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Autore: marig28_libra    01/08/2012    2 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Il sole iniziava ad intonare le abluzioni del sonno nuotando verso ovest…

Nella piazza centrale di Lindo le persone calpestavano i ciottoli del suolo per  ritornare a casa.
Mentre alcune botteghe e officine  chiudevano, diverse bancarelle venivano invece allestite con souvenir e altri manufatti locali.
I ristoranti e le trattorie si preparavano ad accogliere i clienti della sera. I camerieri dei piccoli bar pulivano i tavolini esterni e aggiustavano le sedie…
Dalle finestre delle dimore private si spandeva l’aroma del cibo cucinato…

Mu e Kiki parlavano, seduti su una delle panchine di ferro che contornavano la piazza.
Il piccolo chiedeva al fratello degli elementi oscuri del rituale del Montone, esternava curiosità sull’Aldilà, sulle anime, sui poteri del sangue…il ragazzo lo iniziava gradualmente a quel mondo alchemico che avrebbe dovuto comprendere, temere, affrontare e venerare..

Nell’attimo in cui spiegava tali congetture, i suoi occhi furono attratti da due individui.
Il suo cuore fu attratto da quei due individui: un giovane padre e un figlio che poteva avere circa dodici anni.
Avevano appena chiuso il loro magazzino a s’accingevano a raggiungere la casa che si trovava vicina.

Mu s’ammutolì  indugiando  rapito su quella scena tersa, normalissima…

Ad aprire all’uomo e al ragazzino, venne una graziosa donna incinta.
Li salutò affettuosamente baciandoli.
Chiuse poi la porta blu mare.

Il cavaliere dell’Ariete sentì la tristezza nera catturarlo con la sua rete.

Piombò al termine d’una lontana giornata di febbraio…
A marzo avrebbe dovuto compiere dodici anni.
Ad aprile sarebbe nato il fratellino…

Sulla lavagna dei ricordi, mesti gessetti gli disegnarono il villaggio del Sole di Giada…

Fu un giorno qualunque ma stranissimo…
Le valli della quiete vennero percorse fulminee, per brevissimi istanti, da una sagoma nera.
Sebbene fosse stata velocissima Mu l’aveva colta…
Aveva visto che reggeva tra le mani una falce.
 

 

 Il sole  salutava l’arena celeste che ormai s’ accingeva ad accogliere la sera.
I mercanti e gli artigiani chiudevano gli empori e le officine per far ritorno ai focolari domestici.

Un’altra tranquilla giornata era giunta all’epilogo.
Un altro capitolo di quotidianità si stava  concludendo  per lasciare le successive pagine alle giornate che sarebbero nate. Giornate serene. Giornate che parevano inesorabilmente imperturbabili.

Mu amava il proprio villaggio per quello.
Si scordava del Grande Tempio, del suo avvenire colmo di gravità, affinché  potesse  immergersi nell’illusione d’un’esistenza normale.
Una volta penetrato nell’ingranaggio della serenità si dedicava con immensa gioia alla convivenza coi genitori…

Quella volta però  percepì qualcosa di fosco, minaccioso…
Mentre ripuliva gli attrezzi di lavoro del padre, avvertì germogliare delle indescrivibili sensazioni di tristezza…
Non aveva la benché minima idea a cosa fossero dovute…tutto era terso, calmo…

Perché mai avrebbero dovuto  approdare delle nubi?

Dem-Lai  ripuliva dalla cenere il camino che  donava il fuoco per battere il metallo.
Nella bottega l’odore del fumo ,che appassiva sul fondo della fornace, era dolce, carezzevole…era l’emblema del lavoro duro, sincero, appassionato…
Mu guardava il giovane uomo che s’affaccendava con energica tranquillità.
I folti capelli color fiamma erano raccolti in una coda bassa e , sebbene fossero impolverati, riuscivano a risplendere con briosità e vita.
 Il corpo snello e nel contempo robusto dell’artigiano era madido di sudore ma non pareva minimamente provato dalla fatica.

- Un altro po’ Mu e finalmente ce ne andremo a casa – gli sorrise  mostrando lo sguardo  di verde forza inestinguibile.

Il ragazzino  ricambiò quell’espressione senza però brillare di luce.
La mestizia lo strattonava in modo inspiegabile…
L’amore gli stava procurando un’angoscia mai avvertita prima…
Era come se una belva lo stesse aspettando dietro l’angolo per sbranargli  ogni  felicità.

No.
Impossibile.
Quale essere poteva rubargli il paradiso?
Quale assassino era in grado di sopprimere l’attesa che lo fissava teneramente al termine dei soggiorni in Grecia?

- Mu…è tutto apposto? -  domandò Dem Lai  avvicinandosi.
- Eh? Oh, sì…sì…
- Sei sicuro?
- Certo, papà. Ero soltanto sovrappensiero…
- Qualcosa riguardo al Grande Tempio?
- Beh, non proprio…
- Mi pari…terribilmente giù. Qualche attimo fa non eri così.
- È che…ecco…no, no. Non ti preoccupare… non è niente…sai, sono quelle piccole ansie che…che…
- Che…?

Mu, improvvisamente, fu pervaso da un gelo che gli scalfì le vene.
Le pareti della bottega divennero blu, grigie, tremule…

Il padre  comparve orrendamente pallido, prosciugato…
Parlava con una  disumana e catarrosa voce oltretombale…

Un pianto di terrore sgorgò dagli  occhi del piccolo cavaliere.
Scoppiò in lacrime incontrollate, dolorose.
Scoppiò in lacrime più affrante dei templi diroccati.

- Oh, Cielo!  Che ti prende, Mu?! –esclamò l’uomo afferrandolo preoccupato per le spalle.
- N-non lo so! N- non lo s-so!
Singhiozzando rumorosamente, abbracciò  il padre come se lo dovesse perdere da un istante all’altro.
- Su, figliolo…calmati…calmati…-  mormorò il giovane  con delicatezza accarezzandogli i capelli.
- P-papà, i-io…non so che c-che cosa…
Il bambino non riuscì a parlare e continuò a piangere.
Dem Lai, turbato, lo strinse ancora più forte a sé…
Tentò invano di rassicurarlo ma non comprese la causa di quello strano sfogo…


- Tesoro, cos’è che hai? – gli domandò Suntel, una volta che furono entrati in casa.
- Mamma, non so…non so spiegarlo…

La giovane donna e Mu sedevano  su una panca di legno dipinta, mentre Dem Lai era in piedi  e ascoltava con apprensione.

- I-io…so soltanto…che…ho paura…

La madre cinse le spalle del figlio baciandolo sulla guancia.

- Perché, Mu?
- Perché…perché…
Il ragazzino s’incantò a contemplarla con afflizione …
Era così bella in gravidanza…
Il ventre arrotondato  rendeva la sua piccola figura vulnerabile e magicamente forte…
Gli splendidi occhi lilla, eguali alla lunga treccia di soffici capelli, lo coccolavano ferendolo mortalmente.

- Mamma…ogni volta che torno qui  in Tibet, voglio vedere te e papà sempre….sempre…

Mu l’avvolse tra le  braccia respirando il rassicurante profumo della sua veste e della sua pelle.

