*Questa fanfic contiene alcune scene
di carattere violento e alcune relative al sesso. Non sono particolarmente
eccessive e descrittive, tuttavia chi pensasse di poter non sopportare questo
genere di situazioni, è pregato di non continuare a leggere.*
Strade
"...Ci sono strade che di notte le distingui solo per l' odore
dell' asfalto
non sei sicuro di esserci mai stato ma sei sicuro che ci stai tornando.
Ci sono strade luminose strade senza voce ed altre invece senza il tempo
non sei sicuro di esserci passato ma sei sicuro che ci stai vivendo.
Qualsiasi siano le distanze fra due punti diversissimi ed opposti fra di loro
disperati come missili sparati verso cieli lontanissimi
al di là delle galassie dentro a un buco nero..."
--- Tiromancino ---
Le sottili tende di raso bianco,
filtravano appena la luce del sole, lasciando penetrare deboli raggi che
andavano a rischiarare le chiare lenzuola di quel letto d'ospedale. Un tiepido
calore solleticò la mano della giovane, raggomitolata all'estremità del letto,
col viso nascosto tra le coperte, destandola da quel sonno scomodo.
Sollevò a fatica il volto,
stiracchiandosi la schiena come un gatto e stropicciandosi gli occhi, ancora
appannati dal poco riposo. Il suo sguardo cadde automaticamente sulla figura
distesa nel letto, inerme, apparentemente priva di vita.
Come ogni volta che i suoi occhi vi si
posavano, una morsa di gelo le attanagliò il petto, mozzandole il fiato in
gola, mentre un nodo di pianto sommesso, premeva per essere sciolto, trattenuto
a fatica dalla ragazza stessa.
Non devo piangere...
Si allontanò stancamente dalla stanza,
trascinandosi dietro le gambe quasi fossero un peso e raggiungendo il bar
dell'ospedale, per il solito caffè mattutino, suo unico sostegno durante tutta
la giornata. Poco distante dal bar, nel padiglione adiacente, c'era il reparto
di pediatria del S. Mungo. Chiunque sostasse al bar per ristorarsi, veniva
travolto dalle grida giocose dei bambini ricoverati, divenendo parte -suo
malgrado- di quella allegria smisurata.
Allegria che svaniva non appena
rimetteva piede in quella stanza. Non che le pesasse restare al suo fianco,
tutt'altro, aveva litigato non poche volte per convincere tutti che stava bene,
che ce la faceva, che doveva restare lì con lui, ma tutte le volte che
si allontanava per pochi minuti e poi ritornava, il suo cuore le trasmetteva la
speranza di trovarlo sveglio, lucido, cosciente... di nuovo con lei.
Passava le ore al suo capezzale,
ascoltando il rumore ritmico delle macchine babbane che lo tenevano in vita,
durante il coma e accarezzandogli stancamente una mano, o la fronte, o una
guancia, parlandogli, cercando di trasmettergli il suo calore. Non veniva mai
nessuno a trovarlo al di fuori della sua famiglia... e certo, era
comprensibile. L'unica persona che avrebbe mai desiderato "veramente"
fargli visita era morta, qualche mese prima, durante una battaglia. Per il
resto non si aspettava certo che qualcuno lo andasse a trovare e in fondo,
egoisticamente, per lei era anche meglio. Poteva averlo tutto per sé in quei
momenti, poteva gustarsi la sua espressione da bambino addormentato, senza che
nessuno li disturbasse, senza che nessuno giudicasse le loro emozioni, senza
che nessuno li dividesse o trovasse scuse per discutere.
-
"Sei solo una povera stupida!
Cosa vuoi saperne dell'amore? Cosa vuoi che ne sappia lui cosa significa amare?
Lascialo perdere, credimi... ti farà solo del male!!" Le aveva detto suo fratello, in preda
alla rabbia, strattonandola con forza. A nulla erano serviti i tentativi dei
presenti di placare la sua collera e lei lo aveva lasciato fare.
"Mi fai male..."
"Devi smetterla di fare i
capricci lo capisci? Noi ci preoccupiamo per te!! Pensa a noi, pensa a tua
madre, pensa... pensa a lui... come credi che stia?"
"Mi fai male..."
"Sei solo un'egoista, lo sai?
Solo un'egoista..." Aveva continuato a ripeterglielo per minuti che le erano parse
ore, fino a quando sua madre non aveva messo un freno alla discussione,
intimando ad entrambi un po' di calma.
-
Alzò di scatto il volto e constatò che
erano solo fantasie. Non si era mosso, mentre riposava, se l'era solo
immaginato... e Dio... quanto avrebbe voluto che fosse stato realmente così.
Strinse nuovamente la sua mano attorno alle candide dita immobili e si accucciò
col viso nascosto tra le braccia, cercando di reprimere ancora quel senso di
vuoto, di malinconia che le serrava il petto, rischiando di soffocarla.
Un tocco leggero sulla sua spalla la
fece sussultare. Voltandosi i suoi occhi incrociarono una figura familiare,
lievemente sfocata dalle lacrime, ma perfettamente riconoscibile. I lunghi
capelli ricci, color del miele, e i grandi occhi color del cioccolato,
spiccavano su un visetto da bambolina, e un dolce e comprensivo sorriso
spuntava dalle belle labbra color fragola. Fu istintivo alzarsi dalla sedia
d'acciaio e andarsi a rifugiare tra le braccia della nuova ospite, cercando
-ancora una volta invano- di sfogare tutta la frustrazione che sentiva.
Si consolò nella stretta protettiva di
quelle braccia, ma durò poco, perché il pensiero tornò al corpo disteso in quel
letto e di nuovo tutta la sofferenza le fu addosso, come un peso insopportabile
e schiacciante. Una mano leggera corse sulle sue guance, in un gesto
affettuoso.
"Andrà tutto bene, capito?"
Le sussurrò, piano, con voce dolce e gentile. "Devi solo aver pazienza...
andrà tutto bene..."
-
"No! Non voglio che tu vada!! Ti
prego... non andare!!"
Lo sguardo rigido e sicuro si posò su
di lei. "... sai che devo farlo... lo sai, è il mio dovere. Sono nato
per questo, praticamente, ma andrà tutto bene ok? Tornerò... e nessuno ci
dividerà..."
"Nessuno?" Domandò poco convinta, tirando su col
naso e asciugando le lacrime col dorso della mano.
Le sfiorò le labbra con un bacio. "Nessuno..."
-
Avevi detto che nessuno ci avrebbe
diviso... lo avevi detto... nessuno ci deve separare...
Perciò devi tornare da me,
torna...
Aprì la finestra che affacciava sul
cortile dell'ospedale magico, respirando a pieni polmoni quella freschezza
naturale, tipica dei primi giorni di primavera, quando tutte le piante
rinascono dal periodo invernale e il gelo abbandona anche il cuore delle
persone, invitandole a sentimenti preziosi.
Salutò con la mano un gruppo di
bambini, che insieme all'infermiera uscivano tutti i giorni a giocare nel
parco, dimenticando per qualche ora le loro condizioni di salute. Vederli
correre all'aria aperta, passandosi un pallone, ridendo e scherzando, come
fossero in un parco giochi, le riempiva il cuore di gioia... e di speranza. Passava
molto tempo, durante il mattino, ad osservarli, riempiendosi il cuore di quelle
immagini calde e rassicuranti, necessarie ad aver forza per tutto il resto del
giorno, in quella camera di tortura.
Ogni tanto il suo sguardo tornava al
letto, con tristezza, e con nell'anima la speranza che una volta giratasi a
guardarlo, lo avrebbe beccato a fissarla, sveglio... ma era una sua
illusione e niente di più.
Osservò in direzione della porta,
comunicante col corridoio, mentre passavano frettolosamente un paio di
medimaghi e qualche guaritrice. In quel momento una signora, né troppo giovane
né troppo anziana, entrò nella camera, diretta verso uno dei letti in fondo
alla stanza, vicini al piccolo bagnetto. In mano aveva una valigia. La posò sul
letto vuoto e cominciò a riporre il contenuto nel comodino adiacente al letto,
con estrema cura.
-
Aveva appena preso in mano le valigie.
Lui l'avrebbe aspettata in fondo al viale, a distanza di sicurezza da quella
casa. Alle sue spalle comparvero i suoi genitori e suo fratello.
"Sei proprio sicura di voler andare via?" Chiuse un
attimo gli occhi, assorbendo con la mente la voce gentile di sua madre. Qualche
lacrima le salì agli occhi, ma riuscì ad impedirne la fuga sulle guance,
sorridendo serena.
"Sì, mamma, più che sicura..."
Suo fratello si era fatto avanti e
l'aveva guardata col maggior disprezzo che il sangue del suo sangue, potesse
provare. "Ti avviso... esci da quella porta... e per quanto mi riguarda
io non ho più una sorella..."
Si era ritrovata a guardarlo, come in
apnea, per poi spostare lo sguardo su suo padre. Aveva gli occhi bassi, ma non
era furibondo come suo fratello. "So che non lo pensi davvero... per
questo non me la prendo..."
"Oh tu neanche immagini quanto
invece io lo pensi..." Le aveva detto con cattiveria. "Addio..."
"A-addio..."
E la porta di casa si era richiusa
alle sue spalle, dividendola -forse per sempre- dall'affetto della sua
famiglia, per gettarla tra le braccia del ragazzo che amava.
-
Doveva essersi accorta che la stava
fissando con attenzione, poiché si voltò e le sorrise, con fare gentile,
abbandonando per un momento il lavoro a cui era dedita.
"Posso esserti utile in
qualcosa?" Le chiese con voce bassa.
La giovane scosse la testa. "No,
no... anzi mi scusi, è che da quando sono... siamo... qui, non c'è mai
stato nessuno in questa camera e quindi..."
"Oh povera cara!!" Esclamò
la donna, sempre con tono pacato. "Non ti annoi a star sempre
sola?"
Scosse di nuovo il capo. "No, io
non sono sola..."
Lo sguardo della donna andò a posarsi
sul letto occupato e un sorriso amaro le comparve sulle labbra. "Capisco,
sì... hai ragione, non sei sola..."
"Come mai è qui?" Azzardò la
giovane, avvicinandosi un po' e guardando con estremo interesse, la biancheria
ordinatamente piegata sul letto, accanto al bagaglio.
Le sorrise di nuovo, un sorriso
triste, appena accennato e carico di angoscia. "Mio figlio... è stato
ferito in battaglia, stanno... lo stanno operando." Con un colpo di
bacchetta i capi ripiegati andarono a sistemarsi nell'armadietto accanto alla
finestra.
"M-mi spiace..."
La strega scosse la testa. "Non
dispiacertene... è stato espresso desiderio del mio bambino andare a combattere
contro Colui-che-non-deve-essere-nominato e i suoi Mangiamorte... e sono certa
che avrebbe voluto morire in battaglia. Dal canto mio sono fiera del mio
ragazzo e... ovviamente spero che riescano a salvarlo..." Disse mesta...
sospirando appena... "Oh! Ma che maleducata, non mi sono ancora presentata
a questa graziosa signorina...! Molto piacere, io sono Rosemary
McMillan..."
Quel nome, le giunse alle orecchie
troppo familiare... "Mc...McMillan ha detto? Suo... suo figlio si chiama
Ernie, per caso?"
Con enorme stupore, la donna si
ritrovò ad annuire. "Ma...conosci mio figlio?"
"L'ho conosciuto ai tempi di Hogwarts." Ammise la ragazza,
congiungendo le mani davanti al grembo. "...frequentava spesso il mio
gruppo di amici. E' un ragazzo molto simpatico... e per quanto mi ricordo,
molto gentile..."
"Dunque... anche tu andavi ad
Hogwarts." Borbottò la strega. "Scommetto... scommetto che sei una
Grifondoro."
"Come... ha fatto ad
indovinare?" Mormorò sbalordita.
L'altra sorrise di rimando. "Non
mi ci è voluto molto per capirlo. Il mio Ernie ha frequentato sempre e solo
Tassorosso e Grifondoro... e dal momento che tu hai ricordi del mio bambino, ma
non sufficientemente nitidi, ho pensato che non fossi della sua stessa
Casa..."
"Ca-capisco... dunque... ehm
ecco, io sono Virginia Weasley, ma può chiamarmi Ginny." Si presentò la
ragazza, posando i suoi occhi blu su quelli scuri e perplessi della strega
dinanzi a lei e allungandole una mano.
La stretta durò pochi istanti.
"Io... ho sentito parlare di te... ragazza. Tu sei..."
"Ehm sì, sì sono io..." La
interruppe passandosi una mano tra gli ormai lunghi capelli rossi e sorridendo
nervosamente, in modo quasi forzato. "...ma le prego di chiedermi
qualcosa, se c'è un qualche fatto che ci tiene a sapere, perché purtroppo i
giornali hanno il vizio di non raccontare l'esatta verità..."
-
Il telefono aveva squillato
all'improvviso e lei aveva dovuto lasciare i piatti nell'acquaio, asciugarsi in
fretta le mani e correre a rispondere. Ormai era una prassi. Ogni volta che
quel maledetto apparecchio suonava, lei si precipitava in soggiorno, col cuore
colmo di speranza che all'altro capo ci fosse la sua voce, ad attenderla.
"Ginny..." Stavolta
la fortuna non era stata dalla sua. La voce cristallina di Hermione, l'aveva
fatta tornare coi piedi per terra. "Hai letto il giornale stamattina?"
"No... non ancora, me l'hanno
portato e l'ho lasciato sul tavolo, avevo troppe cose da fare... perché? Che
succede?" Aveva domandato allarmata all'amica, allungando nel
frattempo una mano verso il tavolo, in cerca della Gazzetta del Profeta.
Hermione era rimasta in silenzio.
"Se lo hai a portata di mano, leggilo..." Le aveva
semplicemente suggerito. "Io ora devo attaccare, come puoi ben
immaginare non sono a casa mia..."
"Lo sospettavo..."
Aveva detto lei, sopprimendo una risatina.
"Ah Ginny..."
"Sì?"
