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Autore: thiniel106    31/07/2012    7 recensioni
Dick Roman è stato sconfitto, ma questo ha richiesto il pagamento di un prezzo molto alto. Sam è rimasto solo sulla terra, Dean e Cass sono bloccati in Purgatorio, uno non sa dove sono gli altri e viceversa. Sembra che l’unico vero vincitore sia Crowley, che è riuscito ad ottenere quello che voleva, eliminare il problema dei leviatani e liberarsi in un colpo solo dell’angelo che lo aveva tradito e soprattutto di Dean Winchester. Il legame che lega i fratelli però resta forte e Sam non si arrenderà davanti a nulla pur di riavere suo fratello con sé. Seppur separati, aiutati da Castiel, faranno il possibile per riunirsi, sperando che l’impresa non si riveli fuori dalla loro portata.
Genere: Angst, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Ottava stagione
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Capitolo V – LA FORZA DI PROSEGUIRE
 
Rifugio Campbell
 
“Potrebbe essere in Purgatorio quindi …” suppose Sam, quando Jody gli si avvicinò a gli prese dalle mani il quaderno da cui aveva letto quel passo.
“In Purgatorio … sul serio? Ragazzi, ma esiste un qualche buco oscuro in cui tu e tuo fratello non vi siete ancora infilati?” mormorò lei, con sincera curiosità più che sarcasmo, prendendo a leggere quelle righe, senza capire bene cosa fossero.
“Cos’è questa roba?” chiese dopo un attimo.
“È la trascrizione della parola di Dio” Sam lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo, ma lo sceriffo si bloccò e alzò lo sguardo da quegli scritti, fissandolo ad occhi sgranati.
“Ah si?” esclamò Jody, con finta naturalezza. La tentazione di lasciarsi andare ad una risata isterica era davvero molto forte, ma se lo avesse fatto sarebbe stata la conferma di aver definitivamente perso la sanità mentale.
 
Lei era al corrente di come funzionavano le cose, di cosa si nascondeva ‘negli armadi’, sapeva dei Demoni, degli Angeli e dell’Apocalisse, per cui, sentire quella frase dalla bocca di Sam, aveva un significato decisamente diverso, che non sentirla da un pastore che parlava dei passi della Bibbia, durante un sermone.
“Vuoi dire, tipo … le tavole di Mosè?” chiese titubante.
Sam  la guardò e non poté fare a meno di sorridere, perché lui aveva smesso da molto tempo di pensare a Dio e agli Angeli come alle creature superiori e magnifiche, dipinte nei quadri dei grandi pittori.
“No … voglio dire come una backdoor, dentro un cervello elettronico, che ti permette di rimettere a posto i file impazziti. Sembra che Dio abbia lasciato delle indicazioni su come rimettere a cuccia i suoi animaletti fuori controllo”.
 
Fu la volta di Jody di bloccarsi e cercare di continuare a respirare normalmente, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Capiva quello che intendeva Sam, ma per lei era ugualmente come avere tra le mani le vere tavole di Mosè. Cercò comunque di concentrarsi e leggere di nuovo, ma era difficile capirne il senso.
Sam continuò a raccontare, spiegandole come avevano fatto ad ottenerle e che era stato Kevin, il ragazzo Profeta, a tradurle. Le disse anche che sicuramente era quello il motivo per cui Crowley lo aveva preso.
 
Passarono ore intere discutendo di quello che poteva o non poteva essere successo a Dean, senza mai venirne a capo o trovare un qualche appiglio sul quale ragionare, per farli uscire da li. Anche Jody era distrutta, il lungo viaggio e la tensione continua che sentiva contrarre i muscoli indolenziti della schiena, cominciavano a chiedere il loro tributo.
 
Ormai da qualche minuto i due erano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Jody aveva ripreso a camminare su e giù per la stanza, si muoveva per cercare di combattere il sonno e la stanchezza. Sfinita, si risedette al tavolo e cominciò di nuovo a sfogliare le pagine del quaderno di Kevin, leggendo qua e là stralci del contenuto.
“Pensi che qui possa esserci qualcosa che ci aiuti a capire come ritrovare tuo fratello? Se davvero è finito in Purgatorio a causa di questo rituale, ci deve essere scritto anche come farlo tornare indietro”.
 
