CAPITOLO 5 - Katniss
Cammino
tra le vie del Distretto 12 senza sapere dove sto andando. Nella testa
rivivo gli ultimi istanti passati con Prim e il ragazzo del pane. I
loro volti e le loro voci si susseguono in continuazione senza mai
fermarsi. Cammino pensando solo a loro, isolandomi completamente da
ciò che mi circonda. All’improvviso calpesto
qualcosa di morbido che scompare subito da sotto i miei piedi facendomi
cadere a terra. Mi guardo attorno confusa come se mi fossi risvegliata
violentemente da un incubo. Vengo colta dal panico quando non capisco
subito dove mi trovo, ma lentamente riconosco le rozze case del
Giacimento ricoperte dalla loro solita patina di cenere. Senza volerlo
sono arrivata fino a casa e scopro che la cosa che mi ha fatto
inciampare è Ranuncolo. Lo vedo a pochi passi da me, con una
smorfia di dolore sul suo muso, soffiarmi contro per poi scomparire in
mezzo ad uno dei cespugli ai lati della strada. Decido che è
arrivato il momento di sbarazzarmi definitivamente di quel gatto
rognoso. Mi rialzo e mentre raggiungo il punto in cui è
sparita quella bestiaccia vengo attirata da uno strano rumore provenire
da dentro casa. Qualcuno sta piangendo. Sento il suo respiro farsi
sempre più corto, rotto da piccoli singhiozzi ripetuti.
Immediatamente ripenso alle notti in cui venivo svegliata da quel
singhiozzare e capisco subito chi è che sta piangendo.
— Prim — urlo
correndo verso la porta. Forse mi sono svegliata veramente da
un incubo? Forse mi sta aspettando! Afferro la maniglia, ma
non faccio in tempo a girarla che la porta si apre da sola. Non
è lei. Vedere mia madre comparire mi stringe il cuore. Prim
è andata via per sempre. Accetta la realtà.
Mi ripeto nella testa, ma senza effetto. Sento tutto il dolore
accumulato fino ad ora uscire fuori senza che possa fare niente per
fermarlo. Incomincio a correre via verso l’unico posto in cui
posso essere me stessa, i boschi. Non voglio che qualcuno mi veda in
questo stato. Sento la voce di mia madre chiamarmi, mi dice di tornare
indietro. Come potrei vivere in quella casa piena di ricordi
amari?
Immersa nel silenzio degli alberi verso le mie lacrime, urlando la mia
sofferenza. Oltre a Prim penso a mio padre. É come ritornare
indietro nel tempo. Riprovo lo stesso senso di solitudine, ma ora fa
più male sapendo che tutto quello che ho fatto per
proteggerla è stato inutile. Sapendo che forse era destino
che rimanessi per sempre sola. Il mio sguardo si posa sulle bende tinte
di rosso del sangue delle gamba destra. Sento nella mia testa risuonare
la risata sgradevole del Pacificatore di guardia al Palazzo di
Giustizia. Ride di me e di quella ferita che non mi ha permesso di
salvare Prim. Colma di rabbia incomincio a colpirla con i pugni come se
potesse far smettere quella voce arrogante, ma questa si fa sempre
più forte fino a trasformarsi in una risata sibilante con lo
stesso accento di Effie Trinket. Ora sento gli abitanti di Capitol City
ridere del mio dolore fino a farmi male la testa.
— BASTA — urlo
disperata tappandomi le orecchie con le mani pieni di sangue. Il bosco
prende improvvisamente vita, con conigli e scoiattoli che scappano via
nelle tane spaventanti dal mio grido, per poi tornare il silenzio tra
gli alberi e per sino nella mia testa.
Le ore passano lentamente e quando arriva il tramonto ho smesso da un
bel po di versare lacrime. D’istinto mi alzo e incomincio a
dirigermi verso casa, ma l’idea di vivere il resto della mia
vita senza Prim mi stringe il cuore. Passerà,
mi dico nella testa. So che la sofferenza passerà con il
tempo, ma non voglio dimenticare. Non voglio che il suo viso scompaia
come quello di mio padre. Cambio direzione e mi dirigo verso valle. A
sole già inoltrato raggiungo uno dei posti preferiti da mio
padre quand'era ancora vivo, un lago immerso nei boschi con un piccola
costruzione in cemento, ancora in piedi da diverso tempo, vicino alla
riva. Mi avvicino alle sponde sabbiose, tolgo lo stivale della gamba
destra e la immergo per intero provando un leggero sollievo quando la
ferita viene a contatto con l’acqua fresca. Sciacquo via
dalle mani il sangue che nel frattempo si è seccato per poi
lavarmi dal viso le lacrime piante. Con il calar della notte il dolore
si attenua. Non curante degli animali feroci rimango sulla riva
accovacciata, con le gambe strette al busto, a fissare il chiarore
della luna sul lago senza pensare a nulla. Lentamente sento le palpebre
farsi sempre più pesanti fino a quando cedo alla stanchezza
e mi addormento con la testa appoggiata sulle ginocchia. Prima di
lasciarmi andare completamente ripenso al ragazzo del pane e al suo
bacio, arricciando le labbra in cerca di quel calore in questa fresca
notte.
