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Autore: marig28_libra    01/08/2012    1 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“ Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro…”

( E. Montale)

 

Mu e Kiki discesero il sentiero dell’Acropoli  intrufolandosi nelle stradine ciottolose della città.
Prima di far ritorno ad Atene, Sion aveva concesso loro due ore di meritato riposo. Durante la mattina i due fratelli erano stati impegnati in un  lungo allenamento e nel pomeriggio aveva avuto poi luogo il Rituale del Montone.
Mu, col cuore pieno d’esausta gioia, si guardava di tanto in tanto la mantella color porpora che indossava…riaverla di nuovo a contatto col  corpo era come lasciarsi accarezzare da Leira…prima che fosse cominciata la fase finale del Rito, era stato costretto a spogliarsi d’essa: separarsi da quel gioiello era sottrarre a se stesso una parte d’ animo… erano franate le pietre taglienti del panico tutte d’un colpo.
Atena, però, gliele aveva demolite. Se ella metteva alla prova, era in grado al contempo d’offrire raggi di speranza e fiducia che apparivano , talune volte, tristemente assurdi.
Il giovane aveva proseguito e  creduto…se era riuscito a leggersi dentro, se era riuscito ad accogliere lo spirito della dea saggezza lo doveva al suo Sommo Maestro.

Si voltò alle spalle, verso l’altura dell’Acropoli…
Sion aveva espresso il desiderio di restare lì ,nella solitudine meditabonda, per diversi attimi.

Mu gli voleva un bene intenso e profondo.
Era guida, padre… era l’aquila che,  con l’ ombra che nuotava sul suolo, gli spianava le radure del Cielo. Restava, tuttavia, un manoscritto dalle splendide miniature criptate.
Il ragazzo aveva la sensazione di conoscerlo perfettamente ma aveva la coscienza di non conoscerlo affatto…quell’uomo, dalle sembianze di fiorita giovinezza e dall’animo d’un saggio pluricentenario, celava molte cose, forse si nascondeva in parte anche da se stesso…
Sembrava irraggiungibile. I portoni per entrare nel suo cuore potevano essere fatti d’un ottone spropositatamente pesante.
Sion era dotato d’una mente talmente sopraffina da parere una sorta di semidio…Mu, nonostante ciò, sapeva che la sua umanità era  tangibile:  ogni suo sguardo, ogni suo passo, disperdeva la  scia d’un misterioso polline d’emotività e irrequietezza.
L’adolescente avrebbe desiderato veramente essere un suo pari. Tante  volte pensava a come  Doko avesse parlato, riso, sofferto, lottato con lui…già…l’amicizia con Doko della Bilancia…uno dei  pochi elementi  della remota esistenza del Maestro che aveva presente.
Tante erano le perle serrate in un cofanetto sotterrato in chissà quale giardino…

Non gli  restava, dunque, che stimare, apprendere e contemplare con riservatezza. Si riteneva davvero fortunato. Rabbrividiva al pensiero d’essere stato benedetto dal Destino…se non avesse avuto Sion? Se gli fosse capitato un uomo di dubbia moralità?
Si ricordava di Milo, del suo legame col padre…capiva la ragione che spingeva quel guerriero ad amare la compagnia, ad essere scherzoso, estroverso : il silenzio era un crudele compagno che spingeva in tormenti d’antichi rancori e di sentimenti contrastanti.
Che dire di Ohen? Definire il suo defunto insegnante  spregevole era poco più che un eufemismo…
Death Mask, invece? Aveva subito i più atroci addestramenti, nell’Etna, sotto lo sguardo letale di Serse, il più oscuro dei cavalieri d’argento…

- Fratellone, il Signor Sion ci raggiungerà dopo? – domandò Kiki.

Il brusio della cittadina sottostante non scalfiva lo scorrere dei minuti, invecchiati e  insonnoliti,
degli antichi edifici…
Mu protrasse ancora per un po’ il suo sguardo sulla sommità dell’Acropoli.

- Sì…- mormorò infine sorridendo – il Maestro scenderà da quelle scale e ci verrà poi incontro.

 

 

Lindo era un grumo  di zollette di zucchero che si sparpagliava attorno al colle dell’Acropoli.
Da lì sopra Sion esaminava le casette candide, i pioppi, i pini marittimi , il mare turchese e blu che si sarebbe macchiato, nelle ore successive,  dei goccioli  del tramonto…
Mu e il fratellino si stavano sicuramente avviando verso il centro della città.

Mu… il suo discepolo…
Ne era trascorso di tempo.

Sion rimembrava con triste e gioiosa tenerezza quando quella notte,  nell’Osservatorio sull’Altura delle Stelle, avevo appreso la nascita del suo futuro successore.
Le stelle s’erano  mostrate più che limpide. Il volere d’Atena era stato inciso con parole d’azzurra luce.
Era il ventuno marzo, equinozio di primavera. Il ventisette sarebbe venuto al mondo…lui.

Al termine dei venti giorni che seguirono quella nascita, andò in Tibet, nel villaggio del Sole di Giada.

Era una mite  giornata d’aprile…

- Sta arrivando il Grande Sion! Sta arrivando il Grande Sion!- esclamò un muratore correndo per la strada principale del piccolo borgo.

La gente levò nell’aria un coro agitato ed entusiasta.
Da moltissimi anni  il nobile cavaliere dell’Ariete non si recava in quei luoghi.
Deteneva il potere dell’ animale protettore dei villaggi del Tibet.
Era il pluricentenario maestro dell’arte di riparatura delle vestigia.

Gli abitanti capirono immediatamente il motivo della sua grave visita: il neonato con le due strane macchie sulla fronte. Il  figlio di Dem Lai e Suntel.

Sion, con l’armatura dorata,  percorse  calmo e ieratico la via principale, rispondendo agli inchini deferenziali delle persone…
Giunse infine ad una casetta di legno dove dinanzi alla soglia lo salutarono due bei giovani: un ragazzo di vent’anni e una delicata fanciulla diciottenne che aveva in braccio un piccino.
Sorridendo garbatamente, l’uomo domandò:

- Siete voi Dem Lai e Suntel, genitori del neonato Mu?

Intimidita dal guerriero la coppia di coniugi annuì.

- Perdonate la mia impudenza. Io, Sion, cavaliere dell’Ariete, sono giunto qui poiché ho appreso dalle stelle la nascita del mio futuro apprendista, colui che dovrà ereditare le vestigia che io ora indosso.

I giovani, presi dall’ansia dello sbigottimento, fissarono il loro bimbo.
Il maestoso paladino  dell’ariete non poté fare a meno di contemplare dolcemente quella scena…
S’incantò soprattutto nell’osservare il piccolo…
Tra le braccia della mamma, era un micetto  che guardava incuriosito il mondo coi suoi grandi occhi verde acqua.
Il visino paffuto, il naso minuto, il capo ornato di capelli lilla, lo rendevano una soffice goccia di rugiada.

