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Autore: Piccola Stella Splendente    01/08/2012    4 recensioni
È bizzarro come le vite di due estranei si possano intrecciare.
Stella e Jake sono acqua e fuoco, sono luce e tenebre, sono giorno e notte, sole e luna.
Dicono che gli opposti si attraggono, ma è realmente così?
“«Shhh, non dirlo nemmeno per scherzo. È che tu..sei più fragile di quel che vuoi far vedere.»
Con una delle sue mani strinse tra le sue dita un piccolo lembo di stoffa della mia felpa.
«I-Io non sono debole!» affermò lei facendomi fare una piccola risatina:«C-Che hai da ridere?!» disse lei quasi alterata. Risi e poi – sinceramente non so neppure io come – la sollevai di peso.
«Non c'è nulla di male nell'essere deboli, a volte basta solo avere la persona giusta al proprio fianco.» continuai io sorridendo mentre la facevo sedere sulle mie gambe.”
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Gioco di labbra.
Pov Stella.

Decise di colmare la distanza tra noi e mi strinse a sé, accarezzandomi la testa mentre ripeteva «ehi..» con un tono di voce piuttosto dolce. Con il viso appoggiato al suo petto riuscivo a sentire i battiti del suo cuore e il suo respiro che non so perché si fece più irregolare, quasi accelerato.

 

E poi quel gesto mi fece tornare alla realtà. Mi fece mettere da parte il passato per un po' di tempo.

Delle labbra calde mi baciavano dolcemente le guance bagnate e le sue mani mi scompigliavano i capelli mentre sussurrava qualcosa:«..ehi, per piacere..ferma le lacrime, qui c'è Jake, lo stronzo bastardo menefreghista e puttaniere che adesso ti sta baciando le guance. Quello che ti ha vista al vicolo e che ora

vorrebbe stringerti a sé come non ha mai fatto con nessuna..» si zittì di colpo dopo essersi reso conto di

ciò che aveva appena detto e io sgranai gli occhi.

 

«J-Jake..?» feci io sempre con gli occhi sbarrati, ma sta volta ero tornata alla realtà, ne ero certa.

Lui invece continuò a fissarmi imperterritamente negli occhi purtroppo ancora inondati dalle lacrime.

«C-Che c-cosa c'è'?» chiese lui aumentando sempre di più l'intensità del suo sguardo, che pian piano si perse addentrandosi nei miei occhi.

Aspetta, ma che vado a pensare? Sicuramente avrà pensato a qualcosa di buffo su di me.

«Sc-Scusa..Non so che mi è preso, d-davvero..» disse io asciugandomi le lacrime con la felpa mentre il mio

corpo iniziò a tremare automaticamente.

Non se ne sarebbe accorto, o per lo meno lo speravo.

A dirla tutta, ero una ragazza che non amava i “contatti fisici”.

«Tu..Stai..Tremando.» cercò di dire lui mentre con foga mi stringeva al suo corpo, sorprendentemente caldo.

«Sì..ehm, io..Scusami.» balbettai io un po' scioccamente:«N-Non era mia intenzione causarti disagi. Scusa è..è che io, io..io..»

«Shhh, non dirlo nemmeno per scherzo. È che tu..sei più fragile di quel che vuoi far vedere.» affermò lui con

tanta sicurezza mentre il mio cuore perse un battito, come se le parole che aveva appena pronunciato fossero

vere, reali.

 

Il vero problema era proprio quello.

Quell'affermazione non era così sbagliata, anzi.

Quelle parole mi colpirono dritte al cuore, come fanno le note della tua canzone preferita.

Impresse nella mia mente si reiteravano come se ci fosse un disco impallato nella mia testa.

Io non ero debole, ero forte! Certo.

Forte come l'aria e con la corporatura di uno spaghetto cotto.

 

Con il viso appoggiato sul suo petto e le mani dietro la sua schiena, con le dita presi un piccolo lembo di stoffa e lo strinsi, cercando di filtrare la verità con indifferenza.