"Non so quanto possa esserti
di consolazione, ma io credo a te... a ciò che mi dirai... quello che scrivono
i giornali non mi riguarda." E aveva preso un bel respiro. "Vorrei
tanto che anche Ron la pensasse così..."
E aveva chiuso.
Ma ormai Ginny non la stava più
ascoltando e mentre i suoi occhi scorrevano lesti sulle pagine della Gazzetta
magica, la cornetta del telefono babbano le era caduta di mano, finendo ai suoi
piedi.
-
"Virginia...svegliati,
Virginia..."
Aprì gli occhi, ritrovando la mano
della signora Rosemary sui suoi capelli, in una carezza materna. Il sole era
ormai tramontato e il letto accanto a quello su cui si era appoggiata lei, non
era più vuoto.
Il corpo di Ernie, come addormentato,
giaceva sotto le fresche lenzuola, illuminato appena da una debole luce al
neon, posta sopra al muro, rischiarandogli ulteriormente il già pallido
volto.
"Che... che ore sono?"
Domandò sbadigliando.
La donna sorrise, tornando a sedersi
sulla poltrona in un angolo della camera d'ospedale e osservando compiaciuta il
lavoro dei ferri da calza incantati. "Sono appena le nove, ragazza mia...
ma ho pensato che volessi mangiare qualcosa... dal tuo aspetto direi che è un
po' che non tocchi cibo, o sbaglio?"
Ginny scosse la testa, lasciando la
presa sulla mano fredda e gettando un'occhiata al corpo disteso accanto a lei.
"No, non ho fame, la ringrazio... ho lo stomaco chiuso." In realtà,
probabilmente, il suo corpo aveva un disperato bisogno di qualcosa che le desse
forza, ma non sapeva neanche lei il perché la sua mente glielo impediva,
consigliandole di non ingerire niente di più di un caffè. Secondo la psicologa
che le aveva assegnato il Ministero, tramite il ministro stesso -suo fratello
maggiore Percy-, impegnata a seguire la faccenda con meticolosa attenzione, la
sua era una sorta di punizione. Il suo dolore, nel vedere quel corpo immobile
nel letto, il pensiero che al posto suo doveva esserci lei, le aveva
fatto scattare un meccanismo di autodistruzione. Ginny Weasley, si stava
autopunendo, infliggendosi una tortura che si era risparmiata durante...
"Ahhh i giovani d'oggi!! Se non
hanno problemi se li creano!" Borbottò la donna, scotendo la testa con
fare rassegnato. "Ti pare che quel povero ragazzo possa preoccuparsi anche
di te, quando si sveglierà?...."
"Io..."
"Credi che sarà felice di
trovarti in quelle condizioni?" Rincarò ulteriormente, fissandola seria.
"No, ma..."
La interruppe di nuovo. Sembrava lo
facesse apposta ad irritarla in quel modo. "Sapendo poi che è colpa sua...
se lei è così denutrita, pallida e sciupata..."
"NO! Non è colpa sua!!"
La donna sorrise.
"E' colpa mia, capisce?? Mia!! Se
lui... se lui è ridotto in quello stato, se lui dorme... se non è accanto a me,
se non mi parla... è solo colpa mia!! Dovrei esserci io al suo posto, non
lui!!" Sbottò Ginny, stringendo le mani attorno ad alcune ciocche di
capelli ai lati del volto e reprimendo con rabbia le prime lacrime.
Le si avvicinò, carezzandole
maternamente la spalla... sforzandola a piangere, a sfogare finalmente tutto
quello che aveva covato dentro troppo a lungo. "Coraggio... piangi piccola
mia, piangi..."
"No... io... non ho alcun diritto
di piangere... dovrebbe essere lui a sfogarsi, a respirare, a gridare."
Prese un forte respiro. In quel momento una giovane infermiera del St. Mungo
fece capolino nella sala e un cenno della donna la tranquillizzò, facendola
uscire. "Invece lo guardi... è immobile... l'unica speranza che mi resta è
ascoltare il battito del suo cuore, attraverso quel... coso babbano e
accontentarmi di percepire appena il suo respiro... è frustrante."
-
Il suono dei tacchi bassi delle scarpe
d'ordinanza le rimbombavano nella testa, mentre percorreva con passo deciso il
corridoio della sezione speciale del Ministero. Alle sue spalle due uomini, in
divisa, le teste coperte dai cappucci dei mantelli. In mano le
bacchette.
"Virginia..." La voce
di Silente la fece voltare. Da una porta, appena superata, comparve la figura
del suo vecchio Preside. La lunga barba stretta in una delle magre mani
affusolate e lo sguardo di chi non prova né biasimo, né pena per chi ha di
fronte. Quanto le era grata per quello sguardo neutrale. Il primo che aveva
ricevuto dopo l'incontro con ex-amici e parenti.
Cercò di parlare con tono fermo, ma
un'incrinatura d'emozione la tradì. "P-professor Silente... che ci fa
lei qui?"
"Sono venuto a difendere
l'onore di una delle mie più brillanti studentesse..." Ammise
l'anziano uomo, avvicinandosi con passo deciso, non ostacolato dalle due
guardie.
Plausibile. Pensò Ginny. Chiunque conosce e
rispetta Silente. Sorrise.
"Di... cosa sono accusata,
professore?" Domandò candidamente, intrecciando le mani davanti al
grembo e gettando un'occhiata alla porta della saletta da cui l'anziano mago
era entrato poco prima. In quel momento, il piccolo portoncino era stato
attraversato dalla professoressa McGranitt e da Ron. Questo non le rivolse
neanche uno sguardo e tirò dritto.
Silente si lisciò la barba, sospirando
appena. "Di tradimento, Ginny... l'accusa che pende sulla tua testa è
di essere una spia di Lord Voldemort, mia cara."
"Per quanto mi risulti strano
anche solo pensare di poter associare il mio nome... una Weasley... a quello di
Voldemort, non mi riesce difficile immaginare chi o cosa abbia fatto trarre
simili conclusioni." Disse la ragazza, con una nota di amarezza nella
voce, ma continuando a guardare negli occhi l'uomo dinanzi a lei.
"Francamente... neanche a
me..." Sorrise questo di rimando, sciogliendo per un po' la tensione
che si era creata nel lungo e angusto corridoio ministeriale. "Andiamo...
l'udienza sta per cominciare..."
-
Alzò il viso -bagnato- dal lavandino,
specchiandosi per qualche istante. Aveva le guance leggermente scavate appena
puntinate, in maniera quasi impercettibile, da lentiggini e incredibilmente
pallide. Gli occhi erano visibilmente stanchi, segnati da un bel paio di
occhiaie violacee e profonde. Forse era vero che si stava lasciando andare, ma
in quel momento nella sua testa non c'era davvero posto per la cura di se
stessa.
Scosse la testa e si richiuse la porta
del bagno alle spalle, una volta fuori. Iniziava ad abituarsi a quell'odore di
medicinali e disinfettante che aleggiava nei corridoi dell'ospedale. E pensare
che qualche tempo prima le davano ancora la nausea. O forse, si diceva, era
solo troppo stanca, anche per accorgersi di quella puzza orribile.
Si scansò contro il muro, giusto in
tempo per far passare una barella, affiancata da un gruppo di medimaghi. Due
signori, intorno alla sessantina, seguivano il lettino mobile -mantenuto in
aria da un incantesimo di levitazione- restandone a distanza. Erano sicuramente
marito e moglie, a giudicare dagli atteggiamenti affettuosi, con cui si
confortavano. L'uomo aveva un braccio intorno alle spalle della donna che, con
aria affranta, continuava ad asciugarsi gli occhi e soffiare in un fazzolettino
di stoffa bianca, stringendo con la mano libera, una delle mani del
marito.
"Largo!! Largo!!"
Continuavano a ripetere i medimaghi che si occupavano del ferito, facendosi
spazio tra guaritori e pazienti, che intralciavano il passaggio nel corridoio,
lungo la strada verso quella che Ginny riconobbe essere la Sala
Rianimazione.
Osservò con crescente attenzione i due
coniugi. Si guardavano intorno spaesati, cercando di sostenersi a vicenda,
stringendosi le mani. Si sedettero sulle poltroncine appena fuori dalla
Sala.
Sorrise amaramente.
Lei c'aveva passato quasi nove ore
seduta su quelle sedie scomode. Se ci ripensava le doleva ancora il
fondoschiena. In quei momenti però il dolore non lo avvertiva... no, anzi, si
preoccupava di quello che poteva sentire *chi* in quei minuti, lottava tra la
vita e la morte in rianimazione.
-
Se ne stava rannicchiata su quella
poltroncina di plastica verde, torturandosi le ciocche rosso fuoco, i gomiti
fissi sulle ginocchia. Di tanto in tanto oscillava un po', trattenendo a
malapena le lacrime, che premevano per uscire, ma che dovevano attendere prima
di aver libero sfogo. Doveva sapere se quelle lacrime potevano essere di gioia,
o di dolore...
Avvertì appena una mano sulla sua
spalla, se fosse stata più concentrata su quell'angoscia -probabilmente-,
neanche se ne sarebbe accorta. Riuscì a stento a sollevare lo sguardo, in parte
nascosto da ciocche rosse come il fuoco, per incrociare quello malinconico di
suo fratello Fred... o George... non avrebbe neanche saputo distinguerli.
"Bevi questo..." Le
sussurrò, allungandole un bicchierino di plastica bianco, contente quello che
-a giudicare dall'odore- doveva essere del caffè. Ginny scosse la testa,
tornando a fissare un punto imprecisato del pavimento.
"Gin... coraggio, bevi almeno
un caffè, non puoi stare così... crollerai!" Intervenne l'altro
fratello, appena coperto dal gemello. Rinunciò, quando vide l'assoluto mutismo
in cui si era chiusa la sorella e si spostò appena, per far passare il fratello
maggiore, Charlie, reperito al quartier generale dei battlemage, insieme a
Bill, non appena i suoi superiori avevano saputo che la piccola Weasley era in
ospedale.
"Piccola..." Le si
era avvicinato con cautela e l'aveva abbracciata, inginocchiandosi davanti a
lei, piano... quasi fosse una bambola di porcellana e potesse rompersi tra le
sue braccia. Ed effettivamente l'impressione che dava era proprio quella. Lo
sapeva da sola e le dava fastidio. Perché in realtà lei non era così fragile,
lo era stata sì, certo, ma ormai erano anni che lei era cresciuta...
maturata.
Non era più la piccola Ginny, gelosa
dei suoi fratelli, timida da far paura al più tenero dei coniglietti, piena di
entusiasmo per tutto. E forse questa era l'unica parte perduta del suo carattere
che rimpiangeva. Purtroppo però la vita vera, non più quelle assurde
fantasticherie da bambina, aveva bussato alla sua porta e quando lei aveva
aperto, un po' titubante, se l'era ritrovata sbattuta in faccia.
Tirò su col naso, distogliendo lo
sguardo dalla gonna che indossava e puntandolo sugli occhi blu di suo fratello,
il suo preferito a dir la verità, poiché l'unico che riuscisse a capirla
veramente. "Non ce l'hai con me?... Non... non mi odi come gli altri?
Non credi che io sia una Mangiamorte, vero?"
Charlie scosse la testa, sorridendole
appena, un sorriso tirato e carico di amarezza. "No farfallina, non lo
credo e vorrei che anche per gli altri fosse così..." Quanto adorava
quel soprannome -farfallina-. Glielo aveva affibbiato quando aveva saputo che
al suo quarto anno era stata ammessa nella squadra di Quidditch di Grifondoro.
Le aveva detto: 'vola mia piccola Ginny, sei la mia farfallina'. Anche in
quell'occasione era stato l'unico ad appoggiarla, ad incoraggiarla. Andando
contro tutti quelli che le dicevano che era uno sport pericoloso, troppo
pericoloso per lei. Per lei tutto era troppo... a dir la verità...
"Mi basta che sia tu a
crederlo, Charlie... mi basta questo..." Lo aveva rassicurato,
posandogli una mano sulla guancia. Non ne era certa, perché non aveva voluto
alzare lo sguardo al di sopra della chioma rosso fuoco del fratello, ma ebbe
l'impressione che gli altri tre si fossero sentiti in colpa, poiché li vide
muovere qualche passo incerto verso di lei, per poi rinunciare e allontanarsi
lungo il corridoio, dal lato opposto alla Sala Rianimazione.
Il ragazzo sorrise, cordiale. "Passerà
ok?... Capiranno i loro errori e tutto si aggiusterà, farfallina..."
La strinse forte a sé e lei ne ebbe conforto. Per un piccolo, minuscolo
istante, il suo cuore trovò respiro da quel fardello troppo grande per un animo
da bambina come il suo. "Vorrei solo sapere... come siamo arrivati a
questo punto..."
-
Smise di accarezzare quella mano, così
fresca, forse fin troppo e si stiracchiò la schiena, appoggiandola al duro
schienale della sediolina posta accanto al letto. Lanciò appena uno sguardo
alla signora Rosemary. Si era addormentata profondamente sulla comoda poltrona
all'angolo della stanza, nel lato di Ernie. I ferri da calza ancora lavoravano
senza sosta sotto un incantesimo e solo il metallico rumore degli strumenti,
copriva il fastidioso bip bip del respiratore babbano a cui era
attaccato il ragazzo.
Un leggero, appena udibile toc toc
alla porta, la distrasse dai suoi soliti pensieri poco felici. Bisbigliò un avanti
incerto, e solo in quel momento si ricordò che la porta era già aperta.
Probabilmente qualcuno aveva bussato all'infisso per educazione, per annunciare
lo stesso il suo arrivo, per non spaventarla. Sapeva bene chi fosse l'unico
dotato di tanta accortezza e per un attimo fu davvero tentata di non voltarsi e
non incrociare quegli occhi... da un po' di tempo non li sopportava.
"Virginia..." La chiamò, con
voce flebile. Lei sorrise, dandogli ancora le spalle. Ora la chiamava
'Virginia'... curioso. Niente più nomignoli da bambina, niente più
vezzeggiativi. Persino quando se la portava a letto, tra un sussurro e un
gemito la chiamava con quell'insulso nome da gattina indifesa... Ginny. Strano
quanto solo pronunciato da alcune persone riuscisse a digerirlo, ormai.