- Oh, Mu…ma certo che ci saremo sempre io e tuo padre!

Il tocco delle labbra di Suntel sul viso, non  fece che  aumentare l’angoscia.
Un terribile fendente  colpì il bambino quando lo sguardo s’adagiò sull’addome di ella : dentro quella conca miracolosa stava sbocciando il seme di una nuova vita…una vita che da anni era  desiderata…l’aurora d’una stella che sarebbe fiorita…

Chi avrebbe frantumato a picconate delle lande di siffatta bellezza?

- Mu…

Il padre gli si avvicinò togliendosi dal collo il medaglione con la testa dell’ariete.


- Papà, il tuo ciondolo…
- Voglio che lo porti tu d’ora in poi.

Con gesto solenne, semplice e soave adornò il figlio di quel manufatto.
- Ce lo trasmettiamo di generazione, in generazione…è un oggetto molto antico e prezioso…rappresenta ogni luce, ogni punto cardinale…ogni mistero…

Mu osservò il capo bronzeo dell’Ariete…
Possedeva un’espressione criptata eppure limpida.
Era gelato eppure bollente.
Era l’alba eppure il tramonto.

- È anche il  tuo segno zodiacale – sorrise Dem Lai – anzi, è soprattutto la tua costellazione protettrice…custodisci con cura quell’Ariete…perché stai compiendo una lunga corsa. Il Maestro Sion conta su di te.
- Grazie, papà.
- Mu…sappi che porti al collo i sogni di una miriade di uomini…sogni piccoli, grandi...in qualunque epoca i nostri antenati hanno infuso preghiere, speranze…
- Già…- fece Suntel alzandosi in piedi e stringendosi al marito – hanno catturato qualunque raggio di sole,  anima d’amore pur di riuscire a guardare negli occhi la notte.

Baciando sulla fronte la moglie, Dem Lai asserì : - il buio ci ha sempre fatto paura Mu, ma ricordati che possiamo accendere comunque delle torce.

Mu, ricolmo d’affetto, sorrise  ai suoi.

L’occhio dell’ariete lasciava nondimeno scaturire dei brividi…

Era veramente così semplice accendere delle fiaccole e apprendere le leggi delle tenebre?


- Fratellone… Fratellone…

Mu scese dalla soffitta dei ricordi.
Sorrise a Kiki che lo fissava  preoccupato.

- Scusa, mi sono piovuti all’improvviso dei pensieri.
- Pensieri tristi?

Il ragazzo, guardando  la porta della casa di fronte, sospirò.
Se fosse riuscito a  ritornare in Tibet, non avrebbe rivisto i suoi genitori aprirgli la soglia.
Sì…erano trascorsi tre anni…in un certo senso il dolore aveva subito una sopportabile metamorfosi…
Forse…
Le cicatrizzazioni si palesavano più lente del previsto…
Era bastata la visione di un padre fabbro, d’ un figlio dodicenne, d’una madre incinta a rammentargli un passato che non gli apparteneva più.

- Mu…- disse piano Kiki posandogli la manina sul ginocchio- ti mancano tanto il papà e la mamma, vero?
- Sì…mi dispiace moltissimo che tu non gli abbia conosciuti…

Il bimbo vide gli occhi del fratello inumidirsi.

- No! No! Perdonami! – esclamò mortificato – non volevo farti male!

Il giovane rise accarezzandogli il visetto con le dita.

- Stai tranquillo… anche se non ci sono più, non mi stancherò mai di raccontarti chi erano …
- Già…tu mi dici sempre che il babbo era un bravissimo fabbro e scultore! Ho preso  i capelli da lui, mentre la mamma mi ha dato i suoi occhi!
- Sei stato fortunato perché erano bellissimi.
- Lei sapeva anche cucinare bene!
- Ah!ah!ah! Caspita! Puoi dirlo forte! Il profumo dei suoi sformati di riso si sentiva a mille miglia di distanza!
- La mamma era brava a cucire, giusto?
- Era capace di rimettere a nuovo qualunque casacca vecchia e senza speranza!
- Aiutava Leira?

Al nome della fanciulla, Mu avvertì il proprio cuore battere luminoso.

- Oh, sì…diverse volte andava in bottega per dare una mano a lei e a sua madre.
- Leira ti ha fatto quello scialle che porti sempre?
- Già. Proprio così. – affermò con orgoglio.
- La conosci da quando eri piccolino?
- Sì, da una vita.
- Ti vuole molto bene?
- Beh…o-ovvio…
- L’hai già baciata?
- Insomma!! Cos’è quest’interrogatorio,  pettegolino?

Kiki ridacchiò un po’ imbarazzato.

- Io volevo soltanto chiedere…
- Chiedere, eh?
- Sì! Perché tu e gli altri tuoi amici pensate alle femmine?

La faccina perplessa del bambino era buffissima.
Mu non poté far a meno di ridere.

- Beh, Kiki queste cose le capirai quando ti farai più grande.
- Uffa! Ma devo aspettare per forza a quando sarò grande?!
- Sì…visto che poi saprai distinguere cosa significa…emh…divertirsi con le ragazze e cosa vuol dire invece innamorarsi.
- Che fanno Milo, Aiolia e Camus?
- Ecco…sono faccende un po’…
- Un po’…?
- Lascia perdere…
- Innamorarsi è qualcosa di grande, quindi?
- Esatto.
- E’ molto bello?
- E’ stupendo ma è così grande che ti può far  male, stare in ansia…
- Che strano! Come può una cosa tanto bella far male? Io penso che solo  gli incubi che fai di notte e quelli che ci sono davvero ti agitano…
- Niente è semplice, Kiki.
- Cioè?
- Ti accorgerai che gli oggetti hanno più di una forma e più di un colore. Ci sono la forma e il colore che vedi subito e  la forma e il colore che vedi dopo.

Il bimbo stava per domandargli  altre spiegazioni quando delle piccole briciole di suoni  interruppero il discorso…

I due fratelli si alzarono lentamente dalla panchina.

S’udirono dei flebili echi… Echi di note musicali…
Eguali a bolle cristalline trapassate dal sole, iniziarono a salire nell’aria…

Piano…piano…poi sempre più pulsanti…

Erano delicate… così pallide… così inquietanti…
A mano a mano che acquisivano spessore si coloravano di un oscuro acrilico…  
 
- Cos’è questa musica? – domandò Kiki scuotendo la mano del fratello.
- Sembra…sembra che qualcuno stia suonando…un’arpa.

La melodia sparse i suoi capelli tra le strade della città.
La gente che passeggiava, lavorava o stava chiacchierando prese a tacere incantata da quella strana armonia…

Era davvero ipnotica…
Dolce, mesta...nera come una notte senza nuvole, senza astri…

Mu avvertì un formicolio nel cuore…

Vedo cose davvero lontane…
Vedo cose troppo care…
Vedo cose ormai distrutte.

Una voce soave intonò tali parole.
Era una fresca voce di ragazzo.

Il cavaliere dell'Ariete rimase sconvolto.
Il contrasto tra il tono leggero del fantomatico cantante e la durezza del discorso lo investirono.

Il petto prese a dolergli più fastidiosamente di prima…

Agli angoli delle strade
volti di lanterne s’accendono
ma l’incanto presto cade
e le scintille di cielo s’arrendono.