Una dolce calura sul viso mi sveglia delicatamente dal mio sonno. Apro
debolmente gli occhi, ma li richiudo subito accecata da sole. É
già mattina inoltrata. A fianco a me noto immediatamente un
piccolo cestello, di quelli intrecciati con la paglia, con alcune
foglie di quercia in cima a proteggere il suo contenuto. Al suo interno
scopro una moltitudine di bacche bluastre accompagnate da un piccola e
tiepida pagnotta. Sarà stato Gale a lasciarmelo. Lui
è l’unico che conosce questo posto oltre me. Non
tornando più a casa, mia madre gli avrà chiesto
di cercarmi. Ripenso a come mi sono comportata ieri con lui. Siamo
sempre stati una coppia affiatata, pronti ad aiutarci a vicenda e
proprio nel momento del bisogno lo scacciato via senza permettergli di
aiutarmi. Sono stata stupida a dare la colpa a lui per quello che
è successo a Prim. Spero che delle semplici scuse bastino
per non perdere il mio compagno di caccia. Ricordandomi solo ora di non
aver toccato cibo per un giorno intero inghiotto in pochi istanti le
bacche riempiendomi la bocca di polpa fresca. Anche se affamata esamino
per qualche istante la pagnotta. Scorro le punta delle dita sulla la
superficie rugosa e inspiro affondo il suo profumo.
— É
dalla panetteria! — esclamo a bassa voce ripensando a Peeta
Mellark. Affondo i denti nel impasto morbido pensando al significato
del suo gesto. Non ho mai avuto a che fare con lui dopo quel giorno
d’inverno di quattro anno fa. Infatti ieri è stata
la prima volta che gli ho rivolto la parola. Allora
perché mi ha promesso di proteggere Prim? Perché
mi a baciata? Cerco una risposta fino a quando giungo ad un
unica spiegazione che mi lascia sorpresa. Forse prova
qualcosa per me. Perché mai un ragazzo di città
dovrebbe interessarsi ad una ragazza come me? E se anche fosse,
perché non ha mai provato a parlarmi? Alla fine
decido di non pensarci più visto che ora non ha
più importanza. Tra meno di una settimana inizieranno i
giochi e quando sarà nell’arena
scoprirò veramente le sue intenzioni anche se
sarà troppo tardi.
Dopo aver finito il mio pasto scarno slego le bende e controllo le
condizioni della ferita. Come pensavo i pugni di ieri hanno peggiorato
la situazione. Oltre alla carne non ancora rimarginata è
comparso un enorme livido violaceo che mi compre metà gamba.
Ripenso a mia madre e al suo sguardo affaticato dopo avermi curata.
Sento un pizzico di rancore per essere scappata via
all’improvviso. Ieri stava piangendo, sarà
ripiombata nello stesso mondo buio di quando morì mio padre?
C’è solo un modo per scoprirlo. Rifascio come
meglio posso la gamba, raccolgo il fragile cestello e mi dirigo verso
il Giacimento.
Raggiungo il Distretto molto lentamente, un po’ per la ferita
e un po’ per i miei timori, ma quando arriva il momento mi
faccio coraggio ed entro in casa. Nella penombra della cucina vedo mia
madre scattare in piedi dalla sedia in cui stava e venirmi subito
incontro. Non faccio in tempo a dire nulla che ricevo senza preavviso
uno schiaffo sulla guancia destra. Non sono mai stata picchiata da lei
e tanto meno da mio padre e per questo la guardo stupita del suo gesto,
ma poi noto le borse sotto gli occhi e le rughe marcate sul suo volto. Non
sarà riuscita a chiudere occhio stanotte per colpa mia?
— Scusami. Pensavo di aver
perso anche te — dice abbracciandomi forte a sé.
Dev'essere stata dura per lei vedersi scomparire due figlie in un unico
giorno. Solo ora mi rendo conto di essere solo un’egoista.
Non ho creduto in Prim, ho rifiutato l’aiuto di Gale ed ho
abbandonato mia madre. Ho deluso tutti quelli a cui tengo.
— Mi dispiace — dico
con un filo di voce sentendomi arrossare gli occhi dai sensi di colpa.
— Ora è tutto
apposto. Ti preparo un bagno e dopo ti controllo la ferita. Ok?
— mi dice facendomi un leggero sorriso. Le faccio un cenno
con la testa sollevata di vedere che questa volta non si è
lasciata.
