Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Francibella    31/07/2012    1 recensioni
Balzac, il gatto pingue e peloso di Susan, non sembrava molto interessato al vestito della sua padrona, quanto piuttosto a tutti quelli che erano per terra. Una specie di immenso parco giochi, per lui. «Balzac! Non rotolarti nei miei vestiti, lascerai giù milioni di peli.» Questo scatenò una breve lotta tra lei e il gatto, che fu interrotta dal puntualissimo suono del campanello. «Ecco! Ora sono tutta in disordine, per colpa tua.» Susan corse il più in fretta possibile alla porta e aprì, cercando di rimanere calma.
Susan Bones/Anthony Goldstein
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony Goldstein, Susan Bones
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Susan Bones: chi è e chi sarà.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Balzac fa le fuse, la signorina Bones si infervora e Anthony arrossisce



Susan Bones affrettò il passo in maniera piuttosto evidente. Aveva visto il proprio peggior incubo avvicinarsi in maniera decisamente pericolosa. Si maledisse per aver deciso di indossare un paio di scarpe con il tacco così alto proprio quella mattina. Era ormai certa di averlo seminato, quando una voce le fece fermare il sangue nelle vene.
«Hey, Suze» lentamente Susan si voltò fino a incontrare il sorridente volto di Jimmy Peakes. Era diventato insopportabile, davvero insopportabile. Soltanto che Susan non poteva semplicemente tentare di scollarselo, perché sapeva di essere stata la prima a sbagliare. Dopo la propria fallimentare dichiarazione a Justin, aveva pensato che accettare la corte di Jimmy non fosse poi così sbagliato. Lui era simpatico, sorridente, aperto e solare. Susan sapeva di non provare assolutamente nulla, ma si disse che non c’era niente di male a fare un tentativo. La prima serata non era stata così male, ma dalla seconda era stato chiaro che Jimmy poteva essere piacevole solo per quattro chiacchiere e per al massimo mezz’ora. Dopo di che era tremendamente noioso, quasi petulante e alla lunga il suo continuo sorridere la irritava.
Jimmy Pakes non era un cattivo ragazzo, solo che non era il ragazzo giusto per Susan, sebbene lui la pensasse in maniera diversa. Susan si chiedeva continuamente come Jimmy potesse non capire. Lei lo evitava, scappava dai loro appuntamenti o faceva di tutto per rovinarli. Avrebbe dovuto dirglielo, decisamente; ma c’era una piccola parte di lei – una piccolissima parte – che sorrideva quando lui le diceva che era stupenda, o quando il suo sguardo si soffermava a lungo sul proprio corpo, o ancora quando arrossiva se lei lo guardava negli occhi. Susan si era troppo a lunga nascosta in vestiti un po’ sformati e in una lunga e informe treccia, ora desiderava attenzioni di quel tipo, solo non da Jimmy.
«Jimmy, come va?»
«Alla grande, Suz. Il mio caporeparto sta smettendo di chiamarmi coso o mucchio di carne informe o con qualsiasi altro appellativo poco carino. Oggi mi ha chiamato ragazzo nuovo e ultimo arrivato, che sono decisamente meglio degli altri nominativi.» Susan sorrise delicatamente, un po’ in imbarazzo, dal momento che lei era decisamente a un livello più alto di Jimmy. A soli venticinque anni, Susan era già un funzionario del Ministero molto rispettato, proprio come a suo tempo lo era stata sua zia.
«Grandioso! Sei a un passo dall’essere nominato Ministro della Magia, allora.» Jimmy sorrise, senza forse aver compreso l’ironia di Susan, tanto che stava per aggiungere qualcosa, quando Annie raggiunse – piuttosto trafelata – i due.
«Susan, ti cerco da almeno un quarto d’ora. Dov’eri?» Solo in quel momento Annie si accorse della presenza di Jimmy. «Ah, ci sei anche tu.» Il ragazzo – ovviamente – sorrise calorosamente anche a lei, che si girò un po’ disgustata verso Susan. «C’è il tuo amico giornalista nel tuo ufficio. Dice che avevate un appuntamento venti minuti fa.»