“ Una stella appena sorta…un fiore che dev’ancora schiudere la sua corolla…un cucciolo totalmente ignaro e bianco…” rifletté con seriosa tenerezza Sion.

Come convincere una fresca coppia  ad accettare un futuro destino  di pericoli e doveri?
Con che diritto strappare il loro figlio dai programmi d’un’esistenza serena?
Il volere divino: la legge d’Atena. La preservazione della pace: ne andavano le sorti dell’umanità. Era giunta di nuovo l’era in cui l’ordine dei cavalieri d’oro doveva rinascere…
Il guerriero dell’Ariete ne era più che consapevole ma il cuore gli bruciava nel guardare Dem Lai e Suntel: nei loro sguardi decifrava una spaventata consapevolezza in quanto essi sapevano che sarebbe arrivato quel momento…avevano però cercato di dimenticarlo, farlo sciogliere come un miraggio…forse preferivano non credere…forse desideravano che quella mattina fosse solo una  nube passeggera…
Nei loro confronti, Sion manteneva un contegno formale, rispettoso, temperato come era opportuno che si comportasse un saggio uomo d’armi.
Non era possibile comunque sopprimere nei propri meandri l’essenza umana…

- Permettete?- chiese gentilmente ai due  accennando con lo sguardo a Mu.

Suntel in soggezione ma senza abbassare il capo glielo  porse lentamente.Venne  preso con delicatezza tra le braccia.

Fu una sensazione struggente.

Nonostante preservasse un’espressione quieta e posata, Sion , dentro lo spirito, fu inondato da un acquazzone di gocce roventi e dolci  che gli si versò in ogni arteria.
Da quanti anni non stringeva un neonato?
Da quanto tempo non era più padre e non poteva cullare la sua Hymen?

Troppo…troppo…talmente tanti soli erano nati e morti che il passato pareva chiuso all’interno un’anfora seppellita sotto i cipressi.

Mu aveva demolito per un istante il coperchio di quel vaso…

Gli occhi purpurei dell’uomo s’incrociarono con quelli del piccino in un incorporeo ponte d’astri.

- Maestro Sion! – fece tremante Suntel avvicinandoglisi- v-voi…porterete via…Mu?

- Non potremo più vederlo? – soggiunse Dem Lei visibilmente agitato.

- No…- rispose pacatamente il cavaliere – durante gli addestramenti vostro figlio continuerà sempre a tornare qui… quando avrà compiuto tre anni dovrò iniziarlo gradualmente alla vita di servitore d’Atena…per lunghi periodi  si recherà con me nelle terre dell’Himalaya, del Jamir, nelle altre località dell’Asia per imparare il controllo dei suoi poteri…vi saranno diverse occasioni in cui apprenderà anche ad Atene, sede del Grande Tempio.

I due sposi non sapevano se sentirsi magramente consolati o no.

- Signore…- mormorò la madre di Mu con triste angoscia- proprio…nostro figlio?

Sion la fissò gravemente.

- Perdonateci, ma…- proseguì la giovane- non può essere qualcun altro a…occupare il futuro posto di cavaliere dell’Ariete?

- Maestro Sion…- aggiunse il marito – non oseremmo mai dubitare di voi…però…le stelle hanno davvero predetto la sorte del nostro Mu?

L’uomo sospirò piano…
Sentì l’animo pesargli come una montagna.
Spostò un istante l’attenzione sul bimbo: squadrava le cose colmo d’interesse e privo di paura…l’incoscienza gli conferiva serenità e protezione…

- I moti degli astri celesti – rivelò- sono incorruttibili e perfetti. Non appartengono al divenire della Terra, non conoscono le incertezze e i dubbi di cui è succube l’animo umano. Essi trascendono qualunque nebbia, qualunque fuliggine che impolvera il nostro mondo. Le stelle sono divine…nessun loro verdetto è errato.

Dem Lai e Suntel non poterono obiettare più nulla.
Si strinsero mestamente l’uno all’altra.

- Piccolo Mu – si rivolse Sion- in nome d’Atena, t’infondo tutta la luce del mio bene, affinché dentro di te si svegli l’energia latente del  cosmo.

Gli toccò con l’indice destro la fronte  creando  una piccola scintilla.

- Sarai il mio apprendista e giuro, sul sangue del mio cuore, che ti condurrò sulla via della Luce e della Conoscenza. Che l’Occhio dell’Ariete dimori perennemente nel tuo animo e vegli sul tuo destino.

Mu, ridendo, gli afferrò il dito con la manina  .
Il Maestro  sorrise e lo restituì alla mamma liberandosi tenuemente da quella presa.

Dem Lai e Suntel s’inchinarono solenni e abbattuti.
Sion ricambiò il saluto e volse le spalle in direzione dell’uscita del villaggio.

Mentre s’allontanava, Mu  non smetteva d’ammirarlo…
La sua figura, dalla lunga chioma dorata, era così bella, inafferrabile, dotata d’un’azzurra nobiltà…
Quel mantello bianco, che l’avvolgeva, ondeggiava celando la porta delle steppe notturne delle guerre…

 


Chi era?
Com’era?
Dov’errava?
Sion si conferiva molte, troppe, zero risposte.

Maestro? Sì.
Di fasci luminosi, sapienza, lotte, disegni divini…

Sacerdote? Sì.
D’Atena, dello Zodiaco, dell’Est, dell’Ovest… della notte. La notte che sorregge la luna. La notte che brancola nel suo stesso buio.

Era traghettatore? Sì…
Tutti i fiumi conosceva poiché d’ognuno aveva avuto timore.

Cos’era per Mu? Angelo o carnefice?

Spesso rifletteva con amarezza. Certo, stava compiendo la sua missione: ormai l’ allievo, dopo tredici anni,  aveva terminato il percorso di formazione. Entro tre anni avrebbe dovuto conquistare l’armatura d’oro…
Cosa si rimproverava come guida? Niente…stava perseguendo il suo dovere nei confronti d’Atena…eppure…non era mai riuscito a dimenticare le espressioni di Dem Lai e Suntel  quando avevano realizzato la sorte del proprio figlio. Innumerevoli volte, si domandava come sarebbe stato se avesse lasciato Mu tra le braccia del semplice mondo quotidiano: nessun supplizio fisico o  prove disumane , nessun peso divino sulle spalle…

“ Mu, non sai quanto  desidero chiederti scusa” meditava Sion “ ho assistito al superamento dei tuoi ostacoli con sguardo di pietra…lo sai, non posso palesare spesso i moti dell’emozioni. Sono Maestro e su di me grava  una missione che m’ha affidato Atena…t’assicuro che però mai, in questi anni, sono restato indifferente alla tue lacrime. Se le stelle l’avessero concesso, avresti assaporato la   tranquillità nel tuo villaggio…non ti sarei comparso davanti…avresti superato piano, piano, la sanguinosa ferita del lutto dei genitori circondato dalle montagne e dalla serenità. Un amore profondo, inoltre,  ti lega a quella fanciulla… Leira…cos’avresti potuto temere? “

Il mare continuava a respirare allagando l’infinito orizzonte.