Sam si era appoggiato di nuovo al muro con la schiena, aveva gli occhi chiusi, la tensione lo stava logorando.
“L’ho già riletto decine di volte ... non c’è niente in quel maledetto quaderno!”. Diede un pugno dietro di sé, contro la parete, quasi ringhiando, “Dannazione! Non c’è scritto nulla, nulla che parli di come far uscire qualcuno dal Purgatorio”.
La lieve scintilla di speranza, accesa dall’aver compreso finalmente dove si trovasse suo fratello, si era lentamente affievolita e poi spenta nell’alito gelido della paura che, sapere dove fosse, non servisse assolutamente a nulla. Che non sarebbe mai riuscito a raggiungere Dean e salvarlo.
La paura era stata, ed era, sua compagna inseparabile da giorni. La sentiva sussurragli alle spalle e sentiva quei brividi freddi, ormai famigliari, risalirgli lungo la spina dorsale e prendere dimora nel suo cuore.
 
Piegò la testa in avanti, i capelli gli ricaddero sul viso, le spalle erano incurvate in una posa di sconfitta, come se ormai non fosse più in grado di sopportare il peso che stava portando e si stesse piegando sotto di esso.
Jody lo osservò e non poté fare a meno di sentire, riflesso dentro di lei, lo stesso senso di impotenza che provava Sam, perché sapeva quanto i due fratelli fossero legati e, vedere il ragazzo in quello stato, la faceva stare male.
“Vedrai che riusciremo a trovare Dean e a riportarlo indietro.” Nonostante ne dubitasse lei per prima, lo disse cercando di infondere nelle sue parole tutta la convinzione che riuscì a trovare.
Sam quasi non la sentì, il suo pensiero era tornato di nuovo a focalizzarsi su Dean, erano passati ormai tre giorni dalla sua scomparsa, tre giorni in Purgatorio o forse di più.
Non poté fare a meno di pensare a come, all’Inferno, il tempo fosse trascorso in modo diverso.
I quattro mesi in cui Dean era stato lì, si erano trasformati in quarant’anni. Suo fratello poteva essere in Purgatorio già da mesi, per quanto ne sapeva.
 
Il significato di quel ragionamento lo colpì come una scure, spezzando le sue fragili speranze.
Sentiva la disperazione crescere dentro di sé e rischiava di farsi trascinare via con essa. Cominciò a battere piano con la nuca contro il muro, gli occhi serrati, sotto lo sguardo vigile dello sceriffo, cercando di cacciare indietro la paura e di rimanere lucido. 
Di nuovo immagini, flash improvvisi, gli passarono davanti agli occhi, dietro le palpebre chiuse. Ancora quegli alberi spettrali e una radura isolata, il cielo scuro, solcato da lampi di tempesta. Questa volta non erano solo immagini … ma anche emozioni. Confuse, potenti e fuori controllo. Preoccupazione, paura per un pericolo imminente, ansia per qualcuno … per Dean.
Poi sollievo, seguito subito da una nuova stilettata di paura e … dolore. Dolore fisico. Una morsa al petto, il sapore del sangue in bocca.
Un unico pensiero, chiaro come il sole: salvare Dean.
 
Tutte queste sensazioni arrivarono così forti che quasi lo stordirono, le provò dentro di sé, ma era come se non fossero sue. Le gambe gli cedettero e Sam dovette appoggiarsi completamente al muro e lasciarsi scivolare verso il basso, fino a che non si ritrovò seduto per terra.
Un attacco di panico? Sam pensò di essere arrivato al capolinea.
 
Jody l’aveva visto barcollare e scivolare a terra, ed era corsa verso di lui.
“Sam!” si chinò sul ragazzo, respirava in brevi rantoli, gli occhi ancora chiusi, il petto che si alzava ed abbassava in un ritmo concitato.
Jody ricordò che erano passate diverse ore dall’attacco precedente e le fu ormai chiaro che il problema, qualunque esso fosse, era più grave del previsto.
“Sam!” lo chiamò di nuovo, quasi urlando.
Sembrava che il giovane Winchester non fosse completamente presente, esattamente come era capitato prima, ma molto peggio. Questa volta stava tremando, senza controllo. Jody si spaventò. Gli posò le mani sulle spalle e cercò di scuoterlo, per farlo rinvenire.
 