La vista di Mu s’appannò terribilmente…
I sentieri di Lindo si sciolsero in una luce indescrivibile.
Dinanzi a lui comparve la sua vecchia casa di legno.

Davanti alla porta…i genitori.
Sorridendo gli facevano cenno di raggiungerli.

Rimaneva paralizzato.
Desiderava con tutto se stesso muoversi e correre ma…nulla.

La dimora prese a scricchiolare.
Un violento incendio scoppiò fuoriuscendo dalle mura.

La madre e il padre si disintegrarono in faville di carbone.

Panta rei, panta rei…
Tutto scivola e non come vorrei…

Attorno, vie di pietra e ferro…
sui muri, chiodi che sporgono e corrodono…,
nelle botteghe, martelli che battono a vuoto…

Il timbro del cantore era magnifico.
Funesto.
La sua perfezione si scioglieva in un vino di pece.

Mu respirava con orrenda sofferenza.

Quel misterioso adolescente modulava toni acuti e gravi con una tale maestria da sconquassare le viscere e il cervello.

Il guerriero si ritrovò travolto dal flutto d’ un fiume torbido e viscido.

Il bianco delle case
È il bianco delle ossa…
Le ossa dei miei gioielli
Più belli…

Pare sepolta qualunque dolcezza.
Pare sepolta qualunque carezza.


Kiki  guardava angosciato il fratello.
Stava immobile come una statua di sale.
Le labbra serrate in una  paurosa tristezza.
Gli occhi sgranati che immortalavano attimi d’invisibile incubo.

- Mu! Mu!- esclamò – che ti sta succedendo?!

Gli si parò davanti scrollandogli gl’avambracci, ma  rimaneva madido di gelo.

Panta rei, panta rei…
nella totalità annegherei,
ma coraggio non ne ho
e delle stelle abbastanza non ne so…
 

Mu vorticava nell’anima d’ una mareggiata furibonda. Sbatteva contro scogli, tronchi, case bianche…vedeva galleggiare su quelle onde pezzi d’ossa, pezzi d’affetto intenso…
Pezzi dei propri genitori…

Coraggio non ne aveva veramente…
L’acqua acida gli stava gonfiando i polmoni…
Le stelle non gli tendevano alcuna mano.


Schizzi di sangue imbratteranno,
le vetrate delle mie finestre,
fogli di corvi si perderanno,
tra le spighe d’una landa campestre…

- Mu!Mu! Ti prego!! -  gridava Kiki spaventato.

Percepiva quella straniante atmosfera che insabbiava l’aria e intorpidiva le persone…
Percepiva le falci che stavano trebbiando il cuore del fratello.

Il bambino cercava agitato più che mai Sion.

Salve Dubbio,  mio eterno pugnalatore…

Mu iniziò a tossire.
Tossire pesantemente.

Salve Terrore, mio eterno accompagnatore…

La tosse divenne convulsa, asmatica.

Da che parte è precipitata la mia casa?
In che luogo posso raccogliere i tizzoni del mio camino?

Mu crollò in ginocchio per terra.
Il respiro era a brandelli.
L’ossigeno pareva composto da cenere soffocante.

- Fratello!

Kiki gli si gettò addosso abbracciandolo per le spalle.

Il ragazzo tremava e tossiva.
Un sudore ghiacciato gli bagnava la schiena.
I muscoli erano irrigiditi.

La mente era assente. Cieca. Muta. Sorda.

Il cuore batteva all’impazzata minacciando di lacerarsi.

Improvvisamente …il tocco d’una mano sul capo.

Caldo.
Enormemente luminoso.
Enormemente purificatore.

Panta rei, panta rei…
In questo vortice, Amore resta dove sei…

In ogni tua forma, in ogni tuo sguardo…


- Mu. Torna in superficie.

La voce ferma, pacata e profonda del Maestro distillò lo spirito torturato dell'allievo…

Il respiro tornò lentamente regolare…
I battiti del petto si acquietarono…

Mu sfiancato, tuttavia,  da quella grandine d’emozioni buie, perse i sensi.

La poesia del cantante  seguitò  ad infiltrarsi nel suo cosmo…

Amore, resta dove sei…
Nello spirito d’un fratello…
 d’una guida…
d’un amico…
d’una donna…

Il cavaliere dell'Ariete vide comparire nel firmamento dei sogni Kiki…l’unico bocciolo della famiglia che possedeva…
Il Sommo Sion…la venerata e grande stella che si stagliava su ogni orizzonte…
I suoi amici e compagni…
L’altra parte della propria anima…Leira…

Tra rupi e maree Amore, resta dove sei…
Oltre i confini del giorno, della notte.
Oltre le vette dell'infinito.
Oltre i portali del Tempo.

Sì…
Il destino era un cinico ladro donatore…
Purtroppo non lo  si poteva agguantare…
Talvolta lo si odiava…
Talvolta lo si amava…

Tra rupi e maree Amore, tienimi stretto,
tienimi sospeso…
con le stagioni che navigano,
con le albe che si destano…

- Mu… Mu…

Perpetua il mio anelo,
lontano dai lembi sfocati del Nulla…

- Mu. Svegliati.

…del Nulla che divora,
che non perdona.

Del Nulla che non sa parlare.

Mu riaprì lentamente gli occhi…
Sion, chinato su di lui,  lo sorreggeva per le spalle.
Kiki lo squadrava un po’ sbiancato ma sollevato.

- M-Maestro…cos’era…quella canzone?
- Nulla di normale. Era una poesia  nefasta ricamata con fine abilità sulle vesti del tuo animo.
- Pareva suonata apposta per me…

Il Maestro aiutò il discepolo ad alzarsi.

- Infatti…qualcuno è come se avesse letto il tuo cuore…i tuoi ricordi…le tue sensazioni più struggenti…
- Percepisco…un ' aurea strana, buia  nell’aria…eppure…è terribilmente sottile, inafferrabile…
- Io sono riuscito per un istante a captare la presenza di due cosmi.
- Due addirittura?!
- Sì…due cosmi che mi sono…famigliari…è come se li avessi già avvertiti moltissimi anni fa…
- Conoscete a chi appartengono?
- Non  posso affermare niente di ben definito… sono occultati e difesi talmente bene da rendere assai difficoltosa la loro identificazione.

Kiki , in apprensione, si strinse al fratello.
Sion aggrottò la fronte…
Stette un istante in silenzio…poi soggiunse cupo:

- Sai, Mu...sembra che…un’essenza divina protegga quei cosmi…quando torneremo ad Atene dovrò rivedere assolutamente  il Gran Sacerdote.
- Maestro, credete che…Ade sia la causa di ciò?!
- Sì.
- Ma com’è possibile, se il suo spirito è stato sigillato due secoli fa, nel millesettecentoquarantatrè?
- Non lo so spiegare ancora  neppure io… ascolta, quello che mi è accaduto mentre ti trovavi qui con Kiki.

Mu apprese sconvolto la narrazione del Maestro.


Su un lembo di baia deserta di Lindo, sotto le nuvole tumide del tramonto, camminavano due ragazzi.
 Le loro figure eleganti, che proiettavano le ombre sulla fresca sabbia, appartenevano a paradisi differenti.