Dopo qualche minuto, che parve quasi
un secolo, si voltò, incapace di sopportare ulteriormente quello sguardo sulla
sua schiena. E fu con crescente stupore, come ormai le capitava spesso negli
ultimi tempi, che si accorse di quanto poco effetto le facessero -ancora-
quegli occhi verdi fissi nei suoi.
Sorrise mentalmente.
Pensare che parecchi anni prima
avrebbe pagato tutto l'oro del mondo perché quegli occhi la guardassero.
Avrebbe dato dio solo sapeva che cosa perché quel ragazzo si accorgesse di lei,
che non la vedesse solo come un'appendice del suo migliore amico... e poi era
accaduto... una sera.
Qualche tempo dopo, se ripensava alla
sua sfacciataggine, ancora arrossiva. Adesso non più.
Le restava però un bel ricordo di quel
momento.
Di quando -al suo quinto anno-, dopo
ore e ore passate in Sala Comune con mezza Casa dei Grifondoro a festeggiare
una vittoria della squadra, tra una burrobirra e l'altra, si erano ritrovati
nella stessa sala, da soli, a parlare. Ricordava ancora come fosse ieri il
calore che gli trasmetteva il corpo del ragazzo, seduto accanto a lei e la
lieve eccitazione che provava a sapersi così vicina a lui, senza nessuno
intorno che li fissasse con malizia e li additasse con divertimento. Non
ricordava molto, a dirla tutta, ma non riusciva a scordare con quanta audacia
aveva interrotto l'ennesimo discorso sulla partita del ragazzo e si era voltata
sul divano a scrutarlo negli occhi, smettendo di osservare il fuoco acceso nel
camino. Lui l'aveva guardata in maniera interrogativa e aveva sgranato gli
occhi quando lei si era gettata tra le sue braccia, afferrandogli la testa con
le mani e rubandogli un bacio... il suo primo bacio... o meglio, il suo primo
bacio ad Harry Potter.
"Ciao... Harry." Si
meravigliò lei stessa, di quanto poco entusiasmo ci avesse messo nella voce,
nell'accoglierlo in quella stanza d'ospedale. Quello a non meravigliarsi
affatto fu proprio lui. Sapeva quanto ce l'avesse per il suo comportamento
stupido, infantile, probabilmente geloso e sicuramente inadeguato.
Il giovane fece qualche passo avanti,
scostandosi il mantello della divisa da auror, per poter camminare con più
facilità. "Come... come ti senti?" Domanda stupida, pensò, subito
dopo averla posta. Difatti non si stupì di vederle comparire sul volto una
smorfia sarcastica, a tratti sprezzante... ma rifletté... chi va con lo
zoppo...
"Mah beh direi bene."
Incominciò con voce ironica. "...considerato che vivo in questo ospedale
ormai da quasi sei mesi, non dormo più di quattro ore al giorno, ho perso
decisamente la fame e... credo sia normale, ho il morale sotto i piedi. Mah sì,
non mi lamento."
"Spiritosa..." La riprese
immediatamente. "So perfettamente che non te la passi bene ma-"
"...e allora perché me lo
domandi?"
"....scusa." Si limitò a
replicare, sinceramente pentito. "E' stata una domanda stupida, lo so...
ma... non avevo la più pallida idea di come iniziare la conversazione.
Ultimamente sei sempre... nervosa, agitata... non si sa mai come prenderti e
quindi..."
"...e quindi hai pensato bene di
chiedermi la cosa più ovvia del mondo per intavolare una discussione che sai
perfettamente non avrà seguito, non positivo, almeno!!" Sbottò
scocciata, alzandosi dalla sedia e moderando il tono della voce per non
svegliare la mamma dell'ex Tassorosso. "Andiamo fuori..."
Harry non fece obiezioni e la seguì,
facendola uscire per prima dalla camera e lanciano un'occhiata -non esattamente
gentile, né dispiaciuta- al corpo disteso nel letto. Appena fuori, pagò cara
l'occhiataccia, non sfuggita di certo allo sguardo sveglio della ragazza.
"Vorrei tanto sapere perché
diavolo vieni una volta alla settimana in ospedale, se poi devi fissarlo in
quel modo odioso!!" Gli domandò con tono incazzato, agitando le mani per
aria, di fronte al suo viso.
Il ragazzo la guardò serio. "Per
te, mi sembra ovvio... anche se mi hai lasciato Ginny, io continuo ad
interessarmi a te, voglio sapere come stai..."
"Come credi che stia, sapendo che
l'unico ragazzo che abbia mai veramente amato è disteso in quel letto da
mesi, senza sapere se riaprirà mai gli occhi e lo avrò nuovamente al mio
fianco, razza di imbecille!!??" Gli vomitò addosso velenosa, alzando
ulteriormente la voce e non facendo nemmeno caso al numero di guaritori che si
era girato ad osservare quella scena. Dimenticò persino il fatto che, con tutta
probabilità, parte della frase che aveva rivolto ad Harry, in quel momento gli
aveva trapassato l'animo da parte a parte.
Con calma però lui scosse la testa.
"Quanto sei cambiata, mia piccola Gin-"
"Non sono tua..."
"Era un modo di dire,
calmati..." La rassicurò ancora, con voce gentile. "Vorrei solo
sapere cosa ti attrae, cosa ti lega tanto a lui... in fondo è solo-"
Virginia si innervosì ulteriormente.
"Solo? Solo cosa? Solo un Mangiamorte?"
"Non ho detto questo, anche se mi
pare ovvio che lo sia visto-"
"A te pare ovvio, Harry, a voi
pare che tutto sia ovvio... ma sbagliate!! Date troppe cose per scontate!! Ed è
un errore che pagherete... lo pagherete a vostre spese!!" Precisò con tono
acido, distogliendo lo sguardo da quegli occhi verdi pieni di rancore, che in
quel momento le davano un immenso fastidio.
Harry sospirò. "Dicevo... che mi
pare ovvio che sia un Mangiamorte... dal momento che-"
"Che è un Malfoy! Coraggio
dillo!... dai aspetto questa frase dall'inizio della discussione." Lo
esortò lei, tornando a guardarlo negli occhi. "Sei una delusione Harry, tu
e mio fratello... è questa la fiducia che avete in me? Non ci avete messo un
attimo a credere che mi fossi alleata con Voldermort... e solo perché mi sono
innamorata di Draco."
"Non è questo il punto, Ginny e
lo sai bene!!" Ribatté Harry, seccato, incominciando ad alzare il volume
della voce, nel tentativo di coprire quella della giovane strega.
"Ah no?... E dimmelo tu, allora,
qual è il punto, signor Potter!!"
Il ragazzo scosse la testa nuovamente.
"Signor Potter... va bé lasciamo perdere. Sai bene che la questione non è
che tu sia -tsk- innamorata di Draco Malfoy-"
"Evita le smorfiette..."
"Ok ok... comunque non è per
quello che io e tuo fratello, come molti altri, abbiamo creduto che tu ci
avessi traditi. E' il tuo atteggiamento ad averci fatto credere questo... il
fatto che te ne fossi andata di casa per stare con... lui..."
Ginny si passò una mano tra i capelli, con aria di sufficienza. "Non avevo
altra scelta, mi ci avete costretta, ero rinchiusa in prigione là... non potevo
nemmeno comunicare con lui nell'ultimo periodo."
"Il fatto che rispondessi male a
tutti..."
"Ve la siete cercata, io non sono
un animale, sono un essere umano..." Replicò secca, incrociando le braccia
al petto.
Harry inarcò un sopracciglio. "E
il fatto che uscissi tutte le notti, rientrando all'alba, senza voler dare
spiegazioni?"
Ginny sorrise sarcastica, a tratti un
po' isterica. "No no, Harry caro... io le spiegazioni le davo, eravate voi
a non volerle accettare. Perché ti dava, vi dava, fastidio sentirvi dire
che ero stata da lui..."
"Piantala... sai che-"
"...che ero andata nel suo
appartamento, perché mi aveva invitata a cena o a guardare un film..."
"Ginny smettila..."
"...che non volevo tornare a
casa, perché sarebbe scoppiato il finimondo e allora restavo da lui fino al
mattino..."
"Smettila..."
"Vi dava immensamente fastidio
sentire tutto questo. Mi odiavate quando in preda all'esasperazione mi
vendicato, raccontandovi di quanto era stato bello fare l'amore con lui e
dormire abbracciati... a Draco, sì... proprio ad un Malfoy... siete arrivati ad
odiarmi per questo!"
"SMETTILA!!" L'ammonì,
afferrandole saldamente un polso. "Ti ho detto di smetterla, non dirlo!!
Sta' zitta, zitta!!"
"Sei patetico, Harry Potter... tu
e mio fratello, siete entrambi ridicoli. Tutto per gelosia..." Lo biasimò,
scotendo il capo e guardandolo con compassione. "Va' via..."
"No senti Virginia... forse... sì
ho sbagliato, ma-"
"Va' via, Harry."
Insistette, distogliendo lo sguardo. "Lasciami e va' via... non voglio
sentirti, non voglio vederti... e riferiscilo anche a Ron. Non sopporto di
sentire la sua presenza alle mie spalle, digli di non venire più... non ha
senso che resti ore e ore fuori dalla porta, a fissarmi mentre mi prendo cura
di Draco... non lo sopporto!!"
Il giovane auror mollò la presa sul
suo polso e dopo un'ultima occhiata alla ragazza dai capelli di fuoco, si
voltò. Lei udì solo dei passi pesanti allontanarsi lungo il corridoio, ma non
volle girarsi a guardarlo, non le interessava... se possibile, iniziava a
detestarlo.
Un altro peso le oppresse il cuore.
-
"Weasley... che dispiacere
incontrarti."
Ginny roteò gli occhi, evitando accuratamente di prestare troppa attenzione
alla banda di imbecilli che si era ritrovata sotto al naso. Si maledisse per
non aver seguito Harry, Ron ed Hermione nel loro consueto giro per Hogsmeade,
preferendo restare da sola per non dover subire i loro sguardi di rimprovero...
e tutto per aver lasciato Harry.
"La cosa è reciproca Malfoy,
adesso togliti dalle scatole..." Gli aveva risposto quasi annoiata,
voltandosi e prendendo a camminare per le vie della cittadina magica, sperando
di togliersi di torno quei Serpeverde fastidiosi.
Alzò gli occhi al cielo udendo di
nuovo la voce strascicata del biondino. "Ma che strano... nessuna si è
mai lamentata di incontrarmi, anzi..."
"C'è sempre una prima volta,
Malfoy... c'è sempre..." Aveva ribattuto velocemente lei, nel vano
tentativo di allontanarsi. Non che avesse paura, no questo no, però sapeva che
era meglio non restare troppo tempo in compagnia di quel giovane viziato e
molto portato a rompere le scatole al prossimo.
"Povera piccola, insulsa
Weasley... ti rode così tanto non essere neanche calcolata?" Replicò
sottile lui, incrociando le braccia al petto e portandosi davanti alla giovane,
ormai esasperata, costretta a bloccare nuovamente la sua 'fuga'.
Ginny sospirò, storcendo le labbra.
"No, in questo momento pagherei oro per non essere calcolata, Malfoy."
Lui la guardò interrogativo. "Perché non so se te ne sei reso conto, ma
sei taaanto dispiaciuto di avermi incontrato da avermi seguito fino a qui,
seminando persino Tiger e Goyle con annessa fidanzata... povera Pansy, ci sarà
rimasta malissimo... e tutto per una Weasley..." Pronunciò il suo nome
col tono con il quale era solito farlo lui, quasi fosse una bestemmia.
"Cosa vorresti insinuare,
razza di stracciona?"
"Non insinuo nulla, Malfoy. Mi
limito a constatare la realtà dei fatti... tu sei qui, i tuoi scagnozzi e la
tua fidanzata li hai lasciati indietro." Rispose con calma serafica la
rossa. "Lasciami dire che se hai fatto tutto questo per offendermi ed
insultarmi non sei normale..."
Lo vide inarcare un sopracciglio.
"Da quando tutto questo coraggio, Weasley?"
La piccola Grifondoro incrociò le
braccia al petto. "Da quando tutto questo interesse per me e per il mio
coraggio, Malfoy?"
Draco alzò lo sguardo verso il luogo
in cui si trovavano. "Perché qui, Weasley?...Cosa ci fa una come te
alla Testa di Porco?"
"Una come me, Malfoy? Per
Merlino... sentiamo... che problema c'è se frequento questo posto?!"
Chiese con curiosità, picchiettando le dita di una mano sul braccio. Lo vide
indugiare sulla risposta.
"Non è da te..."
"Ullalah che risposta
esauriente, Malfoy! Che significa 'non è da me'? Non posso permettermelo? O...
sono troppo 'Grifondoro' per entrarci?..." Insistette con tono fermo e
sprezzante, fin troppo per i gusti del giovane biondino, per niente
intenzionato a farsi mettere i piedi in testa da nessuno... meno che mai da una
Weasley.
"Come sai dell'esistenza di
questo posto?" Ancora quel tono con cui aveva pronunciato il suo nome,
le dava un nervoso... sbuffò scocciata.
"Mi ci ha portata Cho Chang...
l'anno scorso, soddisfatto?"
Draco esplose in una sonora risata.
"Cho Chang... quella Chang?" Continuò a ridere, sotto lo
guardo basito di Ginny, che si domandava se davvero le arti oscure non gli
avessero dato alla testa.
"Dimmi Malfoy... quante Cho
Chang conosci?"
"E da quando in qua, si
accettano gli inviti delle rivali, Weasley...?" Le chiese, cercando di
riacquistare il suo tono freddo e indisponente, frenando una risata con la mano
sul petto... ancora scosso dall' ilarità.
La ragazza inarcò un sopracciglio.