Nella vecchia tinozza di legno che usiamo come vasca, lavo via dal mio
corpo il sudore mischiato al sangue della ferita. Quando vedo mia madre
incominciare a lavarmi i capelli la lascio fare sentendo, ora
più che mai, il suo bisogno. La gamba, pur essendo
peggiorata, necessita solo di qualche giorno di riposo per guarire, mi
rassicura mia madre rifasciandomela con delle nuove bende. Mi vieta di
sforzarla più del dovuto e di stare a riposo. Sentendomi
priva di forze per fare qualsiasi cosa seguo il suo consiglio e,
soffocata dal caldo estivo, mi butto sul mio letto. Passo
l’intero il pomeriggio creando degli otto sul tessuto rugoso
del materasso cadendo in uno stato quasi vegetativo dove
l’unica cosa che ti sprona è la voglia di girarmi
dall’altra parte. Ci sono alcuni instanti in cui sento la
disperazione attanagliarmi facendomi versare qualche lacrima per poi
ritornare a fissare il nulla.
Quando arriva la sera vengo aiutata da mia madre a sedermi a tavola,
anche se non ho tanta fame. Esamino il mio piatto. Contiene una
brodaglia marrone dalla quale spunta qualche foglia di basilico. Non
avendo cacciato, questo è il meglio che mia madre ha potuto
fare. Dopo qualche cucchiaiata un rumore metallico rompe il silenzio
della cucina. All’improvviso la tv si accende da sola come
tutte quelle nel Distretto quando siamo costretti a guardarla.
L’inno di Panem incomincia a risuonare e sento lo stesso
avvenire nelle altre case del Giacimento.
—É
la sera delle sfilate — mi ricorda mia madre. Me ne ero
dimenticata. Oggi i venti quattro tributi di Panem sfileranno per
l’intera Capitol City, trainati da cavalli e vestiti per
l’occasione dai loro stilisti. Un’immagine di Prim
nuda ricoperta di sola cenere mi balena in testa. Spero proprio che il
suo stilista non sia amante del nudo, come accaduto qualche anno fa per
il Distretto 12. Mi tiro un po’ su di morale e finisco in
pochi istanti tutto la cena mentre lo stemma di Panem scopare per
lasciare il posto al solito commentatore dei giochi, Cesar Flickerman
un uomo sempre sorridente e dalla stravagante capigliatura tinta ogni
anno di un diverso colore. La telecamera li passa in rassegna uno ad
uno quando escono in strada. Osservo i loro volti pensando che uno di
loro potrebbe uccidere tra qualche giorno mia sorella. Vengo attirata
dalla ragazza del Distretto 11. Mi ricorda Prim nel suo aspetto minuta
e fragile. Purtroppo è stata anche lei vittima degli Hunger
Games come mia sorella. All’improvviso un forte boato
costringe mia madre ad abbassare la tv e capisco solo dopo alcuni
istanti il perché.
—Quelle sono... fiamme?
— esclamo stupita vedendo Prim vestita con un tuta attillata
nera adornata da un manto e una corona in fiamme. Leggo sul volto di
mia madre il mio stesso senso di sorpresa. Sembra un vestito creato
apposta per lei con i suoi capelli biondi e occhi azzurri che risaltano
con le sfumature del fuoco che indossa. Lo stesso vale anche per Peeta
Mellark. In un primo momento si trova spaesato, ma poi prende
confidenza e incomincia a salutare la gente sugli spalti. Vedo
rivolgere la parola a Prim, notando solo ora che i due si stringo per
mano. Questa non risponde, ma si limita a sorridere. Il suo sorriso fa
riaccendere qualcosa dentro di me, qualcosa che pensavo di aver perso
quando ho saputo della sua nomina. La voglia di non arrendermi. La
trasmissione finisce con il discorso del Presidente Snow e dopo
l’inno di Panem la cucina ripiomba nel silenzio. Ora si
respira in diverso clima in casa. Aver visto di nuovo Prim ci ha
rassicurato un po’ anche se non toglie il fatto che abbia i
giorni contati, ma sta notte cerchiamo di dimenticarlo.
Come il resto del Distretto dopo qualche minuto ci ritroviamo ognuna
nel proprio letto. Mi addormento ripenso a Prim e alla sua apparizione
spettacolare. In mezzo a quella gente ci sarà sicuramente
qualche sponsor che possa aiutarla nell'arena. Dato che chiunque
può inviare un dono ai tributi nell'arena anche se mi trovo
nel Distretto cercherò in tutti i modi aiutarla. Durante la
notte mi sveglio e d'istinto cerco Prim alle mie spalle, ma ovviamente
non la trovo. Cerco di riprendere sonno, ma senza riuscirci.
—Non
riesci a dormire? —
la voce di mia madre mi coglie quasi di sorpresa, mi volto verso di lei
e le faccio cenno di si con il capo. Vedo farmi gesto di sdraiarmi a
fianco a lei. Senza pensarci mi alzo e mi distendo al suo fianco. Ora
va meglio. Sento la sua mano delicata sistemarmi i capelli nello stesso
modo in cui faceva Prim. Colta dalla stanchezza mi addormento
velocemente tra lei sue carezze, consapevole che, pur avendomi portato
via mia sorella, oggi ho ritrovato mia madre.