Il primo giovane aveva sedici anni e una bellezza di gelato argento.
I  lunghi e lisci capelli, che gl’accarezzavano il dorso, erano immacolati come le gote della luna.
Gli occhi  indaco luccicavano polari e apatici simili agli orizzonti invernali della Norvegia.
Sul  viso fine ,dai colori duri e perlacei, non soffiava il minimo calore.
Era alto, snello e passeggiava diritto col portamento d’un adulto disilluso e cinico. 
Indossava un austero completo grigio piombo che incuteva soggezione e recava con sé un grande libro cesellato con arcaiche e misteriose decorazioni.

Il secondo ragazzo era più piccolo e poteva avere tredici anni.
Era vestito con un abito scarlatto di lino:  una lunga camicia smanicata e dei pantaloni larghi stretti al ginocchio ricordavano le sabbie sanguigne dei tramonti egiziani.
Le impronte leggere dei sandali infradito parevano dissolversi alle luci del sole…
Quell’adolescente pareva provenire da un mondo davvero lontano.
Il volto grazioso, dai grandi occhi a mandorla gialli leopardo, era surreale. La carnagione scura e  i capelli neri , tagliati geometricamente a caschetto , lo rendevano eguale alle figure delle pitture tombali.
Il corpo  sottile e slanciato si muoveva regale e felino.
Con un sorrisetto malizioso e compiaciuto si dilettava a pizzicare lievemente le corde della sua arpa. Le  dita sottili, dalle unghie  dipinte di grigio scuro, danzavano seducenti e velenose.

- Già t’accingi a comporre un nuovo brano? – gli domandò il norvegese – l’esecuzione della precedente melodia non t’ha appagato a sufficienza?
- È meglio non porre limiti al conseguimento della perfezione…è necessario esercitarsi sempre.
- Non mi meraviglio che un tempo fosti il musico prediletto dal Sommo Ade, Pharao.

L’egiziano ridacchiò facendo rifulgere il suo strumento.

- Tendere le corde del cuore e pesarle è un mio dilettoso dovere, Rune…suonare l’anima dell’apprendista di Sion si è rivelato un esperimento squisitamente interessante!
- Le parole giuste nelle giuste recondite lacerazioni.
- Infatti…chi meglio di te comprende l’importanza e la magia dei termini ?

Rune sorrise lievemente e prese a sfogliare il suo libro.

- Con sincera devozione sto pazientemente trascrivendo le vicissitudini di questi nuovi cavalieri d’oro…hai avuto modo di notare di quale guazzabuglio di  debolezze e ombre sono intrise...
- Oh, sì! Mi domando veramente come alcuni di loro possano essere paladini d’Atena! Un tipo come quel Death Mask, o come quell’infido di Aphrodite…
- Quanta fragilità…quanto lezzo di peccato…
- Per me tutto ciò non può che mutare in poesia! Quale ispirazione può essere più grande delle nubi che alloggiano nel cuore?
- Io mi limito a scrivere osservando ogni cosa dall’alto… il mio comandamento m’impone di dominare sulle tempeste dell’emozioni.
- Beh, sei colui che valuta e giudica su qualunque percorso di vita.
- Anche tu soppesi sulla bilancia di Maat.
- Ricordati che però son musico e non posso sopprimere le mie vocazioni! Ti sono grato per avermi offerto la materia prima della canzone di Mu!
- Ho agito secondo gli ordini che ci ha impartito il Grande Minos.
- Sì…dobbiamo indagare sui Cavalieri d’Oro…è un peccato che non possiamo indossare ancora le nostre vestigia!
- Bisogna attendere…ora che il nostro Signore non dimora in un corpo materiale, noi specter decimati dipendiamo dal volere dei due divini gemelli.
- Da…Ipnos e Thanatos…
- Sono loro che ci consentono i movimenti  senza far rumore…
- Minos l’aveva detto ad Eaco e Radamantis che i tempi sono immaturi…
- Dobbiamo livellare la strada degli Inferi con immensa accortezza.
- Non vi sono alternative.

I due si sedettero su dei bassi scogli.
Rune con la fredda e  consueta aria razionale  e Pharao un po’ abbacchiato.

- Su, Pharao…non vorrai far calar il tono della tua arpa? Avrai modo di far sorgere composizioni sempre più sublimi…pensa alle vite dei cavalieri…pensa soltanto al significato del termine…” trauma”.

L’egiziano lo squadrò interrogativo.
S’accorse che il compagno  aveva abbozzato un sorrisetto pallido.

- Che intendi dire?
- In greco antico, “ trauma” significa…ferita…disfatta.

Pharao guardò il mare rigonfio d’onde sbavanti...
Guardò le onde che svanivano in misera schiuma…

Riprendendo ad accarezzar le corde dell’arpa, rise tetramente.

- Hai ragione, Rune! Quale lama è più splendente, meravigliosa e sanguigna della disfatta?

 


Note personali: ciao a tutti i lettori!! ^^ Scusate il leggero ritardo -.- ma queste ultime due parti del cap 8 mi hanno portato via un po’ più tempo del previsto…come promesso però eccole XD  quest’episodio è stato corposetto ( certo, il cap 5 mi ha fatto dannare di più ma pure con questo sono arrivata allo sfinimento XD )
Finalmente sono entrata nel vivo del passato di Sion con Briseis, Hymen, Doko , il Maestro Hakurei ( e nominando anche i vecchi gold saint )…ci tenevo davvero a far emergere ancora di più la tristezza che il vecchio uomo cela dentro di sé…la citazione di Montale l’ho inserita per rendere meglio il concetto della lontananza del passato che pare irreale e defunto ( ho ripreso l’immagine della carrucola del pozzo prima d’aprire il flashback su Briseis ).
Fondamentale è la comparsa alla fine dei due dei Oniro e Fantasio (  gli ho ripresi da Lost Canvas ^^ , visto che sono delle divinità che mi hanno intrigato  molto per i loro poteri legati alla psiche ;) )    eh!eh!eh!  come nel sottocapitolo “ cercando l’orizzonte” bisogna far vedere i “ cattivoni” che si stanno mettendo all’opera piano, piano…
Nella terza e ultima parte di questo cap, avete notato anche i due specter Rune e Pharao ^^ ovviamente verranno fornite spiegazioni più dettagliate sulla loro comparsa andando avanti! Ora bisogna lasciar trapelare mistero O.O
Spero che Le magie di Lindo vi sia piaciuto! Tornando su Mu, il protagonista,  e Sion ho desiderato approfondire il legame che li lega, le loro tristi vicende passate e…il Male che sta avviando la sua ruota ;)
Nel prossimo capitolo vedremo di nuovo Aldebaran, Aiolia, Camus e Milo ^^  scoprirete altre cose sulle vicende di questi cavalieri!! ( il futuro aggiornamento e più probabile che sarà agli inizi di settembre…)
Ringrazio tutti i lettori  specialmente Lady Dreamer e Banira ( nel suo silenzio discreto XD XD ) che mi hanno sempre sostenuta dagli albori di questa fan-fic!! ^^
Alla prossima!!


