Dedico questa One-shot a Daidouji.
Fan
di questa coppia e mia compagna di posto preferita.
An
half-blood kiss
«Imbecille!».
La
voce di Hermione esplose nell’aula avvolta dal silenzio.
Tutti
gli sguardi dei compagni si volsero verso di lei, incuriositi. Compresi Harry e
Ron, seduti dall’altra parte della stanza, osservarono l’amica
sorpresi.
La Professoressa McGranitt, d’altro
canto, assunse un cipiglio irritato.
«Sta
zitta, mezzosangue.» sbottò in risposta Malfoy, mentre un sorriso divertito
comparve sul suo volto.
«Signorina
Granger, c’è qualcosa che vuole condividere con il resto della classe?» disse
l’insegnante, lo sguardo che andava dall’una all’altro studente
.
«Maledetto..
» fece Hermione a denti stretti, prima di rivolgersi alla
donna.
«Nulla,
Professoressa.» rispose imbarazzata la Gryffindor.
«Continuate
a lavorare, allora. In silenzio.»
disse l’insegnante, infastidita dall’interruzione.
Hermione
riprese a scrutare la pergamena bianca per metà, decisa ad ignorarlo.
Afferrò
stizzosa la penna e la intinse nel calamaio. Lo fece così energicamente, che
alcune gocce bluastre caddero sul candido foglio, impiastricciando la sua
scrittura.
Imprecò
a bassa voce.
Sentì
lo Slytherin sogghignare. La ragazza emise un lungo sospiro. Stava per perdere
la pazienza.
Calma,
stai calma. Ancora un po’ e ti
libererai di quest’idiota.
Prese
ostinata un’altra pergamena. La piuma sfregava rapida la carta, con una punta di
insistenza nel modo.
Avvertì
il ragazzo muoversi, ma non vi fece caso. Improvvisamente, però, sentì il fiato
di lui vicinissimo al suo collo. Lei sobbalzò. Che diavolo
voleva?
«Prova
a darmi un’altra volta dell’imbecille e ti farò pentire di essere nata.» sibilò
poco dopo Malfoy al suo orecchio.
Già.
Doveva aspettarselo. La solita minaccia di morte.
Lei
gli rivolse un’occhiata in tralice, e tornò sul suo compito, tentando di
concentrarsi.
Ma
lui non si mosse dalla posizione di prima. Accidenti, ma perché non si
girava?
Incominciò
a tamburellare nervosamente le dita sul banco. Sentì il battito del suo cuore
accelerare.
Perché
era così agitata?
Sbuffò.
Si volse verso di lui. «Insomma, che hai da guardare?» disse piano, cercando di
non attirare l’attenzione dell’insegnante, che ora sembrava distratta dal piagnucolare di
Neville.
Hermione
vide Malfoy rabbuiarsi.
Fu
un attimo. Le strinse il braccio,
con veemenza. «Non scherzare con me, mezzosangue.» le sussurrò
lui.
Le
faceva male. «Lasciami.» disse ferma. Era intimorita ma non voleva darlo a
vedere.
Un
brivido le percorse la schiena, inaspettatamente.
Un
sorriso canzonatorio comparve sul volto dello Slytherin, sentendola
fremere.
«Che
c’è, hai paura, sporca Gryffindor?» fece canzonatorio.
Hermione poteva scorgere soddisfazione
nel suo arrogante sguardo. Il sangue le ribollì nelle
vene.
«Ti
ho detto di lasciarmi.», ripeté, seccata.
In
tutta risposta, lui strinse la presa. «Perché, sennò che fai? Mi reciti una
poesia?» disse provocatorio.
I
singulti di Neville si fecero più insistenti. La McGranitt gli si avvicinò,
cercando di tranquillizzarlo.
Ora
basta. Basta, con la brava bambina.
La
penna cadde. La mano si mosse fulminea. Pochi istanti di silenzio. Lo sguardo di
lui recepì solo allora. Troppo tardi.