Sam lasciò andare un rantolo strozzato, poi si irrigidì per un secondo, prima di rilassarsi completamente e cominciare di nuovo a respirare regolarmente.
“Sam … Dio, ma che ti succede?” Jody cercava di restare calma, ma la situazione stava davvero cominciando a terrorizzarla. “Ti senti bene?”. Era una domanda stupida, lo sapeva, ma voleva accertarsi che Sam fosse di nuovo in sé.
 
Lui tirò su le ginocchia e ci appoggiò sopra i gomiti, prendendosi la testa tra le mani e premendo forte, gli sembrava che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro.
Sentiva la presenza dello sceriffo vicina, la sua mano ferma sull’avambraccio. Cercò di calmarsi, inspirando piano, una boccata d’aria alla volta, focalizzando la mente su quell’unica funzione basilare.
Cos’era quello che aveva appena visto? Non erano allucinazioni … non erano così! Che diavolo gli stava succedendo?
Il dolore che aveva percepito era stato così forte … ma la preoccupazione che era seguita, lo era stata ancora di più e il centro di tutto era Dean. In tutto quel marasma di emozioni che aveva provato, il perno intorno a cui tutto ruotava era suo fratello.
Aveva ancora in bocca il sapore del sangue e, dentro di sé, l’eco di quelle emozioni, che sentiva estranee eppure affini alle sue .
 
Quando riaprì gli occhi, Jody era ancora accanto a lui.
“S-sono stanco … solo stanco …” era una cosa sciocca da dire, ma lo fece lo stesso, lo disse piano, con voce arrochita, cercando di concentrarsi su di lei, la vista appannata.
“Da quanto tempo non dormi?” Jody gli fece quella domanda pur sapendo perfettamente che il problema non era quello.
“Da quando Dean è scomparso.” rispose il ragazzo, sospirando e continuando a guardala negli occhi.
“Tre giorni?” si alzò in piedi e si mise le mani sui fianchi, guardandolo dall’alto verso il basso.
“Ok ora basta! Chiaramente non stai bene e altrettanto chiaramente non vuoi dirmi cosa ti sta succedendo.” La sua non era affatto una domanda e Sam iniziò a sospettare di non avere alcuna possibilità di replica.
“Non ti chiederò di spiegarmi nulla, per ora! Al momento credo sia più importante che tu vada a riposarti, quindi ne riparleremo più tardi”.
 
Sam ebbe immediatamente la sensazione di essere alla stregua di un bambino rimproverato dalla madre. Ricordò anche di avere avuto quella stessa impressione durante il tentativo di salvare Dean da Cronos. In quell’occasione pensò che Jody usufruisse, con pieno successo, dell’indiscussa autorità del suo ‘tono da mamma’.
“Io…” provò a risponderle, ma lei lo zittì, troncando sul nascere le sue rimostranze.
“Ci sarà una branda per dormire, da qualche parte in questo posto … va a letto, coraggio!”
 
Sam puntò le mani a terra per alzarsi, una volta in piedi, sovrastò lo sceriffo di parecchi centimetri.
Eppure gli bastò guardarla per un attimo, per arrendersi a lei e dirigersi verso una delle stanze, in cui sapeva avrebbe trovato delle brande.
Jody lo guardò mentre si allontanava traballante, dandole le spalle, ed imprecò tra sé e sé contro la cocciutaggine dei Winchester. Si chiese se Bobby non fosse stato contagioso, passando ai suoi ragazzi quel pessimo tratto del suo carattere.
Era sfinita anche lei, ma era intenzionata a saperne di più sulla parola di Dio.
Si sedette di nuovo al tavolo e si mise pazientemente a leggere quelle trascrizioni.
 
Le ci vollero più di due ore, sprofondata in blateri senza senso apparente, per venire a capo di qualcosa.
Ma alla fine trovò il passo in cui si parlava del sangue dei caduti e anche quello che, secondo Sam, doveva essere il riferimento all’espulsione del leviatano e al suo ritorno in Purgatorio.
Più lo rileggeva e più le sembrava che il ragionamento di Sam filasse: Dean e Castiel dovevano trovarsi lì.
Lo scritto si riferiva a quel luogo come all’Oblio, e lo definiva come un posto dove ‘le creature nate dall’abominio e morte nel Regno della Terra e dell’Acqua, si cacciano l’un l’altra per l’eternità’.
 
