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Autore: AvKeldur    01/08/2012    2 recensioni
Cosa mai potrà fare un bracciale per avere la mia vendetta su Amrin?
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La gente accorreva festosa sotto i raggi di un sole splendente, altissimo come ad ogni mezzodì e senza nuvole. Come un fiume in piena che sfocia impetuoso sul mare in tempesta, gente da ogni villaggio, Contea ed angolo della Terra degli Uomini varcava senza sosta i quattro cancelli di Astil, alti e resistenti come in nessun’altra città dei due Regni. Una selva di chiome nere e castane invadeva le ampie strade dell’immensa metropoli, diretta in gran parte alla piazza maggiore.

Tra le strade più affollate e nelle piazze principali numerose uniformi blu spiccavano in mezzo alla folla. Gruppetti di ragazze gli ronzavano intorno, attratte ognuna dal fascino della divisa e dalla risolutezza di chi fieramente la indossava. Era sempre lo stesso copione quando i giovani Cadetti dell’Accademia visitavano la capitale: non appena la voce del loro arrivo si spargeva, grandi file di loro coetanee scendevano in strada sperando di vederli, conoscerli, magari poterli attrarre; e i Cadetti prontamente ne approfittavano, vantandosi delle proprie abilità di combattenti. Anche se non tutti in realtà potevano davvero permetterselo.

Poco distante dalla grande macchia blu che costituiva i Cadetti, un giovane anch’esso in divisa se ne stava in disparte. I suoi occhi cangianti, intrisi di un verde tanto raro quanto vago e misterioso, scrutavano silenti tutt’intorno, incapaci di celare fastidio, disappunto e impazienza. Sentimenti che il loro portatore ormai conosceva fin troppo bene.

Ogni anno la stessa storia.

Karil non si era mai davvero sentito parte del gruppo e in effetti neanche lo desiderava. Troppe cose li separavano, a cominciare dal proprio aspetto. Tutti robusti, gli altri, di media altezza, con scuri capelli castani ed occhi color ghiaccio o nocciola; lui, invece, completamente diverso. Era tra i più alti, nonostante la giovane età, e i suoi capelli chiari al punto da sfiorare il dorato. Ma le due cose che più lo rendevano diverso erano gli occhi e la corporatura. Nessuno in tutta Astil e in Accademia era così esile e slanciato, donne escluse, nemmeno alla sua età; così come nessuno aveva occhi cangianti come i suoi, ancor meno verdi.

Non gli era più difficile camminare tra la gente. Era conscio di quanti occhi fossero puntati su di lui ogni volta che visitava la città, ma ormai non se ne curava. Già da tempo aveva superato quel senso di vergogna che forse – lo sapeva – non avrebbe mai dovuto neanche provare. Di contro, rimase chiuso e quasi ostile verso gli altri, e ogni giorno la cosa peggiorava. Se lui non riusciva ad essere aperto verso i suoi compagni, neanche loro sembravano essere interessati ad avvicinarsi a lui. A Karil andava bene ma in fondo ne soffriva. Sapeva che avere degli amici gli avrebbe fatto bene ma non sapeva neanche da dove cominciare.

Passavano i minuti e il giovane camminava ancora in disparte. Non era affatto interessato a rendersi ridicolo davanti a un pubblico di ragazzine incoscienti e deboli al fascino meschino degli altri Cadetti. E neanche voleva mischiarsi a qualcuno come Amrin. Karil non lo sopportava ed era sempre stato così dal giorno in cui lo vide varcare per la prima volta i cancelli dell’Accademia. Già allora aveva un’irritante aria da saccente di cui in cinque anni non si era mai privato. Ogni occasione era buona per pavoneggiarsi ed elencare i nomi dei grandi esperti d’armi che gli avevano fatto da maestri, conquistando così l’amicizia di pochi ma fedeli Cadetti. Era anche il preferito degli insegnanti dell'Accademia ma Karil sapeva che ciò dipendeva da quanto e chi Amrin rappresentasse. Suo padre, Lamber, era uno dei Grandi Generali del Regno dell’Ovest ormai in pensione da diversi anni, nonché tra gli uomini più ricchi e influenti delle due Terre. Escludere Amrin dall’Accademia avrebbe significato ritrovarsi uno scomodo nemico come Lamber nell’immediato ed un altro, lo stesso Amrin, in futuro. Per questa ragione Amrin spadroneggiava tra i Cadetti come se fosse loro superiore ridicolizzando i più deboli. Uno su tutti proprio Karil. Da diverso tempo tra di loro vi era una faida tanto accesa quanto ormai chiara a tutti, e ogni occasione era sempre buona per bisticciare.