 

 

Il sole iniziava ad intonare le abluzioni del sonno nuotando verso ovest…

Nella piazza centrale di Lindo le persone calpestavano i ciottoli del suolo per  ritornare a casa.
Mentre alcune botteghe e officine  chiudevano, diverse bancarelle venivano invece allestite con souvenir e altri manufatti locali.
I ristoranti e le trattorie si preparavano ad accogliere i clienti della sera. I camerieri dei piccoli bar pulivano i tavolini esterni e aggiustavano le sedie…
Dalle finestre delle dimore private si spandeva l’aroma del cibo cucinato…

Mu e Kiki parlavano, seduti su una delle panchine di ferro che contornavano la piazza.
Il piccolo chiedeva al fratello degli elementi oscuri del rituale del Montone, esternava curiosità sull’Aldilà, sulle anime, sui poteri del sangue…il ragazzo lo iniziava gradualmente a quel mondo alchemico che avrebbe dovuto comprendere, temere, affrontare e venerare..

Nell’attimo in cui spiegava tali congetture, i suoi occhi furono attratti da due individui.
Il suo cuore fu attratto da quei due individui: un giovane padre e un figlio che poteva avere circa dodici anni.
Avevano appena chiuso il loro magazzino a s’accingevano a raggiungere la casa che si trovava vicina.

Mu s’ammutolì  indugiando  rapito su quella scena tersa, normalissima…

Ad aprire all’uomo e al ragazzino, venne una graziosa donna incinta.
Li salutò affettuosamente baciandoli.
Chiuse poi la porta blu mare.

Il cavaliere dell’Ariete sentì la tristezza nera catturarlo con la sua rete.

Piombò al termine d’una lontana giornata di febbraio…
A marzo avrebbe dovuto compiere dodici anni.
Ad aprile sarebbe nato il fratellino…

Sulla lavagna dei ricordi, mesti gessetti gli disegnarono il villaggio del Sole di Giada…

Fu un giorno qualunque ma stranissimo…
Le valli della quiete vennero percorse fulminee, per brevissimi istanti, da una sagoma nera.
Sebbene fosse stata velocissima Mu l’aveva colta…
Aveva visto che reggeva tra le mani una falce.
 

 

 Il sole  salutava l’arena celeste che ormai s’ accingeva ad accogliere la sera.
I mercanti e gli artigiani chiudevano gli empori e le officine per far ritorno ai focolari domestici.

Un’altra tranquilla giornata era giunta all’epilogo.
Un altro capitolo di quotidianità si stava  concludendo  per lasciare le successive pagine alle giornate che sarebbero nate. Giornate serene. Giornate che parevano inesorabilmente imperturbabili.

Mu amava il proprio villaggio per quello.
Si scordava del Grande Tempio, del suo avvenire colmo di gravità, affinché  potesse  immergersi nell’illusione d’un’esistenza normale.
Una volta penetrato nell’ingranaggio della serenità si dedicava con immensa gioia alla convivenza coi genitori…

Quella volta però  percepì qualcosa di fosco, minaccioso…
Mentre ripuliva gli attrezzi di lavoro del padre, avvertì germogliare delle indescrivibili sensazioni di tristezza…
Non aveva la benché minima idea a cosa fossero dovute…tutto era terso, calmo…

Perché mai avrebbero dovuto  approdare delle nubi?

Dem-Lai  ripuliva dalla cenere il camino che  donava il fuoco per battere il metallo.
Nella bottega l’odore del fumo ,che appassiva sul fondo della fornace, era dolce, carezzevole…era l’emblema del lavoro duro, sincero, appassionato…
Mu guardava il giovane uomo che s’affaccendava con energica tranquillità.
I folti capelli color fiamma erano raccolti in una coda bassa e , sebbene fossero impolverati, riuscivano a risplendere con briosità e vita.
 Il corpo snello e nel contempo robusto dell’artigiano era madido di sudore ma non pareva minimamente provato dalla fatica.

- Un altro po’ Mu e finalmente ce ne andremo a casa – gli sorrise  mostrando lo sguardo  di verde forza inestinguibile.

Il ragazzino  ricambiò quell’espressione senza però brillare di luce.
La mestizia lo strattonava in modo inspiegabile…
L’amore gli stava procurando un’angoscia mai avvertita prima…
Era come se una belva lo stesse aspettando dietro l’angolo per sbranargli  ogni  felicità.

No.
Impossibile.
Quale essere poteva rubargli il paradiso?
Quale assassino era in grado di sopprimere l’attesa che lo fissava teneramente al termine dei soggiorni in Grecia?

- Mu…è tutto apposto? -  domandò Dem Lai  avvicinandosi.

- Eh? Oh, sì…sì…

- Sei sicuro?

- Certo, papà. Ero soltanto sovrappensiero…

- Qualcosa riguardo al Grande Tempio?

- Beh, non proprio…

- Mi pari…terribilmente giù. Qualche attimo fa non eri così.

- È che…ecco…no, no. Non ti preoccupare… non è niente…sai, sono quelle piccole ansie che…che…

- Che…?

Mu, improvvisamente, fu pervaso da un gelo che gli scalfì le vene.
Le pareti della bottega divennero blu, grigie, tremule…

Il padre  comparve orrendamente pallido, prosciugato…
Parlava con una  disumana e catarrosa voce oltretombale…

Un pianto di terrore sgorgò dagli  occhi del piccolo cavaliere.
Scoppiò in lacrime incontrollate, dolorose.
Scoppiò in lacrime più affrante dei templi diroccati.

- Oh, Cielo!  Che ti prende, Mu?! –esclamò l’uomo afferrandolo preoccupato per le spalle.

- N-non lo so! N- non lo s-so!

Singhiozzando rumorosamente, abbracciò  il padre come se lo dovesse perdere da un istante all’altro.

- Su, figliolo…calmati…calmati…-  mormorò il giovane  con delicatezza accarezzandogli i capelli.

- P-papà, i-io…non so che c-che cosa…

Il bambino non riuscì a parlare e continuò a piangere.
Dem Lai, turbato, lo strinse ancora più forte a sé…
Tentò invano di rassicurarlo ma non comprese la causa di quello strano sfogo…


- Tesoro, cos’è che hai? – gli domandò Suntel, una volta che furono entrati in casa.

- Mamma, non so…non so spiegarlo…

La giovane donna e Mu sedevano  su una panca di legno dipinta, mentre Dem Lai era in piedi  e ascoltava con apprensione.

- I-io…so soltanto…che…ho paura…

La madre cinse le spalle del figlio baciandolo sulla guancia.

- Perché, Mu?

- Perché…perché…

Il ragazzino s’incantò a contemplarla con afflizione …
Era così bella in gravidanza…
Il ventre arrotondato  rendeva la sua piccola figura vulnerabile e magicamente forte…
Gli splendidi occhi lilla, eguali alla lunga treccia di soffici capelli, lo coccolavano ferendolo mortalmente.

- Mamma…ogni volta che torno qui  in Tibet, voglio vedere te e papà sempre….sempre…

Mu l’avvolse tra le  braccia respirando il rassicurante profumo della sua veste e della sua pelle.

- Oh, Mu…ma certo che ci saremo sempre io e tuo padre!