Ci si può svegliare prima del Sole ma il Destino ci precederà sempre…stabilisce tutto a nostra insaputa….Non vi sono  nascondigli per evitarlo, non esiste una tagliola in grado di ghermirlo, non nascerà mai un cacciatore che appenderà la sua testa come trofeo. Mu, anche il tuo fratellino è stato investito dalle stelle dell’Ariete ma per  fortuna può contare su di te e sulla grandezza del tuo animo…”

Sion sorrise rammaricato.

Se solo il Fato m’elargisse il suo pennello, ridipingerei  la tua esistenza priva di pioggia e di neve…senza lotte, senz’armature…tu e Kiki distanti e alieni dalle tempeste del Santuario…tu e Leira liberi dalle catene della paura.”


Un odore singolare distolse l’uomo dalle proprie elucubrazioni.

Era un aroma tenero…leggero…colorato nebbiosamente…
Un aroma famigliare.

Ricordava la pelle, le vesti, la chioma d’una donna.

Sion era allibito.
Stravolto.

I portali della sua antica esistenza si spalancarono violentemente.

Una raffica di vento gli mostrò un nome inciso su una lapide.


Briseis.


Era la seconda volta, da quando era arrivato in Grecia, che riaffiorava quel fiore ormai sformato dal macigno degli anni…Prima nella calma eterna della necropoli d’Atene, ora…a Lindo.

Lindo…Lindo…non era  stata la città natale di lei?
Lei, Briseis?
Il Maestro di Mu si mise una mano sul cuore come se avesse il timore che divenisse di nuovo rigoglioso o si disintegrasse in pezzi di carbone…

Dal pozzo del passato ecco che la carrucola gl’aveva  sollevato un secchio…un secchio ricolmo d’acqua brillante e buia…sullo specchio bagnato di quelle piccole onde un viso….
Il viso dell’amore.
Il viso che adesso si spogliava della croce della morte.

Lo spirito venne trascinato giù per cascate remote…

Ecco che Sion si rivedeva quindicenne.
S’era  stabilito permanentemente ad Atene in un semplice ma spazioso alloggio….non poteva ancora risiedere nella Casa del Montone Bianco in quanto doveva concludere il suo percorso d’apprendista….

Quel  pomeriggio  di giugno il Sommo Hakurei aveva deciso d’intervenire all’interno dei suoi spazi….domestici.


- Sion, lei è Briseis. D’ora in avanti sarà la tua ancella personale.

L’adolescente guardò con scarso entusiasmo la fanciulla minuta che gli stava davanti….
Perché mai al Maestro gl’era saltata in testa la brillante idea di affibbiargli  una servetta? Il suo alloggio privato non ne aveva bisogno, andava bene così!
Regnava l’armonia, la libertà. Si poteva riporre qualunque oggetto su qualunque ripiano, nella stanza da letto i manoscritti  di letteratura, filosofia e storia svolazzavano senza regole dalla scrivania al pavimento, negli armadietti e nelle casse gl’indumenti venivano piegati con gioiosa non chalance…
Ora tutto sarebbe andato in rovina!

- E’ un onore entrare al vostro servizio padron, Sion – sorrise compostamente la ragazza con un inchino.

“ Sarebbe un onore se filassi a far la polvere da qualcun altro! “ avrebbe voluto rispondere il guerriero ma disse  con forzato garbo: - sono io…emh…lieto d’avervi come…governante del mio appartamento privato.

Quanto pesarono le ultime parole!
Ad Hakurei, non sfuggì quella lieve incrinatura di voce.
Fissò con leggero cipiglio l’apprendista e proferì a Briseis: - potresti scusarci, gentilmente?

Prese per un attimo in disparte Sion e gli mormorò severamente ad un orecchio:

- Bada a non fare il  ragazzotto grezzo! Briseis è  una diligente fanciulla  appena trasferitasi da Lindo con la famiglia… lei e i genitori sperano di vivere bene qui a Rodorio e di lavorare tranquillamente. Evita di procurarle inutili affanni, chiaro?

- Maestro , ma per quale ragione vi siete scomodato così?! Ve l’ho detto che io non necessito di…

- Tu necessiti di molte cose e una di queste è quella  di convivere con l’ordine!

- Ho una personale gestione del mio alloggio e niente sfugge alla mia attenzione e…

- La sai suonare bene la tua canzone! Peccato che dovrai farti rimettere in riga.

- Maestro, vi supplico…

Non  ascoltò  le  implorazioni dell’allievo.

- Briseis, il mio discepolo ti darà le giuste indicazioni sulle mansioni che dovrai svolgere. Vi lascio.

Si congedò cortesemente dalla giovane e lanciò un ultimo sguardo ammonitore a Sion.
Non appena  se ne fu andato l’ancella chiese:

- Se non sembro  impudente, vi chiederei , per favore, di  farmi conoscere  la vostra dimora…

Il ragazzo la squadrò seccato.
Sospirò frustrato.

Si avvicinò a lei, impettendosi  altezzoso affinché il suo imbarazzo  potesse  mascherarsi.

“ Tsé…non è neanche il mio tipo” pensò “ guarda quant’è lentigginosa…”

Era un’adolescente molto semplice e quasi anonima: viso piccolo, nasetto un po’ tondo, occhi  scuri , capelli lunghi e neri raccolti in una treccia attorcigliata  sopra la nuca…
Niente di speciale o bello.

- Allora? – lo sollecitò lei – le vostre camere sono talmente piene di inconfessabili segreti che nessuno le può ammirare?

Rise leggera e vivace.
Sion rimase interdetto da quell’atteggiamento ironico, spontaneo e ilare.
Irritato nel suo orgoglio ribatté:

- Se non hai intenzione di dilettarmi con qualche altra spiritosaggine ti faccio vedere le stanze…

- Perdonatemi.

Sorrise dolcemente piegando il capo come fosse una bimba dispettosa.

Sion le osservò le  labbra…avevano una linea pulita e bella, simili alle ali d’un gabbiano…
Guardò  bene i suoi occhi…non erano d’un nero puro…rilucevano di meravigliosi sprazzi violacei…
I capelli di carbone riflettevano  raggi  verdastri  che richiamavano alla mente le fronde dei pini…


 Il Maestro di Mu rise piano….un po’ mesto, un po’ dilettato…
Gli pareva quasi di leggere una fiaba…la sua  fiaba che  , un tempo lontano, era stata reale.
Si svelava straniante l’effetto di contemplarsi adolescente, ragazzo con il desiderio di raggiungere la temperanza ma con  l’impulsività che non voleva cessare di cantare.