«I-Io non sono debole!» cercai di dire io, prendendo anche l'ultima goccia di coraggio rimasta dentro il mio

corpo, facendogli fare una piccola risatina.

 

Perché la vera battaglia non era contro di Jake e i suoi modi di fare, no.

La battaglia era contro la maschera di pietra di me stessa; una lotta con la me interna, con la me introversa.

 

«C-Che hai da ridere?!» chiesi alterata. Rise e poi dopo avermi preso per bene per i fianchi mi sollevò di peso.

«Non c'è nulla di male nell'essere deboli, a volte basta solo avere la persona giusta al proprio fianco.» disse lui quasi inconsciamente dopo essersi seduto e avermi posta sulle sue gambe.

«Ehm..Jake, c-c'è anche l'altro sgabello.» dissi diventando tremendamente rossa, mentre perplessa guardavo i suoi occhi che, visti da vicino non sembravano poi così freddi.

«E quindi?» rispose lui facendomi una domanda retorica, di cui – per sua sfortuna – mi lamentai.

 

Iniziavo quasi a sentire caldo per quella distanza veramente ridotta che ormai si era “instaurata” tra noi.

Non potevo essere così vicina a quei suoi occhi di cristallo e, stare dannatamente vicina alle sue labbra, - tanto

da sentirne pure il respiro caldo - mi mozzava il fiato.

 

Cosa andavo a pensare? Oh mio dio, dovevo proprio essere malata.

Sicuramente avevo la febbre, insomma, cos'era quella vampata di caldo che mi aveva assalito solo a pensar

quelle cose?

 

Poi dopo un piccolo momento di esitazione passato a pensare decisi di rispondere a ciò che aveva detto poco prima: «E quindi mettimi giù! Guarda che peso.»

«AHAHAHAHAHAHAHAHHAHAH, se tu pesi io non sono popolare!» continuava a ridere di gusto mente con uno sguardo truce lo fulminavo.

«Facciamo così. Mentre ti medico tu rimani in braccio a me, poi puoi far quel che ti pare, ti va?» disse lui ancora con quella mezza risata da ebete sul volto.

«No che non mi va!» strepitai decisamente contrariata della sua decisione a cui io non avevo il diritto di obbiettare, perché se anche l'avessi fatto non sarei riuscita a liberarmi dalla sua presa.

«Quindi faremo come ho detto io!» affermò, facendomi ingannare da sola, dato che cercai invano di obbiettare:«MA..» mi interruppe e continuò da solo, per la sua strada, dicendo e facendo quel che gli passava per la sua mente contorta:«Niente ma! ..Shh bambolina, fatti medicare.»

Il modo malizioso in cui aveva pronunciato la seconda parte della frase mi fece quasi sussultare.

E poi bambolina, dico..MI HA CHIAMATA BAMBOLINA!

Che qualcuno lo tiri sotto con un autobus all'istante!

Bambolina chiamava una delle sue tante troie, non me!!

 

«N-Non chiamarmi bambolina, idiota!» ringhiai io mentre sul suo viso appariva un ghigno fastidioso che mi aveva fatto venire voglia di pigliarlo a ceffoni.

«Come vuoi, bambolina.» disse marcando di più la parola “bambolina” prendendo il cotone dapprima impregnato di disinfettante.

 

Sbuffai e subito dopo mi prese il mento, iniziando a tamponare la ferita al labbro anche se a dirla tutta tamponava solo intorno alla ferita, come se avesse paura di farmi male.

Sapevo che la ferita a contatto con quel liquido sarebbe andata a fuoco per il bruciore, dato che, né la sera prima né il mattino stesso avevo accennato a disinfettarla.

Eppure tamponava delicatamente..Che avesse sul serio paura di farmi male?

Ancora più delicatamente di prima cercò di passare il batuffolo di ovatta impregnato sulla ferita, ma appena sfiorò il taglio mugolai istintivamente per il dolore, ma non pensavo che si sarebbe fermato.

 

«T-Ti ho fatto male? Scusami.»