«Ah, Anthony! Me ne ero proprio dimenticata. Scusa, Jimmy, devo proprio andare. Riprenderemo questa conversazione un’altra volta.» Con un’aria tutt’altro che dispiaciuta, Susan seguì Annie verso il proprio ufficio.
Aveva conosciuto Anthony Goldstein proprio la sera in cui era stata rifiutata da Justin. Avevano preso il caffè insieme, qualche volta, ma non erano decisamente classificabili come appuntamenti. Avevano riso di Marietta Edgecombe, Susan aveva raccontato un paio di scenette esilaranti con Jimmy. Di lavoro si erano detti poco, più di quello di Anthony, che era maggiormente interessante. Per ora Susan sovrintendeva all’Ufficio Relazioni con i Babbani - Distaccamento di Londra, dopo averlo tirato fuori da una serie di guai giudiziari in cui l’aveva condotto il precedente Sovrintendente. Stava bene lì, alle relazioni con i Babbani, ma iniziava a sentirsi stretta nel Distaccamento di Londra: non era un mistero che desiderasse arrivare a sovrintendere tutto l’Ufficio, ma il Ministro Shaekbolt era alla fine del suo primo mandato e non poteva rischiare dando un ruolo così importante a una venticinquenne. Perciò di comune accordo, avevano deciso di rimandare. Se fosse stato rieletto se ne sarebbe potuto riparlare. Anthony, invece, era un giovane cronista della Gazzetta del Profeta. Uno abbastanza senza scrupoli, competitivo e deciso a farsi un nome. Anthony era tutto ciò che Jimmy non era, ma purtroppo non pareva nemmeno troppo interessato a Susan. Non nel modo in cui a lei avrebbe fatto piacere.
«Susie, devo offendermi? Ti sei forse dimenticata del nostro appuntamento?» Susan sorrise e si sedette alla sua scrivania, sperando di non essersi spettinata eccessivamente durante il tentativo di seminare Jimmy, poi sorrise, ricordandosi quali erano sempre stati i propri obiettivi, capelli a posto o meno.
«Ho avuto un piccolo contrattempo. Nulla di grave, in ogni caso. Sono pronta per l’intervista.»
Susan osservò Anthony che estraeva il foglio e la piuma. Appoggiò tutto sulla scrivania, prese la bacchetta per stregare la piuma, poi si fermò e si rivolse direttamente a Susan. E lei seppe che era Anthony che parlava a Susan, il giornalista e il Sovrintendente al Dipartimento Relazioni con i Babbani erano lontani anni luce.
«Susie, sai che io sto con te, vero?» Susan lo guardò perplesso. «Sono dalla tua parte, mi fido di te, ma ora sono qui in veste di giornalista e non posso fingere di non aver ricevuto pressioni.»
Susan sorrise debolmente e annuì. Sapeva cosa Anthony intendesse dire. Di recente alcuni maghi e streghe si erano lasciati sfuggire degli incantesimi davanti ai babbani. All’inizio erano stati rasi episodi sparsi, ma ormai era chiaro che la segretezza non piaceva. Perché – dicevano alcuni – i babbani devono vivere senza sapere che noi abbiamo sconfitto Lord Voldemort? Che grazie a noi sono sani e salvi?
«Lo so, Anthony. Ma vorrei che si sapesse, in generale, che il Ministero sta dalla parte dei cittadini, la stessa dove dovrebbe trovarsi il Profeta, no?»
«Stiamo cominciando?» Susan annuì impercettibilmente e tentò di scacciare tutti gli altri pensieri. L’assenza di Justin, l’eccessiva presenza di Jimmy e la confusione che le causava Anthony. «Signorina Bones, in molti si domandano perché ancora si tenga nascosta l’esistenza dei maghi e delle streghe ai babbani. Lei cosa risponderebbe loro?»