Era distante e terribilmente vicina l’immagine di Briseis…

Sion aveva sempre scrutato gl’anni ingrigiti con il cannocchiale: da quella lente solo isole irraggiungibili...
Adesso, però, tutto  s’era arrampicato sulla superficie d’un  iceberg.
La giovinezza sembrava di nuovo palpabile e… Lei era resuscitata. Resuscitata con tutte le giornate di piccoli battibecchi, incomprensioni, duelli.
L’uomo rimembrava, sorridendo, che non era stato un colpo di fulmine quello con l’ amata.
Non gli piaceva neanche all’inizio, sebbene avesse scrutato qualcosa di vagamente speciale e attraente  nel suo volto.
Ce n’era voluto di tempo per rendersi  conto di quanto fosse bella, di quanto fosse dotata d’uno splendore unico simile a quei libri che vanno  riletti  più volte per carpirne il vero valore.
Le battaglie erano state innumerevoli: lui era solito a polemizzare sull’ordine  che non gli faceva trovare più nulla, lei resisteva caparbia continuando più zelante di prima nelle pulizie…borbottii, rimproveri, lamentele…

Sion s’era impresso nella memoria le espressioni di Briseis: sguardi bonari, determinati, beffardi e  mai furbi o maligni…sguardi da generale d’esercito, da madre severa.
Tante volte s’era ritrovato a soffrire sgridate al pari d’un bimbetto scalmanato. L’ ancella lo riprendeva  peggio d’una moglie ed egli minacciava perennemente di licenziarla senza alla fine  mai trovare il coraggio di concretizzare tale atto…la casa non poteva riordinarsi da sola…le colazioni, i pranzi e le cene erano più gustosi se preparati da mani femminili…
Con quel latente infantilismo che risiede negli uomini, aveva apprezzato  gradualmente le mansioni della giovane, specialmente gradendo il modo in cui gli aggiustava la corazza prima d’ogni addestramento, gli sistemava i capelli e gli faceva trovare la vasca da bagno pronta…
Mese dopo mese scopriva cose nuove…
Evadeva dall’universo delle lotte, per apprendere le piccole magie del mondo normale…le piccole magie di Briseis…

Con mesta nostalgia Sion aprì un’altra delle finestre della memoria…
Erano i primi di settembre. Aveva concesso alla ragazza una settimana libera per ritornare a Lindo coi suoi in occasione d’un’importante festa locale. Era una cerimonia in cui ella avrebbe cantato…
Alla scoperta di ciò,  aveva deciso che non si sarebbe perso quell’evento…non sapeva ancora che forma  possedessero i propri sentimenti, ma doveva recarsi a Lindo. Era sicuro ch’avrebbe assistito ad un meraviglioso spettacolo.

Con la scusa d’un addestramento straordinario , al di fuori d’Atene,  si recò nell’isola di Rodi trascinandosi appresso il suo migliore amico… 
 

Sion e Doko si stavano avviando frettolosamente verso il centro di Lindo.
Sudati e lerci di polvere d’allenamento, avevano appena abbandonato la campagna circostante macchiata di  boschetti e terra brulla.

- Sion! Si può sapere che caspita hai in mente?!

- Fare un giro in città.

- E  che fretta c’è? Mica i palazzi scappano! Andiamo a lavarci un attimo con calma! Sai che profumo di mare emaniamo dopo otto ore d’esercizi?

- Ci puliremo dopo! Adesso non dobbiamo!

- Ma perché?!

- Taci e corri!

Il biondo e il rosso si scaraventarono dentro le mura  della città.
La gente scorrazzava allegramente per le vie. Le bancarelle spumeggiavano di deliziosi prodotti alimentari.
Si udivano  musici che s’esercitavano con flauti,  trombe, percussioni.
 Le case candide erano adornate come giovani vestali… Dai balconcini di ferro battuto pendevano delle fini e ricamate coperte da festa. Le imposte azzurre delle finestre di legno erano addobbate con stendardi colorati. Gli orli delle terrazze si mostravano ingioiellati di gigli, rose, fiordalisi.

- Che cerimonia sta per aver luogo? Si celebra qualche santo? – chiese Doko fermandosi e voltandosi affascinato da una parte all’altra.

- Da quel che so – rispose Sion- festeggiano la Madonna della Baia Azzurra.

Diverse fanciulle si bloccarono per  fissare   i due guerrieri asiatici ch’erano a torso nudo…i loro corpi imponenti e ben scolpiti non passavano certo inosservati…

- Presto, Doko!! Andiamo in piazza!!

- Cosa diamine t’infiamma le budella?! 

- Spicciamoci! Tra poco canterà!! 

- Chi?!

- Muoviti!!

Ripresero a  saettare eguali a ghepardi della savana.
Al loro impetuoso spostamento d’aria,  le ragazze  si tirarono giù i lembi delle gonne  sollevati. Ridendo giulive strillarono:

- Ehi! Bei fusti!!Tornate qui !

I ragazzi erano, purtroppo, già giunti in piazza.

Da uno dei vicoli secondari stava giungendo una solenne processione.
In prima fila, succedute dai portatori dei  vessilli sacri, una schiera di giovani donne con delle immacolate vesti di seta.
Al centro , una fanciulla dai lunghi e ondulati capelli neri. La fronte era cinta soavemente da una sottile ghirlanda di margherite…la vita sottile e morbida era orlata da una cintura dorata di velluto…
Era la prima cantrice del coro.

- Sion ,non è la tua…

- Ssssh!!

I suonatori si disposero ordinatamente, pronti a dar forma all’inno religioso.
Doko guardò l’amico che s’accingeva ad udire Briseis. Ridacchiando piano gli sussurrò:

- Allora, Ulisse? Hai bisogno che ti tenga legato all’albero maestro della nave? Le sirene sono tremende…

- Scemo!

Sion gli sferrò una gomitata nelle costole.

Briseis dipinse col pastello della propria voce il salmo celeste…
Perle rosee, luccicanti…una catena di cristalli smossa dal vento…petali di magnolia profumati…il cavaliere dell’ariete non sapeva quale immagine di sottile vetro potesse definire meglio il timbro della ragazza…
Era davvero una semplice serva? Un’ancella in grado solo di pulire, spolverare, riordinare?

No…forse era veramente una sirena o una ninfa o la figlia d’una Musa…Tersicore l’aveva benedetta in un qualche misterioso modo…

Possedeva una sottigliezza, un’innata elevatezza che non appartenevano  alla rustichezza della gente umile…aveva mantenuto quella grazia, semplicissima e fresca dietro i panneggi delle mansioni domestiche…ogni suo gesto quotidiano era deciso, sobrio, elegante…
Sion non distolse un solo minuto lo sguardo dal suo viso puntinato di lentiggini.
Doko , divertito,  studiava quell’ espressione ipnotizzata…
Quando si concluse la litania in onore della Vergine proruppe sorridendo:

- “ Non è il mio tipo” , eh? “ È una ragazzetta pignola, insolente e guastafeste”, giusto?