Il tocco delle labbra di Suntel sul viso, non  fece che  aumentare l’angoscia.
Un terribile fendente  colpì il bambino quando lo sguardo s’adagiò sull’addome di ella : dentro quella conca miracolosa stava sbocciando il seme di una nuova vita…una vita che da anni era  desiderata…l’aurora d’una stella che sarebbe fiorita…

Chi avrebbe frantumato a picconate delle lande di siffatta bellezza?

- Mu…

Il padre gli si avvicinò togliendosi dal collo il medaglione con la testa dell’ariete.


- Papà, il tuo ciondolo…

- Voglio che lo porti tu d’ora in poi.

Con gesto solenne, semplice e soave adornò il figlio di quel manufatto.

- Ce lo trasmettiamo di generazione, in generazione…è un oggetto molto antico e prezioso…rappresenta ogni luce, ogni punto cardinale…ogni mistero…

Mu osservò il capo bronzeo dell’Ariete…
Possedeva un’espressione criptata eppure limpida.
Era gelato eppure bollente.
Era l’alba eppure il tramonto.

- È anche il  tuo segno zodiacale – sorrise Dem Lai – anzi, è soprattutto la tua costellazione protettrice…custodisci con cura quell’Ariete…perché stai compiendo una lunga corsa. Il Maestro Sion conta su di te.

- Grazie, papà.

- Mu…sappi che porti al collo i sogni di una miriade di uomini…sogni piccoli, grandi...in qualunque epoca i nostri antenati hanno infuso preghiere, speranze…

- Già…- fece Suntel alzandosi in piedi e stringendosi al marito – hanno catturato qualunque raggio di sole,  anima d’amore pur di riuscire a guardare negli occhi la notte.

Baciando sulla fronte la moglie, Dem Lai asserì : - il buio ci ha sempre fatto paura Mu, ma ricordati che possiamo accendere comunque delle torce.

Mu, ricolmo d’affetto, sorrise  ai suoi.

L’occhio dell’ariete lasciava nondimeno scaturire dei brividi…

Era veramente così semplice accendere delle fiaccole e apprendere le leggi delle tenebre?


- Fratellone… Fratellone…

Mu scese dalla soffitta dei ricordi.
Sorrise a Kiki che lo fissava  preoccupato.

- Scusa, mi sono piovuti all’improvviso dei pensieri.

- Pensieri tristi?

Il ragazzo, guardando  la porta della casa di fronte, sospirò.
Se fosse riuscito a  ritornare in Tibet, non avrebbe rivisto i suoi genitori aprirgli la soglia.
Sì…erano trascorsi tre anni…in un certo senso il dolore aveva subito una sopportabile metamorfosi…
Forse…
Le cicatrizzazioni si palesavano più lente del previsto…
Era bastata la visione di un padre fabbro, d’ un figlio dodicenne, d’una madre incinta a rammentargli un passato che non gli apparteneva più.

- Mu…- disse piano Kiki posandogli la manina sul ginocchio- ti mancano tanto il papà e la mamma, vero?

- Sì…mi dispiace moltissimo che tu non gli abbia conosciuti…

Il bimbo vide gli occhi del fratello inumidirsi.

- No! No! Perdonami! – esclamò mortificato – non volevo farti male!

Il giovane rise accarezzandogli il visetto con le dita.

- Stai tranquillo… anche se non ci sono più, non mi stancherò mai di raccontarti chi erano …

- Già…tu mi dici sempre che il babbo era un bravissimo fabbro e scultore! Ho preso  i capelli da lui, mentre la mamma mi ha dato i suoi occhi!

- Sei stato fortunato perché erano bellissimi.

- Lei sapeva anche cucinare bene!

- Ah!ah!ah! Caspita! Puoi dirlo forte! Il profumo dei suoi sformati di riso si sentiva a mille miglia di distanza!

- La mamma era brava a cucire, giusto?

- Era capace di rimettere a nuovo qualunque casacca vecchia e senza speranza!

- Aiutava Leira?

Al nome della fanciulla, Mu avvertì il proprio cuore battere luminoso.

- Oh, sì…diverse volte andava in bottega per dare una mano a lei e a sua madre.

- Leira ti ha fatto quello scialle che porti sempre?

- Già. Proprio così. – affermò con orgoglio.

- La conosci da quando eri piccolino?

- Sì, da una vita.

- Ti vuole molto bene?

- Beh…o-ovvio…

- L’hai già baciata?

- Insomma!! Cos’è quest’interrogatorio,  pettegolino?

Kiki ridacchiò un po’ imbarazzato.

- Io volevo soltanto chiedere…

- Chiedere, eh?

- Sì! Perché tu e gli altri tuoi amici pensate alle femmine?
 

La faccina perplessa del bambino era buffissima.
Mu non poté far a meno di ridere.

- Beh, Kiki queste cose le capirai quando ti farai più grande.

- Uffa! Ma devo aspettare per forza a quando sarò grande?!

- Sì…visto che poi saprai distinguere cosa significa…emh…divertirsi con le ragazze e cosa vuol dire invece innamorarsi.

- Che fanno Milo, Aiolia e Camus?

- Ecco…sono faccende un po’…

- Un po’…?

- Lascia perdere…

- Innamorarsi è qualcosa di grande, quindi?

- Esatto.

- E’ molto bello?

- E’ stupendo ma è così grande che ti può far  male, stare in ansia…

- Che strano! Come può una cosa tanto bella far male? Io penso che solo  gli incubi che fai di notte e quelli che ci sono davvero ti agitano…

- Niente è semplice, Kiki.

- Cioè?

- Ti accorgerai che gli oggetti hanno più di una forma e più di un colore. Ci sono la forma e il colore che vedi subito e  la forma e il colore che vedi dopo.

Il bimbo stava per domandargli  altre spiegazioni quando delle piccole briciole di suoni  interruppero il discorso…

I due fratelli si alzarono lentamente dalla panchina.

S’udirono dei flebili echi… Echi di note musicali…
Eguali a bolle cristalline trapassate dal sole, iniziarono a salire nell’aria…

Piano…piano…poi sempre più pulsanti…

Erano delicate… così pallide… così inquietanti…
A mano a mano che acquisivano spessore si coloravano di un oscuro acrilico…  
 
- Cos’è questa musica? – domandò Kiki scuotendo la mano del fratello.

- Sembra…sembra che qualcuno stia suonando…un’arpa.

La melodia sparse i suoi capelli tra le strade della città.
La gente che passeggiava, lavorava o stava chiacchierando prese a tacere incantata da quella strana armonia…

Era davvero ipnotica…
Dolce, mesta...nera come una notte senza nuvole, senza astri…

Mu avvertì un formicolio nel cuore…

Vedo cose davvero lontane…
Vedo cose troppo care…
Vedo cose ormai distrutte.

Una voce soave intonò tali parole.
Era una fresca voce di ragazzo.

Il cavaliere dell'Ariete rimase sconvolto.
Il contrasto tra il tono leggero del fantomatico cantante e la durezza del discorso lo investirono.

Il petto prese a dolergli più fastidiosamente di prima…

Agli angoli delle strade
volti di lanterne s’accendono
ma l’incanto presto cade
e le scintille di cielo s’arrendono.