Jody cercò di fare mente locale. I Demoni andavano all’Inferno, gli Angeli andavano in Paradiso, le anime degli uomini si dividevano tra le due destinazioni e i mostri finivano nel mezzo.
Cercò di scacciare dalla mente i suoi ricordi scolastici sulla Divina Commedia, che evidentemente non avevano nulla a che fare con quello che il Purgatorio era in realtà: una prigione.
 
Continuò a leggere fino a che gli occhi non presero a bruciarle, ormai preda della stanchezza e di tutto quello che era successo dopo che era arrivata in quel maledetto capannone.
Tornò indietro con le pagine, sfogliandole distrattamente, mentre ripensava a tutto quell’enorme casino. Stava per chiudere la copertina, quando l’occhio le cadde sulle prime righe dello scritto.
Si fermò di botto, rileggendole con più attenzione: ‘Queste sono le parole di Metatron nel secondo Regno, dominato dalla Terra e delle Acque, tra il Regno del ghiaccio, lambito dal fuoco, e l’Oblio, in ascesa verso il Regno dei Cieli, casa delle creature ad immagine di Dio …’.
“Le parole di Metatron nel secondo Regno…” Jody accarezzò quella frase. Aveva la sensazione che fosse importante.
 
Ragionò, pensando che il secondo Regno doveva essere la Terra, mentre avevano appurato che l’Oblio era il Purgatorio. Ovviamente il regno dei Cieli era il Paradiso, quindi il Regno del ghiaccio era … l’Inferno? Ricordò che i ragazzi, tempo prima, le avevano accennato il particolare che Lucifero fosse freddo e non caldo, come tutti credono, per cui la descrizione del ghiaccio, lambito dal fuoco, calzava a pennello.
 
Jody si alzò dalla sedia con il quaderno in mano e ricominciò a camminare per la stanza. Era una cosa che la aiutava a concentrarsi, lo aveva fatto spesso, quando si era trovata bloccata in un caso che non riusciva a risolvere.
“Il secondo Regno …” ripeteva, come in preghiera. “Le parole nel secondo Regno …” quella frase continuava a suggerirle che ci fosse di più.
Si fermò di nuovo, in mezzo alla stanza e sorrise.
Forse non avevano tutte le informazioni di cui avevano bisogno, ma credeva di aver appena trovato una traccia che potevano seguire.
La tavola riportava le parole del Regno della Terra.
Poteva benissimo significare che la parola di Dio era scritta anche su altre tavole.
E se fosse esistita una tavola del regno dell'Oblio?
 
 
 
******
 
Purgatorio
 
Subito dopo l’attacco, Dean aveva deciso che dovevano continuare a muoversi, non aveva sentito ragioni, anche se era ferito e faticava a reggersi in piedi. Fermarsi in quel luogo era troppo pericoloso.
Castiel sapeva che aveva ragione, ma le condizioni dell’altro lo preoccupavano sempre di più.
Non aveva voluto aiuto, cocciuto e orgoglioso come sempre, il cacciatore aveva fatto il possibile per muoversi da solo, avanzando tra la vegetazione come poteva.
L’angelo lo seguiva da vicino, pronto a sorreggerlo se fosse stato necessario, si dirigevano verso quello che sembrava un crinale roccioso, alla ricerca di un rifugio dove potersi nascondere per qualche ora. Sembrava che anfratti e caverne come quello dove si erano già rifugiati in precedenza, fossero gli unici luoghi parzialmente sicuri.
 
Il cielo sopra di loro non aveva mai cambiato la sua sfumatura cupa, Castiel ora era certo che il tempo lì rimanesse immutato, un eterno crepuscolo che nascondeva la ferocia tra le sue ombre e mostrava la sua crudeltà, solo nei brevi lampi di luce che squarciavano la volta celeste.
Il senso di oppressione di quel luogo schiacciava perfino la sua stessa Grazia, l’angelo poteva sentirlo chiaramente, percepiva il proprio potere fluire da sé come sangue da una ferita aperta.
Ripensò a quello che era successo durante l’attacco.
Era stato uno stupido, preoccupato per l’incolumità di Dean, aveva finito per esporre entrambi ad un pericolo maggiore. A causa del suo errore, il cacciatore era quasi morto.
 