- Che vuoi insinuare?

- Che non mi hai confessato parecchie cose.

- Piantala.

- Ecco  il tuo orgoglio da testa di legno! Ecco che non vuoi soppesare la verità!!

- Sei molesto, bilancino!!

- Hai paura d’incornare il tuo cuore, arietino?

- Deficiente.

- Dove andrai se la  testaccia a posto non metterai?

Sion prese a ricorrere l’amico.

Briseis proiettò la sua attenzione a quel vivace duo d’adolescenti…
Non poté non riconoscere la lunga chioma dorata del  padrone…

Com’è che aveva deciso di recarsi a Lindo?
Com’è che…l’aveva ascoltata?

Arrossendo di confusione e di piacere, cercò ti tenere ben salde le briglie del suo cuore galoppante…
 

Sì…Briseis gl’aveva teso degli incantesimi…
Sion  aveva compreso che  era dotata d’un animo straordinariamente fine…si ricordava della sua voglia d’imparare a leggere, della tristezza con cui sfogliava  libri che desiderava apprendere…
Egli aveva  stabilito, dunque,  come un decreto d’oro, d’iniziarla al mondo della lettura e della scrittura. Grazie alle sue lezioni,  era riuscita ad uscire dal  buio dell'analfabetismo che non le aveva mai  permesso d’apprezzare le parole…
Adorava spiegarle il significato dei termini, le frasi che dipingevano una scena epica o che esplicavano un concetto filosofico…la ragazza lo ascoltava attentamente e anche se era consapevole che non sarebbe mai  riuscita ad eguagliare i suoi livelli di cultura si sentiva molto più fortificata.

Così le giornate avevano preso a fiorire sempre di più…

Così Sion rammentava quegli arcaici sentimenti che erano  divenuti  gradualmente più intensi e infiammati…
Ecco che osservava i suoi primi abbracci, l’avventatezza dei suoi primi baci, le dolci manifestazioni del desiderio fisico. 

A quell’improvviso divampare d’emozioni  , l’uomo riemerse un attimo dall’apnea del passato…


L’odore di Briseis sembrava , tuttavia,  diventato più intenso.
 

Il Maestro di Mu s’allontanò dal Tempio d’Atena per seguire la bruma del profumo…giunse un po’ più distante dinanzi ad un antico edificio:  le rovine d’un castello d’età bizantina.

Posò una mano sulla facciata del palazzo, dominata  da uno splendido portone fregiato…

In quel lontano giorno era stata più dorato, magnifico…
Era stata testimone d’una grande promessa.

Dalla sua parte i  compagni d’armi e il Maestro…dalla parte di lei il gruppo dei famigliari…

A presiedere quell’intima e immensa cerimonia Doko, il  grande amico…
Avevano diciotto anni, l’armatura d’oro conquistata rischiando la pelle ed una gioia di dimenticarsi gl’uragani del Santuario…

Lei, Briseis sorrideva bianca…


Il  cielo di luglio ostentava con ilare boria il suo magnifico manto turchese.
Il sole lo assecondava beffardo dando mostra dello splendore sublime dei propri dardi.

Sotto le arcate  del castello bizantino, tra le pareti decorate di meravigliosi mosaici che luccicavano d’antiche glorie, un  gruppo di persone assisteva ad un matrimonio.
Si potevano distinguere dieci   giovani di  avvenenza e portamento nobili , un signore dai lunghi capelli argentei e una grande famiglia dagli abiti sobri ma curati finemente per l’occasione.
Dinanzi alla terminazione absidale dell’edificio v’era il cerimoniante e la coppia di sposi.

Doko, con un elegante e austero abito verde scuro,  recitava le formule del prezioso rito.
Sion e Briseis, fianco a fianco, indossavano candidi vestiti di cotone. Il giovane aveva una lunga  giacca orlata d’oro e porpora, la fanciulla una veste  dalle maniche trasparenti, ricamata con disegni blu e azzurri.

Vi erano tutti i cavalieri d’oro: il valoroso Sisifo del Sagittario, il generoso Hasgard del Toro, l’ esuberante Regulus del Leone, l’erudito Degel dell’Acquario, l’ardente Cardia dello Scorpione, l'austero El Cid del Capricorno, l’irriverente Manigoldo del Cancro…
Persino il misterioso e scontroso  Defteros dei Gemelli e il reticente buddista Asmita della Vergine s’erano presentati all’invito.
Una piacevolissima sorpresa l’aveva fatta il gentile e stupendo Albafica dei Pesci decorando con magnifiche rose bianche le arcate del castello…era una contentezza vederlo tra gli invitati visto che purtroppo viveva spesso nella solitudine.

A decorare quel quadro di guerrieri non mancava il grande Hakurei, con l’impareggiabile carisma di nobiltà e riservatezza argentee. Pareva si potesse tastare l’eccellenza del suo alone anche a distanza…

Un ‘amena quotidianità  la conferiva,  indubbiamente,  la famiglia della sposa:   la madre  era commossa, il padre felice e dispiaciuto di veder la sua bambina in un’altra dimora, gli zii sorridevano allegri e desiderosi di festeggiare, le cugine fantasticavano romanticherie, i cugini  volevano divertirsi, i nonni rimanevano lieti e tranquilli nella loro riservatezza.


- Sion – l’appellò con voce grave e chiara Doko – dinanzi alle stelle zodiacali  che orbitano vicino al Sole, dinanzi all’infinito disegno dell’Universo onnipotente, giuri d’amare, venerare e proteggere Briseis come  legittimo e dorato sposo ?

Sion fissò con immenso amore la ragazza.

- Sì, lo giuro in nome dello Zodiaco solare e dell’Universo  invincibile.

- Briseis – fece  il cavaliere della Bilancia -  sotto l’incontrastato Cielo che muove il vento, le stagioni e che  regna sulla terra del Mondo, giuri d’amare, sostenere e illuminare Sion come legittima e bianca sposa?

Briseis abbracciò il guerriero dell’Ariete con lo sguardo.

- Sì, lo giuro in nome del Cielo profondamente azzurro e immortale.

I due giovani si presero per mano.
Il cerimoniante afferrò protettivo il loro gesto pronunciando tali parole:

- Io, Doko custode di Libra,  la bilancia  che detiene l’equilibrio, l’armonia e la purezza della verità, vi dichiaro marito e moglie finché l’ombra del sonno eterno non vi separi.

Sion e Briseis si baciarono dolcemente.
Incuranti del freddo.
Incuranti della morte fatta di notte senza preavvisi.