"Rivale?...Malfoy... devo forse ricordarti che io ed-"
"Sì, sì so perfettamente che
tu e San Potter vi siete lasciati, Weasley." La anticipò Draco, di
colpo nuovamente serio. "...ma se la memoria non mi inganna, un anno fa
tu e Sfregiato andavate ancora d'amore e d'accordo."
La rossa fu sul punto di lanciargli
un'offesa piuttosto pesante e lasciarlo lì, solo come un cane, ma
l'irrazionalità tipica degli Weasley prese il sopravvento. "Comunque
non la consideravo una mia rivale... e ora, se non ti dispiace, vai al diavolo
Malfoy... io mi vado a prendere un Whisky Incendiario..." Dettò ciò si
avvicinò all'ingresso del pub magico, ma una mano la ostacolò, per poi aprirle
la porta...
"Dopo di te... Weasley..."
-
Si avvicinò al letto in cui giaceva il
corpo addormentato di Draco. Gli ormai lunghi capelli biondi ricadevano morbidi
sul cuscino, un po' sparsi e decisamente spettinati. Sorrise mesta. Se l'ex
Serpeverde si fosse visto in quelle condizioni, narcisista com'era, sarebbe
andato su tutte le furie.
Gli sistemò un ciuffo spostato da uno
spiffero, andato a coprirgli parte del volto e degli occhi chiusi.
I suoi occhi...
Avrebbe dato la sua vita per rivedere
ancora una volta i suoi occhi. Così splendidamente freddi da far paura, grigi
come il cielo in una giornata di pioggia e profondi come un lago in tempesta.
Stava scadendo sul romantico... sì, se ne rendeva conto... ma mai nessuno
sguardo le aveva provocato così tanta rabbia e allo stesso tempo tanta
tenerezza, come il suo.
Se qualche anno prima le avessero
detto che lei, Virginia Weasley -purosangue sì, ma pur sempre stracciona e
babbanofila-, sarebbe finita tra le braccia di Draco Malfoy -purosangue d.o.c.
e profondamente odiato da tutta la sua famiglia- non ci avrebbe creduto.
Nessuno ci avrebbe creduto e anzi... qualsiasi predizione di questo tipo,
sarebbe stata considerata alla stregua di una lezione di Divinazione con
Sibilla Cooman.
Ridacchiò appena, portandosi una
pallida mano del ragazzo alla bocca.
...effettivamente però, la Cooman
qualcosa di molto simile glielo aveva predetto. Certo, non che avesse
specificato che si trattava del borioso Serpeverde, ma... com'è che aveva
detto, dopo aver letto i suoi fondi di caffè?
Sul tuo cammino troverai un ragazzo,
un bel ragazzo non c'è che dire... per nulla adatto a te. O meglio, questo è
quello che ti diranno gli altri, ma tu non creder loro e vai avanti per la tua
strada... sempre.
E su quella frase erano piombate le
battutine fastidiose ed irritanti dei suoi compagni di classe. Per una
settimana aveva dovuto subire le scommesse su chi sarebbe stato il fortunato,
cosa che pareva non tangere minimamente il suo ragazzo, Harry, che si diceva
del tutto sicuro del loro sentimento... odiava dar tutto per scontato lei.
"Apri gli occhi... Draco,
avanti..." Gli sussurrò contro la mano, strofinando le labbra sulla pelle
fredda. "Non lasciarmi sola, apri gli occhi..."
"Ci tieni proprio tanto a lui,
eh?" La voce della signora Rosemary la fece sussultare. Si voltò a
guardarla, prendendo un forte respiro. Neanche si era accorta che non ci fosse
sulla solita poltrona, troppo presa dai suoi pensieri. Non la infastidì la mano
sulla sua spalla, nel tipico tocco materno che dava quella donna, ogni volta
che la sfiorava.
Si limitò ad annuirle, tornando a
puntare il suo sguardo sul corpo disteso nel letto.
"Non ti ho mai sentita
parlarne." Le disse con tono di voce moderato, spostandosi in modo da
trovarsi di fronte a lei. "...di solito le ragazze non fanno altro che
parlare del loro amore, sai... io sono un'ex infermiera, ne ho viste tante di
scene così, mia cara... eppure tu non ne parli mai, conservi tutto dentro al
tuo cuore..."
Ginny scosse la testa, mantenendo la
mano del ragazzo tra le sue. "Non è che voglia mantenere chissà quale
segreto o conservare tutto nel mio cuore. E' che... nessuno ha ancora accettato
il nostro amore, quindi... non saprei con chi parlarne."
La donna sorrise. "Beh, io non so
praticamente nulla di voi due... a parte ciò che riportano i giornali e che, a
questo punto, dubito sia vero. Ma quando te la senti... puoi parlarmi di ciò
che vuoi, piccola mia. Fa male tenersi tutto dentro, lo dico per esperienza
personale..."
"La ringrazio..." Le rispose
semplicemente, sentendosi d'improvviso meno sola in quella battaglia.
"Anche se... ad essere del tutto onesta non saprei proprio cosa
raccontarle." Ci pensò su.
La signora Rosemary si sistemò su una
sedia dal lato opposto del letto, sorridendole gentile e intrecciando le mani
sul grembo. "Parlami di lui... come vi siete conosciuti? Frequentava
Hogwarts?"
A Virginia scappò un sorriso, il primo
veramente 'sentito' da quando si trovava in quell'ospedale. Nessuno le aveva
mai chiesto -Hermione a parte- di raccontarle come era iniziato tutto. E
tutto... a pensarci bene, era iniziato proprio quella sera alla Testa di Porco.
"Beh, sì... diciamo che -sorrise di nuovo- Hogwarts era un po' il suo
territorio. La considerava un po' una seconda casa, sebbene non lo ammetterebbe
mai neanche sotto tortura, e amava spadroneggiarci."
"Un tipino deciso, eh?!"
Fece sarcastica la donna, inarcando un sopracciglio.
"B-beh sì... certo, non che fosse
libero di agire indisturbato.." Specificò imbarazzata. "Però è nella
sua natura, cercare di capeggiare su tutto e tutti... è nel suo dna,
credo."
"Che intendi, scusa?"
Un sorriso amaro si dipinse sul volto
della piccola Weasley, mentre la presa sulla mano del ragazzo si faceva ancor
più salda. "Vede... lui è l'ultimo erede, della stirpe dei Malfoy. Ora...
non so quanto lei possa saperne su questa famiglia, ma mi creda... sono
abbastanza conosciuti... e non per la loro cordialità... ma lui è diverso, in
fondo..."
"Conosco abbastanza bene i
Malfoy, purtroppo..." Spiegò mesta, giocando con la veste che indossava e
abbassando lo sguardo. "E'... è stato Lucius Malfoy a ridurre in quello
stato il mio Ernie." Una lacrima sfuggì agli occhi della donna.
Ginny sgranò gli occhi. "Co-come
lo sapete?"
"I compagni di battaglia di
Ernie, l'hanno riconosciuto." Disse con un'incrinatura nella voce.
"Pare che l'abbia colpito con numerose Cruciatus e che abbia ordinato ad
un gruppo di Mangiamorte di picchiarlo, vedendo che il mio bambino non si
piegava alle maledizioni."
"E'... terribile." Biascicò
la rossa, stringendo la presa sulla mano pallida. I suoi pensieri corsero a
Draco, a come si sarebbe sentito nell'udire il racconto di quella donna.
In realtà il pensiero di molti era
stato ed era, che Draco fosse molto attaccato al padre. Che lo stimasse, che lo
rispettasse, che fosse arrivato a venerarlo e a sperare di poter -un giorno-
seguire le sue orme. Niente di più sbagliato. In quegli anni, in cui aveva
avuto la fortuna e la gioia di conoscere il lato "luminoso" di Draco
Malfoy, aveva scoperto nell'animo del giovane un odio profondo, viscerale,
quasi portato all'esasperazione, nei confronti del padre. Nei confronti di
quell'uomo che gli aveva strappato via l'infanzia, che aveva ridotto sua madre
ad una marionetta, che lo aveva destinato ad un futuro nelle schiere dei
Mangiamorte di Voldemort. Destino, a cui si era sottratto lottando con le
unghie e con i denti, per amor proprio e per proteggere lei... destino, che
tutti continuavano ad affibbiargli, ingiustamente.
"Già... terribile." Ripeté
la donna, come in trance. "...e beh effettivamente mi fa uno strano
effetto sapere che il figlio di Lucius Malfoy è qui, davanti a me, nel medesimo
stato del mio Ernie... ma dimmi... chi lo ha ridotto così?"
Ginny deglutì, posando il braccio del
ragazzo sul letto, accanto al corpo disteso e passandosi una mano tra i
capelli. Lo sguardo basso e la sua titubanza a rispondere, confusero un po' la
donna. "...è stato... suo padre."
"Non... non è possibile! Con
quale... cuore... ha ridotto in quelle condizioni suo figlio?" Domandò
sconvolta, poggiando una mano davanti alla bocca, nel tentativo di reprimere
uno shock troppo grande da sopportare, per chi da madre, sapeva cosa
significava avere a cuore il bene del figlio, prima di tutto.
La ragazza scosse la testa. "Lei
non conosce Lucius Malfoy. Lui non vuole un figlio, non l'ha mai voluto, lui
vuole... un erede, uno che si faccia rispettare nelle fila dei Mangiamorte, che
diventi alleato fedele di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Se non è questo
quello che ottiene... non sa che farsene di suo figlio... ed essendosi
Draco ribellato, benché quella che si legge sui giornali non sia questa
versione, il signor Malfoy ha pensato bene di... schiarirgli le idee.
Ero... presente alla scena, ho visto tutto, per mia sfortuna..."
"E... nonostante questo, si
ostinano a credere che lui... sia un Mangiamorte?" Chiese stupida la
donna, sporgendosi un po' in avanti con fare curioso, a tratti incredulo.
Ginny annuì. "Sono convinti che
Draco abbia fatto qualche passo falso e che di conseguenza sia stato
punito." Abbassò di nuovo lo sguardo.
-
"Signorina Weasley, lei è
accusata di tradimento verso il corpo auror." Sentenziò suo fratello
Percy, posando i gomiti sul tavolo in legno scuro e scrutandola attentamente,
mentre sedeva -tranquilla- accanto al professor Silente. Dal lato opposto della
stanza, i posti erano occupati da Hermione, Harry e suo fratello Ron... inutile
dire che i due ragazzi guardavano ovunque, eccetto che nella sua
direzione.
Virginia si guardò un attimo intorno.
Ad eccezione di loro sei non era presente nessuno in Sala, la segretaria del
Ministro si era allontanata per prelevare alcuni incarti. "Percy..."
"Signor Ministro, prego..."
La interruppe lui, con fare saccente, innervosendola. Non seppe dire se le
diede più fastidio l'atteggiamento di suo fratello maggiore, nonché Ministro
della Magia, o la smorfia sarcastica che sfuggì all'altro suo fratello, qualche
metro distante da lei.
"Signor Ministro, le parlerò
francamente..." Si riprese lei, alzandosi in piedi, seguita con lo
sguardo dall'anziano preside. "Non mi interessa se dopo queste mie
dichiarazioni sarò ancora sospesa dai miei incarichi. Non mi interessa se tutti
continuerete a credere a ciò che dicono quei Mangiamorte che avete interrogato.
Mi importa solo di farvi ragionare su una cosa. Secondo voi, se davvero
Draco... fosse quello che crediate sia... sarebbe ora in coma, da solo, in una
camera di ospedale? O forse... e dico forse... sarebbe in giro a folleggiare
con il resto delle truppe di Voldemort?"
"I mangiamorte che abbiamo
interrogato, sostengono che il Signor Malfoy Draco non abbia eseguito un ordine
di fondamentale importanza del suo padrone e che per questo, sia stato
punito..." Spiegò brevemente il fratello, incrociando le braccia al
petto e appoggiandosi allo schienale della poltrona.
Ginny scosse la testa. "Fate
come volete... pensatela come vi pare... mi arrendo."
Sedette nuovamente, posando i gomiti
sulla scrivania davanti a sé e affondando la testa nelle mani, nel tentativo di
capirci qualcosa. Come potevano i suoi fratelli, il sangue del suo sangue,
crederla una Mangiamorte, solo perché il suo cuore aveva scelto un loro nemico
-nemico per puntiglio- invece del ragazzo che tutti si aspettavano che scegliesse?
Come poteva ordinare ai suoi sentimenti di optare per uno, invece che per
l'altro? No... non era ancora capace di razionalizzare i suoi sentimenti, e
francamente, neanche le interessava. Voleva solo uscire da lì. Voleva tornare
in ospedale da Draco. Chiuse gli occhi, rivivendo per qualche lungo
attimo, l'attacco dei Mangiamorte a quello che -ormai da qualche mese- era il loro
appartamento.
Se ne stavano rilassati sul divano,
intenti a guardare un film alla televisione babbana che avevano acquistato
qualche tempo prima, conversando di tanto in tanto su qualche scena o
interrompendo la visione per discutere della giornata passata.
Un attimo di serenità... dopo giorni e
giorni di inferno, lontani.
Draco però si era fatto
improvvisamente agitato e aveva impugnato la bacchetta che era sul tavolino,
vicino al divano bianco... spaventandola. Non aveva risposto ai suoi "Che
succede?" o "Che ti prende?" e si era limitato ad
ordinarle di prendere anche la sua bacchetta. Bacchetta che... per sua
sfortuna, aveva dimenticato nel mantello da auror, in camera da letto.
Si era precipitata su per le scale e
quando aveva afferrato l'arma, una forte esplosione al piano di sotto aveva
attirato la sua attenzione, terrorizzandola. "Draco..."
Quando era ritornata di sotto, in
preda al panico e in cerca del suo sangue freddo da auror, andato perso chissà
dove in quel momento, aveva trovato il ragazzo davanti al divano, spalle alla
televisione e viso rivolto verso la porta... o meglio, ciò che rimaneva della
porta, che era stata praticamente fatta saltare e ora giaceva distrutta, vicino
alla cristalliera.
Si era fatta avanti e con enorme
disgusto aveva riconosciuto parecchi dei Mangiamorte tra i più ricercati del
mondo magico, tra tutti... Lucius Malfoy. Se ne stava fermo in piedi, davanti
al figlio, sorridendo malevolo e giocherellando con la bacchetta tra le mani.
