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Autore: beeEnene    02/08/2012    6 recensioni
Secondo giorno di #Gaylimpiadi! yay!
Ziall con prompt: 1. Cinque volte in cui Zayn Malik ha ardentemente desiderato una sigaretta e una in cui invece non ne ha avuto bisogno.
Sospettava che la sua dipendenza da qualunque cosa si potesse fumare –perché no, non erano solo sigarette come purtroppo credevano in molte- fosse dovuta soprattutto a tutto quel chiasso ossessivo che non finiva mai. Aveva iniziato con una sigaretta ogni tanto ma la cosa era degenerata, facendolo uscire fuori di testa in quelle rare occasioni in cui non aveva con sé le sue adorate compagne di vita nei momenti cruciali. Erano rare, certo, si potevano contare sulle dita di una mano.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'THEGAYS, 2 Agosto'
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Secondo giorno delle #Gaylimpadiiiiiii! Ed anche mia prima storia in gara, decisamente in ritardo.
Prompt: 1. Cinque volte in cui Zayn Malik ha ardentemente desiderato una sigaretta e una in cui invece non ne ha avuto bisogno.
Pairing: Ziall.
Nene
 
Zayn Jawaad Malik, amato da milioni di persone e odiato da altrettante, era un po’ un libro aperto per le fans più accanite e sveglie. Certo, c’era chi diceva che era un bravo ragazzo, di quelli che uscirebbero con tutte le loro sostenitrici a prescindere dalla bellezza, o che faceva sempre il bucato nel suo appartamento, ed era il caso che più lo infastidiva. Bastava aprire un poco gli occhi per capirlo davvero, per vedere che non aveva proprio nulla dell’idolo venerato da milioni di ragazzine con gli ormoni a palla ancora prima del tempo stabilito dalla natura.
Nonostante queste riflessioni, che sfortunatamente affioravano solo con un paio di canne e non nei momenti lucidi, il pubblico che li attendeva fuori da ogni luogo in cui si recavano era sempre composto da quel tipo di ragazzine impazzite, che lo costringevano a fumare più del solito per il nervosismo.
Sospettava che la sua dipendenza da qualunque cosa si potesse fumare –perché no, non erano solo sigarette come purtroppo credevano in molte- fosse dovuta soprattutto a tutto quel chiasso ossessivo che non finiva mai. Aveva iniziato con una sigaretta ogni tanto ma la cosa era degenerata, facendolo uscire fuori di testa in quelle rare occasioni in cui non aveva con sé le sue adorate compagne di vita nei momenti cruciali. Erano rare, certo, si potevano contare sulle dita di una mano.
 
La prima, indelebile nella sua mente, era stata prima dell’uscita del primo album, Up All Night.
Erano andati a stare nel bungalow di Harry per passare del tempo insieme, anche se a lui ancora nemmeno piaceva tutta quella compagnia e neanche capiva perché si fosse buttato in una follia del genere, e avevano deciso di passare la mattina in piscina, come ultimamente facevano spesso.
Quel giorno, però, Zayn era sdraiato su una sdraio a bordo piscina con solo Liam e Niall, quello troppo timido e quello troppo rumoroso. Non aveva idea di cosa stessero facendo Louis e Harry, quelli che sicuramente sopportava di meno, forse perché invidioso di tutto quello che lo circondava.
«Io ho fame» mugugnò Niall col suo accento irlandese ancora troppo marcato, storpiando tutte le lettere che gli uscivano delle labbra corrucciate. Liam gli disse qualcosa, ma Zayn nemmeno lo ascoltò, troppo preso a contare a mente quanti spiccioli aveva e a pensare a come fare per uscire a comprarsi le sigarette.
«Zayn, tu vuoi qualcosa?» lo disturbò poi Liam con quella fastidiosa aria gentile. Zayn ebbe un attimo di esitazione, poi si alzò e si rivolse ad entrambi.