“ Finché il sonno eterno non ci separi,  Briseis, il sonno eterno…”  pensò Sion allontanandosi bruscamente dal castello bizantino.

Cominciò ad avviarsi un po’ più veloce per i dedali interni di Lindo.

Che tenero dolore, che soffocante rumore…la musica più idilliaca e infernale la componeva il cuore.

Il Maestro di Mu non riusciva a comprendere se voleva fuggire dallo spettro del passato o abbandonarsi ancora alle sue torturanti carezze….
Cercava di camminare a passo spedito, per le viuzze più affollate…
Sperava che il vociare delle persone lo distraesse, lo scuotesse…

Il  passato doveva essere scaraventato lontano. Lontano. Lontano.
In fondo ad abissi inavvicinabili.

L’uomo desiderava raggiungere Mu e Kiki, tornare ad Atene.
Lindo faceva troppo male.
In un fatiscente orfanotrofio, aveva conosciuto Doko. Doko che non riusciva più ad incontrare adesso.
Quella era la città natale di Briseis, quella era stata la città di sogni…

Camminava, camminava, camminava. Ogni passo più che portarlo avanti lo faceva restare indietro.

Si sentiva in trappola. Gli vorticava la testa.

Si fermò un istante inspirando lentamente…

Ruotò gli occhi attorno per vedere se il fantasma degli anni defunti lo stava seguendo…

La sua attenzione fu catturata, all’improvviso,  da un piccolo foglio che si trovava un po’ più distante da lui…

Non sembrava niente di che. Soltanto un pezzetto di carta.

Riprese a passeggiare ma s’immobilizzò  subito dopo.

Doveva vedere quel fogliettino.
Non sapeva cosa lo spingesse però doveva farlo.

Si chinò per terra e raccolse quel frammento di paginetta. Era ingiallito. Sembrava davvero vecchio.
La prima facciata era vuota.
Vide la seconda.

C’era scritto qualcosa…

Iniziò a leggere.
 

Piccola rondine, mi sembri già capace di volare
perché la luce in grandi bacini lasci colare.
 A me,  Ariete guerriero, che a volte ha paura,
doni un cielo che il mio cuore rassicura.
 Sei l’arcobaleno d’una fresca brina,
 sei un vento fiorito che i rami incrina.
 Ogni volta che solcherò la laguna della guerra,
basterà l’immagine del tuo riso a ricordarmi la luna e la terra.
Mai mi stancherò di cullarti tra le braccia
col tuo sguardo che la gioia allaccia.
 Mai mi stancherò di vegliare il tuo letto
 che dal mio amore sarà sempre protetto.
La canzone più bella è il tuo anelo
che scioglie in me gl’aghi del gelo.
 Non mi spaventerà il buio delle grotte:
sei più stellata di qualunque notte.


Restò turbato con ogni capillare del  corpo.

Assurdo.
Quella era la sua calligrafia. 

Un’alabarda piantata nel cuore.

Avvertì il proprio respiro affannarsi, prendere fuoco…

Quella filastrocca l’aveva dedicata a Hymen.
L’aveva riposta  nella sua piccola bara dopo la morte.

I suoi occhi s’annebbiarono.
Si prese la fronte tra le dita per implorare alla mente di non piangere.

Come fare? Come fare? La sua bimba prese a correre nelle stanze dell’ anima chiamandolo…

“ Papà…papà…papà”

Lei voleva giocare.
Lui voleva morire.

Non sarebbe mai uscita al di fuori del suo spirito.
L’aldilà non le avrebbe mai concesso le chiavi della vita.

“ Torna a dormire, tesoro…” si diceva Sion con le lacrime che minacciavano d’evadere “ torna a dormire…il tuo papà non può più giocare con te…guarda, quant’è vecchio: ha camminato per così tanti anni che ha paura di ricordare e guardarsi dietro.”

La bambina  fermava i propri passi guardandosi spaesata e tendendogli le mani.

Il venerando guerriero era completamente falciato. Quant’era grande l’emorragia che gli sgorgava dal cuore?

“ Hymen, ti prego torna indietro…vai via…scendi nelle profondità del mio pozzo! Mi stai uccidendo…”

Un piccolo tocco fece cessare quella pioggia.

L’uomo s’accorse che una palla gli era rotolata contro il piede.

- Scusate, signore…- mormorò una vocina timida.

Si voltò a sinistra e vide una bambina dai capelli dorati avvicinarglisi.
Per alcuni minuti la vista gli vacillò.

- Hymen! – esclamò.

La piccola, un po’ turbata, si riprese in fretta la palla e balbettò:

- Emh…io m-mi chiamo Lina.

Sion la vide meglio…
Imbarazzato da quell’abbaglio, sorrise dicendo con tono rassicurante:

- Perdonami…ti ho scambiata per…un’altra persona.

La bimbetta, sorridendo impacciata, sgattaiolò via.

Il Maestro di Mu sospirò frantumato con ancora il foglietto della filastrocca in mano che si dissolse in tante briciole che volarono nell’aria.

Egli le guardò volteggiare e…prendere una direzione…
Pareva volessero indicargli qualcosa…

Seguì la loro traiettoria.

Svoltò all’interno d’un piccolo piazzale circondato da abitazioni di due piani.
Al centro un pozzo antico, risalente forse al settecento… I coriandoli del suo foglio si gettarono  nel buio di quella gola.

V’era quiete…di velluto…d’ovatta…

Sion s’avvicinò cautamente al cilindro di mattoni di pietra crudi.
S’affacciò all’orlo.

Non avvertiva l’energia dell’acqua gorgogliante.
Tutto era secco.
Svuotato.
Arido.

Con il petto pesante si sedette sul gradino di sassi che circondava il pozzo.

Chiuse gli occhi dagli iridi diventati ancor più rossi di sofferenza.
Desiderava svuotarsi anche lui, desiderava coprirsi di sale come i cadaveri destinati all’imbalsamazione.

Mentre giaceva in tal modo nel silenzio , un lieve  struscio di passi…

Era leggerissimo ma perfettamente udibile. 
 

Riaprì lo sguardo voltandosi alla propria destra.


C’era una fanciulla con una  veste color ocra, orlata di blu.

Brumosa. Nitida…
I suoi contorni ballavano insicuri come fossero stati dietro una vetrata ruvida e opaca…
I suoi contorni rilucevano morbidi e spessi come laghi di montagna…

Evanescente. Terrena.
Tra l’aria e i sassi grigi del suolo,  tintinnava  simile all’ultima scintilla d’una fiaccola di festa.

Avanzava piano, piano…

La  tenue sagoma cessò a poco, a poco di vibrare.