Un
rumore secco. Deciso. Pertanto, irrimediabile.
La
classe si girò verso di loro in sincrono.
Malfoy
si toccò lo zigomo, ora in fiamme.
L’inconfondibile
ombra di cinque dita si propagava sulla sua guancia.
Il
suo sguardo era indecifrabile. Qualcuno rise.
Hermione
non era pentita, non provava pietà per lui. La sua mano si trovava ancora
nella posizione di compimento del
gesto, levata a pochi centimetri dal suo volto.
Le
gote di lei scottavano per la rabbia. Il petto lentamente si placava.
Inspirò.
Una
sensazione nuova punse il suo stato d’animo. Soddisfazione. Appagamento.
Era
il sapore della vittoria.
La
McGranitt impallidì dall’indignazione. La bocca serrata in un muto
rimprovero.
Lo
Slytherin, intanto, guardava la Gryffindor. La odiava. La stava
odiando.
Si
vedeva dai suoi occhi: rispecchiavano tempesta.
Lui
non fiatò, ma Hermione lesse i suoi pensieri nel suo sguardo furibondo.
“Me
la pagherai”, diceva.
E
lo sapeva bene. Questa era una promessa.
L’insegnante
pronunciò una frase, una sola. Forse era rivolta a loro. Ma nessuno la stava
ascoltando.
Driin.
Vuoto.
.o.
Come
sospettava, non si presentò alla punizione. Questo era il terzo giorno che non
si faceva vedere.
Sospirò.
Fece scivolare il panno sulle boccette impolverate.
In
quei giorni, aveva riflettuto. No, non era pentita.
Affatto.
Forse,
aveva esagerato. In fondo, lo conosceva. Poco, male e sommariamente, ma sapeva
com’era fatto.
Polvere.
Sporco, poi ancora polvere. Accidenti,
non se voleva proprio andare via.
Soffiò
sul vetro. Macché, nulla.
Cos’era
quella strana sensazione? Rimorso?
No,
figuriamoci, lo detestava. Quella era stata una dolce
vendetta.
E
allora perché non aveva detto niente alla McGranitt? Perché continuava a
coprirlo?
Fece
spallucce. Peggio per lui. Se l’insegnante l’avesse scoperto, avrebbe pagato
caro sulla sua stessa pelle.
Si
diede per vinta. Lasciò cadere lo straccio sul bancone.
Uffa.
Non
c’era verso di togliere quella dannata polvere.
Sembrava
quasi…
E
avvenne. Non se ne rese quasi conto. Un fracasso assordante. Frammenti di vetri
rotti piroettarono maligni intorno a lei, come impazziti.
Lei
si parò un braccio davanti agli occhi. Urlò.
Nessun
rumore. Silenzio.
Ansimava
spaventata. Che diamine era
accaduto?
Alzò
piano le palpebre, intorpidite dallo spavento. Tutto sembrava come prima.
Immobile
e taciturno.
Un’
allucinazione forse?
Si
abbracciò le spalle, con le mani ancora un po’ tremanti.
Sospirò.
Pochi istanti di silenzio più tardi, si distese.
Stanchezza?
Già.
Ieri non aveva dormito. Eppure le era sembrato così reale…
Soggezione?
Ma
da cosa?
Forse
sarebbe meglio dire da chi…
Tutto
ciò aveva un nome molto più subdolo e vigliacco.
Draco
Malfoy.
.o.
Settimo
giorno. L’ultimo. Era distrutta.
Le
notti le passava insonni e le ore trascorse nell’aula di Piton erano
snervanti.
Aveva
passato tutto il tempo a catalogare gli ingredienti di ogni
pozione.
Le
allucinazioni, o qualunque cosa fossero, si ripetevano a
tradimento.
Proprio
l’altra sera, le era sembrato che i libri negli scaffali le cadessero
addosso.