«Ditemi cosa vi serve, vado io» biascicò scompigliandosi i capelli asciugati al sole. Niall lo guardò adorante e gli dedicò uno di quei sorrisi che ora gli mancavano, con i denti storti che lo differenziavano da chiunque. Gli dissero cosa volevano e lui corse in casa scalzo, con le piante dei piedi che brucavano sul cemento. In realtà voleva cercare qualche spicciolo e vedere se nella valigia di Louis c’era qualcosa di interessante, sicuro che nascondesse qualcosa. Fece per avvicinarsi ai pantaloni di Liam, che aveva sempre qualche sterlina con sé, previdente come al solito, ma un urletto strozzato lo fermò. Era parecchio nervoso e in astinenza, se uno di loro si fosse fatto male sarebbe certamente peggiorato, troppo intollerante ed irascibile per fare anche da infermiera.
«Louis!» sentì gemere. Alzò lo sguardo sulla piccola porta della camera da letto e riconobbe la voce di Harry, il ricciolino che di innocente non aveva nemmeno il naso, e si avvicinò. Man mano che procedeva poteva sentire gli ansiti e i respiri troppo pesanti, che lo facevano temere e imprecare. Possibile che lo stessero facendo proprio lì? Dove dormivano tutti insieme?
 Aprì la porta di scatto, irriverente come sempre, e scopri un Harry piuttosto accaldato sotto un Louis in estasi, avvinghiati e persi l’uno nell’altro. Erano talmente concentrati e colmi d piacere che nemmeno si accorsero di lui, troppo occupati ad amarsi sul sacco a pelo di…Zayn. Il mulatto imprecò e chiuse la porta di scatto. Aveva bisogno di una sigaretta, subito. Uscì di scatto e Niall e Liam lo guardarono confusi.
«Zayn? E la mia Red Bull?» chiese timidamente Niall. Zayn lo guardò furente, il bisogno di nicotina che lo mandava in bestia.
«Prenditela da solo, Horan!» borbottò prendendo il telefono da sopra l’asciugamano e tornando dentro velocemente, in quel momento nemmeno badava al bruciore sotto i piedi.
Quel giorno era rimasto chiuso in se stesso per ore, cercando in ogni modo di mettere fine all’agonia, facendo persino arrendere Liam, che cercava di capire cosa gli prendesse.
«Io dormo sul divano» disse. Era passata persino l’una del mattino, tutti si preparavano per andare dormire, e lui ancora non aveva parlato dopo aver attaccato Niall in piscina.
«Scusa, domani ti offro io le zicche» mormorò Louis mentre lo salutava per la notte, in modo che solo lui lo sentisse. Zayn gli gettò un’occhiata furente e si sdraiò senza rispondere.
«Una stecca intera» sbottò prima che lui spegnesse la luce della sala. Lo sentì ridacchiare ed imprecò silenziosamente, troppo ansioso per dormire.
 
La seconda volta che aveva avuto bisogno di una sigaretta ed era rimasto senza, fu durante le prime date del tour. Erano in un albergo, Paul li aveva fatti scendere uno per uno per controllare che non facessero sciocchezze, e lo aveva spinto in mezzo alla folla dicendo che doveva sorridere per forza, non poteva discutere. Non potè nemmeno tornare indietro a prendere il pacchetto che aveva lasciato sul suo sedile del bus, il loro tour manager era troppo grosso per poterlo raggirare.
Si era svegliato con una risata di Josh, il loro nuovo batterista, e Niall, dopo aver fumato l’ultima sigaretta solo due giorni prima. Il biondino gli aveva sorriso, troppo ingenuo per capire che la mezza erezione che lo aveva accompagnato anche da sveglio era a causa di quegli occhi troppo azzurri e sinceri, e lui nemmeno aveva ricambiato.
Ma non era finita lì, come poteva?
Erano entrati in quell’albergo e tutti gli si erano appiccicati, facendolo sentire stretto in una morsa, mentre Paul gli metteva una mano sulla spalla e gli ricordava di essere cordiale. Si era chiesto per l’ennesima se il suo lavoro consistesse nel cantare o nell’essere quello che gli altri volevano, ma l’unica conclusione a cui era arrivato era la voglia di una sigaretta.
«Signor Malik, se vuole seguirmi» aveva detto un cameriere. Gli altri ragazzi avevano ridacchiato da dietro le sue spalle, ma lui si era irrigidito. Aveva pronunciato il suo nome in un modo strano, che non aveva nemmeno un idioma, uno strano miscuglio di suoni che somigliava a “Melaìc”. Aveva mugugnato qualcosa che doveva essere il suo vero cognome e lo aveva seguito, su tutte le furie.