Karil sbruffò al pensiero di quante volte Amrin gli aveva procurato fastidi e dissapori. Decise quindi di concentrarsi su cosa i mercanti avevano da offrire, cercando di dimenticare l’odiato rivale.

<< Bella giornata, non è vero? >> disse una voce dietro di lui.

Riconoscendola come quella di Amrin, Karil si girò sprezzante. << Sì, è vero… >> rispose in tono amaro. << Ma lo sarebbe ancor di più, caro Amrin, se sparissi dalla mia vista, almeno finché non saremo tornati in Accademia.>>

<< Suvvia! Non ce l’avrai ancora con me per ieri mattina, spero. Era soltanto una rana, mica un serpente! E poi è saltata fuori dal tuo stivale prima che tu lo indossassi. Dovresti ritenerti fortunato. >>

<< Ah sì? >> disse Karil incarognito. << E del pepe che hai messo nella mia brocca dell’acqua, te ne sei dimenticato? E’ bastato soltanto l’odore. Per colpa tua non ho smesso di starnutire, lacrimare e tossire per almeno mezzora. Anche di questo dovrei ritenermi fortunato? >>

<< Ma certamente, Stuzzicadenti! Avresti potuto bagnarti prima di capire che dentro la brocca c’era ben mezzo etto di pepe. Altro che minuti! Chi sa quante ore ti ci sarebbero volute per rimetterti in forze. Non che tu ne abbia già tanta, di forza! >> . Amrin scoppiò a ridere, dando una pacca sulla spalla all’irritato Karil. << Cosa c’è? Non accetti forse che sia io il migliore? Povero sciocco! Solo perché sei l’eterno secondo non vuol dire che tu sia bravo. Sei soltanto meglio di tutti gli altri, niente di più! >>

Mentre Amrin rideva ancor più forte di prima, Karil strinse i pugni e serrò le mascelle, cercando di calmarsi, ma invano. << Ora basta! Mi hai stufato! >> urlò. << Giuro che un giorno ti farò rimangiare ogni parola finché non resterai affogato con la tua stessa arroganza. Ricordalo, sbruffone che non sei altro! >> .

Si girò e fece per andarsene quando Amrin rispose ancora, ridendo sfacciatamente.

<< Dove vorresti andare, Stuzzicadenti? Attento a non cadere, ché potresti romperti qualcosa… magari la testa! >> . Disse poi qualcos’altro che Karil non intese, deciso ad andarsene dal Mercato più in fretta possibile.

Imprecando, il giovane si ritrovò quasi a correre fra le strade minori della città. Non riusciva più a sopportare l’impertinenza di Amrin. Ogni giorno in sua presenza era per Karil una boccata d’aria avvelenata, impossibile da tollerare se non evitandola, come proprio in quell’occasione aveva fatto. Credeva davvero che prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare, in un modo o in un altro, qualunque fosse il prezzo. D’altronde, se non la pazienza, non aveva niente di perdere.

Ad un tratto una mano sbucò dall’ombra alla sua destra e gli afferrò la spalla, frenando la sua corsa. Si girò di scatto, le mani già sull’elsa della spada al fianco sinistro, pronto a mettere a frutto gli anni di addestramento in Accademia. Vide un uomo incappucciato uscire dall’ombra e soltanto allora si rese conto di trovarsi in un quartiere periferico, privo di gente e di mercanti.

<< Ragazzo, vengo in pace! Non farmi del male >> disse l’uomo prima che Karil aprisse bocca. << Non temere, non ho cattive intenzioni… devi credermi! >>

Karil lo squadrò per bene, valutandone la sincerità. Indossava un vecchio e logoro mantello marrone e ai piedi aveva un paio di sandali sporchi e consumati. Una borsa in pelle nera gli attraversava il torace e pendeva lungo il fianco sinistro, unico ornamento visibile al giovane.