«Risponderei che fin troppo spesso alcuni maghi si sono sentiti superiori e non si sono fatti problemi a tentare di imporsi, rendere noto al mondo la nostra esistenza sarebbe come aprire le porte a persone di questo tipo. Senza considerare che faremmo sprofondare il mondo nella paura. I Babbani inizierebbero a diventare eccessivamente sospettosi gli uni contro gli altri. Che dire poi se scoprissero che esistono anche Lupi Mannari, Vampiri eccetera?»
«Beh, signorina Bones, ma perché dobbiamo essere solo noi maghi a soffrire, nascondendoci?»
«Noi non soffriamo. È solo un po’ fastidioso, forse, dover attuare alcune accortezze. E mi permetta di aggiungere, signor Goldstein, che è davvero buffo che lei utilizzi il verbo nascondersi. Non siamo pronti ad accettare individui come i Lupi Mannari e non diamo la giusta dignità agli Elfi Domestici. Siamo noi stessi, per nostra scelta, che discriminiamo persone della nostra stessa razza. Se non siamo pronti ad accettarli, perché i babbani dovrebbero essere pronti per noi?»
«Lo saranno mai?»
«Devo dire che è bello sentire il Profeta che fa certe domande, perché siete sempre voi i primi quando c’è da diffamare qualcuno. Vi scagliate sul primo capro espiatorio e lo torturate fino alla fine. Vi approfittate del diverso, della voce fuori dal coro. E poi osate dire che i babbani dovrebbero accettarci?»
«Signorina Bones, lei si rifà alla vecchia storia delle ingiuste calunnie sul signor Potter, ma egli stesso…»
«Parlo di altri articoli. Dove attaccate la signorina Granger che si batte per gli Elfi Domestici. Il signor Potter che si batte per i Lupi Mannari. O me che difendo i babbani. Il Profeta fa questo, ma il problema, Signor Goldstein, non è che voi lo facciate, ma che ci siano ancora persone disposte a darvi retta.»
«Lei quindi ritiene che mai i maghi potranno fare outing con i babbani?»
«Credo che per come vanno le cose ora, no. E sinceramente non me ne dispiaccio. Sono mondi molto lontani. Loro hanno la televisione, il telefono, il lettore DVD, il cellulare, l’ipod e potrei citarle oggetti babbani a non finire, ma non avrebbe senso, perché sarebbe come parlare un’altra lingua, dato che nemmeno ci prendiamo la briga di conoscerli, i babbani.»
«Di recente ha prestato il suo volto alla campagna di riabilitazione exMangiamorte. La gente è rimasta molto stupida da questa scelta e dalla campagna in generale.»
«Molte altre persone – come me – hanno fatto questa scelta. E parlo di Harry Potter, Hermione Granger, Ron, Ginny, Bill, Charlie e Arthur Weasley. Neville Paciock, Luna Lovegood e molti altri.»
«Sì, ma non ritiene che la guerra sia un ricordo troppo vicino? È passato così poco tempo.»
«Io ho perso molto con la guerra, Signor Goldstein, non creda che mi possa dimenticare quanto tempo è passato. E come me anche tutti gli altri. Solo che torturare i Mangiamorte non mi ridarà la mia famiglia. Ovviamente non parlo dei più grandi esponenti, di coloro che hanno maggiormente seminato distruzione. Parlo di quelli meno influenti, trascinati a forza. »
«Ha comunque avuto un pensiero anche per gli altri, sostenendo l’eliminazione dei Dissennatori.»
«Sinceramente, Signor Goldstein, per quanto io sia perfettamente a conoscenza dell’opinione del suo giornale circa questa cosa, sono veramente soddisfatta di come si sia conclusa la faccenda. Ci sono davvero poche cose che mi riempiono di orgoglio come l’aver tolto questa piaga sociale. I Dissennatori erano incontrollabili, e meritavano quella fine. In più la loro eliminazione ha creato dei posti di lavoro, che quando abbandono non calcoliamo, ma quando mancano sono una grande piaga sociale.»
«Dal momento che praticare Maledizioni Senza Perdono è ancora illegale…»
«Eh ci mancherebbe!»