Draco le aveva ordinato di non muovere un solo passo, ma era stata una
raccomandazione inutile, poiché qualche istante dopo Ginny era stata raggiunta
da McNair, materializzatosi sulle scale dell'abitazione. L'aveva afferrata con
un braccio sotto alla gola, lanciandole un incantesimo che l'aveva paralizzata
e le stava puntando la bacchetta al collo, intimando a Draco di lasciare a
terra la sua.
Lucius contava sul fatto che il figlio
non avrebbe fatto una piega pur di salvare la sua bella babbanofila e sorrise
tronfio quando vide il suo piano, seguire esattamente il corso da lui
designato. Non attese neanche che la bacchetta del biondino toccasse il suolo e
lo investì con la prima Cruciatus, godendo dei lamenti e delle urla del
ragazzo, disteso per terra.
Dal canto suo Ginny avrebbe voluto
morire quando, ancora nelle mani di McNair, assistette all'ennesima Cruciatus e
al pestaggio di Draco, per mano dei compagni di suo padre. Sentì appena qualche
lacrima pungerle gli occhi e cercò, ancora una volta, di contrastare
l'incantesimo che le era stato lanciato. Inutilmente.
Quando vide che il corpo del ragazzo
non reagiva più ad alcuno stimolo pregò che la uccidessero, in modo da non
dover subire il dolore di quella perdita così grande. Non fu così. Lucius la
guardò sprezzante e ordinò a tutti di sgomberare, lasciandola immobile sulle
scale.
Non capì neanche lei con quale forza,
non appena l'effetto dell'incantesimo diminuì, riuscì a trascinarsi con la
forza delle braccia verso il corpo di Draco, e a chiamare aiuto nel ciondolo
magico per le emergenze, in dotazione ad ogni auror.
Non pianse però... non ne aveva la
forza.
-
Inspirò a fondo, aprendo appena la
finestra della camera d'ospedale e respirando a pieni polmoni i tipici profumi
di una giornata primaverile. Si appoggiò con le braccia al davanzale e prese ad
osservare alcuni dei pazienti che gironzolavano nel giardino, dietro al St.
Mungo. Era passato un altro mese... altri trenta giorni di attesa... stava
perdendo le spe- no, questo non doveva neanche pensarlo, si disse, scrollando
il capo.
Si voltò udendo dei passi veloci nel
corridoio, ormai era un'abitudine. Ogni giorno la guerra che imperversava nel
mondo magico -a volte estesa nel mondo babbano- mieteva vittime e ogni giorno
puntualmente in ospedale arrivavano feriti in condizioni gravissime, altri
senza alcuna speranza. E il cuore di Ginny sperava di non dover reggere altro
dolore. Lei era un auror per la miseria! E la costringevano per una stupida
accusa, a non muovere un dito e a guardare i suoi soldati, o comunque colleghi,
come Ernie stesso, venire feriti in battaglia... o peggio uccisi.
Fortunatamente in quel momento non si
trattava dell'ennesimo carico di soldati, ma della signora Rosemary che, con
un'espressione gioiosa sul volto, faceva il suo ingresso nella stanza,
sventolando a mo' di bandiera una copia della Gazzetta del Profeta.
"Piccola mia, piccola mia!! Buone
notizie!!" Aveva urlato non smettendo di sorridere. Ginny le era corsa
incontro, attendendo che si riprendesse dalla, seppur piccola, corsa.
"Che accade, signora?"
"E' stato catturato Ginny...
l'hanno preso... Lucius Malfoy è stato arrestato!!" Annunciò entusiasta,
sventolando ancora la Gazzetta, aperta alla prima pagina, su cui troneggiava
una foto di suo fratello ed Harry, nell'atto di condurre il noto Mangiamorte al
Ministero, con tanto di scorta al seguito.
La rossa ebbe un mancamento. Non seppe
perché, ma si sentì venir meno. Forse era la gioia, o forse lo stupore di una
notizia, così attesa e tanto sperata, annunciata così all'improvviso. I suoi
occhi raggiunsero il corpo di Draco, ancora inerme nel letto. "Sono
contenta... ne sono davvero felice."
"Ginny cara, è successo
qualcosa?" Le domandò apprensiva la donna, facendola sedere sulla
poltrona, avendo notato l'espressione scossa della ragazza. Si tranquillizzò
appena, vedendole scuotere il capo.
Sorrise. "E' tutto apposto, non
si preoccupi... va tutto bene..."
La signora Rosemary ricambiò il
sorriso. "Vado a prenderti qualcosa da bere, così ti tiri un po' su...
deve essere stata un'emozione troppo forte per te, mia cara..." Non era
sicura di aver udito ciò che le aveva detto la donna, ma annuì, quasi in
automatico.
Appena questa uscì, lasciandola sola,
si alzò... dirigendosi verso il letto dove giaceva il ragazzo. Ne afferrò piano
la mano sinistra, stando attenta a non spostare troppo il braccio per non
sfilare l'ago della flebo Rimpolpasangue, e se la portò alle labbra, baciandone
piano le dita più e più volte.
"Hai sentito, Draco?" Gli
domandò con voce spezzata. Aveva una gran voglia di piangere, di gioia, ma non
era convinta di riuscirci. "Hanno preso tuo padre, l'hanno... catturato!
L'hanno catturato..." Una lacrima, solitaria e alquanto sforzata, riuscì a
solcarle la guancia, finendo a contatto con le morbide lenzuola bianche.
Le sembrò di trovare un attimo di
pace. Come se una luce, per quanto sottile e flebile, fosse riuscita a
penetrare in quelle nubi che le oscuravano l'anima in quei mesi. Le parve di
respirare di nuovo dopo tanto tempo. Uno... dei tanti problemi che ostacolavano
la loro vita e la loro storia adesso non c'era più, non rappresentava più un
ostacolo, non per loro almeno. Ora era tutto nelle mani di Draco. Toccava a lui
risvegliarsi e tornare da lei, rassicurarla sul fatto che... non si sarebbero
lasciati mai più.
Sorrise contro la sua mano, tirando su
col naso e sentendosi improvvisamente meglio, quante lacrime aveva soffocato
dentro di sé. Adesso era ora di sfogarsi un po'...
Il rumore di una gola che si schiariva
la fece sobbalzare. Adagiò con cura la mano di Draco sul letto e si sfregò gli
occhi, appena arrossati, dando le spalle alla porta per non mostrarsi in quello
stato. Poi si voltò.
"Hermione..." Sussurrò,
incrociando gli occhi color cioccolato dell'amica, ferma sulla soglia, con un
delicato sorriso dipinto sul volto. Non le corse subito incontro. Si fermò
ad osservarla e fu certa di non averla mai vista più serena. Aveva un viso
rilassato, perfino i lineamenti sembravano più dolci del solito e il sorriso
che aveva disegnato sulle labbra riusciva ad infonderle tranquillità.
Fu l'amica a parlare per prima, sistemando meglio la tracolla della
borsa marrone sulla spalle e facendo qualche passo avanti, nella stanza.
"Hai sentito... la bella notizia?"
Ginny annuì, ancora visibilmente scossa dalla novità. "Sì...
poco fa la signora Rosemary ha comprato la Gazzetta del Profeta ed è corsa
immediatamente ad avvisarmi." Sentì che pian piano, anche i battiti del
suo cuore deceleravano. Si stava calmando.
"Hai un minuto per me, Virginia?" Le domandò insicura la
ragazza, mantenendo con entrambe le braccia la borsa, in un gesto un po' teso e
fissandola negli occhi, quasi con fare supplichevole. Non seppe dirle di no e
annuì di nuovo.
Uscirono dalla stanza e si diressero nella saletta bar. L'area di
ristoro. Lì trovarono anche la madre di Ernie, che vedendo la giovane molto più
rilassata, insieme all'amica, decise di tornare in stanza a controllare
entrambi i ragazzi, lasciandole sedute ad un tavolino.
Ginny si guardò un attimo intorno e congiunse le mani sul tavolo
di ferro, poi fissò Hermione -con un moto di apprensione che non riuscì neanche
a spiegarsi- e le sorrise incoraggiante. Sorriso però che non arrivò alla
diretta interessata, la quale manteneva il volto basso, fisso sul ripiano di
fronte a lei, e giocherellava con le dita tra i capelli.
La rossa non si perse d'animo e le afferrò una mano tra le sue.
"Hermione, che succede?" Le chiese, con tono di voce
basso, cercando di infonderle un po' di coraggio per dirle quello che le doveva
dire e che -a quanto pareva- le stava riuscendo difficile esprimere. La
ragazza, non accennava a smettere di contemplare il vuoto.
"Hermione?"
Solo allora, parve risvegliarsi dallo stato di trance. "Oh...
scusami, Ginny, non... "
"Calma, calma...! Adesso... respira e spiegami che ti
succede."
La riccia prese un forte respiro e chiuse gli occhi. Ginny non
mancò di notare che, non appena li riaprì, un altro sorriso le illuminò il
volto. "Sono... incinta, Virginia..."
La ragazza non riuscì a far altro che spalancare la bocca,
coprirsi le labbra con una mano e scuotere la testa un paio di volte. Sentì
distintamente gli occhi che le pizzicavano e fu sul punto di scoppiare a
piangere dalla gioia, mentre avvertiva un forte senso di calore all'altezza del
cuore. "Oh... oddio... Hermione, sono... così felice!!" Si alzò di
scatto dalla sedia, incurante del forte stridio provocato e la strinse tra le
braccia, con un'attenzione che le venne naturale, quasi avesse il timore di far
male a lei e al suo nipotino... o nipotina...
"Anche io... Ginny, anche io..." Le disse semplicemente,
appoggiando la testa sul grembo dell'amica.
"Quando l'hai saputo? E... Ron... lo sa?" Chiese
curiosa, riprendendo posto sulla sedia e facendosi più vicina alla futura
mamma, per prenderle le mani tra le sue.
Questa annuì, rendendo un po' più seria la sua espressione.
"Sì, lo sa. Abbiamo deciso di sposarci."
Solo allora la rossa notò che all'anulare sinistro dell'amica,
spiccava una semplice fedina di oro bianco, ornata da un piccolo brillantino
sbrilluccicante. Sorrise e non mancò di rimproverarsi per quella punta di
invidia che fece capolino nella sua mente.
"Ginny..." La richiamò, con un velo di amarezza negli
occhi, che non sfuggì allo sguardo azzurro e cristallino dell'altra.
"Io... volevo rimandare la cerimonia. Ron ha... deciso che si terrà il
mese prossimo, dice che un matrimonio in estate è assolutamente perfetto, ma...
per me... non lo è, se non ci sarai tu a farmi da testimone..."
Virginia scosse la testa. "Inutile chiederti se questo...
piccolo dettaglio... sia andato bene a mio fratello, vero?"
Hermione la guardò con tristezza. "Ecco vedi... nonostante
Lucius abbia confermato che suo figlio non è e non è mai stato un
Mangiamorte..." Si bloccò, osservando l'aria sollevata della rossa.
"...ecco, beh, Ron dice che non vuole comunque aver niente a che fare con
te..."
"E' per la mia scelta, vero?" Domandò, dandosi della
stupida per l'ovvietà. E infatti l'amica annuì, ancor più mesta.
"Ha detto che... non ha intenzione di avere una sorella che
di cognome fa 'Malfoy', che piuttosto preferisce far finta di non aver mai
avuto sorelle, che va bene così... ma io so che non è così Ginny, lui-"
"Lui è un testardo..." Sorrise l'amica, con una punta di
sarcasmo. "Lascia stare Hermione, sposati, sii felice... e cerca di
mettere un po' di sale nella zucca vuota di mio fratello. Proteggilo dalla sua
stessa impulsività."
Una lacrima scese sul volto della riccia, mentre le stringeva
forte le mani, in cerca di conforto, prima di alzarsi dalla sedia... pronta a
lasciare l'ospedale.
"Ohi..." Si girò, giunta a metà del corridoio,
guardandola dritta negli occhi azzurri. "... a me non dispiacerebbe avere
una cognata che di cognome fa 'Malfoy'... quindi... non arrenderti Ginny... non
abbatterti, ok?"
Ginny le sorrise di rimando, annuendo. Gli occhi rossi e un
sorriso amaro sul viso pallido e appena scavato.
Quando fu nuovamente nella stanza, accennò un sorriso alla donna
che l'attendeva, seduta sulla poltrona all'angolo della stanza, intenta a
leggere un libro e si avvicinò al letto in cui giaceva Draco.
Una sua mano corse sulla pelle liscia e bianca della guancia del
ragazzo, fino a posare le dita sulle labbra schiarite dal lungo sonno.
Virginia Malfoy... Le sfuggì un sorriso.
-
"Vorrei tanto sapere cosa-"
"Cosa ti ha spinto ad essere, ora, qui... insieme ad una Weasley,
Malfoy?" Lo interruppe bruscamente lei, trangugiando in fretta il
contenuto del bicchierino da liquore basso, posto davanti a lei sul bancone del
pub.
Il ragazzo la guardò allibito. "Ma bevi... come..."
"Come un uomo?" Chiese sardonica, inarcando un
sopracciglio.
"N-non è esatto... anche io sono un uomo, ma non bevo
certo... così tanto!" Spiegò con espressione ancora sconcertata il
biondino, sistemandosi meglio sullo sgabello e assumendo di nuovo l'aria fredda
e sostenuta che lo caratterizzava.
Ginny esplose in una risata cristallina. "Oh Malfoy, ma tu
sei un signorino perbene... cosa direbbe il tuo paparino se ti vedesse tornare
a casa ubriaco!! E poi... sono solo al quinto bicchiere di Whiskey, non farla
tanto tragica..."
Draco aggrottò le sopracciglia, concentrandosi sul suo boccale di
Burrobirra. Non gli andava granché di ubriacarsi con del Whiskey Incendiario e
a dirla tutta, la sua espressione la diceva lunga anche su quanto poco lo
attirasse l'idea di doverla riportare indietro, in spalla. La sentì borbottare
qualcosa e si voltò ad osservarla, con aria interrogativa.
