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Autore: heiligerShadowfax    01/08/2012    3 recensioni
“In quello che è ormai lo stato delle cose, un uomo che dalla nascita fosse abbandonato a se stesso in mezzo agli altri sarebbe il più deforme di tutti” – Rousseau.
I commenti sono molto graditi!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo II: Quando una ragazza innamorata prende una ferrea decisione è impossibile cambiarla.
 
E fu così che Beatrix, sorella minore di Death Mask di Cancer, decise di essere innamorata di Shura di Capricon. La cosa peggiore dell’adolescenza è che le ragazze si innamorano con la stessa avventatezza con la quale si truccano.
 
Adesso ricordava Shura, certo, suo fratello si allenava spesso con questo ragazzo appena più grande di lui. Saltava da un masso all’altro come uno stambecco sulle Alpi, con quelle gambette ossute e dinoccolate da marmocchio nel pieno della crescita. Tuttavia a quel tempo lei era troppo giovane per pensare di infatuarsi e lui troppo gracile ed insulso per attirare la sua attenzione.
Poi le cose cambiano, Shura conquista l’armatura del Capricorno, parte per un allenamento speciale in Spagna –o almeno così ricordava-, passa lì il tempo sufficiente perché lei si dimentichi della sua faccia e poi eccolo che torna. Cambiato da così a così, con spalle larghe da far invidia, torace ampio, gambe tornite come tronchi d’albero ed un sedere alto e sodo. Complimenti.
Per non parlare dei capelli, Beatrix adorava i capelli corti, secondo lei ogni bel ragazzo doveva avere capelli corti come quelli del fratello, disegnando i capelloni del santuario che, nonostante il suo giudizio, catturavano molti sguardi di deliranti fanciulle. E in altri casi anche fanciulli…
 
Inoltre Beatrix era arrivata ad un’età, nella quale, grazie ai fantasiosi racconti di suo fratello, alle barzellette oscene che sempre girano tra i ragazzi, conosceva già le basilari nozioni del sesso.
Così che, mentre si apprestava alla scalata delle Dodici Case –solo fino alla Decima, ovviamente- nella sua testa iniziava già a formarsi l’idea di quello che le sarebbe piaciuto fare con lui.
L’unico problema era arrivarci…da lui.
Beatrix scoprì ben presto che quegli infami scalini, erano una sfida molto, troppo grande per le sue capacità.
Si chiedeva chi fosse stato quell’architetto, allergico alla pianura, che aveva ideato degli scalini così alti e stretti e delle rampe così lunghe.
 
In tempo di pace poteva permettersi di transitare per le case dello zodiaco senza troppi problemi, annunciando la sua presenza. Il giovane Aiolia era troppo occupato con i festeggiamenti per la sua nuova carica per occuparsi di lei, Shaka di Virgo ignorò palesemente la sua presenza, Milo era fuori a folleggiare chissà con chi, mentre Aiolos di Sagitter si permise di rivolgerle un sorriso tranquillo quando la vide passare.
A questa gentilezza lei voltò il capo indignata, perché mai sarebbe caduta ai piedi del primo bell’imbusto che le faceva un sorriso da attore holliwoodiano. E poco importava che il sorriso in questione era un puro atto di pietà per le condizioni della ragazza, perchè arrivata alla Nona, Beatrix non era quello che si poteva dire un bello spettacolo: sudata da capo a piedi, macchiata sul petto e sotto le ascelle, i polpacci pieni di crampi, la maschera le impediva di respirare ed i capelli appiccicati sulla nuca e sulle spalle. Si trascinò a fatica verso quegli ultimi scalini infami, senza neanche rendersi conto che lo stava facendo strisciando.
 