La vista di Mu s’appannò terribilmente…
I sentieri di Lindo si sciolsero in una luce indescrivibile.
Dinanzi a lui comparve la sua vecchia casa di legno.

Davanti alla porta…i genitori.
Sorridendo gli facevano cenno di raggiungerli.

Rimaneva paralizzato.
Desiderava con tutto se stesso muoversi e correre ma…nulla.

La dimora prese a scricchiolare.
Un violento incendio scoppiò fuoriuscendo dalle mura.

La madre e il padre si disintegrarono in faville di carbone.

Panta rei, panta rei…
Tutto scivola e non come vorrei…

Attorno, vie di pietra e ferro…
sui muri, chiodi che sporgono e corrodono…,
nelle botteghe, martelli che battono a vuoto…

Il timbro del cantore era magnifico.
Funesto.
La sua perfezione si scioglieva in un vino di pece.

Mu respirava con orrenda sofferenza.

Quel misterioso adolescente modulava toni acuti e gravi con una tale maestria da sconquassare le viscere e il cervello.

Il guerriero si ritrovò travolto dal flutto d’ un fiume torbido e viscido.

Il bianco delle case
È il bianco delle ossa…
Le ossa dei miei gioielli
Più belli…

Pare sepolta qualunque dolcezza.
Pare sepolta qualunque carezza.


Kiki  guardava angosciato il fratello.
Stava immobile come una statua di sale.
Le labbra serrate in una  paurosa tristezza.
Gli occhi sgranati che immortalavano attimi d’invisibile incubo.

- Mu! Mu!- esclamò – che ti sta succedendo?!

Gli si parò davanti scrollandogli gl’avambracci, ma  rimaneva madido di gelo.

Panta rei, panta rei…
nella totalità annegherei,
ma coraggio non ne ho
e delle stelle abbastanza non ne so…
 

Mu vorticava nell’anima d’ una mareggiata furibonda. Sbatteva contro scogli, tronchi, case bianche…vedeva galleggiare su quelle onde pezzi d’ossa, pezzi d’affetto intenso…
Pezzi dei propri genitori…

Coraggio non ne aveva veramente…
L’acqua acida gli stava gonfiando i polmoni…
Le stelle non gli tendevano alcuna mano.


Schizzi di sangue imbratteranno,
le vetrate delle mie finestre,
fogli di corvi si perderanno,
tra le spighe d’una landa campestre…

 

- Mu!Mu! Ti prego!! -  gridava Kiki spaventato.

Percepiva quella straniante atmosfera che insabbiava l’aria e intorpidiva le persone…
Percepiva le falci che stavano trebbiando il cuore del fratello.

Il bambino cercava agitato più che mai Sion.

Salve Dubbio,  mio eterno pugnalatore…

Mu iniziò a tossire.
Tossire pesantemente.

Salve Terrore, mio eterno accompagnatore…

La tosse divenne convulsa, asmatica.

Da che parte è precipitata la mia casa?
In che luogo posso raccogliere i tizzoni del mio camino?

Mu crollò in ginocchio per terra.
Il respiro era a brandelli.
L’ossigeno pareva composto da cenere soffocante.

- Fratello!

Kiki gli si gettò addosso abbracciandolo per le spalle.

Il ragazzo tremava e tossiva.
Un sudore ghiacciato gli bagnava la schiena.
I muscoli erano irrigiditi.

La mente era assente. Cieca. Muta. Sorda.

Il cuore batteva all’impazzata minacciando di lacerarsi.

Improvvisamente …il tocco d’una mano sul capo.

Caldo.
Enormemente luminoso.
Enormemente purificatore.

Panta rei, panta rei…
In questo vortice, Amore resta dove sei…

In ogni tua forma, in ogni tuo sguardo…


- Mu. Torna in superficie.

La voce ferma, pacata e profonda del Maestro distillò lo spirito torturato dell'allievo…

Il respiro tornò lentamente regolare…
I battiti del petto si acquietarono…

Mu sfiancato, tuttavia,  da quella grandine d’emozioni buie, perse i sensi.

La poesia del cantante  seguitò  ad infiltrarsi nel suo cosmo…

Amore, resta dove sei…
Nello spirito d’un fratello…
 d’una guida…
d’un amico…
d’una donna…

Il cavaliere dell'Ariete vide comparire nel firmamento dei sogni Kiki…l’unico bocciolo della famiglia che possedeva…
Il Sommo Sion…la venerata e grande stella che si stagliava su ogni orizzonte…
I suoi amici e compagni…
L’altra parte della propria anima…Leira…

Tra rupi e maree Amore, resta dove sei…
Oltre i confini del giorno, della notte.
Oltre le vette dell'infinito.
Oltre i portali del Tempo.

Sì…
Il destino era un cinico ladro donatore…
Purtroppo non lo  si poteva agguantare…
Talvolta lo si odiava…
Talvolta lo si amava…
 

Tra rupi e maree Amore, tienimi stretto,
tienimi sospeso…
con le stagioni che navigano,
con le albe che si destano…

 

- Mu… Mu…

Perpetua il mio respiro,
lontano dai lembi sfocati del Nulla…

 

- Mu. Svegliati.
 

del Nulla che divora,
che non perdona.

Del Nulla che non sa parlare.
 

Mu riaprì lentamente gli occhi…
Sion, chinato su di lui,  lo sorreggeva per le spalle.
Kiki lo squadrava un po’ sbiancato ma sollevato.

- M-Maestro…cos’era…quella canzone?

- Nulla di normale. Era una poesia  nefasta ricamata con fine abilità sulle vesti del tuo animo.

- Pareva suonata apposta per me…

Il Maestro aiutò il discepolo ad alzarsi.

- Infatti…qualcuno è come se avesse letto il tuo cuore…i tuoi ricordi…le tue sensazioni più struggenti…

- Percepisco…un ' aurea strana, buia  nell’aria…eppure…è terribilmente sottile, inafferrabile…

- Io sono riuscito per un istante a captare la presenza di due cosmi.

- Due addirittura?!

- Sì…due cosmi che mi sono…famigliari…è come se li avessi già avvertiti moltissimi anni fa…

- Conoscete a chi appartengono?

- Non  posso affermare niente di ben definito… sono occultati e difesi talmente bene da rendere assai difficoltosa la loro identificazione.

Kiki , in apprensione, si strinse al fratello.
Sion aggrottò la fronte…
Stette un istante in silenzio…poi soggiunse cupo:

- Sai, Mu...sembra che…un’essenza divina protegga quei cosmi…quando torneremo ad Atene dovrò rivedere assolutamente  il Gran Sacerdote.

- Maestro, credete che…Ade sia la causa di ciò?!

- Sì.

- Ma com’è possibile, se il suo spirito è stato sigillato due secoli fa, nel millesettecentoquarantatrè?

- Non lo so spiegare ancora  neppure io… ascolta, quello che mi è accaduto mentre ti trovavi qui con Kiki. Ascolta quanto il Sogno e l'Illusione siano terribili predatori.

Mu apprese sconvolto la narrazione del Maestro.
 


Su un lembo di baia deserta di Lindo, sotto le nuvole tumide del tramonto, camminavano due ragazzi.
 Le loro figure eleganti, che proiettavano le ombre sulla fresca sabbia, appartenevano a paradisi differenti.