"Dicevo... non fare quella faccia, non dovrai riportarmi
ad Hogwarts in braccio." Ridacchiò, con fare quasi brillo. "Figurati
le voci che girerebbero se ti vedessero passeggiare per Hogsmeade con una
stracciona Weasley sulle spalle."
"Tsk..." Fu l'unico commento che ebbe in
risposta.
"Ok, sei di compagnia come un troll delle montagne,
Malfoy." Lo liquidò con un gesto della mano, finendo quel poco di
liquido dorato che giaceva sul fondo del bicchiere di vetro. "Non
capisco come faccia a venirti dietro la Parkinson..."
Sul volto del biondo Serpeverde comparve una smorfia di scherno.
"Si vede che ha buon gusto, lei... come la metà delle ragazze che
frequentano Hogwarts... anzi, che sciocco! Come -tutte- le ragazze che la
frequentano, ovviamente ad esclusione di te e della
Mezzosangue-so-tutto-io-Granger."
Ginny si voltò a fulminarlo con lo sguardo, compiacendosi delle
mani alzate del ragazzo in segno di resa. "E cosa ti fa pensare..."
Si avvicinò al volto del biondino. "...che non siamo proprio noi ad
avere buon gusto, evitando di frequentarti, signor me-ne-sto-su-un-piedistallo?"
Draco alzò un sopracciglio, convinto che la ragazza che aveva di fronte fosse
alquanto alticcia e non propriamente conscia delle sue azioni, ma stette al
gioco, perché mantenne il viso vicino al suo e sorrise malizioso. "Il
fatto che anche tu, Miss Weasley, in questo momento stai facendo tutto... meno
che evitare di frequentarmi..."
Solo in quel momento Ginny parve rendersi conto della mossa
azzardata, poiché sgranò gli occhi -non riuscendo a nascondere un certo rossore
sulle guance, appena coperto dalle luci offuscate del pub- e si ritrasse,
tornando a fissare la fila di bottiglie, poste sulle mensole di fronte al
bancone. Cacciò le mani in tasca e ne tirò fuori qualche moneta. Le posò sul
ripiano di legno e mise ciò che avanzava in una delle tasche del mantello.
"Bene... ci vediamo Malfoy..." Si affrettò a
dire, cercando un appiglio per scendere dall'alto sgabello del locale. Draco la
guardò perplesso e probabilmente divertito da quella reazione esagerata.
Le si accostò appena in tempo, quando la vide barcollare e
inciampare nel mantello, mentre scendeva dal sedile forse un po' troppo alto. O
forse era lei un po' troppo allegra. "Quanta fretta... Weasley..."
Si bloccò, però, notando la vicinanza eccessiva.
La rossa deglutì appena e avvertì distintamente le guance prendere
fuoco, segno che avevano assunto il colore dei suoi capelli, come anche le
orecchie, quasi sicuramente. Restò qualche istante -che le parve non finire
mai- a guardare il ragazzo di fronte a sé e solo allora si rese conto che,
strano a dirlo, lo vedeva per la prima volta.
Complice l'alcool o il fatto che non ci fosse il suo gruppo che le
ripeteva nelle orecchie qualche epiteto poco gentile, nei confronti del nemico,
o sì... l'atmosfera che si era creata, si accorse che in effetti, Draco Malfoy
non era poi così... disgustoso.
Non che avesse avuto chissà quali grilli per la testa, né si fosse
messa a fantasticare su come fosse simile ad un principe... no, non azzurro,
probabilmente nero sì..., e neanche le erano saltate alla mente strane idee o
fantasie che riguardavano il Serpeverde in abiti... o meglio, non abiti... oh
beh! Insomma niente di tutto questo!
Si era solamente resa consapevole del fatto che il giovane mago di
fronte a lei, coi suoi capelli biondi e lisci e gli occhi grigi come un cielo
autunnale -tendenzialmente freddi, ma ombrati di malinconia-, era un essere
umano come tutti gli altri... e sì, con tutta probabilità non solo il mostro
che era sempre stato definito... da loro.
Persa in questi pensieri, fu un brusco -ma quanto mai piacevole-
risveglio, sentire qualcosa di morbido e umido sfiorarle le labbra. Quando aprì
veramente gli occhi, riprendendosi dal mondo di riflessioni in cui era
caduta, si rese conto che quella cosa morbida e umidiccia altro non era
che la bocca del tanto sbeffeggiato Malfoy.
E se in un primo momento il suo impulso fu quello di spingerlo lontano e
mollargli un ceffone, man mano che le labbra del biondo pressavano sulle sue
con sempre minor delicatezza, i suoi muscoli si sciolsero e la sua mente si
annebbiò, rendendola complice di quel gesto di cui, ne era certa, entrambi si
sarebbero pentiti.
Nel momento in cui i loro volti si allontanarono e i due presero a
guardarsi, in maniera quanto mai sconvolta, negli occhi, Ginny avvertì qualcosa
di diverso in lei. Se le avessero domandato cosa, però, non avrebbe saputo
spiegarlo. Con passo incerto e appena traballante, indietreggiò, portandosi una
mano sulle labbra ancora calde per il bacio.
"Cosa... come può essere successo?" Domandò in un
soffio. Mentalmente si rimproverò, quella non era una domanda da porre a
Malfoy, era qualcosa che doveva chiedersi da sola. Era stata lei a non
allontanarlo e sempre lei a ricambiare il bacio. Un gesto quanto mai
inappropriato e fuori luogo.
Anche il biondino, però, parve non essere pienamente sicuro della
sua azione, perché al posto della sua solita smorfia sprezzante, c'era un'aria
confusa. Lo guardò scuotere la testa e assumere di nuovo un'espressione
distaccata. "Eri... troppo vicina. Capita sai... sono pur sempre un
uomo, istinto suppongo..."
Poteva anche ritenerla una spiegazione sufficiente. Istinto.
Ormoni insomma. Un attimo di sbandamento. A chi non capitava? Beh, certo però
che... una simile distrazione, per una come lei, con uno come lui...
poteva ritenersi problematica.
"Cosa ti aspettavi, Weasley? Che lo avessi fatto perché mi
interessi?...Ma non siamo ridicoli!" La canzonò, piegando le labbra in
un sorriso che aveva poco di gentile e molto di sadico.
Ginny ingoiò, sfoderò la più sicura delle facce indifferenti che
riusciva a tirar fuori e si allontanò a passo deciso, ripetendosi che era stato
tutto un errore, che poteva capitare e che non sarebbe accaduto mai più.
Solo una cosa non la convinceva affatto, mentre si richiudeva la
pesante porta di legno alle spalle e si buttava nella mischia di studenti
festosi per le strade. Le parole di Malfoy, che confermavano ogni sua più
piccola convinzione su quanto tutto fosse accaduto per puro caso, senza che
nessuno dei due lo volesse, le stavano bruciando dentro... e questo no, non la
rendeva affatto meno confusa.
-
Sbadigliò, coprendo il gesto con una mano e si lasciò andare sulla
sedia, accanto al letto che vegliava giorno e notte ormai da parecchi
mesi. Era stanca. Non di stare al suo fianco, questo mai... ma non reggeva
più quella situazione. Se accanto avesse avuto lui, sarebbe stato tutto un
altro paio di maniche, certo. Ma era sola. Viveva nella solitudine più
completa, fatta eccezione per quei momenti in cui si svagava parlando con la
signora Rosemary.
Peccato, si disse rimproverandosi per l'egoismo, che anche quegli
attimi ora si fossero ulteriormente diradati. Osservò il letto in cui, proprio
in quell'istante, Ernie era intento a sistemarsi le coperte sulle gambe,
leggendo con particolare interesse alcuni verbali riguardanti le battaglie, che
gli aveva consegnato il mattino stesso, un sottoufficiale degli Auror impegnati
nella lotta.
Ormai era più di un mese che l'ex Tassorosso aveva ripreso
conoscenza. E se in un primo momento aveva festeggiato con gioia il ritorno tra
loro del ragazzo, insieme alla madre, col passare del tempo non era riuscita a
frenare quel poco di invidia per quella donna che aveva riavuto con sé, la
persona più importante.
Erano frequenti gli attimi in cui si domandava, riprendendosi poi
mentalmente, perché si fosse svegliato Ernie e non Draco. Perché Rosemary
avesse avuto quella fortuna prima di lei. Perché tutti, compresa la sua
migliore amica, che appena pochi giorni prima era convolata a nozze con suo
fratello, dovessero essere più felici di lei... tutti erano maledettamente
felici.
Arrivò a pensare che forse era quello che si doveva meritare, per
aver fatto una scelta che la escludeva dalla vita dei suoi familiari e che li
metteva nella situazione di non avere più una figlia da amare. Ma poi ci
rifletté su, in una di quelle notti senza sonno che passava a studiare
accuratamente il pallido volto dell'uomo che amava. Perché doveva meritare di
patire le pene dell'inferno, solo per un'ondata di profondo egoismo e
presunzione dei suoi genitori e dei suoi fratelli? No... non era giusto, non lo
era affatto.
E un'ennesima punta di invidia batté nella sua testa, ma stavolta
era rivolta al sergente McMillan, che leggeva e rileggeva gli incarti ricevuti,
sotto lo sguardo apprensivo della madre. Neanche quello era giusto. Lei aveva
dovuto sputare sangue per entrare nel corpo degli Auror [non metteva certo in
dubbio che anche per Ernie fosse stato così... ovvio], e adesso... era
costretta a essere tenuta all'oscuro di tutto ciò che avveniva in guerra, e
tutto per colpa di suo fratello... Percy... che come Ministro, nonché capo
degli Auror, le aveva impedito di avere a che fare con qualsiasi cosa
riguardasse la battaglia in corso contro Voldemort. Ragione?...Beh, prima
l'avevano allontanata poiché ritenuta una traditrice e quindi, pericolosa... ma
ora, ora ragioni non ce n'erano e ogni motivazione a cui si appellava il
delegato che andava a farle visita -puntualmente ogni mese-, le puzzava
enormemente di scusa.
Senza pensarci troppo su, aggirò il letto di Draco e si accostò a
quello accanto, approfittando di un attimo in cui la signora Rosemary si era
assentata per andare a comprare qualcosa al suo bambino per fargli fare
colazione.
"Che c'è, Virginia?" Gli domandò lui con freddezza,
continuando a scartabellare tra quei fogli e non degnandosi di alzare neanche
il volto, per guardarla negli occhi.
Con moto di stizza la rossa si fermò, passandosi una ciocca di
capelli dietro l'orecchio. "Io... ehm... ecco, vorrei sapere se ci sono
novità, Ernie."
"Sai bene che non posso dirtelo, Virginia." Sospirò,
seguitando a non staccare gli occhi dal foglio. "Sono informazioni
riservate agli Auror.."
"Io sono un Auror!" Precisò Ginny, iniziando a
scaldarsi, come succedeva ogni volta che un suo collega cercava di spodestarla
dal suo ruolo nel corpo magico.
Ernie alzò finalmente il volto, incrociando i suoi occhi neri e
profondi con quelli -lievemente- incazzati e azzurri della collega. "Lo
so, lo so. Però so anche che sei stata esonerata e quindi queste sono
informazioni top secret per te..."
La ragazza sbatté una mano sul comodino, che divideva i due letti.
"Ma porca miseria Ernie!! Mettiti nei miei panni, per la barba di
Merlino!! Come ti sentiresti tu se fossi esonerato ingiustamente da un
incarico, che per giunta ti sta a cuore!?! Io devo fare qualcosa, capisci? Sono
mesi che sono chiusa qua dentro e non posso far nulla... non posso avere la mia
vendetta!!"
L'amico la guardò comprensivo. "Virginia, davvero, mi
dispiace." Le mise una mano sulla sua. "Posso immaginare come ti
senti-"
"No, non puoi..."
Il moro scosse la testa. "Ho detto che posso immaginarlo, non
che so cosa provi... però... tu mettiti nei miei di panni. Si fidano di me, mi
consegnano questi documenti regolarmente per avere un parere e dei consigli.
Non mi darebbero più nulla in mano se sapessero... che disobbedisco agli ordini
del Ministro in persona!"
Ginny scosse la testa. "Dimmi solo una cosa... ti
prego..."
"Dipende..."
"McNair... dimmi... è ancora in libertà?" Chiese con
tono rassegnato. "I giornali non fanno più i nomi dei Mangiamorte
catturati, dopo l'arresto di Lucius Malfoy. Io... ho bisogno di sapere..."
"Virginia..."
"...per favore..." Insistette, fissando i propri occhi
sui suoi.
"...no, Virginia... McNair non è stato ancora
catturato." Le annunciò il sergente, sistemandosi meglio sul letto.
"Non chiedermi altro però, perché non posso dirti nulla..."
"Posso farlo io, però..." Affermò sicura.
Ernie la guardò perplesso, notando quanto il viso della rossa si
fosse illuminato di sicurezza e determinazione. "Eh? Cos'è che vorresti
fare, scusa?"
Scoppiò in una risatina divertita. "Quel che si dice:
interferire nelle indagini." Si arrestò guardando l'espressione
preoccupata del moro di fronte a lei. "No, non ho intenzione di uscire di
qua e fare la paladina della giustizia, Draco ha bisogno di me e non rischierei
mai di venir ferita o uccisa in battaglia... sono consapevole di essere inferiore
a McNair, da sola."
Ernie si portò una mano al petto e sospirò di sollievo. "E
quindi? Cos'è che vorresti fare..."
"E quindi... posso rivelarvi dov'è il vecchio covo di Malfoy
e McNair, se non avete già cercato là... con tutta probabilità si nasconde nel
suo vecchio rifugio..." Esclamò, sorridendo compiaciuta per la smorfia di
stupore del collega. "E no, non sono una spia, se è questo quello che il
tuo cervellino sta elaborando... però... lo era Draco, per conto degli Auror,
ovviamente... quindi so bene dove potete cercare... ah... naturalmente
quest'informazione, è top secret!" Il suo sorriso si allargò
ulteriormente.