Sion distinse trasparentemente il viso della giovane : un acquerello semplicissimo, quotidiano che non aveva nulla a che vedere con le rappresentazioni delle dee dell’Olimpo...ciascun particolare di quel disegno , tuttavia, lo affascinava, lo meravigliava, lo commuoveva…gli rendeva il cuore sempre più rigonfio e piangente.
Miriadi di volte aveva accarezzato quelle gote piccole,  fresche, impolverate di lentiggini …
Miriadi di volte aveva baciato con dolcezza , con ardore, con ansia quella bocca rosea e impallidita…
Quel nasetto  un po’ arrotondato lo aveva sempre intenerito…quegli occhi miti e vivaci erano riusciti a impadronirsi del suo animo giorno dopo giorno : il loro nero screziato di viola ricordava una notte che s’aggrappava  ad un crepuscolo infinito.
Ad ornare quel volto, la cui fronte era leggermente coperta da una frangetta spettinata,   una folta e lunga chioma d’ossidiana :  sfolgorava di riflessi verde scuro e le estremità delle ciocche erano fini e morbide onde.

- Briseis… – mormorò Sion  con la voce tarpata.

Sorrise  più calda d’un girasole.
Gli corse incontro stringendosi al suo petto.

L’uomo,  sgomento, restò per alcuni attimi pietrificato.
Di colpo sentì tutta la  vecchiaia e la caliginosa malinconia defluirgli  dalle membra.

Si dimenticò d’aver più di duecento anni…si dimenticò del presente…si dimenticò d’ogni ragione…

Rise.
Rise…
Da un’eternità non lo faceva.
Abbracciò Briseis con incredula felicità…
Mise le mani tra i suoi capelli scuri , inalando i loro aroma…
Attrasse ancora più a sé il suo corpo piccolo e morbido per accertarsi che tutto fosse vero…
 
Era tornato giovane.
Per davvero.
Era tornato ragazzo. Astro fiammeggiante, palpitante, inquieto.

- Sion…- mormorò la fanciulla – per quanto tempo sei restato così lontano? Il freddo mi ha perseguitato a lungo…

- Perdonami, Briseis, perdonami…è stata colpa degli anni che mi hanno travolto, è stata colpa del cielo divino…mi hanno costretto ad addormentarmi, ma mai sono riusciti a  distruggere le mie stanze. Nessuno può toccare il palazzo del mio animo.


Si guardarono: due sponde di terra ch’erano riuscite ad allacciarsi trafiggendo le acque d’un mare.

Si baciarono.
Le tenebre persero senso poiché il gelo non esisteva più…
La morte era un’inutile falciatrice…

Rimasero abbracciati, mollemente intorpiditi,  come quando, dopo l’amore, precipitavano nel sonno…

- Ti ricordi  come si danza? – domandò Briseis sorridendo.

- Sono trascorse più di mille stagioni…però credo di aver conservato nella memoria qualche passo…
Posò una mano sul fianco della giovane, mentre con l’altra, afferrandole le sottili dita, prese a guidarla…

Vorticarono lentamente, in comunione totale, nel lieve calore d’ottobre, nell’autunno che lasciava ancora veleggiare  un’estate che diveniva sempre più smunta…

Girava Sion con Briseis…girava, girava…nel cerchio dell’oblio…senza ore, minuti, secondi…

- Sion, ti prego, non lasciarci più sole…non sai quanto la nostra Hymen  ha pianto. In tutto questo tempo non ha mai smesso di chiedermi di te…

Al nome della piccola, l’uomo si sentì arroventare su una pira di legno.
Quante lacrime di sangue aveva versato in quei giorni da incubo, in quei giorni in cui non era riuscito ad accettare il destino assassino che gliela aveva sottratta?
La Guerra Sacra gli aveva lacerato la casa, ma soprattutto una famiglia per la quale aveva dovuto sopravvivere fino ad allora…
Hymen…solo tre anni…
Un inizio che non era mai cominciato veramente…

- Amore – lo implorava Briseis – sta volta torniamo a casa tutti assieme…non allontanarti di nuovo…guarda, lì.

Sion fissò l’antico pozzo di pietra.
Da dietro sbucò una testolina bionda, poi un faccino sul quale spiccavano due occhi nero-viola.

- Hymen! – esclamò sorridendo con lo spirito più gioioso di prima.

La bimba gli si fiondò tra le braccia.
Con le lacrime che gli scivolavano dagli occhi, la sollevò ricoprendole le guance di baci.
Gli  cingeva il collo.
La poteva coccolare. La poteva amare.

- Papà non devi piangere! Adesso starai con me e la mamma.

Sion le accarezzò i capelli fini e un po’ ribelli che le solleticavano  le spalle.
Si accorse con lietezza che stringeva in mano una bambolina di legno.
Era il primo giocattolo che le aveva scolpito.

- Me ne farai delle altre? – gli chiese la piccola speranzosa.

- Certo… farò tutte le bambole che vorrai!

- E giocherai con me?

- Sì.

- Davvero? Non è che poi…te ne andrai?

- Voglio tornare a casa, tesoro.

La strinse di nuovo, facendole posare il capo sulla sua grande spalla.
Lei si risollevò un attimo dandogli un bacio.

- Andiamo, allora? – fece Briseis radiosa accarezzandogli il braccio.

Lui posò delicatamente la figlia a terra che afferrò la mano della mamma.
Mentre godeva della letizia del momento,  s’avvide di qualcosa…

Un brivido di ghiacciato bollore l’ ammonì.
L’aria s’incrinava…
Le case dei dintorni parevano fatte di  cartone, come fossero state elementi  d’una finta scenografia…

- Sion…perché te ne stai fermo? – lo incitò la moglie – dobbiamo tornare a casa.

L’uomo restò col capo chino in silenzio…
Dietro quelle quinte v’erano strani movimenti…

- Papà! - lo chiamò Hymen – vieni!

Nessun suono.
Sion alzò lentamente lo sguardo.
Una tempesta di glaciale calma attraversò il suo viso.

- Che ti prende? – esclamò Briseis.

La ragione.
La ragione che trafigge.
La ragione che salva.

- Basta. – disse  marmoreo, esausto.

- P-perché dici questo?

- Il flusso delle cose va solo avanti…avanti…

- Sion! Torniamo a casa!

- La mia dimora è distrutta e sepolta.

- Ti scongiuro!

- Il gioco è finito.

Briseis e Hymen lo guardarono turbate, spaventate al pari di due ladre…

Si sciolsero in nubi nere, simili a cenere di vulcano che vola forsennata nell’aria…

Rimase , tramortita al suolo,  solo la bambolina di legno.

Sion tentava di frenare  il  cuore stracciato che  urlava dietro la cella d’ ossa del petto.
Guardò in alto come se volesse espirare fuori tutto  l’ossigeno  tossico che aveva appena incamerato.

Non gli venne concesso.

Il cielo era divenuto un insieme di coaguli costituito da colori macilenti, pestilenziali, lividi…era il firmamento d’un lugubre quadro impressionista che mescolava  caligine, sangue, pioggia, viole appassite.