«N-No, vai tranquillo..Non mi hai fatto male.» dissi io cercando di rassicurarlo e farlo continuare.

Prese il mio mento tra l'indice e il pollice e poi passò il pollice delicatamente sul labbro inferiore.

Che diamine gli era preso?

Non poteva accarezzarmi le labbra così, o sarei..morta, o per lo meno svenuta per il caldo che che stava

invadendo il mio corpo e il mio viso.

Deglutii, posando lo sguardo sulle sue labbra e notai che se le morse due, o forse tre volte.

Sentii l'aria mancarmi e il mio corpo per qualche istante smise di tremare assurdamente.

 

«Ehi, s-sei arrossita.» bisbigliò, accarezzandomi una guancia ormai calda per il rossore delle mie gote.

Arrossii sempre di più, consapevole del motivo del mio rossore e poi flebile flebile risposi quasi facendo finta di nulla:«Uhm, d-davvero..?» come se non me ne fossi resa conto.

 

La mia timidezza raggiungeva le stelle con quel contatto, ormai era come un incendio, ed era difficile da

domare.

Lo guardai negli occhi azzurri e – forse – infiniti come il cielo sereno nel quale, al di fuori di quell'edificio, splendeva inesorabilmente il sole che con i suoi raggi tiepidi iniziava a riscaldare quella giornata timida di febbraio inoltrato.

 

Ancora quella distanza così ridotta che mi dava alla testa.

Il suo odore, il suo profumo.

Il suo respiro.

 

Si avvicinò lentamente al mio viso, iniziando a giocare con i nostri nasi, facendoli sfiorare; poi, dopo avermi accarezzato nuovamente le labbra vi ci stampò sopra un piccolo bacio a stampo, mandandomi quasi in confusione.

Scostai il mio viso dal suo assumendo un'espressione confusa, quasi contrariata a quel casto bacio che in effetti non mi era per niente dispiaciuto.

Le sue labbra erano morbide, soffici, come lo zucchero filato.

 

«Jake, vuoi che ti schiaffeggi per farti capire che non sono come tutte le altre oche?» domandai secca cercando

di alzarmi, anche se non ci riusci dato che in secondo mi strinse tra le sue braccia, avvinghiate alla mia vita.

«Hai ragione, ma non dire che non ti è piaciuto!» rispose lui ammiccando mentre il ghigno tornava a comparire sul suo volto.

Arrossii come non mai:«E chi ti dice che mi è piaciuto?!»

Oh beh, sappiamo entrambi che ti è piaciuto.” pensò una parte di me.

«Me lo dicono le tue guance!» disse lui ammiccando nuovamente, per poi scoppiare in risa.

«B-Beh, solo perché sono timida non significa che mi sia piaciuto..Non decido io quando arrossire..! E poi sei stato tu a prendere la decisione di baciarmi! Fortuna che ti ho fermato, o te ne saresti pentito subito.» risposi.

«Con delle labbra come le tue non credo che me ne sarei pentito, bambolina.» dopo aver ammiccato per l'ennesima mi soffiò sulle labbra, facendomi rimanere di stucco.

«Stupido pervertito maniaco.» dissi io fulminandolo e uccidendolo con lo sguardo.

 

E rideva, di nuovo.

«No, ma che ci ridi?! Tu mi esasperi, brutto idiota.» cercai di liberarmi da quella sua stretta prendendogli le

mani, dato che erano ancora avvinghiate dietro la mia schiena.

«Che ti costa lasciarmi andare? Tanto mi hai già disinfettato la ferita e non credo che si possa mettere un cerotto vicino al labbro.» dissi ancora alle prese con le sue mani.

Successivamente fu lui a prendermi le mani, facendo appoggiare le nostre mani palmo contro palmo, arrivando a sfiorare l'uno le dita dell'altro.

«Come cosa mi costa lasciarti andare? Mi costa eccome.» disse lui quasi vantandosi.

«E che ti dovrebbe costare, una scarpata in pieno viso?» risposi io sarcastica.