«Manca un regolare modo per eliminare i criminali che…»
«Signor Goldstein, o al Profeta siete proprio tutti ottusi come sembrate o lei mi sottovaluta. So dove vuole arrivare. Sostanzialmente non esisterà più la pena di morte. Ne sono contenta, perché mi lasci dire una cosa. La morte dopo una vita piena di misfatti ha un qualcosa di consolatorio. Pone fine alle sofferenze terrene e concede la speranza di un mondo dopo. Una vita di carcere, sofferenze e patimenti è molto peggio. Tempra l’animo.»
«Se Lord Voldemort non fosse morto, ma solo prigioniero, sarebbe di questa opinione?»
«Lord Voldemort non era umano. Se fosse vivo, prima ci premureremmo di renderlo umano, o almeno mortale. Poi potrebbe giacere in isolamento, come un qualsiasi altro delinquente. Sono certa che per lui sarebbe peggio della morte stessa.»
«Tornando al discorso di prima, lei è soddisfatta che il signor Draco Malfoy e il signor Blaise Zabini siano stati rilasciati, inseriti nel programma di recupero Granger – Potter e ormai pronti per una nuova vita?»
«Sì, signor Goldstein, lo sono. Sono profondamente soddisfatta di tutto ciò. Sebbene personalmente potrei odiare il signor Malfoy per aver reso i miei anni a Hogwarts un incubo, sono contenta di poterlo incontrare tutti i giorni. E lo sa perché, signor Goldstein? Perché io posso camminare a testa alta, posso guardarmi allo specchio e dirmi: “Susan, hai combattuto per quello che credevi giusto e anche adesso, che sarebbe facile sedersi sugli allori, continui a impegnarti”. Il Profeta può farlo?»
«Non sta a me rispondere a questa domanda, Signorina Bones. Mi lasci concludere con una sola ultima domanda. Lei ha venticinque anni e già occupa una posizione di rilievo. Non sarà che la parentela famosa aiuta?»
«Io, personalmente, l’apprezzo molto, signor Goldstein, ma lei si conferma un uomo del Profeta. Vi fanno con lo stampino? Voi credete che io sia una sciocchina, una ragazzina che indossa i vestiti della mamma. Non riuscite a farmi compromettere con le mie parole e cosa fate? Insinuate che non mi meriti la posizione che occupo. Allora ve lo dico chiaro e tondo, io – come ho detto – sono perfettamente a posto con me stessa, ma vi invito a venire a prendere il mio posto, se credete di poterlo fare meglio. Non ho alcun problema. Io ho ottenuto questo posto grazie a mia zia, giusto, la signorina Granger sarà stata a letto con il Ministro, probabilmente. Chissà cos’ha fatto Harry, allora! Con calunnie e insinuazioni come questa, il Profeta dimostra ulteriormente di essere retrogrado e decisamente non al passo con i tempi. Forse dovreste farvi un esame di coscienza e riconsiderare alcune delle vostre posizioni. Quando Voldemort era al potere –e anche prima – , eravate il giornale del Ministero, che sbagliava. Ora che siamo dalla parte dei cittadini, create un polo alternativo, ma a me non interessa più. Ho fronteggiato i piccoli Mangiamorte in erba a Hogwarts. Posso fronteggiare voi. Chiedete il cambiamento, ma voi – come tante altre persone – rimanete arroccati sulle vostre posizioni vetuste e sorpassate.»
Anthony ordinò alla penna di fermarsi e fissò Susan negli occhi. Era leggermente arrossata (come sempre, quando si infervorava) e aveva assunto un piglio un po’ aggressivo. Della timida bambina che era stata, nemmeno l’ombra.
«Sono dalla tua parte, Susie.»
«Sei uno di loro, non sarai mai dalla mia parte.»
«Hey, io voglio che questa cosa rimanga segreta quanto te. Mio nonno non ha mai digerito il fatto che mia nonna fosse una strega. Tantomeno che lo fossero i miei genitori e di conseguenza anch’io.»