Castiel sentì una fitta di rimorso, lo stesso che lo accompagnava fin da quando si era reso conto per la prima volta di aver tradito Dean.
Di nuovo il maggiore dei Winchester era in pericolo e di nuovo quella situazione poteva imputarsi alle scelte che la creatura celeste aveva fatto. Era colpa sua se si trovavano in Purgatorio.
In un certo senso, per la prima volta, l’angelo poté relazionarsi con il senso di colpa che da sempre accompagnava Dean, quel sentimento subdolo che lo logorava tutte le volte che non era riuscito a salvare qualcuno o quando non era riuscito a rimediare ad una situazione.
 
Guardò il cacciatore di fronte a lui, camminava cercando appoggio di tanto in tanto contro gli alberi, andava avanti per pura forza di volontà, tenendosi il fianco ferito. Era evidente che stava soffrendo, ma stringeva i denti e andava avanti, un passo dopo l’altro, scosso da occasionali colpi di tosse.
L’aria malsana che stavano respirando, stava continuando a fare danni logorando i loro corpi.
Castiel si chiese, per l’ennesima volta, per quanto tempo Dean avrebbe potuto resistere alla violenza che quel luogo stava esercitando sul suo fisico.
 
L’angelo, come già aveva fatto diverse volte nell’arco della loro amicizia, non poté che provare una stima profonda, per quello che il ragazzo era in grado di fare.
Un momento dopo, Dean si piegò in avanti soffocando un eccesso di tosse più forte degli altri, ma restò in piedi appoggiandosi ad un ramo contorto. Dopo una manciata di secondi parve riprendersi e ricominciò a camminare.
Castiel era lì ad un passo da lui, ma no lo toccò, rimase in attesa, riprendo a seguirlo non appena Dean si rimise in movimento. In quel momento l’angelo avrebbe solo voluto portarlo fuori di lì, curare le sue ferite e fargli riabbracciare Sam, sperando con quel gesto, di trovare l’assoluzione di cui sentiva tanto il bisogno.
 
Sam.
I suoi pensieri tornarono di nuovo sul minore dei Winchester. Si domandò se anche Dean stesse pensando a lui, ma sapeva già la risposta. Era quella la forza che lo faceva arrancare e restare in piedi.
Chiuse gli occhi e richiamò alla memoria le immagini che lo avevano assalito durante lo scontro con Gordon, mentre stava lottando per riuscire a muoversi e salvare Dean.
Gli sembrò di aver riconosciuto un luogo famigliare, c’era stato solo una volta, ma era sicuro fosse il rifugio di Samuel Campbell, il nonno dei Winchester.
Aveva sentito un’ondata emotiva simile alla sua che lo invadeva, portando con sé la stessa frustrazione, paura e pena, che aveva provato anche lui nel non riuscire a raggiungere Dean.
Era Sam. Era sicuro che quello che aveva visto e quello che aveva provato, fossero sensazioni che provenivano dal minore dei Winchester.
Ebbe la certezza che fosse vivo e che fosse sulla Terra, ma che in qualche modo fosse anche lì con loro.
 
Con gli occhi fissi sulla schiena di Dean, in modo da non perdere di vista i suoi movimenti, cercò di concentrarsi su Sam e di richiamare a sé quelle immagini.
Si sforzò di raggiungerlo, protendendo la sua Grazia verso il ragazzo, ma sembrava non fosse in grado di spingersi fino a lui.
Era come una figura sfocata, appena al di fuori del suo capo visivo, lo percepiva, sapeva che era lì, ma non riusciva a vederlo con chiarezza. Non appena cercava di focalizzarsi su di lui, Sam o meglio la sua essenza, sembrava sfuggirgli, spostandosi di nuovo fuori dalla sua percezione cosciente.
Non riusciva a comprendere quale fosse il legame che li univa, ma aveva la sensazione che, in qualche modo, lui e il ragazzo condividessero gli stessi pensieri.
Castiel ipotizzò che fosse un effetto collaterale dell’aver deviato le allucinazioni dalla mente del ragazzo. Averle convogliate dentro di lui, probabilmente aveva aperto una sorta di canale di collegamento, che, nonostante fossero su due piani materiali differenti, gli permetteva di provare quello che provava l’altro.
 