Finalmente,
questo supplizio era finito.
Ma
non si lamentava. Sapeva chi c’era dietro tutto questo e, nonostante ciò,
taceva.
Stupida.
Ecco cosa sei.
Scrollò
le spalle, intorpidita dal freddo. Laggiù tirava un vento
pungente.
Gli
spifferi penetravano le fessure delle finestre e il clima era assai
umido.
Ora,
doveva controllare che ogni fialetta non fosse guasta o
rovinata.
Addio
letto. Sospirò. Lo faceva spesso ultimamente.
Chissà
perché poi..
Buona.
Buona. Passava in rassegna i delicati manufatti di vetro, con fare
meticoloso.
Sicura
di non saperlo?
Sbadigliò,
sonoramente. Riprese. Buon…
«Ti
diverti, mezzosangue?».
Quella
voce...
Crash.
Frammenti candidi sul pavimento.
Imprecò.
Si chinò a raccogliere i vetri.
«A
quanto pare.» rispose lei acida.
Non
disse nulla. Il solito riso beffardo sul volto.
«Tu,
piuttosto,», disse inaspettatamente Hermione, «hai finito con i tuoi
scherzetti?».
«Piaciuti?»
chiese affabile.
Lo
sguardo inviperito della ragazza fu la risposta.
La
osservò smuovere le schegge. Sogghignò di nuovo.
Schivo,
ma profondo. Un taglio le segnò il palmo della mano. Dannato vetro...
Mugolò.
«Che vuoi, Malfoy?» chiese rabbiosa.
Provava
quasi pietà per lei. Povera
mudblood.
Alzò
le sopracciglia. «Di certo non sono qui per te.» precisò
sprezzante.
Lei
tacque. Dolore, un’altra volta.
«Semmai
dovesse venire la McGranitt, e non mi trovasse qui, sarei nei
guai.»
Ovvio.
Ma perché se ne preoccupava sola ora, se, fino all’altro giorno, se ne sbatteva
altamente?
«Dammi
una mano, allora.» disse lei, indicando la fialetta in frantumi ai suoi
piedi.
«Tsk.
Non ci penso proprio.» fece in risposta lui. Per chi l’aveva
preso?
«Bene,
Malfoy.» parlò con uno strano tono nella voce, quasi arrendevole. Non gli
piacque.
«Ma
sappi che alla McGranitt non farà piacere quello che le
dirò.».
L’aveva
incastrato.
«Non
lo faresti » disse a denti stretti. Suonava una minaccia.
«Dici?»
ribadì, sorridendo maliziosa. Aggrondò un sopracciglio, in
attesa.
Meglio
non rischiare. Dannata
Gryffindor.
Si
avvicinò a lei. Ancora non ci credeva. Lui che si sottometteva al ricatto di una
mocciosa qualunque. Ridicolo.
Qualunque,
dici? Non credo.
Lo
scrutava attenta. Uno pari, Principe.
Lui ricambiava con sguardo freddo.
Forse,
non più del solito.
Si
piegò. A tradimento, una scheggia gli segnò il palmo, proprio mentre stava per
coglierne uno.
Brontolò.
Tutta colpa di quella
stupida…
Lei
lo osservò sbraitare contro quell’infimo frammento. Chissà, forse anche contro
di lei.
Qualcosa
di rossastro la catturò. Dalla mano di lui una scintilla color fuoco scaturì da
sotto l’epidermide.
Poi,
volse lo sguardo verso il suo taglio. Spalancò gli occhi, come se fosse
stata la prima volta a vedere quel liquido cremisi in tutta la sua
vita.
Lasciò
perdere la ferita. Continuò a raccogliere gli altri pezzi,
maledicendosi.
Sarebbe
dovuto andarsene, non rimanere lì a farle da schiavetto.
«Guarda.»
fece Hermione, come incantata. Una goccia vermiglia scivolò sul suo palmo,
accarezzandole la pelle.