«A volte mi domando se in fondo non potremmo fare qualcosa per loro. Per i babbani, intendo. Se noi ci rivelassimo, potremmo aiutarli, potremmo curare le loro malattie, interrompere le guerre, salvare le persone. Potremmo, Anthony, potremmo davvero.»
Il ragazzo sorrise rendendosi conto che era tornata a essere Susan e che lo chiamava nuovamente per nome e non “signor Goldstein”.
«Andrà bene per i tuoi super capi, questa intervista?»
«Deve andargli bene. Sei Susan Bones, tesoro, un nome, una garanzia.»
Susan cercò di non arrossire per il complimento. O per il tesoro. O per entrambi. Quando si parlava di lavoro, era determinata e sicura di sé, ma bastava un ragazzo troppo affabile per metterla nei guai.
«Fammi sapere qualcosa.»
«Chiedi troppo, Susie, ho il segreto professionale.» la ragazza assunse un’espressione corrucciata  e triste «magari se verrai a cena con me, stasera, potrei farti qualche confessione. Sai il vino e una bella ragazza sono sempre un’accoppiata piuttosto letale, per me.»
Certa di essere arrossita dalla testa ai piedi, Susan balbettò un «Sì, certo, con piacere» molto stentato e salutò Anthony, mentre questi usciva dal suo ufficio.
 
«Così avete un appuntamento, eh?» Susan non riusciva a rimanere tranquilla. Aveva raccontato a Hermione di tutta l’intervista e l’avevano anche commentata, ma alla fine era caduta sulle parole informali tra lei e Anthony.
«Beh, non so se possa considerarsi un appuntamento…»
«Hai detto che sei bella, ti ha riempita di complimenti, ti ha invitato a cena e ha fatto menzione del vino. Dubito che ti offrirà un Cheesemburger da MC Donalds.»
Hermione mise un’altra zolletta di zucchero nel suo thè e osservò l’amica. Era partita per un altro pianeta.
«Sono così confusa, Hermione.»
«Susan, io c’ero all’ultimo consiglio. Ti ho vista mentre ti alzavi davanti a tutti e, non interpellata, esponevi la tua opinione. Ti ho vista prendere le difese di- udite un po’ – Blaise Zabini con Ron, l’altra sera. Non devi lasciarti intimorire da un ragazzo qualsiasi. È Anthony, lo conosci da un po’, ormai.»
«Ho molta paura. Non so se ho più paura di innamorarmi o di non farlo. Se mi innamoro e lui non mi ricambia, soffrirò ancora. Ma se invece non sono più capace di innamorarmi, dopo… dopo Justin?»
«Non dire sciocchezze. Ti innamorerai ancora. Un’altra volta, altre due o altre dieci. Non possiamo smettere di amare, mai. E sono certa che anche Anthony provi qualcosa per te. Pare che sia molto competitivo nel suo ambito e il fatto che ti dirà qualcosa sull’intervista, mostra che a te ci tiene.»
Rimasero in silenzio qualche secondo, in cui Hermione sorseggiò il suo thè e Susan continuò a torturarsi i capelli.
«Hai un vestito per l’occasione?»
Susan pensò che decisamente  non avrebbe mai potuto mettere quel vestito, quello dell’appuntamento (o simil tale) con Justin. E pensò che forse era l’ora di comprarne uno nuovo.
«Non sarà corto? Oddio! Guarda quanto è scollato dietro. Hermione è matta.»
Balzac, il gatto pingue e peloso di Susan, non sembrava molto interessato al vestito della sua padrona, quanto piuttosto a tutti quelli che erano per terra. Una specie di immenso parco giochi, per lui. «Balzac! Non rotolarti nei miei vestiti, lascerai giù milioni di peli.» Questo scatenò una breve lotta tra lei e il gatto, che fu interrotta dal puntualissimo suono del campanello. «Ecco! Ora sono tutta in disordine, per colpa tua.» Susan corse il più in fretta possibile alla porta e aprì, cercando di rimanere calma.