-
Come diavolo erano finiti in quella situazione non lo sapeva dire
neanche lei. Poteva affermare con certezza che era passata dall'odiare Malfoy e
tutta la sua cricca, al non calcolarlo minimamente. Lo evitava.
E fortunatamente, essendo in due anni scolastici diversi, le
occasioni di trovarselo nella stessa aula per seguire una lezione erano nulle,
senza contare che Ron, Hermione ed Harry, la proteggevano da qualsiasi
tentativo di avvicinamento del biondo Serpeverde. Quello che non riusciva a
togliersi dalla mente era il pensiero che, se da una parte questa
"protezione" la faceva star tranquilla, dall'altra la infastidiva e
cosa ancora peggiore era che, quel suo sentirsi bene protetta dai suoi amici,
durava poco e le lasciava dentro la sensazione che fosse solo una fuga da
quella situazione.
Inutile dire quindi che, si meravigliò non poco, una sera -di
ritorno da Hogsmeade-, di sentire una forte presa sul suo braccio e di
ritrovarsi immediatamente dopo sbattuta nell'aula di Trasfigurazione, pressata
contro il muro da una figura abbastanza pesante e con una mano premuta
sulla bocca, per farla tacere. O forse sarebbe meglio dire che, più che
meravigliata, quella sera si era davvero spaventata.
Quando sentì che la presa su di lei si allentava, riuscì a
divincolarsi e a guardare in faccia il suo aggressore. Poca, notò, fu la
sorpresa di trovarsi di fronte Malfoy, che la guardava col suo cipiglio fiero.
Senza pensarci troppo su, incominciò a sbraitargli contro, esattamente tutto
quello che una signorina non dovrebbe mai dire.
"Ti conviene tacere, Weasley... ormai tutti gli studenti
sono nelle loro Sale Comuni. Se Gazza ci becca, sei nei guai..." Le
consigliò, incrociando le braccia al petto e sorridendo sornione.
Ginny prese fuoco, assumendo una tonalità rossiccia in tutto il
viso e digrignando i denti. "Sono? E tu?...Tu non ti metti nei guai?"
"Weasley, Weasley... devo ricordarti che sono un prefetto
e che, come tale, ho certi -privilegi- che tu non hai? Oh... se vogliamo
metterla in maniera diversa, vogliamo ricordare che Gazza consegna le sue
-vittime- a Piton?E... secondo te... Piton potrebbe mai punirmi?"
Domandò divertito, sciogliendo le braccia lungo il corpo e andando a sedersi su
uno dei banchi vuoti, proprio di fronte a lei.
"Si può sapere che diavolo vuoi da me, Malfoy?"
Gli chiese inviperita, incrociando le braccia e battendo ritmicamente un piede
a terra, con fare spazientito. Lo guardò prendere tempo e poi balzare giù dal
banco e raggiungerla. Due dita, sotto al suo mento, le fecero alzare lo sguardo
verso il volto -decisamente più alto del suo- del ragazzo.
Draco tradì un sorriso malizioso. "Cosa c'è, piccola
Weasley? Ti turba così tanto essere in un'aula -da sola- con me?"
Marcò bene le parole "da sola" e la vide arrossire violentemente.
"Se vuoi proprio saperlo, non mi fa né caldo, né freddo!!"
Sbottò indignata, scostandosi dalla presa della mano del biondino e guardandolo
torva. "Non giocare a fare il fascinoso con me, Malfoy, non attacca...
hai sbagliato preda..."
Si avvicinò di nuovo, con passo felpato. "Ah no?"
Le sussurrò vicino al volto, sorridendo della reazione provocata. Occhi ridotti
a fessure e brividi lungo la schiena. "Allora perché tremi?"
Virginia si ritrasse bruscamente, sbattendo più volte le palpebre
e inumidendosi le labbra. Aveva la gola secca, fastidiosamente secca. "Non
sto affatto tremando, stupido!"
Draco non si perse d'animo e continuò la sua opera di
persuasione. "Non stai tremando eh..." La stuzzicò,
facendosi di nuovo più vicino e costringendola contro un banco. "Allora
come mai la mia vicinanza ti mette così a disagio? Perché ti allontani?"
La ragazza deglutì e indurì lo sguardo, incrociando le braccia al
petto. "Se proprio lo vuoi sapere... Malfoy... è perché mi dai
fastidio!"
"Fastidio..."
"Sì, fastidio!" Ribatté ancora più convincente.
"Sicura?" Domandò avvicinandosi con le labbra al
suo orecchio e sfiorandole appena con una mano i capelli sulla nuca. Ginny non
riuscì a trattenere un respiro un po' più forte, che non sfuggì all'udito del
biondino impertinente, né poté controllare il battito accelerato del suo cuore,
ed era sicura che se si fosse avvicinato un altro po', lo avrebbe potuto udire
perfettamente anche lui. "Andiamo Weasley... sii onesta con te
stessa... tu sei attratta da me."
"A-attratta da te?" Chiese cercando di scostarsi
da quella presa sulla sua nuca. "M-mai..."
"Ma come siamo convincenti!" La canzonò
ridacchiando appena, affondando le dita nelle ciocche rosso fuoco e
giocandoci.
Virginia parve innervosirsi, perché puntò le mani sul petto del
Serpeverde, nel tentativo di allontanarlo e una volta che ci fu riuscita lo
guardò astiosa. "Io non sono attr-" Le labbra del ragazzo
sulle sue, le bloccarono ogni ulteriore parola in gola.
Dopo un primo momento di incertezza, Ginny sentì come se un peso
si spostasse dal suo cuore e circondò il collo di Draco con le braccia,
attirandolo a sé e passandogli le mani dietro la nuca per sfiorare, piano, i
ciuffi biondi di quella pettinatura che lei -con i suoi fratelli- aveva sempre
considerato: ridicola. Il bacio si fece più profondo, più esigente, sembrava
quasi che da quel contatto, riuscissero a trarre l'aria sufficiente a
sopravvivere.
Le sfuggì un mugolio, quando avvertì le mani grandi e prepotenti
di Malfoy stringerla all'altezza della schiena e schiacciarla contro di lui.
Mormorò lamentosa quando quel contatto venne meno e Draco sorrise.
Non uno dei suoi soliti ghigni di scherno o smorfie sprezzanti. No. Era un
sorriso sarcastico sì, ma... normale.
"Meno male che la mia presenza ti dà fastidio, Virginia..."
... E il suo nome non le parve mai così bello, come pronunciato da lui. Restò a
fissarlo anche quando si portava una mano in tasca e afferrava la bacchetta,
sigillando la porta dell'aula con un incantesimo, in modo tale che potesse
aprirsi solo con un Alohomora. Ginny sorrise. Gazza era un magonò,
difficile che riuscisse ad entrare. Anzi... impossibile.
Non si concentrò molto su questi pensieri, però, poiché pochi
istanti dopo, un bacio del biondino tornò a farla da padrone, annebbiandole
nuovamente i pensieri e gettandola in un mare di sensazioni che, notò lei, non
aveva provato neanche quando si trovava tra le braccia del suo primo
amore.
Se le avessero detto qualche mese prima, che lei si sarebbe
trovata nell'aula di Trasfigurazione, sdraiata sulla cattedra della McGranitt,
in balia delle mani e delle labbra di Draco, avrebbe sicuramente chiamato il
St. Mungo reparto Malattie Mentali.
...invece era proprio così.
Era là, con la schiena appoggiata al legno rigido della scrivania,
le mani affondate in quella massa di ciocche bionde e lisce, gli occhi
socchiusi e il respiro irregolare.
Si rendeva conto, in quegli attimi, che tutte le volte in cui da
bambina ingenua, aveva udito racconti di ragazze più grandi su come Malfoy
fosse capace di rendere succube una donna e lei -come anche Hermione- reagiva
disgustata al solo pensiero, si sbagliava.
Malediceva Draco per ogni bacio che le dava, perché sentiva che
non riusciva più farne a meno; il suo unico pensiero era che continuasse a
guardarla come stava facendo in quel momento, che la baciasse con la stessa
intensità e con lo stesso trasporto, che le sue mani la sfiorassero ancora e
ancora. Quando lo sentì in lei, un fremito di eccitazione e un gemito un po'
più forte la scossero, facendola inarcare contro il suo petto, nascondere il
volto nell'incavo del collo e stringere con più foga le spalle -non troppo
muscolose- del ragazzo. Non capì più niente, stordita e travolta da quelle
sensazioni, percepì solo la presa salda e decisa delle mani del biondo sui suoi
fianchi, sotto il tessuto della gonna sollevata.
Non era la prima volta che faceva l'amore, ma sentendo quella
stretta su di lei, il profumo di Draco che le avvolgeva i sensi, il suo ritmo
impaziente e le piccole gocce di sudore che imperlavano la fronte di entrambi,
le sembrò che lo fosse...
-
Rientrò barcollando nella camera d'ospedale. Aveva avuto la
brillante idea di lasciarsi convincere dalla signora McMillan a mangiucchiare
un tramezzino al tonno. Risultato? Il tramezzino giaceva sul fondo del
gabinetto, non aveva retto più di venti minuti nel suo stomaco, disabituato al
cibo.
Storse il naso e osservò due infermieri e una barella, vicino a
letto di Draco. Rivolse un'occhiata interrogativa ad Ernie, che l'aveva vista
entrare. "Che succede?"
Uno dei due guaritori si voltò a guardarla, scambiandosi poi uno
sguardo col collega, probabilmente incerto sul da fare. "Ahem... è stato
ordinato di trasferire il sig. Malfoy in un'altra camera..."
"Co-cosa? Che significa??" Domandò stupita, nessuno le
aveva parlato di questo cambiamento e sapeva bene le regole di un ospedale,
dovevano avvisare prima di prendere qualsiasi tipo di decisione sul ragazzo...
fossero queste nuove terapie o spostamenti.
L'uomo scrollò le spalle. "Ci è stato ordinato..."
"Aspettate un momento. Primo, voglio sapere chi ha
ordinato questo trasloco. Secondo, voi non lo muovete da lì per nessuna
ragione al mondo, se ci tenete ad uscire sani e salvi da quella porta!"
Sbraitò furibonda, puntando il dito indice prima su un infermiere e poi sull'altro.
Ernie la guardò un po' preoccupato. "Ginny...
Virginia..." Si corresse, notando lo sguardo di puro fuoco della rossa.
"...è stato un ordine degli Auror, come sai tra poco una delegazione verrà
qui a brindare alla cattura di McNair e beh... ecco..."
"Mio fratello..." Sibilò. Il ragazzo la osservò qualche
istante, con aria seria, poi annuì. "Bene, a maggior ragione, voi non
sposterete quell'uomo di un millimetro. Se mio fratello è tanto immaturo da non
voler venire a festeggiare con te, Ernie, solo per la presenza mia e di Draco,
bene... perfetto... non venga a festeggiare, né lui, né quelli che la pensano
allo stesso modo!!"
Avvertì il tocco di una mano sulla spalla e voltandosi, incrociò
lo sguardo comprensivo della signora Rosemary, che mosse il capo in un cenno di
assenso. "Sì, sono d'accordo con te, mia cara..."
Il sapersi -per una volta- spalleggiata da qualcuno, la fece
sentire più forte, più decisa. Suo fratello Ron le aveva creato già troppi
grattacapi e sofferenze, non aveva bisogno di guastarle ulteriormente la
giornata. Non le importava che non le fosse stato riconosciuto alcun merito
nella cattura di quel Mangiamorte, non le importava se avrebbero festeggiato
solo il sergente McMillan, lei aveva avuto la sua vendetta e l'unica cosa che
voleva in quel momento era stare accanto a Draco. E questo no, spiacente, non
glielo avrebbe tolto nessuno... neanche quella pseudo famiglia che le era
rimasta.
Francamente parlando però, conoscendo il carattere impulsivo di
Ron, era convinta che si rifiutasse di metter piede in quella stanza, era
sicura al cento per cento, che nessun tentativo da parte di Hermione ed Harry
-perché, sapeva che ci sarebbero stati dei tentativi- di convincerlo, sarebbero
serviti a nulla.
Ciò a cui non era preparata, era sentire la voce del fratello
avvicinarsi sempre di più, lungo il corridoio, come una tempesta che piano
piano aumenta, fino ad esplodere.
Nei pochi attimi che le rimanevano di libertà e serenità in quel
luogo, lanciò uno sguardo alla donna in piedi, accanto alla finestra, tutta
intenta a sistemare un fascio di roselline bianche in un vaso e si sistemò
meglio sulla sedia accanto al letto di Draco, afferrandogli una mano in cerca
di sostegno e abbassando gli occhi a livello del suo volto.
Forse, pensò lei, notando la reazione del fratello e di Harry alla
sua vista, Ron era semplicemente stato portato -con molta probabilità
dall'amica- facendogli credere che i suoi ordini, erano stati eseguiti.
Ci fu un rapido scambio di occhiate, poi -come se nulla fosse- i
due giovani Auror entrarono nella camera del collega, nonché ex compagno di
scuola e si scambiarono saluti e sorrisi, come se lei non esistesse. Questo
atteggiamento da parte del fratello colpì profondamente Ginny, che per semplice
orgoglio non si scompose, seguitando a tenere la mano del ragazzo tra le sue e
chiudendo di tanto in tanto gli occhi per prendere aria. Improvvisamente quella
camera... le pareva troppo piccola.
L'ennesima prova di quanto il destino le fosse avverso le venne
quando, ancora ad occhi chiusi, sentì che qualcosa tra le sue mani si muoveva.
E fu solo dopo un momentaneo esame mentale che si rese conto di cosa aveva tra
le mani in quell'istante.
La mano di Draco...
Le palpebre si spalancarono, rivelando i due occhi azzurri -preoccupati
ed agitati- della rossa, che li puntò sul braccio disteso del ragazzo. Ed
effettivamente sì, la sua mano si muoveva, o meglio, le dita avevano piccoli
scatti tra le sue... deboli gesti che le riempirono il cuore di gioia.
Draco, si stava riprendendo.