Sangue.
«Cosa?»
disse lui, indifferente. Che diamine
voleva?
Intanto,
riponeva i vetri rotti da una parte. Umph. Detestava non poter usare la
magia.
Gli
prese la mano, rapace, ma delicata. Lui, stranamente mansueto, la lasciò
fare.
Posizionò
le loro mani vicine, come a confronto.
Tutte
e due erano graffiate dallo stesso vetro. Da entrambe il sangue sgorgava
placido.
Un
sorriso soddisfatto comparve sul volto della Gryffondor, mentre osservava
qualcosa che allo Slytherin sfuggiva.
«Cosa?»
continuò a chiedere lui, non ottenendo risposta. Ti decidi?
Volse
lo sguardo. Gli occhi erano luminosi. Stranamente complici di una verità
profonda, ma allo stesso tempo così vicina.
«Non
capisci? Siamo uguali.», disse Hermione, con semplicità.
Draco
raggelò.
«Che
vuoi dire?». Forse balbettò, ma non se ne rese conto.
Lei
tornò a fissare i palmi. «Noi imponiamo così forzatamente una distinzione alle
nostre origini, senza accorgersi che in fondo siamo simili.».
La sua voce era un sussurro e lui dovette chinarsi di più, per riuscire a sentire.
Malfoy
continuava a non capire. Le rivolse uno sguardo perplesso.
Rise
amara. «Tu mi disprezzi soltanto perché sono mezzosangue, elogiando la tua
famiglia per il loro sangue puro. Ma guarda, Draco, guarda!»
fece alzando la voce e portandogli all’altezza di naso le due mani.
Lui
non disse nulla, ma scrutò in silenzio quelle perle di sangue sfuggire via dalla
propria pelle.
«E’
rosso. Proprio come il tuo»
continuò lei.
Le
sfuggì un sorriso triste. «E’ solo stupido sangue. Nient’altro».
Draco
ebbe un tremito. Si riscosse dal suo tocco, infastidito.
«Sciocchezze.»
disse lapidario. «Tu
sei e resterai una schifosa mezzosangue, io un degno purosangue.».
Aveva pronunciato quelle parole freddamente. Era tornato distaccato e
sdegnoso.
Il
solito bastardo di sempre, insomma.
No,
non gli importava se le l’aveva ferita.
Era
così, doveva farsene una ragione. Loro sarebbero rimasti nemici. Chiuso il
discorso.
Fece
per alzarsi. Ne aveva abbastanza di quella sciocca babbana. Lei lo trattenne per
un braccio.
Gli
occhi di Hermione erano diventate due fessure. «Lo
sai che ho ragione.»
Lui
non capitolò. Sta zitta.
«Non
mi toccare.».
Nei suoi occhi c’era disprezzo.
Fitta.
Pungente e spietata. Lei ritrasse la mano.
Scosse
la testa sconsolata, mentre lui si rimetteva in piedi.
Aveva
perso. Lo sapeva.
Lui
la guardò per qualche istante. Se Hermione avesse alzato gli occhi, ora, avrebbe
scorto malinconia nello sguardo del Principe.
Perché
continui ad illuderti? Cosa vuoi da me, Granger, Amicizia?
Lei
strinse i pugni. Non osava alzare il volto. Temeva ciò che avrebbe
visto.
Sentì
il liquido rosso sfuggire alla presa della sua mano. Dischiuse le dita.
Perché
non se andava? Era
rimasto lì, in piedi, immobile. Fissava il vuoto.
Oh,
accidenti vuoi andartene?
Le
baluginò un’idea. Folle. Disperata. L’ultima.
Si
alzò in piedi di scatto. Si scrutarono. Non fiatarono. I loro occhi lo fecero
per loro.
Finiscila. Ti fai del male da
sola.
No.
E’
finita, hai perso.
No...
Io
non ti voglio.
Io
sì.