«Hey, Susie. Sei davvero bella stasera.» Anthony sorrise in una maniera un po’ strana, che lo fece sembrare più bello del solito. Perché Anthony non era proprio bello. Non per tutte, almeno. Aveva il suo fascino, senza dubbio. Sapeva sfruttare al meglio le sue qualità e quando non si acconciava in maniera strana i capelli era molto carino. E Susan, guardandolo, si disse che poteva farcela, doveva solo rimanere tranquilla e avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.
«Sei pronta?»
«Prendo la borsa e arrivo. Entra pure.»
Dieci minuti dopo, quando Susan scese in soggiorno, Anthony era seduto in poltrona con Balzac arrotolato sulle sue ginocchia.
«Balza ti fa le fusa.»
«L’hai chiamato Balzac? Come lo scrittore?»
«Lo conosci?» Susan era un po’ stupita. Anthony era sempre stato uno studente piuttosto svogliato.
«Se la luce è il primo amore della vita, l'amore non è forse la luce del cuore?»
«Eugenie Grandet.»
«Mio nonna amava Balzac in maniera ridicola. E adorava discuterne con il resto della famiglia. Non sei un Goldstein se non hai letto Balzac. Ti piace?»
«Sinceramente, no. L’ho proprio odiato. Povera Eugenie!»
«Perché hai chiamato il gatto Balzac, se lo odiavi?»
«Perché all’inizio odiavo anche lui. Lasciava peli ovunque e buttava i barattoli per terra. Ho voluto dargli un nome odioso. È un gatto abbastanza gentile, ma tende a odiare gli uomini. Probabilmente è stato maltrattato quando era piccolo.»
«Io gli piaccio, però.»
«Avrà notato anche lui la tua mancanza di virilità.» Anthony emise uno strano suono.
«Susan Bones, la Susan Bones che conosco, che fa una battuta cattiva? Oh cielo, Susie, se vai avanti così, ti chiederò di sposarmi prima della fine della serata, sai.»
Anthony si pentì dopo pochi minuti di aver scelto un così rinomata ristorante. Pareva essere pieno di gente che conosceva Susan. Tutti ritenevano di doversi fermare a fare quattro chiacchiere. Il posto non era particolarmente romantico, era un normale ristorante, ma cosa credevano che stessero facendo? Un colloquio di lavoro? Anthony continuò a chiedersi perché nessuno chiedesse a Susan di lui, o facesse qualche accenno al fatto che Susan non era sola al tavolo. La risposta a tutti questi dubbi arrivò da un tizio piuttosto vecchio, con cui Susan aveva tenuto un atteggiamento quasi reverenziale.
«Susan, non starai esagerando a portarti il lavoro anche fuori a cena? Non va bene, non vorrei che ti rimanesse tutto sullo stomaco.»
Mentre Susan tentava di rispondere in maniera decente, Anthony comprese che tutti lo avevano riconosciuto. Forse non sapevano il suo nome, ma sapevano perfettamente che era un cronista del Profeta, quindi credevano che quella fosse l’intervista. Quando se ne andò e Susan riprese a respirare, Anthony sorrise.
«Mi dispiace, Anthony. Loro credono di farmi un piacere, sai? Mi distraggano dal cattivo cronista del Profeta.»
«Alla fine è la signorina Bones a essere uscita stasera, non Susan.» Davanti all’espressione perplessa dell’altra, Anthony fu costretto a spiegarsi meglio. «Durante l’intervista, ci chiamavamo “signorina Bones” e “signor Goldstein”, ma appena io ho messo via la piuma siamo tornati a essere Susan e Anthony. Ed è Anthony che invitato fuori Susan, ma pare che sia uscita la signorina Bones.»
«Purtroppo alla lunga coincidono. Ho sempre investito molto nel lavoro, ma soprattutto in questo ultimo anno. Ho dato davvero tutta me stessa, ho fatto gli straordinari, ho accompagnato i miei capi in giro per il mondo o a festa di importanza internazionale. Susan è stata un po’ schiacciata, diciamo, e tutti più o meno lo sapevano. Nell’ultimo periodo ha lavorato anche la sera, fino a tarda notte. A nessuno potrebbe venire in mente che questa sia una cena… di piacere.»