«No, questo, sciocca bambolina.» affermò il ragazzo prima di ridurre drasticamente le distanze tra i nostri visi prendendomi il mento con le dita e baciandomi.

 

Un bacio.

Non più “un bacio” come quello di prima.

Questo era un bacio, completo quasi di tutto.

Delle carezze che ci facevamo a vicenda mentre le nostre labbra sembravano perfette insieme.

 

Le labbra erano incastrate perfettamente tra di loro, come le nostre mani qualche attimo prima di iniziare ad accarezzarci.

 

All'inizio fu in semplice gioco di labbra, poi iniziò a mordicchiarmi dolcemente il labbro inferiore cercando

di farmi dischiudere le labbra, fino a che non le dischiusi e le nostre lingue iniziarono a sfiorarsi mentre

con passione giocavano.

 

Cioccolato, eh.

Mica male il ragazzo.

 

Mentre le mie mani percorrevano la distanza tra il suo viso e i capelli sentii le sue dita accarezzarmi il centro

della schiena, facendomi a dir poco impazzire.

Oh mio dio..Aveva già trovato il mio punto debole.

 

Mi provocò brividi ovunque, mentre tranquillamente lui passava ancora la sua mano sulla mia schiena.

A dirla tutta quel bacio non aveva quasi nulla a che vedere con la dolcezza, i padroni di quel gioco erano la passione e l'intensità, che fecero perdere la testa ad entrambi.

Nessuno dei due capii chi, effettivamente, si staccò per primo.

 

Non mi importava più di arrossire.

Se quel bacio era stato un semplice errore, sarebbe stato l'errore più bello della mia vita.

Siamo sinceri, su.

Jake bacia da dio.

Le mie mani e le sue sembravano andare in automatico: le sue continuavano ad accarezzarle la schiena e

le mie coccolavano il mio viso tra una carezza e l'altra.

«N-Non a-avrei dovuto..Sc-Scusami..» balbettò in preda all'imbarazzo.

«B-Beh, è a-anche colpa mia c-che ho ricambiato..» risposi io esitando.

 

Come se non fosse successo nulla – per fortuna - ricominciò a medicarmi e quando finì mi cinse i fianchi e mi rimise in piedi, di seguito si alzò anche lui da quella sedia di plastica dura su cui poco prima ci eravamo avventati l'uno sulle labbra dell'altro.

 

Tremavo ancora e la cosa mi infastidiva molto anche se..Sembrava che infastidisse più Jake che me, dato che appena lo notò aggrottò le sopracciglia, facendosi più cupo in viso.

 

«S-Senti, io vado.» disse di punto in bianco prendendo la cartella ormai accantonata sopra un lettino.

«Vai già a lezione? Dove hai intenzione di andare?» oddio, manco fosse mia madre.

«Uscirò di “soppiatto” dalla scuola e me ne tornerò a casa.»risposi sorridendo.

«Allora ti accompagno.» disse lui afferrando la cartella dopo essersi tolto la felpa.

Praticamente ormai il suo busto era coperto solo da una canottiera a coste nera che faceva fare la sua parte alla muscolatura ben definita di Jake.

«N.O. Grazie.» risposi io secca alla sua affermazione. Come gli avrei spiegato che non sarei tornata a casa mia?

«E perché no?» chiese ghignando.

«Beh, perché prima ho delle cose da fare..!» cercai di ribattere.

«Non c'è problema, ti accompagnerò ovunque tu voglia andare.»

«Stalker.» dissi io cercando di andarmene frettolosamente, ma nulla mi fece scappare appena in tempo dalle grinfie di Jake.

«Non m'importa se tu mi scambi per uno stalker. Verrò con te.» ripeté lui mentre io cercavo di andarmene.

Senza rispondere mi diressi all'uscita della scuola camminando tranquillamente, credendo di averlo lasciato in infermeria, ma..eccolo che spunta di nuovo come un fungo in pieno novembre.

Stavo per uscire dalla scuola quando un braccio mi blocca l'uscita.

   
 
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