Cos’altro gli poteva capitare quel giorno? Le sigarette ancora nel bus sembravano chiamarlo, gridare aiuto, cantavano come sirene ipnotiche per i marinai.
«Stasera esci?» aveva chiesto Liam quella sera dandogli una pacca leggera sulla spalla. Lui si era voltato verso di lui, che ultimamente era diventato il suo appoggio in quella gabbia di matti, e aveva annuito.
«Grande! Avviso Josh!» aveva gridato Niall uscendo di corsa dalla camera di Harry, in cui si erano riuniti. Zayn si era irrigidito, Liam aveva sorriso e gli altri due nemmeno avevano risposto, troppo presi a guardarsi.
Sì, aveva decisamente bisogno di una sigaretta, sarebbe impazzito entro il mattino seguente.
 
Purtroppo, nonostante le sue speranze più nascoste, era sopravvissuto anche quella volta.
Da allora aveva cercato di premunirsi, portandosi dietro un pacchetto e qualche sigaretta sfusa nelle tasche della giacca, ignorando le lamentele di un Liam troppo preoccupato per i suoi polmoni.
Ma si sa, quando una cosa deve accadere non ci si può ribellare, no?
Era una festa organizzata da amici di Louis, con gente dalle guance pitturate e alcool e droga a volontà. Si stava divertendo, lusingato dagli sguardi degli invitati, e si era ritrovato un piccolo irlandese tra le braccia, completamente sbronzo e con le guance rosse come mele.
«Quanto hai bevuto?» domandò con la voce impastata dal fumo aspirato nei bagni con Aiden, un suo amico che si era portato dietro. Niall gli aveva circondato il collo con le braccia e aveva biascicato qualcosa sul suo petto, nemmeno riusciva a tenersi in piedi.
«Quando ti ubriachi non si capisce nulla, Nialler» aveva riso tenendolo dalla vita con qualche difficoltà.
«Un po’…Tu quanto hai fumato?» sentì poi sussurrare dalla sua voce dolce. Zayn aveva ridacchiato e se l’era stretto più forte, poggiando le labbra poco sotto il suo orecchio arrossato.
«Un po’» mormorò in risposta. Niall si era scostato un poco per guardarlo negli occhi lucidi dall’erba e aveva fatto toccare i loro nasi dolcemente, sfiorandolo.
«Tu mi odi, Zayn?» aveva chiesto respirando sulle sue labbra, fondendo il suo respiro di birra col fumo della canna preparata male.
«No» disse non sapendo se essere confuso o sorpreso, o forse entrambe le cose.
«Mi tratti sempre di merda» borbottò schiacciando il naso contro la sua guancia. Zayn gli accarezzò i capelli biondi, frutto dell’ultima visita di Lou Tisdale, e negò col capo, facendo aderire maggiormente i loro volti.
«E a me fa male, perché tu sei davvero bello» disse con sguardo da bambino, in tono basso come se stesse dicendo un segreto.
Poi non si ricordava più nulla. Si era ritrovato seduto accanto ad uno dei tavoli, con Sandy, il loro bassista, seduto nella sedia vicina accanto ad Aiden, senza pantaloni con Niall sdraiato sulle sue gambe con addosso solo i boxer color indaco.
La voglia di fumare l’aveva colpito come uno schiaffo, e nemmeno sapeva dire davvero il perché.
Niall gli aveva detto che era bello e credeva di essere odiato, era caduto fra le sue braccia e ora era sdraiato su di lui…o forse era per il colore orribile del suo intimo, che gli ricordava Louis.
Fatto sta che non aveva i pantaloni né la giacca, non poteva alzarsi e, a dirla tutta, nemmeno sapeva dove trovarli.
 
La quarta volta, forse una delle peggiori della sua vita, era durante un concerto, nel 2012, sulla cresta del’onda di fronte a migliaia di persone.
Aveva un microfono in mano e uno tatuato sul braccio, un cannone pronto per essere fumato in camerino, e tutte le canzoni di quello stupido album ancora da mettere in scena.