Il primo giovane aveva sedici anni e una bellezza di gelato argento.
I  lunghi e lisci capelli, che gl’accarezzavano il dorso, erano immacolati come le gote della luna.
Gli occhi  indaco luccicavano polari e apatici simili agli orizzonti invernali della Norvegia.
Sul  viso fine ,dai colori duri e perlacei, non soffiava il minimo calore.
Era alto, snello e passeggiava diritto col portamento d’un adulto disilluso e cinico. 
Indossava un austero completo grigio piombo che incuteva soggezione e recava con sé un grande libro cesellato con arcaiche e misteriose decorazioni.

Il secondo ragazzo era più piccolo e poteva avere tredici anni.
Era vestito con un abito scarlatto di lino:  una lunga camicia smanicata e dei pantaloni larghi stretti al ginocchio ricordavano le sabbie sanguigne dei tramonti egiziani.
Le impronte leggere dei sandali infradito parevano dissolversi alle luci del sole…
Quell’adolescente pareva provenire da un mondo davvero lontano.
Il volto grazioso, dai grandi occhi a mandorla gialli leopardo, era surreale. La carnagione scura e  i capelli neri , tagliati geometricamente a caschetto , lo rendevano eguale alle figure delle pitture tombali.
Il corpo  sottile e slanciato si muoveva regale e felino.
Con un sorrisetto malizioso e compiaciuto si dilettava a pizzicare lievemente le corde della sua arpa. Le  dita sottili, dalle unghie  dipinte di grigio scuro, danzavano seducenti e velenose.

- Già t’accingi a comporre un nuovo brano? – gli domandò il norvegese – l’esecuzione della precedente melodia non t’ha appagato a sufficienza?

- È meglio non porre limiti al conseguimento della perfezione…è necessario esercitarsi sempre.

- Non mi meraviglio che un tempo fosti il musico prediletto dal Sommo Ade, Pharao.

L’egiziano ridacchiò facendo rifulgere il suo strumento.

- Tendere le corde del cuore e pesarle è un mio dilettoso dovere, Rune…suonare l’anima dell’apprendista di Sion si è rivelato un esperimento squisitamente interessante!

- Le parole giuste nelle giuste recondite lacerazioni.

- Infatti…chi meglio di te comprende l’importanza e la magia dei termini ?

Rune sorrise lievemente e prese a sfogliare il suo libro.

- Con sincera devozione sto pazientemente trascrivendo le vicissitudini di questi nuovi cavalieri d’oro…hai avuto modo di notare di quale guazzabuglio di  debolezze e ombre sono intrise...

- Oh, sì! Mi domando veramente come alcuni di loro possano essere paladini d’Atena! Un tipo come quel Death Mask, o come quell’infido di Aphrodite…

- Quanta fragilità…quanto lezzo di peccato…

- Per me tutto ciò non può che mutare in poesia! Quale ispirazione può essere più grande delle nubi che alloggiano nel cuore?

- Io mi limito a scrivere osservando ogni cosa dall’alto… il mio comandamento m’impone di dominare sulle tempeste dell’emozioni.

- Beh, sei colui che valuta e giudica su qualunque percorso di vita.

- Anche tu soppesi sulla bilancia di Maat.

- Ricordati che però son musico e non posso sopprimere le mie vocazioni! Ti sono grato per avermi offerto la materia prima della canzone di Mu!

- Ho agito secondo gli ordini che ci ha impartito il Grande Minos.

- Sì…dobbiamo indagare sui Cavalieri d’Oro…è un peccato che non possiamo indossare ancora le nostre vestigia!

- Bisogna attendere…ora che il nostro Signore non dimora in un corpo materiale, noi specter decimati dipendiamo dal volere dei due divini gemelli.

- Da…Ipnos e Thanatos…

- Sono loro che ci consentono i movimenti  senza far rumore…

- Minos l’aveva detto ad Eaco e Radamantis che i tempi sono immaturi…

- Dobbiamo livellare la strada degli Inferi con immensa accortezza.

- Non vi sono alternative.

I due si sedettero su dei bassi scogli.
Rune con la fredda e  consueta aria razionale  e Pharao un po’ abbacchiato.

- Su, Pharao…non vorrai far calar il tono della tua arpa? Avrai modo di far sorgere composizioni sempre più sublimi…pensa alle vite dei cavalieri…pensa soltanto al significato del termine…” trauma”.

L’egiziano lo squadrò interrogativo.
S’accorse che il compagno  aveva abbozzato un sorrisetto pallido.

- Che intendi dire?

- In greco antico, “ trauma” significa…ferita…disfatta.

Pharao guardò il mare rigonfio d’onde sbavanti...
Guardò le onde che svanivano in misera schiuma…

Riprendendo ad accarezzar le corde dell’arpa, rise tetramente.

- Hai ragione, Rune! Quale lama è più splendente, meravigliosa e sanguigna della disfatta?

 

 


Note personali: ciao a tutti i lettori!! ^^ Scusate il leggero ritardo -.- ma queste ultime due parti del cap 8 mi hanno portato via un po’ più tempo del previsto…come promesso però eccole XD  quest’episodio è stato corposetto ( certo, il cap 5 mi ha fatto dannare di più ma pure con questo sono arrivata allo sfinimento XD )
Finalmente sono entrata nel vivo del passato di Sion con Briseis, Hymen, Doko , il Maestro Hakurei ( e nominando anche i vecchi gold saint )…ci tenevo davvero a far emergere ancora di più la tristezza che il vecchio uomo cela dentro di sé…la citazione di Montale l’ho inserita per rendere meglio il concetto della lontananza del passato che pare irreale e defunto ( ho ripreso l’immagine della carrucola del pozzo prima d’aprire il flashback su Briseis ).
Fondamentale è la comparsa alla fine dei due dei Oniro e Fantasio (  gli ho ripresi da Lost Canvas ^^ , visto che sono delle divinità che mi hanno intrigato  molto per i loro poteri legati alla psiche ;) )    eh!eh!eh!  come nel sottocapitolo “ cercando l’orizzonte” bisogna far vedere i “ cattivoni” che si stanno mettendo all’opera piano, piano…:)
Nella terza e ultima parte di questo cap, avete notato anche i due specter Rune e Pharao ^^ ovviamente verranno fornite spiegazioni più dettagliate sulla loro comparsa andando avanti! Ora bisogna lasciar trapelare mistero O.O
Spero che Le magie di Lindo vi sia piaciuto! Tornando su Mu, il protagonista,  e Sion ho desiderato approfondire il legame che li lega, le loro tristi vicende passate e…il Male che sta avviando la sua ruota ;)
Nel prossimo capitolo vedremo di nuovo Aldebaran, Aiolia, Camus e Milo ^^  scoprirete altre cose sulle vicende di questi cavalieri!! ( il futuro aggiornamento e più probabile che sarà agli inizi di settembre…)
Ringrazio tutti i lettori  specialmente Lady Dreamer e Banira ( nel suo silenzio discreto XD XD ) che mi hanno sempre sostenuta dagli albori di questa fan-fic!! ^^
Alla prossima!!


 

   
 
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