Finalmente il piazzale d’ingresso del Decima le si palesò di fronte agli occhi. Sei colonne si dividevano l’ingresso ed il timpano triangolare, dove il simbolo del Capricorno era inciso in rilievo. Imperitura memoria di antichi retaggi.
Beatrix si scrollò un po’ di polvere di dosso, doveva fare bella figura. Si apprestava già ad avanzare baldanzosa quando vide qualcuno uscire dalla casa. Non poteva in alcun modo trattarsi di Shura, a meno che Shura non fosse rimpicciolito di quaranta centimetri, non si fosse fatto crescere dei riccioli color biondo cenere e non portasse una seconda. E i pettorali pompati non erano una scusa sufficiente.
Una bambolina di bassa statura, col faccino pulito, usciva fresca e tosta dalla casa del Capricorno. Poggiato su un fianco portava una cesta di vimini, colmo di indumenti. Questo a Beatrix non piacque.
Ritrovando di colpo tutte le energie spese per la salita, afferrò la pupetta per un braccio strattonandola violentemente.
-Ehi tu!- gracchiò, fermandola con mala grazia -che stai facendo? Che hai in quella cesta? Non credo sia roba tua! Da dove l’hai presa?-
La ragazza atterrita divenne cinerea, merda, era carina pure da spaventata. Balbettò qualcosa: -ma…veramente io…ero venuta solo a ritirare i panni da lavare, il sommo Shura aveva questi indumenti sporchi e così…-
-ah! Sono di Shura?  Quindi ti sei introdotta nella Decima Casa per rubargli i vestiti! Piccola delinquente perversa -
-…Ma me li ha dati lui, io devo solo lavarli e riportarglieli domani mattina!-
-bella scusa! Certo, ringrazia che io Beatrix, sorella del gold saint Death Mask, ti lasci andare…sono fin troppo generosa!-
L’ancella sbattè le palpebre dalle lunghe ciglia: -grazie- azzardò confusa più che spaventata.
-niente grazie! Non leccarmi il culo! Dov’è ora il sommo Shura?-
-credo…credo sia nella sua casa, io l’ho lasciato nei suoi appartamenti privati-
Beatrix la guardò a lungo, si avvicinò a pochi centimetri dal suo viso con fare minaccioso. Anche con la maschera, l’ancella Erika riusciva ad indovinare che la sua espressione non doveva essere delle migliori.
-uhm…- mugugnò Beatrix, alla fine di quello che doveva essere stato un lungo e profondo ragionamento. -…bene, piccola formica, sei fortunata che oggi non abbia voglia di sporcarmi le mani. Ma potrei cambiare idea se me ne darai ragione. Ci siamo capiti? Quindi, inutile ranocchia dalle zampe storte, adesso vattene, che ho cose più importanti per la testa, vai! E ringrazia che ti sia andata così bene…su!-
-s-sì- disse Erika, quando finalmente il braccio veniva liberato dalla morsa di Beatrix. La piccola guerriera guardò con soddisfazione il braccio dell’altra, contemplando soddisfatta i segni rossi delle sue dita che sarebbero rimasti almeno per un paio di giorni. Così imparava ad essere così carina.
-e un’altra cosa…-
Erika inchiodò, non sapeva se tremare di paura o altro.
-questo lo prendo io- disse Beatrix afferrando uno dei panni dalla cesta e nascondendoselo nel corpetto: -ed ora sparisci dalla mia vista. Fila, prima che ti ficchi ben bene un dito in un occhio!-.
E senza voltarsi indietro entrò nella Decima Casa.
 
-partirò-
-partirai?-
-sì…-
Lacrime, tante. Sia sul volto di lei che su quello di lui. Erano così tante e luminose da sembrare stelle cadenti
-tornerai presto?- la voce di lui era un sussurro, le mani stringevano quelle di Beatrix, una stretta calda, gentile, ma virile al tempo stesso.
-non lo so ma tu…tu mi aspetterai?-
-è crudele che il destino mi separi da te proprio ora che ti ho conosciuta, ma ti aspetterò, non dimenticherò mai il tuo viso-. La mano gentile di Shura le sollevò la maschera, finalmente vide il suo volto che aveva passato due interi giorni ad immaginare. Era bello, il più bello che lui avesse mai visto. -…domani partirai, ma questa notte è per noi…perciò rendiamola indimenticabile-. E con queste parola la sollevò tra le braccia possenti, tra esse Beatrix si sentiva leggera e senza peso, e quando lui la baciò lei seppe che era quella la vera ragione per cui era nata, per cui aveva atteso… era quanto di più meraviglioso potesse accaderle…
O almeno quanto di più meraviglioso stava accadendo nella sua testa.
 
