Sentivamo
i passi
rimbombare nel corridoio, ogni secondo più vicini, ogni
secondo più pressanti.
Il
cure mi batteva
all’impazzata tanto che persino i miei pensieri erano
annebbiati; scossi la
testa, concentrandomi per separare le emozioni di Jack dalle mie: il
vero
problema stava nel fatto che io ero già agitato e sentendo
la sua paura mi
agitavo di più. Sapevo che per lui era lo stesso, quindi
cercai di calmarmi ed
infondergli sicurezza per aiutarlo; dovette riuscirci o almeno lui
percepì il
mio tentativo poiché si voltò a guardarmi
sorridendo dolcemente come pensavo
solo gli angeli sapessero fare, poi, contemporaneamente,
l’ombra di uno stesso
dubbio offuscò i nostri sguardi: ne io ne Jack avevamo
parlato agli altri del
casino con i giudici Roberts, quindi come facevano a sapere
ciò che avevano
fatto al mio ragazzo?
Ci
guardammo fissi per
qualche secondo, senza giungere ad una conclusione, ma non facemmo in
tempo a
chiedere spiegazioni ai nostri amici che la porta si
spalancò: erano arrivati
veramente.
Lei
indossava un abito
blu, corto, dello stesso colore degli occhi che erano veramente
identici a
quelli di Jacky ed aveva anche il suo stesso naso, le sue stesse
labbra… si
somigliavo moltissimo, tranne per i capelli che lei aveva neri, ma di
colpo
sapevo quanto quella somiglianza fosse dolorosa per il mio biondino
preferito:
non voleva somigliare così tanto a quella che considerava un
mostro.
Del
padre, invece, aveva
solo i capelli: una perfetta fusione di biondo e rosso. Per il resto,
l’uomo
aveva lineamenti duri e squadrati che non centravano niente con il
visino dolce
e un po’ effeminato del figlio.
Nel
momento stesso in cui
i due giudici entrarono, nella mensa calò
un silenzio che sapeva di paura: Jack era letteralmente
terrorizzato. E
pensare che vedendoli così, bellissimi nei loro abiti di
marca, non avremmo mai
pensato chi fossero veramente.
Dragone
si affiancò a Jack
con espressione leggermente protettiva e in quel momento capii: Neferet
doveva
aver informato i professori del passato di Mary e Jack, quindi i nostri
amici
potevano essere stati avvisati da loro.
Cercai
di trasmettere il
pensiero a Jack e rimasi sorpreso quando mi sentii arrivare in risposta
la
consapevolezza che anche lui aveva capito: non sentivo la sua voce ma
la percepivo.
Era
la sensazione più
strana del mondo, ma era anche molto piacevole.
“Jack.”
la voce della
donne mi distrasse dai miei pensieri: “Ci hanno detto
ciò che è successo. Ma,
infondo, non ne siamo sorpresi: non ti avevamo forse detto che saresti
stato
meglio a casa?” fece un sorrisetto sbieco che mi fece
incavolare non poco, ma
cercai nuovamente di calmarmi per aiutare Jack.
“Sei
sempre in tempo a
tornare.” continuò l’uomo con lo stesso
tono freddo della moglie: “Siamo sempre
i suoi genitori.”
Vidi
con la coda
dell’occhio il viso di Stivie Rae infiammarsi e, nonostante
la sua eterna
timidezza, la bionda campagnola non riuscì a trattenersi ed
esclamò: “Se gli
vorreste bene saresti corsi a rassicurarlo ed abbracciarlo invece di
starvene
lì tutti infighettati!”
Ci
voltammo tutti verso di
lei, sorpresi, tranne Zy, che sorrideva come se fosse orgogliosa di una
sua
opera: evidentemente stava dando qualche lezione di decisione alla
nostra
piccola amica.
Fu in
quel momento però,
che vedemmo quanto i genitori di Jack sapessero essere stronzi e
capimmo anche
da dove il nostro nuovo amico tirasse fuori tutta quella cattiveria,
quando
voleva: “ Cento per cento Oklahoma, la piccola
bionda.” cominciò lei con uno
sguardo che faceva sembrare Neferet un agnellino: “Non
sai,tesoro bello, che un
nostro progetto parla proprio di radere al suolo le abitazioni
campagnole per
renderle città?”
“Si,”
continuò lui
sibilando in perfetto stile vipera: “Siamo stanchi di tutti
questi bigotti che
credono ancora nella semplicità. Sono tanto fastidiosi come
quelle piccole
pulci che succhiano il sangue altrui… parassiti. Tu e la tua
famigliola non
siete altro che parassiti campagnoli, ma, fortunatamente, io e mia
moglie
stiamo conducendo un fruttuoso processo di disinfestazione.”
Stivie
Rae aveva gli occhi
gonfi di lacrime mentre si lasciava abbracciare dalle gemelle e Zoey,
che
avevano sguardi carichi di disprezzo e rabbia.
Erik
invece rimase come
imbambolato da tanto cattiveria e la stessa espressione
l’avevano Dragone e il
poliziotto che aveva accompagnato i giudici Roberts. Oh, io non ero da
meno, ma
all’improvviso sentii la rabbia montarmi nel cuore e mi sarei
alzato urlando se
solo Jack, da cui proveniva quell’odio intensissimo che mi
aveva travolto, non
mi avesse preceduto: “E’ amica mia!”
urlò con una strana voce stridula
frapponendosi fra e ragazze e i suoi genitori: “Potete
parlare di me come
volete, ma non vi permetto di dire cose simile ai miei amici!”