<< Devi credermi >> seguitò l'uomo. << Ho ascoltato le tue parole e ho capito che qualcosa ti turba. Chiunque l’avrebbe capito… ma io nei tuoi occhi posso scorgere delusione e frustrazione, segno che il tuo disagio è profondo. Rabbia e dolore segnano il tuo volto, giovane amico, un dolore che porti dentro da così tanto tempo da quasi non ricordare precisamente quanto. Non è forse così? >>

Karil rimase senza parole. Confuso, continuò a fissare l’uomo che a sua volta non mollava lo sguardo, mettendolo a disagio. In pochi erano riusciti a incrociare i suoi occhi per più di un paio di secondi e quelli dell’uomo non sembravano desistere.

<< Sì, è proprio così. Il tuo silenzio lo dimostra ancor di più. Non preoccuparti, giovane Cadetto, perché io posso aiutarti! So cosa puoi fare per sfogare la tua ira contro chi t’infastidisce così che tu possa vendicarti a dovere. >>

<< Come posso fidarmi di te, straniero? >> rispose finalmente Karil, allettato dalla curiosità ma ancora stupito.

<< Ti basti sapere che non voglio niente in cambio. In più, come vedi sono disarmato e non potrei certo cavarmela contro un futuro soldato sicuramente preparato come sembri essere. Piuttosto ho con me qualcosa che può fare al caso tuo senza che tu spenda una sola moneta. >>

L’uomo mise una mano nella borsa e subito Karil estrasse la spada. L’altro rimase impassibile anche sotto lo sguardo minaccioso dell’Allievo, sicuro che questi non l’avrebbe colpito. Tirò fuori una striscia in pelle marrone e gliela mostrò, richiudendo la borsa con l’altra mano.

<< E’ un bracciale, come puoi vedere, ma non uno semplice e comune. Questo è speciale, uno di quelli che non si trovano tra i banconi di un mercatino qualunque, nemmeno in questo periodo di grandi affari. Tienilo in mano, ragazzo, e vedrai che dico il vero. >>

Karil spostò lo sguardo dal bracciale agli occhi dell’uomo, insicuro sul da farsi. Non ritenendo però minaccioso lo strano interlocutore, prese il bracciale con una mano mentre l’altra reggeva ancora la spada puntata contro l’uomo. Esaminò il bracciale. La pelle non era affatto diversa da quelle a cui era abituato, eppure i disegni su di essa erano stupefacenti. Svariate spirali si congiungevano in un complicato motivo raffigurante qualcosa che il ragazzo azzardò identificare come antiche rune, sebbene ne avesse viste alcune di sfuggita su dei libri in Accademia. L’allaccio del bracciale era di una stoffa particolarmente sottile, nera e soffice ma dall’aria molto resistente. Nel complesso, l’oggetto era ben fatto e leggerissimo, di una fattura come davvero Karil non si sarebbe aspettato.

<< Hai ragione, straniero, è davvero speciale… ragion per cui non posso accettarlo >> disse poi, mentre ancora guardava l’oggetto. << Da dove proviene? Non ho mai… >>

Non fece in tempo a finire la frase che, alzando lo sguardo, si accorse che l’uomo era scomparso. Si girò d’istinto, circospetto e sorpreso. Non essendoci però nessuno eccetto lui, alzò le spalle indifferente e rinfoderò la spada.

Ormai calmo e rilassato e dimenticato il recente contrasto con Amrin, decise di riunirsi ai suoi compagni prima che qualcuno lo andasse a cercare. Ripose quindi il bracciale in una tasca interna della divisa e si diresse al Mercato.

Cosa mai potrà fare un bracciale per avere la mia vendetta su Amrin?

Fatti appena pochi passi, improvvisamente si fermò. Si sentiva stranamente osservato. Si guardò intorno in cerca di qualcuno che però non trovo. Fece così per meno di un minuto, finché poi riprese a camminare spensierato e disinteressato, confondendosi velocemente tra la gente nelle strade adiacenti.

 

  
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