«Anche perché io sono uno sporco uomo del Profeta.»
«Tutti abbiamo i nostri errori alle spalle. Il Ministero ha i propri, ma noi ora tentiamo di cambiare. Il Profeta no.»
«Dici questo solo perché ci stiamo distaccando da voi.»
«E questo va bene, è ottimo. Il Profeta non è un certo un giornale del Governo o del Regime. È un giornale libero e tale dovrà sempre essere. Ma calunniare e diffamare le persone va ben oltre tutto ciò. E anche discriminare il diverso. In più appoggiare questi maghi che si ribellano alla segretezza è da incoscienti.»
Lentamente la mano di Anthony si posò su quella di Susan che era appoggiata sul tavolo e all’improvviso Susan si tranquillizzò.
«Signorina Bones, respiri. L’intervista l’abbiamo già fatta. »
«Scusa, Anthony. Ma quando si parla di queste cose…»
«Ti infervori sempre. Lo so, ormai l’ho capito. Sei la donna del Ministero, sempre e comunque.»
Risero entrambi, non solo con la bocca, ma anche con gli occhi.
«Finché non dici che sono la donna del Ministro, va tutto bene.»
Litigarono per chi dovesse pagare la cena, ma Anthony si impose, perché disse che era stato lui a fare l’invito e in più Susan gli aveva concesso l’intervista. Dopo cena camminarono nella Londra babbana, godendosi tutte le luci che l’animavano.
«Sono tranquilli, Anthony. Sono felici. Hanno sofferto anche loro i patimenti della guerra, sai? Hanno perso molte persone e non si sono spiegati il perché. Riesci a pensare a qualcosa di peggio? Perdere qualcuno per un motivo inspiegabile. Ora sentono che tutto è tornato a posto. Si meritano la loro tranquillità, perché dovremmo sconvolgere il loro mondo?» Anthony annuì e rifletté sulle parole di Susan. Lei aveva appoggiato il proprio braccio al suo e si guardava intorno con un’espressione felice. A un certo punto, Anthony sentì che toglieva il braccio, ma, prima che potesse lamentarsi, Susan gli aveva preso la mano. Lo sguardo di Anthony si abbassò sulle loro mani unite. Quella di Susan sembrava ancora più piccola e bianca. Quando rialzò il viso incontrò quello di Susan, più vicino di quanto si aspettasse. Susan rise di gusto.
«Sei arrossito! Non ci credo! Non ti avevo mai visto arrossire.» A queste parole Anthony arrossì ancora di più.
«Non è divertente»
«Invece lo è, Anthony, è tremendamente divertente. E non ero così felice da molto tempo.» Susan strinse maggiormente la mano di Anthony. «Grazie» Aggiunse a bassa voce, avvicinando il proprio volto a quello di Anthony. Rimase ferma qualche minuto e proprio quando sembrava che volesse allontanarsi si avvicinò maggiormente e appoggiò delicatamente le proprie labbra su quelle di Anthony. E lui era pronto, decisamente pronto. Aspettava quel momento da un po’ e non si fece certo scappare l’occasione. Strinse Susan, sempre di più. Voleva sentirla al massimo. Il suo sapore in bocca, il suo ansimare nelle orecchie, il suo corpo stretto tra le proprie mani, il suo odore nel naso e, infine, Susan intera che tremava leggermente. Quando le loro bocche si staccarono, Susan rimase attaccata e continuava a mormorare Grazie. Lui sapeva per cosa lo ringraziava, per averla riportata alla luce, per averle mostrato che la vita non finisce. Per averle fatto dimenticare Justin. Anthony sapeva che erano appena all’inizio. Sapeva quanto Susan avesse amato Justin, di quell’amore puro e sincero che solo le ragazze come lei possono provare. Anthony avrebbe dovuto mostrarsi all’altezza, aveva un compito difficile. Doveva, voleva sostituire per sempre quell’inetto Tassorosso nel cuore della signorina Bones.
 
 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Francibella