“Sei
stupido persino più
di tua sorella!” urlò in risposta la donna,
stringendo i pugni: “Lei non è mai
stata tanto sciocca da difendere altri ragazzi all’infuori di
te! Non sei altro
che un ragazzino egoista! Avanti, ammettilo: quante volte Mary ha
scontato la
pena al posto tuo? Lei stava zitta ed obbediva, tu, quando eri piccolo,
continuavi ad opporti, ma lei, per difendere il suo fratellino che era
ancora
un bambino, si faceva punire al posto tuo. So che hai
capito…”
Jack
indietreggiò, colpito
in un punto troppo fragile del suo cuore, ma suo padre riprese subito,
senza
dargli tregua: “Lei si sacrificava per te mentre tu non
faceva che procurarle
guai… era più docile di te e il cinquanta per
cento delle punizioni se le è
prese per difenderti! Ti sei mia fatto punire al posto suo?
NO!”
Le
parole che Jack mi
aveva detto qualche ora prima tornarono a rimbombarmi nella mente: “I miei picchiavano in continuazione sia
me
che Mary, trattandoci come i loro schiavi…
oggetti… puttanelle…”
Quelle
erano le punizioni
a cui si riferivano… oh dea, erano disgustosi! Ma come
avevano fatto a creare
una creatura dolce come Jacky?
Lui
si voltò con espressione
supplice negli occhi, chiedendomi di aiutarlo, ed io non esitati: mi
affiancai
subito a lui, stringendolo a me ed ignorando lo sguardo a
metà fra il furioso e
il disgustato dei giudici, quindi mi rivolsi direttamente a loro
cercando di
mostrare una decisione che in realtà non avevo:
“Evidentemente incontrare
vostro figlio non era fra le vostre priorità, quindi potete
benissimo
andarvene. A meno che voi non sappiate chi ha avvelenato Jack,
ovvio.” conclusi
assottigliando gli occhi e sapendo di somigliare terribilmente a Jack
quando
faceva lo stronzo.
“Cosa
stai insinuando,
piccolo coglione?!” strillò lei, ma io non feci
nemmeno in tempo a rispondere
che l’uomo mi raggiunse con due rapide falcate e, torcendomi
il braccio, mi
strattono con forza per allontanarmi da suo figlio, quindi mi butto a
terra,
faccia in giù.
“No!
Lascialo stare!”
sentii la voce distorta di Jack alle mie spalle e rimasi pietrificato
mentre
sentivo una vampata di Male invaderlo: mi voltai appena in tempo per
vedere i
suo splendidi occhi blu completamente sommersi da un rosso sangue,
mentre la
parte sinistra del suo Marchio si illuminava con una forza sinistra.
Cercai
di incrociare il
suo sguardo, inutilmente, mentre la consapevolezza di essere solo mi
spaventava
ulteriormente: nemmeno Dragone sembrava sapere come reagire ed era
rimasto
pietrificato come tutti gli altri.
Mi
alzai velocemente
correndo da Jack, afferrandole per entrambe le braccia ed impedendogli
di
scagliarsi contro i suoi genitori mentre il suo terribile desiderio di
vendetta
mi invadeva, ma dovevo mantenere la calma e non lasciarmi sommergere
dalle sue
emozioni.
Lo
spinsi all’indietro
fino a farlo scontrare contro il muro e lo fissai negli occhi:
“Calmati.”
sussurrai, ma non c’era traccia del mio angelo biondo in quel
viso contratto
dall’odio e dalla rabbia.
Cercai
quindi una
soluzione di emergenza: lo bloccai completamente fra il muro e il mio
corpo,
prendendogli il viso fra le mani e baciandolo, pensando intensamente a
quanto
lo amassi.
Lentamente
sentii il suo
corpo rilassarsi fra le mie braccia e quando ci separammo mi specchiai
finalmente nei suoi limpidi occhi blu: “Grazie.”
sussurrò lui sulle mie labbra,
ma sentivo ancora la sua rabbia e la sua paura.
“Andatevene!”
strillò
infatti contro i suoi genitori, che per la prima volta sembravano
veramente
spaventati: “Ora!”
I due
giudici non se lo
fecero ripetere e corsero via, seguiti a ruota dal poliziotto.
A
quel punto Jack,
ignorando completamente le ragazze, Night e Dragone, ancora immobili e
sconvolti, mi afferrò per un braccio e mi
trascinò senza parlare nella sua
stanza, chiudendo la porta a chiave.
“Come
stai?” chiesi
fissando i suoi occhi lucidi, ma lui non rispose, avvicinandosi
lentamente e
portandosi una mano al collo: “Cosa stai facendo?”
Non
rispose nemmeno questa
volta, conficcandosi un’unghia alla base del collo e
lasciando scorrere il
sangue.
“Jack…”
Mi si
avvicinò
ulteriormente e l’odore dolce del suo sangue mi colpi
immediatamente, dandomi
scosse di eccitazione che sapevo non sarei riuscito a controllare.
Lui
alzò una mano fino al
mio viso, baciandomi con forza e spingendo il suo corpo completamente
contro il
mio.
Il
suo sangue mi bagnò il
collo; mi separai di scatto dalle sue labbra per affondare i denti
nella sua
chiara pelle sottile, sentendo il dolce sapore del suo sangue
esplodermi in
bocca.
Ne
volevo sempre di più:
lo spinsi nuovamente contro il muro, sollevandolo per le cosce mentre i
suoi
gemiti mi riempivano la testa.
Non
sapevo perché lo aveva
fatto, ma sapevo che mi piaceva in modo quasi innaturale: gemevo sulla
sua
pelle mentre lui mi stringeva per rimanere in equilibrio contro il muro.
E di
nuovo, era lui che se
l’era cercata.
Scusate
il ritardo ma ero
in vacanza e non avevo il pc! Un bacio a tuttiJ