Avevano appena finito “Na na na” e gli occhi del biondino brillavano come le lampadine dell’ufficio di Simon Cowell in piena New York, il suo sorriso sembrava stampato e ancora più bello, anche se coperto da quell’apparecchio che si era ostinato a mettere; si sentiva leggero, ubriaco di quell’euforia che sembrava contagiosa, nemmeno gli importava di pensare cose troppo sdolcinate rispetto al solito.
Sembrava tutto perfetto, la serata perfetta, ma tanto sapeva che non doveva illudersi. Vide Niall correre verso il piano della batteria, dove Josh, lo stolto ed invadente Josh, suonava in canotta, con la sfrontatezza tatuata sul braccio e un sorrisetto di alterigia nascosta sulle labbra troppo piccole rispetto alle sue. Credeva che si sarebbe limitato a ballare davanti a lui come al solito, o al limite a poggiarsi alle sue spalle, ma le disgrazie non vengono mai da sole. Josh si era alzato dal seggiolino in pelle sintetica e l’aveva abbracciato, stringendolo come se fosse un pupazzo troppo grande. Aveva visto il sorriso di Niall allargarsi, se possibile, e le braccia di Josh si erano fatte ancora più grandi, ricordandogli vagamente un boa constrictor.
Si era voltato di nuovo verso la folla con un movimento rapido e aveva urlato, fingendo che fosse per la felicità di essere lì, quando dentro il suo cervello un allarme di colore nero suonava e illuminava tutto il suo corpo, segnalando la mancanza di nicotina a livelli critici.
Al suono della sua voce, un boato era esploso tra le ragazzine infoiate, distogliendo l’attenzione da quell’abbraccio insopportabile.
Aveva cantato a squarciagola, quasi, migliorando ogni sua prestazione precedente, sfogando il nervosismo con le note alte di ogni canzone, tenendo le vocali per fin troppo tempo, stupendo chiunque tranne che se stesso.
«Sei stato grande» gli disse Harry quando quel calvario finì. Lui aveva sorriso, perché doveva ammettere di voler bene ad ognuno di quei pazzi, forse un po’ perché ci era costretto, e si era lasciato abbracciare.
«Ha ragione» aveva mormorato Niall con un sorriso gentile, prima che Josh lo tirasse indietro con la scusa di mangiare qualcosa. Lui aveva imprecato ed era corso verso il camerino, ma niente della sua roba c’era più.
«Chi cazzo ha frugato tra i miei vestiti?» tuonò. Louis aveva imprecato ed era corso verso l’uscita, arrabbiato forse per la scomparsa di qualcos’altro, ma uno dei loro manager era entrato con una faccia scura e gli aveva urlato di smettere di fare i bambini, che la riabilitazione per i suoi protetti non era certo nei suoi piani. Louis e Zayn si erano sporti in avanti, furenti, e Harry e Liam avevano dovuto tirarli via dalle braccia, prima che lo insultassero troppo pesantemente o lo picchiassero.
 
La quinta volta, la più sofferta in assoluto, avvenne qualche mese dopo, a Londra. Erano nello studio di registrazione per il secondo album, Liam era dentro per registrare la sua parte, Louis parlava con Paul e Harry era ancora a casa, mentre Niall tentava di svaligiare il dispensatore di merendine.
Era stata questione di pochi minuti, il tempo di andare in bagno per svuotarsi un po’ prima del suo turno, poi era successo il disastro.
«Zayn!» aveva sorriso Harry, arrivato da pochi secondi; ma lui conosceva Harry, sapeva quando le fossette tiravano troppo in uno dei suoi sorrisi falsi, e quello era uno di quei casi. Non servì nemmeno voltarsi verso l’altro nuovo arrivato per sapere che la catastrofe era imminente.
«Ti aspettavamo» sorrise Josh. Zayn non ricambiò il gesto, si voltò terrorizzato verso Liam ma non trovò niente, se non il dispiacere. Guardò Niall, che teneva lo sguardo basso, e si sentì morire.
«Che cosa succede» disse atono. Niall non alzò la testa neanche quando Josh gli prese la mano.
«Io e Niall stiamo insieme» disse entusiasta. Zayn ebbe l’impulso di spezzare la sua felicità con un bel cazzotto sul naso, ma qualcosa gli disse che non poteva. Non aveva detto nulla, aveva lasciato che tutto quello gli scivolasse addosso, anche se bruciava come acido.