Il gruppo di Auror che ciarlava nella stanza si bloccò, udendo il
rumore ovattato del campanello, che Ginny stava suonando per richiamare le
infermiere e molti dei soldati, si voltarono a guardare la scena... non tutti,
come era ovvio.
In pochi istanti, intorno al letto del ragazzo si accalcarono
cinque o sei medimaghi, difficile dirlo per Virginia, che venne fatta
allontanare contro il muro opposto, in modo tale che guaritori e medici
avessero più libertà di movimento. Fu solo dopo qualche minuto che, con immensa
felicità, vide gli occhi del biondino socchiudersi piano, rivelando le
splendide iridi grigie, rimaste a lungo nascoste.
Si coprì le labbra con una mano, mentre sentiva distintamente le
prime lacrime assalirle gli occhi e scivolarle prepotenti sulle guance. Si
abbassò lungo la parete, accovacciandosi a terra e piangendo. Finalmente,
l'incubo era cessato.
Ebbe ulteriore conforto da due braccia che la strinsero. Per un
attimo, un piccolo misero attimo, sperò che fosse la stretta di suo fratello
Ron, ma quando riaprì gli occhi vide che il ragazzo non c'era più e che ad
abbracciarla, era stata Hermione.
"Shhh è tutto finito, Ginny... è tutto finito..." Le
mormorò stringendola possessivamente al petto per farla continuare a sfogare.
-
Era felice e chiunque avrebbe potuto affermarlo, anche solo
guardandola negli occhi.
Camminava a passo spedito lungo i corridoi di Hogwarts, ridendo
come una bambinetta e trascinandosi dietro -per mano- Draco. Lui la seguiva con
lo sguardo, stando attento a dove metteva i piedi, per evitare che in preda
alle risate finisse contro qualche armatura o peggio. Manteneva la sua aria
austera e impenetrabile, ma il suo sguardo grigio e freddo, tradiva una palese
dolcezza.
Si fermò di punto in bianco, fissando gli occhi azzurri e
divertiti nei suoi, si sollevò sulle punte e gli rubò un piccolo bacio a
stampo. Draco sorrise e le scompigliò i capelli.
"Scricciolo, non correre..." Si sentì chiamare
quando, in preda all'euforia del momento, si era allontanata con passo spedito
da lui e l'aveva superato, facendogli poi segno di raggiungerla.
Era il loro modo di godersi quegli ultimi momenti di pace.
Hogwarts sarebbe stata deserta -fatta eccezione per i fantasmi e gli
insegnanti- ancora per qualche ora, prima dell'arrivo degli studenti, di
ritorno dalle vacanze invernali.
Lei non si era fatta troppi scrupoli a liquidare i suoi,
affermando che ormai era al sesto anno e che doveva impegnarsi troppo nello
studio, cosa del tutto impossibile con i suoi fratelli in giro per casa e Ron
ed Harry alle prese con stupidi allenamenti di Quidditch, sotto la neve, in
giardino.
Non era certo quello il vero motivo per cui si era rifiutata di
tornare a casa, no no... semplicemente non aveva intenzione di separarsi da
Draco. Ormai erano due mesi abbondanti che si frequentavano e quando il ragazzo
le aveva annunciato che lui sarebbe rimasto a scuola, per le vacanze, lei aveva
cercato -con tutti i mezzi- di convincere i suoi a non richiamarla a casa.
Si fermarono sulla soglia dell'immenso portone di ingresso. Il
biondino la scrutò qualche istante, le sorrise in maniera decisamente inusuale
per il modello-di-sorriso-Malfoy e le tirò sulla testa il cappuccio, per
coprirla dal freddo... facendo poi lo stesso col suo. Un attimo prima di uscire
sulla coltre di neve la fece voltare e le baciò piano la punta del naso,
facendola sorridere ancora.
Lo prese per mano e lo tirò fuori, spingendo il portone. "Andiamo..."
Avvolta nel caldo mantello invernale, protetta da un paio di
comodi guanti grigi e dalla sciarpa porpora e oro dei Grifondoro, corse sul
terreno coperto di neve, affondando i piedi nel gelo e fermandosi vicino ad un
albero del giardino, incantato affinché restasse verde anche durante l'inverno
più freddo.
Le labbra rosse e fredde della piccola Weasley, sfiorarono appena
quelle morbide e chiare di Malfoy, per poi piegarsi in un sorriso. "Ti
voglio bene... Draco."
Il ragazzo la guardò un attimo perplesso, sciogliendo un attimo
dopo la tensione con un'espressione dolce. "Anche io, Virginia."
La baciò e di nuovo il suo nome, quel nome che fin da quando era bambina
storpiavano e modificavano, le parve bellissimo. Non mancò di sentire le guance
appena scaldate da una nota di rossore, era la prima volta che gli dichiarava i
suoi sentimenti... idem per lui, e questo un po' la imbarazzava.
Restarono abbracciati qualche minuto. Improvvisamente dal cielo
presero a cadere leggeri fiocchi di neve, che si depositavano a terra e sui
loro mantelli, rendendo l'atmosfera ancor più suggestiva.
Per qualche istante si fissarono negli occhi e quando furono sul
punto di darsi un altro bacio, sotto i delicati cristalli di ghiaccio, il
rumore di una gola che si schiariva ruppe l'incanto, facendoli voltare
contemporaneamente.
Davanti a loro, con un'aria furibonda e i pugni sui fianchi...
Ron. Da quel momento... erano iniziati i guai.
-
Non le pareva vero di poter parlare di nuovo con lui, di ascoltare
la sua voce e di poter annegare lo sguardo nei suoi occhi argentati. Draco era
sveglio, seduto sul letto, appoggiato ai cuscini... le teneva una mano e se la
strofinava sul volto, baciandole di tanto in tanto il palmo aperto e
rivolgendole un caldo sorriso.
"Non... non mi sembra ancora possibile..." Biascicò con
la voce rotta dal pianto, strofinandosi con la mano libera, gli occhi
arrossati.
Al biondo sfuggì una risatina. "Andiamo... Virginia, sono
sveglio ormai da una settimana. Possibile che tu debba ancora piangere?"
Ginny si imbronciò. "Hai... perfettamente ragione, perdonami.
Sono una sciocca."
Lo vide scuotere il capo e tirarla vicino al suo volto, baciandola
a fior di labbra. "No, sei dolcissima, scricciolo..."
Il volto della rossa si illuminò. "Non vedo l'ora di poter
tornare a casa nostra, con te... mi sei mancato così tanto, Draco."
"Oh oh oh, stiamo scadendo nel diabetico, signorina
Weasley..." La canzonò un po', dandole un leggero pizzicotto sulla
guanciotta scavata e costellata di lentiggini. "...scherzo..."
"Lo so..."
Il volto dell'ex Serpeverde si oscurò appena. "Nessuna buona
nuova, da parte dei tuoi? Hermione non-"
"No, nessuna nuova... tanto meno buona." Lo interruppe,
chiudendo gli occhi e scuotendo la chioma. "Hermione e Ron, sono partiti
per il viaggio di nozze, dal momento che anche l'ultimo dei Mangiamorte più
pericolosi è stato catturato, ora possono vedersela gli altri..."
"Capisco..." Sussurrò, ancora serio. "Mi
dispiace..."
Ginny lo guardò perplessa. "E di cosa?"
"Beh di questa situazione, scricciolo." Spiegò
brevemente, accennandole un sorriso amaro. "Non mi piace l'idea che per
colpa mia tu ti sia separata dalla tua famiglia, non lo trovo giu-" Un
dito della ragazza si posò sulle sue labbra.
"Non dirlo neanche per scherzo, sciocco." Lo rimproverò,
sorridente. "Non è certo colpa tua! E' colpa della mia famiglia, che non
riesce ad accettare che io sia cresciuta e abbia scelto una strada che a loro
non piace. Se ne faranno una ragione..."
"...e se non dovesse accadere?"
"Se non dovesse accadere, mi basterà svegliarmi al mattino
con te al mio fianco, sapere che ho te accanto e mi renderò conto chi è che veramente
merita la mia presenza..."
Draco raddolcì lo sguardo, coprendole una mano posta sul lenzuolo
con la sua. "Virginia..."
"...mhm sì?"
"Ti amo, lo sai, vero?"
La ragazza ammutolì, guardandolo con espressione stupefatta.
"Non... non me lo avevi mai detto così... così."
"C'è sempre una prima volta." Concluse, afferrandola con
delicatezza e costringendola a distendersi accanto a lui sul letto, per poterla
abbracciare meglio e baciarle la testa.
UN ANNO DOPO
Il caldo ed afoso sole estivo, riscaldava la verandina di casa
Malfoy. Ginny era comodamente seduta su un divanetto a dondolo, tenuta fresca
dalla camicetta di lino bianca, aperta sull'addome e dai comodi pantaloncini
dello stesso tessuto e colore. I piedi, scalzi, poggiavano sul cotto lavorato.
Una sua mano pallida, illuminata dai raggi di sole, si allungò
verso il tavolino di vimini, afferrando un bicchiere di thè al limone
ghiacciato, con tanto di cannuccia, da cui succhiò un po' della bibita
refrigerante, per poi riappoggiare il contenitore e chiudere gli occhi,
godendosi quel momento di meritato riposo.
Due braccia la strinsero da dietro, con delicatezza, e una bocca
le sfiorò il collo, appena sotto ai capelli rossi -ormai lunghi- tenuti
raccolti sul capo da un mollettone di osso.
"Buongiorno, tesoro..." La salutò una voce sottile alle
sue spalle.
"Buongiorno..." Ricambiò il saluto lei, aprendo gli
occhi e guardando la figura del compagno fare il giro del divanetto e prenderle
posto accanto.
Una mano di Draco corse sul pancione che spuntava dalla candida
camicetta, in una carezza amorevole. Ginny sorrise. Ancora si stupiva di un
comportamento così poco da Malfoy.
"Come sta oggi la mia mammina preferita?" Le chiese,
accarezzandole la pelle del grembo.
"Direi bene, ormai manca davvero poco... e il piccolo
furfante si fa sentire... oh!" Proprio in quell'istante, un piccolo tocco
del bimbo arrivò sulla pancia della donna, facendo mutare persino l'espressione
dell'uomo. "L'hai sentito?"
Draco annuì, tradendo il suo aspetto fiero con un sorriso
commosso. "Eh sì, si fa proprio sentire l'ometto..."
Ginny scoppiò in una risatina. "Già... è rompiscatole come il
suo papà." Gli fece la linguaccia.
Il biondo si finse offeso, ma durò poco, ormai non riusciva a
mantenere l'espressione arrabbiata per troppo tempo, di fronte a quegli occhi
azzurri e innocenti, che erano riusciti a scioglierlo già tante volte.
"Hai letto il giornale, oggi?" Le domandò, prendendo
dalla tasca una copia della Gazzetta del Profeta, che aveva ricevuto al
mattino. La vide scuotere la testa e le passò il quotidiano magico, sulla cui
prima pagina... spiccava una foto di notevoli dimensioni -in movimento-
correlata da una scritta imponente.
La rossa sorrise. "Il matrimonio dell'anno: l'ex bambino
sopravvissuto, che nel corso della guerra magica, ha avuto la meglio su
Voldemort, si sposa quest'oggi nella Basilica di Hogsmeade."
"Mhm mhm... hai capito San Potter! E indovina un po' con chi
si sposa?" La esortò a leggere, indicandole un punto preciso
dell'intervista.
I suoi occhi corsero lungo il foglio. "Pare che Potter e
la neo moglie, Cho Chang, si conoscessero già ai tempi di Hogwarts. Il destino
li ha fatti rincontrare durante la guerra, quando il giovane mago, ferito
gravemente da una maledizione Cruciatus, ha trovato la giusta cura nelle
amorevoli attenzioni dell'infermiera Chang, addetta all'ospedale militare."
La ragazza sorrise, guardando la foto scattata nel momento in cui Harry e Cho,
appena usciti dalla Basilica, erano stati investiti da una pioggia di riso.
Il viso di Draco si incupì. "Virginia..."
"Dimmi, tesoro..." Gli fece lei, riponendo il giornale
piegato su un bordo del divanetto e accarezzandogli una guancia, la sua mano,
venne bloccata da quella del ragazzo.
"Sei... sicura di non avere rimpianti?"
Ginny inarcò un sopracciglio. "Da quando in qua siamo
diventati così paranoici, signor Malfoy?"
"Rispondi..." La pregò con lo sguardo duro e un tono
risoluto.
Si liberò dalla stretta del ragazzo e gli accarezzò nuovamente una
guancia bianca, scostandogli un ciuffo di capelli dal volto. "Io ho fatto
la mia scelta, amore... ho scelto la mia strada. E il mio cammino è qui,
accanto a te."
Il ragazzo le sorrise, visibilmente sollevato e l'attirò a sé,
facendole posare la testa sulla spalla. "Però suonava bene Ginny
Potter..." Scherzò.
Lei lo ricambiò con una leggera pacca sul braccio. "Peccato
che il mio nome sia Virginia... e non Ginny..." Replicò. "Tsk...
Virginia Potter, suona malissimo... non trovi che sia meglio, Virginia
Malfoy?"
Draco la baciò per bene. "Molto meglio, hai ragione
tu..."
FINE
Note: premetto che questa *non* è una
song-fic. Ho semplicemente utilizzato il titolo di una canzone dei Tiromancino
che trovo davvero bella. Per quanto riguarda le parole iniziali, credo che, se
lette con attenzione... siano una specie di riassunto della one-shot -seppur
lunghina- che vi ho *propinato*. =D
Perché Draco e Ginny?... Perché devo
dire che pur restando una fedele della coppia Harry/Ginny, trovo che questi due
non siano poi così male assortiti, anzi! Sarà il fatto che credo nel detto:
"gli opposti si attraggono", sarà che se ci penso su non credo che
siano poi così opposti, anzi... ma devo dire che come pairing non mi dispiace
affatto ^.^
Con questo credo di aver terminato
eventuali note e/o spiegazioni necessarie.
Alla prossima ^^
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RECENSITE ç.ç