che avresti voluto che fosse anche un po’ suo. Ha rifiutato te, Lily e i tuoi patetici tentativi di parlargli senza farlo per davvero. Non sai perché tu abbai scelto un momento del genere per, per quello.
Stupidastupidastupidastupidastupidastupidaeinsensibile.
Spingi una ciocca ad accoccolarsi dietro l’orecchio e ti concedi un sospiro. Le lacrime le cacci indietro, però. È così complicato e tu sei così stupida. Cos’è che volevi, Lily? Pretendere di stargli vicino quand’è che ti è più congeniale?
No. No, cazzo.NO. Fa male. Fa male anche a me.
Ingoi un urlo di frustrazione, zittendo gli sproloqui del tuo cervello, e rinunci alla tua immobilità. È ora di mettersi a dormire e dimenticare, dimenticare, dimenticare. Cosa?Cos’è che bisogna dimenticare?
Un singhiozzo bastardo ed egoista ruba il silenzio e tu cominci a correre. Stupidastupidastupidastupidastupidastupidaeinsensibile.
E quando quelle dita bollenti si fanno spazio con forza tra le tue quasi urli per lo spavento, e ti fermi.
“Ti odio.” È un sibilo così intenso da stritolarti il cuore.
“Ja-”
Le sue dita stringono così forte che quasi senti male, ma non cerchi di tirarti indietro. Fa più male il resto. Il resto – il ti odio, e quegli occhi, e la rabbia a dilatare quelle iridi –  è peggio.
“Ti odio così tanto.”
Non fai in tempo a respirare che le sue labbra sono sulle tue. Non c’è tempo nemmeno per ricordarsi, com’è che si baci. Le sue dita, tra le tue dita, continuano a stringere forte e, tu, nel frattempo allunghi le altre sulla sua guancia. Vuoi respirare, ma non vuoi. Ti sta baciando, James, e fa quasi male. Tu fai male a lui. Voglio questo, capisci? Capisci, James?
Ti lasci sfuggire un gemito e lui ti morde le labbra socchiuse. L’aria in gola fa quasi male. Ti sporgi, stringi le dita – quelle libere sulla guancia – e lo baci ancora. E lui bacia te, come prima. Con la stessa rabbia, con lo stesso dolore. Come se non avesse più via d’uscita, come se non ne aveste entrambi.
Ti si sta premendo addosso adesso, James, e di aria già non ce n’è più. Lui sa e ti lascia vivere, nonostante non ne abbia affatto voglia.
Nel giro di un attimo cambia tutto, non c’è più urgenza, non c’è più rabbia, è così poca, e la dolcezza delle sue dita tra le tue è talmente imprevista che traballi presa in contropiede.
È tutto calmo, ora. E c’è tanto caldo. La sensualità del bacio in cui ti ha coinvolta è qualcosa di sconvolgente. Arrossisci come una bambina. Baciami ancora, James.
Sei tu, ora, a voler ridurre le distanze – come se non foste incollati abbastanza.  Lui ti accarezza di nuovo le labbra, per una, due, tre volte. Poi finisce tutto, all’improvviso, così come era iniziato. Riempi d’aria i polmoni, cercando d’ignorare il calore sulle guance.
Gli occhi di James sono calmi, e guardano te.
Le sue dita scivolano sulla pelle della tua mandibola e il tuo cuore non ha nessuna intenzione di prendersi una pausa.
“Mi vuoi, Evans? Mi ami? Sono tuo. Mi odi? Ti disgusto? Bene, insegnami ad andare.”
Le guance vanno a fuoco per l’ennesima volta ed il panico affiora prepotente. Ma non si materializza in alcun modo, il suo sguardo ha più effetto su di te di qualsiasi altra cosa, adesso.
Andare? Andare?
No.
“Insegnami tu a rimanere, James. Voglio rimanere”
Lui annuisce sfiorandoti la fronte con un bacio, tu ti sollevi sulle punte pretendendolo sulle labbra. James sorride, e le tue dita corrono a ridisegnare quelle fossette scure, sulle guance. Non c’è finzione, ora.
“Rimani con me, Potter?”
“Mi baci, Evans?”
Ma è lui che bacia te, sei tu che rimarrai.
E tu bacerai e lui ti terrà stretta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nalì’s space .
Le mie Jily di ritorno sono sempre troppo lunghe e noiosette. La banalità che mi abita non è andata via affatto, ma non posso farci niente.
Questa robetta qui è, diciamo, un’alternativa terribilmente stomachevole di Qualcos’altro in più.”. James ha perso il padre, Lily... Lily beh, si è capito. Scrivo cose tutte uguali e mi sento in colpa.
Ho vinto il desiderio di sostituire Lily con Sirius solo per un soffio ç_ç. E niente. Spero di aver trasmesso qualcosina, nonostante io sia convinta di non saper più scrivere sul mio OTP (1).
Ci saranno errori, imperfezioni ed un mare di clichè sparsi ovunque, ma non avevo più voglia di renderla abbordabile. Grazie per essere arrivate fin qua giù.
AH! La nascita di questa fic è opera di questa meraviglia: Rootless tree( che probabilmente ci azzecca poco con la storia in se ^^”) di Damien Rice, cantautore che solitamente m’ispira Snitchstar, cosa che è accaduto in senso lato, anche in questo caso, ma ecco, diciamo che mi son costretta a riscrivere dei miei amori d’inzio carrira ( ? xD) ù.ù
No, non ho bevuto. Almeno credo.
Grazie mille ancora *W*
 
 
 
nals
 
   
 
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