«Zayn, vieni dentro» disse il loro mixer interrompendoli. Nemmeno guardò Niall, troppo ferito e devastato per farlo, e si diresse impassibile verso il microfono. Lesse le prime parole della canzone ed imprecò. Parlava dell’amore intossicante per una ragazza impossibile: l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Si era schiarito la gola e aveva indossato le cuffie, gli occhi bruciavano in modo fastidioso, e sinceramente voleva che bruciassero per un altro motivo, magari per una delle sue ormai inseparabili canne di qualità, comprate con i soldi decisamente eccessivi per uno come lui.
«Sei pronto?» chiese l’uomo dell’interfono. Zayn annuì, sebbene dentro di sé si dicesse che non sarebbe mai stato pronto. Più e più volte aveva temuto che Niall fosse etero e lo rifiutasse, ma questo era decisamente troppo.
E tutte le volte in cui era arrossito a causa sua? Quelle in cui lo aveva colto a fissarlo con aria sognante? La sera della festa, quando si era svegliato con lui? E tutto il tempo che aveva trascorso ad amarlo in silenzio, tra un sigaretta e un sorriso? Tutto a puttane, ecco cosa.
Aveva chiuso gli occhi e si era lasciato andare in un sospiro frustrato, stringendo poi i denti.
Le sigarette potevano essere calmanti, dolci, rassicuranti; potevano essere anche delle bastarde, perché mancavano sempre quando servivano di più.
Sì, doveva davvero fare qualcosa per rimediare a quelle situazioni, qualcosa come nascondersi le sigarette tra i capelli e l’accendino nelle mutande.
 
Sì, c’erano stati episodi che avevano fatto davvero schifo nella sua giovane vita, ma non è sempre così, o almeno non ultimamente. Ora sorride brevemente, guardando il pacchetto sul comodino accanto a lui, frutto del compromesso trovato col biondino al suo fianco.
«Zayn» biascica con il suo accento di Dublino, un po’ mischiato a quello londinese. Zayn gira il capo verso di lui e gli accarezza il collo pallido, macchiato solo da qualche neo.
«Dimmi» sussurra in tono dolce. Niall mugugna qualcosa, steso a pancia in giù, con solo il lenzuolo bianco a coprire la pelle bianca del bacino, ma che gli lascia scoperta la pelle della coscia destra.
«Hai fame?» mormora baciando la sua spalla arrossata da un morso precedente. Lui annuisce e si avvicina un poco al suo corpo, giusto per sentirne meglio il calore.
«Non voglio andare a casa di Liam oggi» biascica con la bocca sul cuscino. Zayn ride e si alza, ancora nudo, fermandosi sulla porta.
«Ti porto qualcosa da mangiare» sussurra prima di sorridere vedendo la sua guancia schiacciata contro il cuscino e gli occhi socchiusi che lo guardano stanchi.
Josh? Josh è a Manchester, con qualcuno che Zayn nemmeno conosce e che sicuramente non ha intenzione di conoscere, lontano da qualunque cosa riguardi la sua vita attuale.
«Zayn! Mi machi!» sente chiamare dalla camera da letto. Ride di nuovo e rientra con un vassoio pieno di cibo, che poi poggia sul comodino vicino a lui. E’ ancora nella posizione in cui lo aveva lasciato, con i capelli biondi arruffati e un braccio che sporge dal materasso, le labbra corrucciate e la guancia con ormai i segni del tessuto sotto di essa.
«Quanto?» chiede chinandosi a baciargli il braccio.
«Tanto» mugugna lui alzandosi a fatica e rotolando di lato per fargli spazio. E Zayn ride ancora, felice come non lo è da anni ormai, nudo contro il suo corpo bianco come il latte.
«Ti va se mangiamo dopo?» sussurra baciandolo. Niall annuisce, improvvisamente più sveglio, pronto per qualcosa che da molta più dipendenza del fumo, del cibo, della musica, dell’ossigeno.
Zayn non può dire che la sua vita è spiacevole, perché davvero non potrebbe esserlo con un ragazzo del genere steso sul letto accanto a lui; non può nemmeno dire che gli serve una sigaretta, perché il pacchetto è abbandonato lì, da solo, un po’ come il cibo di Niall.
E gli va benissimo così, deve ammetterlo.
  
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