La
guardava incredulo. Non si arrendeva. Non l’avrebbe mai
fatto.
Perché
non cedi?
Basta.
Sta un po’ zitto.
C’era
determinazione nel suo sguardo.
Gli
prese la mano ferita, con dolcezza. Era calda.
Voleva
fermarla, ma la sua stretta era così decisa, rassicurante. Semplicemente, era
tutta sua.
La
mano destra della Gryffindor si congiunse con la sinistra dello Slytherin.
Piano, teneramente.
Poi,
lei strinse forte quella di lui. Sentì che il sangue le aveva macchiato la
manica della divisa, ma non vi badò.
Il
sangue dei due nemici si era unito assieme.
Draco
rabbrividì. Perché l’aveva lasciata fare?
Ora lui..
Era
una strana sensazione. Non riusciva a descriverla nessuno dei
due.
Con
quel contatto si sentivano incredibilmente vicini, legati. Non era solo sangue.
Erano due anime che si congiungevano.
Lei
sorrise, emozionata. «Ora
io sono un po’ di te e…e tu sei un po’ di me.»
disse.
Sembrava
una bambina.
Lui
ricambiò un sorriso incerto. Era frastornato. Che diavolo stava
facendo?
Era
conscio di quello che era avvenuto. Ma non si sciolse dal
contatto.
Si
avvicinò un po’ di più a lei. Era davvero
lui in quell’aula di pozioni?
Non
importava.
Lei
fremette. Lo stava davvero
facendo?
Ancora
un po’ di più. Ora distavano solo qualche centimetro.
Lei
chiuse gli occhi istintivamente. Le mani ancora intrecciate, in uno stato
inevitabilmente appiccicoso, ma più che unico. Attese.
Sentiva
il suo respiro sul suo volto. Era piacevole. Strinse ancor di più la mano nella
sua.
Sorrise.
Non era un ghigno. Era un semplice sorriso. Sincero e chiaro. Forse il
primo.
Di
più. Sempre di più.
Le
rimbombava il cuore nel petto. Sembrava assordante. Ma era poco più di un
fruscio.
Lui
si fermò. Lei lo sentì ridere. Aprì gli occhi.
Corrugò
la fronte…Ma
cosa..?
Si
morse il labbro inferiore. Ci era
cascata. Abbassò gli occhi.
Lui
continuava a ridere.
«Infida
serpe..», disse a denti stretti Hermione.
Lui
smise di sogghignare.
«Grazie.»,
rispose lusingato.
Lei
umiliata fece per sciogliersi dal contatto.
Lui
la fermò immediatamente.
«No,
aspetta.». Un sussurro. Ecco, l’aveva detto.
Lo
scrutò, sospettosa. Non prenderti gioco
di lei.
Il
suo sguardo era stranamente serio. Le toccò le labbra con un movimento della
destra.
Lei
rimase immobile, rapita dal quel gesto.
Ma
gli distolse la mano, subito dopo.
Lui
la guardò confuso. Non mi vuoi
più?
Fu
lei ad avvicinarsi, ora. Si alzò sulle punte. Fu un attimo.
Infine,
le labbra si unirono.
Un
momento. Un ricordo. Uno solo.
Poi,
tutto tornò la realtà sfocata di prima.
Fu
unico. Ma fu il bacio mezzosangue.
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Note
dell’autrice:
Vorrei
ringraziare coloro che hanno commentato la mia piccola one-shot, felice che
gli sia piaciuta
Grazie
di cuore!
Bè,
chissà, forse un giorno tornerò a scrivere su questa coppia. Le probabilità non
sono molte alte, però.
Sapete,
odio questa coppia. Sembra un controsenso, ma non lo è.
Loro
sono così diversi e troppo distanti l'uno dall'altra. Semplicemente, non hanno
nulla in comune.
E’
vero anche, però, che divisi sono così incompleti, mentre assieme sono
unici.
Anle