Più spingeva e si protendeva verso di lui però, più quel contatto sembrava sfuggirgli.
Castiel chiuse gli occhi per un attimo cercando di concentrarsi, ma li riaprì subito quando sentì un tonfo.
Dean era caduto a terra e aveva emesso un gemito strozzato, quando aveva picchiato il fianco ferito contro il terreno.
Si piegò su sé stesso, mettendosi in posizione fetale, tossendo e tenendosi il fianco dolorante.
Castiel fu al suo fianco in un attimo, la paura che di nuovo risaliva lungo la schiena.
Lo vide sputare sangue.
 
In quel preciso momento, per una frazione di secondo, l’angelo sentì Sam, vicino come lo era stato in occasione dell’aggressione di Gordon.
Un fugace visione del rifugio Campbell e di una donna che lui non conosceva. Fu solo un attimo, poi un nuovo eccesso di tosse di Dean lo riportò al presente, facendolo concentrare di nuovo sul cacciatore.
Castiel rimase spiazzato da quello che aveva appena vissuto. Ebbe la certezza che a collegare entrambi fosse Dean. I sentimenti che avevano per lui erano affini, ora riusciva a sentirlo chiaramente.

Il cacciatore aveva gli occhi chiusi e continuava a tossire, ogni nuovo respiro bruciava nei polmoni, il corpo era attraversato da una serie di leggere convulsioni. Aveva cercato di andare avanti, muoversi per trovare un luogo sicuro dove rifugiarsi, era questo il pensiero che gli aveva consentito di mettere un passo davanti all’altro.
Alla fine però, aveva dovuto cedere, non era più riuscito a sorreggersi ed era rovinato a terra.
Sdraiato sul terreno, sentì l’angelo posargli una mano sulla schiena, ma non percepì il suo potere di guarigione, sembrava stesse solo cercando di confortarlo.
 
Dean sentì il calore trasmesso dal palmo della mano dell’altro attraversare i vari strati di stoffa, fino a raggiungere la muscolatura contratta. Si calmò poco a poco, lasciando che la tensione muscolare si sciogliesse.
L’aria gli sembrava sempre più difficile da inalare e il fianco gli bruciava maledettamente.
Respirò in brevi tratti, cercando di calmarsi.
Quando finalmente riuscì a riprendere il controllo, sentì Castiel che lo aiutava ad alzarsi o forse sarebbe stato più corretto dire che lo aveva praticamente sollevato di peso.
L’angelo si mise il braccio di Dean intorno al collo, tenendolo con una mano, mentre con l’altra gli circondava la vita per sorreggerlo meglio. Il cacciatore si tenne il fianco, premendo sulla stoffa che aveva usato per tamponare la ferita ricevuta, cercando di trattenere il gemito che gli era salito in gola.
Non protestò con Castiel quando ripresero a camminare, non ne ebbe la forza, l’angelo stava praticamente sostenendo gran parte del suo peso.
 
Quando finalmente trovarono un rifugio riparato, Dean era a malapena cosciente.
Castiel lo fece sdraiare a terra e controllò la sua ferita. Il pezzo di stoffa era sporco di sangue, ma sembrava che l’emorragia si fosse arrestata di nuovo.
“Dean devo cercare di curare la tua ferita”, guardò il cacciatore, rendendosi conto che l’altro si stava sforzando di rimanere cosciente, “questo probabilmente esaurirà le mie energie per un po’ … ” continuò quando ebbe la certezza che il ragazzo lo stesse comprendendo, “devi rimanere sveglio, perché dopo che ti avrò guarito, probabilmente io non lo sarò”.
Dean gemette, scuotendo la testa in senso di diniego “No! Cass no … è troppo pericoloso …” diede un altro colpo di tosse che fece tremare il suo corpo.
 