Delle risate volarono…ali di pipistrello che formicolarono nel vento…
Risate melliflue, di carbone.
Sion percepì due cosmi.

Inumani. Divini.

Aveva compreso bene.
Quel subdolo incantesimo non poteva essere stato plasmato da mortali…nessuno s’era mai mostrato in grado di farlo tremare in modo così tremendo.

Le risa divennero sempre più aspre.

- Sarà  meglio che vi  manifestiate, nefaste  creature d’incubo – disse Sion freddo e granitico.

Dinanzi ad egli comparve,  fumosa , una coppia d’esseri che possedeva sembianze umane. Uno pareva portare una lunga chioma mentre  l’altro dei capelli corti.

- Fratello mio, non è mendace la fama d’elevatezza c’ha maturato costui  in questi ultimi secoli… s’è rivelato una rocca quasi indemolibile…

- Affermi la verità dicendo “ quasi”… il Sommo Sion ha ripudiato per alcuni istanti il timone del proprio   veliero … non gli sarà mai possibile obliare l’ onde dell’infimo oceano che solca.

Ridacchiarono sarcastici.
Sion , a testa alta , si rivolse ad essi:

- La vostra sublime boria non è stata sufficientemente efficace per atterrarmi.

- Hai l’ardire di  rivolgerti a noi in tal guisa? – proruppe il primo ch’aveva parlato.

- Misero umano, cibati  di polvere come si confà alla tua effimera natura.- proseguì  il secondo.

- Devo riconoscerlo…i vostri inganni sono opere tessute a regola d’arte, infami figli d’Ipnos.

Le figure di quegli dei si resero più chiare: avevano i corpi di due splendidi giovani dai capelli chiarissimi.
Portavano dei chitoni blu scuro alla maniera degli antichi greci.

- Il vostro intento di  catturarmi in  una ragnatela di sonno e immagini fasulle è fallito. Fantaso, plasmatore d’illusioni… Oniro, patrono dei sogni…sono riuscito a  captare le vostre auree prima ch’accadesse l’irreparabile.

Fantaso, sorrise dolce e terribile.
Il suo volto era d’una grazia diafana e molesta: la carnagione aveva una lucentezza levigata e dura, lunghe ciglia nerissime incorniciavano gli  occhi grandi  e dorati  , la bocca sottile e delicata si muoveva elegante e velenosa.
Camminando con la leggiadria  d’uno spirito , ondeggiando con malia femminea, s’avvicinò maggiormente a Sion:

- Carissimo,  parli di sonno e immagini fasulle….ci stai accusando di creare laide falsità…hai la meschina spudoratezza di rinnegare ciò che hai vissuto? Hai la crudeltà di calpestare ciò che appartiene al tuo cuore?

Scosse il capo con fare infantile e civettuolo…le onde sinuose dei suoi capelli color sabbia pallido danzarono tetramente.
Sion lo squadrava cupo e rigido.
Il dio riprese a parlare con tono unto e inquietante:

- Noi figli d’Ipnos, poniamo semplicemente dinanzi ai vostri  occhi  le realtà che più amate o avete amato, palesiamo i vostri desideri più reconditi… Vi mettiamo faccia a faccia con voi stessi…in un mondo di foschia e menzogne le uniche certezze che vi rimangono sono il sogno e l’illusione…

Piroettando,  mutò il proprio corpo in quello d’una fanciulla.
Il Maestro di Mu assistette ripugnato a quello spettacolo: lo splendore di quella creatura era fastidiosamente ambiguo e corrodente.

- Ti suggeriamo di restare vigile anche quando giaci nel letto…- ribatté tagliente e ferreo Oniro.

Sion lo fissò. I suoi occhi erano una coppia d’ abbaglianti eclissi: nere e  nel contempo bianche…luce e ombra convivevano in una tintura indefinibile…le guance, il naso, le labbra rassomigliavano  alla scultura d’un angelo funereo.
Quella  magnificenza  era di diamante: incantevole, gelata, acuminata.

- La tua arroganza è sbalorditiva, umano – seguitò  Oniro - Continui a guardarci in viso  senza neanche provare ad inchinarti…rammenta che il sonno è uno dei portali che conduce al trono della  morte. Nostro padre è gemello di Thanatos e assieme ad egli rappresenta i   più temibili dardi  del Signore degli Inferi: il Sommo Ade.

Pronunciare quel nome era come scaraventare il sole in una necropoli senza cancelli.
Sion vedeva che le ciocche dei capelli della divinità parevano fatte di neve scintillante e mortifera…aveva freddo ma da fuori non lasciava trapelare il più esiguo brivido.

- Sii guardiano dei fondali della tua mente…- sibilò il dio del sogno -  i sentieri del Grande Re d’Oltretomba dovranno essere costruiti…noi stiamo raccogliendo con immensa dedizione i sassi con i quali daremo forma ad essi.

S’avvicinò  alla bambolina di legno.
Sion avvertì, angustiato, una morsa al ventre.

- Le ombre albergano in tutto l’universo e in tutti gli esseri viventi…quando camminate vedete la vostra ombra…quando siete al buio vedere tante ombre…quando non volete ferirvi vi lasciate accecare dalle ombre.

Con violenza,  calpestò il piccolo giocattolo mandandolo in frantumi.

L’antico guerriero dell’Ariete sentì i suoi occhi divampare in lacrime.

- Oh! – sospirò derisorio Fantaso – desideri piangere la tua disperazione? Ci dispiace  molto…non siamo abili  nel rimettere in sesto i pilastri che tu stesso hai  demolito e sotterrato!

Ridendo con la perfidia di rapaci notturni, i due dei si dileguarono nell’invisibile nulla.


Sion aprì gli occhi.

Si guardò a destra e a sinistra agitato: senz’accorgersene si era addormentato ai piedi del pozzo.

Era stato frutto di quel duo funesto…Oniro e Fantaso… l’avevano soggiogato col potere di manovrare i meandri della memoria…
Gl’avevano eretto un sogno. Un sogno concreto e orribilmente reale.
 
Si levò in piedi…

L’incantesimo s’era sciolto….qualcos’altro però navigava nell’atmosfera…

L’ oscurità continuava a far fioccare i suoi cristalli…

Pensando a Mu e a Kiki, iniziò a camminare velocemente dirigendosi verso il centro della città.

Volle però lanciare prima un ultimo sguardo  al piccolo spiazzale …


Silenzio…

Il pigolio d’un passero solitario…

Silenzio.
Vuoto.

Vuoto.

“ Sarà meglio che m’affretti” pensò voltandosi bruscamente “ non voglio sentire questo vento che mi soffia dentro, questo vento che fa sbattere le porte e le finestre  delle camere in cui non c’è più nessuno ad attendermi…

   
 
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