-Si, succederà così…lo so, ne sono sicura-, si disse con coraggio, mentre si torturava le mani l’una con l’altra. Entrò nella casa con grande disinvoltura, lanciando qua e là qualche fugace occhiata. Durante quella lunga rampicata, si era resa conto, in maniera palese, che tutte le Case erano, a modo loro, diverse dalla Quarta. Niente volti urlanti alle pareti, niente nebbiolina evanescente che aleggia nel salone principale, niente disordine, niente mutande sparse sul mobilio. Doppi inquilini dalle pessime abitudini, doppio disordine.
Tuttavia l’ordine che Beatrix vide regnare nella casa del Capricorno aveva dell’incredibile. Non era quell’ordine mistico e minimalista della casa della Vergine. Ma un ordine maniacale…le cose sembravano disposte entro un ordine preciso, con rigore e logica. Se Bea avesse saputo far di conto come si deve, avrebbe scoperto che la distanza tra due oggetti era multiplo del perimetro delle pareti della stanza.
-¿niña, qué es lo que aquí?-.
-eh?-
La voce di Shura giunse dalle sue spalle, una voce dall’accento straniero, spagnolo. Beatrix rischiò di sciogliersi come burro. Certamente non era tipo che resisteva al fascino dell’hombre caliente*.
Si voltò, cercando di sporgere il più possibile il petto in fuori, sicura che la canotta che aveva preso dal cesto le conferisse almeno una misura in più, e che il sudore che le incollava gli indumenti al corpo la rendessero incredibilmente affascinante e sensuale.
-oh…Shura…saaalve- lo salutò con veemenza.
Il ragazzo aggrottò la fronte, ignaro del motivo che poteva spingere una ragazza a ridursi in quel misero stato di sudore e lerciume.
-ahm…salve, a cosa devo questa…ahm, visita- se di visita si poteva parlare.
-visita? O noo…sai…passavo per caso-, sospirò vaga.
-Entiendo …-, a Shura risultava difficile, molto difficile crederlo. Però risultò facile credere che Beatrix si fosse appena sottoposta ad un’estenuante allenamento. Era meraviglioso vedere una fanciulla così giovane, con un così chiaro fervore per il suo futuro ruolo di Saint! Correre lungo il percorso delle Case come allenamento era una cosa che le faceva più che onore. Era ammirevole, e Shura si sentiva onorato ad avere reclute così portate tra le schiere del Santuario!
Tuttavia non gradiva che una ragazzina così sporca ed unta avesse messo piede nella sua linda casa.
Seguì quindi un momento di totale silenzio, durante il quale Beatrix teneva lo sguardo devotamente fisso in un punto non indefinito sotto la cintura di Shura.
-posso, quindi…aiutarti in qualche modo?- chiese lui. Ecco l’occasione per Bea.
- sai…sto partendo…- un sospiro drammatico, la giusta intonazione nella voce, la mano che sale al petto, come a volersi reggere il cuore.
-… E quindi?-
Beatrix ingoiò a vuoto, il cuore iniziò a batterle non per l’emozione. Sentiva il sangue affluirle alla testa, come il vapore sale in una pentola a pressione.
-… E… E quindi… Non mi vuoi salutare?-
Shura aveva delle sopracciglia sottili, in perfetta armonia con gli occhi dal taglio allungato, un minimo cambiamento nella configurazione del suo viso ed ecco che quelle sopracciglia si incurvavano nella più disparata successione di espressioni. Tuttavia l’espressione di Shura in quel determinato momento era quanto di più differente da quella che Beatrix aveva immaginato.
-Ah, buona fortuna allora-.
No, qualcosa non quadrava. Dov’erano le lacrime? E le braccia forti e muscolose che dovevano sollevarla? Avanti, Shura, hai quei bei bicipiti, allora usali, maledizione!
Beatrix ebbe un lampo di genio. Pensò di togliersi la maschera, forse vedendo il suo viso tutto si sarebbe risolto. Certo, lui si sarebbe innamorato a prima vista, e se così non fosse stato allora c’era sempre quella famosa regola sulla faccenda della maschera. Si portò una mano al volto, afferrò il bordo del mento quando all’improvviso ricordò che c’era un validissimo motivo per cui non mostrare il suo viso: il brufolo era ancora lì. Merda.
Inoltre l’espressione di Shura tradiva un severo rimprovero. Che avesse intuito le sue intenzioni?
Bene Beatrix, mi dispiace, ma non è andata come desideravi. Niente lacrime, niente parole d’amore, niente promesse di strazianti attese nelle quale crogiolarti, niente braccia forti a prenderti in braccio e niente fare sesso nel salone dell’altare, sul letto di Shura, sul tavolo del salone o in qualunque altro luogo della casa.
Beatrix stava per esplodere, Beatrix contrasse e rilasciò le dita: rompi qualcosa, le diceva una vocina nella testa, rompi qualcosa e ti sentirai meglio.
-ah…g-grazie..- sibilò. Sentiva qualcosa nella gola. Un vipera che si dibatteva per sputare veleno addosso a quel pezzo di fesso che si era fatto così sfuggire la sua più grande occasione della sua vita. La più grande occasione della vita per LEI.
Ma si trattenne. Per chissà quale grazia divina, si trattenne.
Meglio così, le sussurrava un’altra voce nella testa, una voce che aveva lo stesso tono ed accento di quella di Shura. Meglio così, cerca di comprendere, è ancora troppo presto, la lontananza servirà a rafforzare il nostro sentimento, ed in questo periodo in cui tu sarai lontana tuo fratello non avrà nessun motivo per estirparmi i testicoli.
Beatrix sorrise da sotto la maschera, come se avesse sentito quelle parole pronunciate da Shura. Strano il fatto che ne sembrava realmente convinta.
 