L’angelo non gli diede retta. “C’è un’altra cosa che devi sapere,  prima …”. Non aveva ancora finito di pronunciare quella frase, che le sue mani si erano già posate sul fianco ferito del cacciatore. Castiel chiuse gli occhi e si concentrò per dosare il suo potere, doveva stare attento a non esagerare o avrebbe potuto non riuscire più a riprendersi.
“Cosa? Cosa devo sapere?” chiese Dean, rilassandosi a quel tocco, lasciandosi andare all’indietro e trattenendo l’ennesimo gemito di sofferenza. Sentì il calore delle mani dell’angelo aumentare e il suo dolore diminuire. Gli sembrò che anche il senso di oppressione che sentiva sui polmoni scivolasse via, rendendogli più facile respirare.
Era già stato guarito altre volte da Castiel, ma non era mai accaduto in quel modo, sentì le forze tornare anche se non completamente, cominciava a sentirsi decisamente meglio.
“Sam sta bene … non è qui Dean. Ora ne sono certo …” Continuò l’angelo.
Dean riportò immediatamente l’attenzione sull’angelo, aveva ancora gli occhi chiusi ed era sempre più pallido, un rivolo di sangue cominciò a colargli dal naso.
“Che vuol dire? Basta! Maledizione … fermati Cass!” Dean era tornato completamente cosciente e non voleva che l’altro andasse oltre.
 
Richiamato da quella frase, Castiel aprì gli occhi e li fissò in quelli del ragazzo, un piccolo sorriso gli piegò gli angoli della bocca subito prima di perdere i sensi ed accasciarsi vicino a lui.
Dean si sporse sul corpo inerme dell’altro, constatando che era svenuto, “Dannazione Cass! Non dovevi farlo! Che volevi dire?”
‘Sam sta bene … non è qui’ Dean si aggrappò a quella frase cercando di calmarsi. Si guardò intorno, di nuovo conscio di dove si trovasse.
 
Il dolore al fianco era ancora presente, ma quando controllò la ferita, si rese conto che era chiusa, quasi come se fosse stata cicatrizzata. Il segno della pugnalata era ancora lì, Cass non lo aveva guarito del tutto, ma quanto bastava per permettergli di andare avanti.
Riusciva anche a respirare meglio, nonostante l’aria avesse sempre quel sentore di putrido e malsano.
Riportò l’attenzione sull’angelo, era pallido, ma respirava regolarmente, sperò che Cass non avesse fatto il passo più lungo della gamba e che fosse in grado di recuperare le energie che aveva usato per curarlo “maledizione” imprecò tra i denti.
Si tolse la giacca, la piegò fino a farne un fagotto e la mise sotto la testa di Castiel, “grazie …” sussurrò.
Si appoggio con la schiena alla roccia, rimanendo vicino all’angelo svenuto e si preparò a montare la guardia pregando che gli dessero un po’ di tregua.
Le ultime parole su Sam gli avevano alleggerito il cuore, ma oltre a quello, c’era un atro problema con cui presto sarebbe dovuto venire a patti, erano passate parecchie ore da quando si era svegliato in Purgatorio ed ora cominciava ad avere sete.
 
 
N.d.A.
Ringraziamo subitissimo tutti le personcine che ci stanno seguendo e commentando … anche solo seguendo … anche solo leggendo … anche solo …
*thinias da uno scoppellotto ad ele*
Thinias: ele cosa stai scrivendo?
Ele106: ma non lo so! Guarda thinny, lascia stare che sono completamente fusa!
Thinias: ce ne faremo una ragione! Ci penso io vah …
 
Allora, gente! In questo capitolo abbiamo puntato sullo sviluppo e l’evoluzione del legame che sta nascendo tra Sam e Jody *la amano*.
Speriamo di avervi accompagnati, senza fare troppa confusione, lungo quello che è stato uno dei passaggi più difficili da scrivere.  La parte delle parole di Metatron, che è completamente inventata, è stata in assoluto la più complicata, quindi speriamo sia risultata comunque credibile e comprensibile. In caso contrario … invochiamo clemenza XD
 
Ultima cosa, ma non meno importante: col prossimo giro il nostro angioletto custode la farà da padrone.
Speriamo di ritrovarvi nei commenti.
Ciauuuuuuz
  
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