La discesa sembra sempre più breve. Sempre. Allora perché Beatrix sentiva di rimanere sempre sulla stessa rampa di scale? Non si era nemmeno tolta la maschera, ma da sotto si sentiva lo scricchiolio dei denti che cozzavano gli uni contro gli altri. Dovevi rompere qualcosa per sentirti meglio.
-Beatrix!- la chiamò a gran voce Asterion, fresco fresco della sua investita a Silver Saint del Cane da Caccia. -ho saputo che domani parti! Volevo augurarti buona fortuna e…-
-Buona fortuna sta grandissima minchia!-La dolce fanciulla ringraziò sentitamente il collega e compagno di saltuari allenamenti. Anche il pugno che gli mollò in pieno muso fu molto sentito. La voce nella sua testa aveva ragione, a rompere qualcosa ci si sente sempre bene. Che sia un vaso o una mascella.
È singolare come ogni giornata di Beatrix tenda a concludersi con un pestaggio.
 
La mattina dopo Beatrix dovette svegliarsi all’alba. Ovviamente non si svegliò all’alba. Nulla avrebbe potuto farla alzare dal letto così presto, e suo fratello non era da meno. Dormirono insieme, in posizioni scomposte, lui in mutande, lei con una sua vecchia tunica troppo larga per il suo corpo acerbo. Si svegliarono a metà mattina, e Beatrix non aveva nessunissima voglia di prendere in spalla la sua sacca e di farsi mettere di peso sulla corriera di mezzogiorno.
-lo sai che così ci vado di mezzo io?-. Death Mask se la trascinava dietro, non aveva avuto il tempo di farsi la barba, le occhiaie erano più pronunciate del solito e la mascella contratta. -che figura mi fai fare…-
-non è che tu sia da meno nello svegliarti presto la mattina-
-una cosa è che lo faccio io, una cosa è che le fai tu-.
Trainata nella polvere delle strade acciottolate, Beatrix lo seguiva di mala grazia, buttando di tanto in tanto l’occhio alle sue spalle. Sulla collina il sole del meriggio picchiava sulle case dello zodiaco. Sulla collina, un puntino piccolo e bianco, la casa del Capricorno: -tanto torno- sussurrò. Una minaccia più che una promessa.
 
Così Death Mask affidò la sua sorellina a nessun’altro se non se stessa. La mise sulla corriera di puro peso, questa volta doveva comportarsi da fratello responsabile. Gli ordini non andavano mai discussi. Gli ordini dei potenti almeno, loro il potere, loro e la ragione. Loro la ragione, loro la vittoria. Questa era l’equazione da seguire per la sopravvivenza. Questo l’ideale di vita. Segui il potente per diventare potente a tua volta. E se sei potente sopravvivi.
E se questi ordini comportavano lo spedire l’adorata sorellina lontano allora così sarebbe stato. Dopo tutto anche lui si era assentato per più di un anno, per allenarsi sulle roventi pendici dell’Etna. Lui era sopravvissuto, tornato con qualche acciacco ed una visione della vita alquanto distorta, certo, ma era tornato. Beatrix aveva già una mente abbastanza perversa perché non le capitasse nulla sul piano psicologico. Era il piano fisico a preoccuparlo.
 
Prima che la corriera partisse, Death Mask prese il mento della sorellina tra le dita, sollevò la maschera dal suo volto. La piccola stupida alla fine si era schiacciata il brufolo, sfoggiando una crosta arrossata sul mento. Vi passò sopra il pollice:
-cretina-
-mi faceva male-
-perché, ora no?-
-almeno mi sono presa una soddisfazione-. Almeno una.
Studiò attentamente il profilo di quella piccola bestiolina selvatica, con un naso troppo dritto e poco grazioso, lentiggini e brufoli.
-ti mancherò?-
-Ah, non solo, mi struggerò appassionatamente per il dolore di non averti accanto-
Beatrix annuì con convinzione, le piaceva la drammaturgia usata da Death.
-Vedi di tornare con un bel paio di tette-, le sussurrò lascivo all’orecchio prima di rimetterle la maschera ammorbante di sudore. Le diede un sonoro schiaffo sul sedere, chiuse la porta del piccolo furgoncino, la marmitta scoppiettò fumo nero.
Death Mask si allontanò di qualche passo. Beatrix era appiccata al finestrino, come uno di quegli animaletti nei negozi, quei cuccioli che pregano di essere adottati con tutte le loro forze. Solo che questo cucciolo sollevò una zampetta, mostrandogli il dito medio.
Death Mask sorrise, si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni aderenti, e attese che corriera e fumo nero divennero puntini indistinti nel paesaggio aspro e roccioso.
-O almeno torna con tutti i tuoi arti-. 
  
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