Parabatai.
#1. Cucciolo; Harry&Zayn (accenni Larry).
A
volte non può fare a meno di chiedersi perché
abbia scelto Harry
come suo parabatai,
perché abbia accettato la sua proposta e abbia preso parte a
quel
rituale, di cui i suoi genitori gli avevano sempre parlato come fosse
una specie di matrimonio, proprio con lui.
Si
conoscono da sempre, sono cresciuti insieme, sono stati addestrati
insieme e tutto il resto, Harry è un ottimo Cacciatore, ma
no,
assolutamente, l'Istituto non è un gattile e di certo non
possono
portarci tutti i randagi che quell'idiota si ostina a raccogliere per
strada; per non parlare dell'acuta allergia di Paul, il Direttore, al
loro pelo; per l'Angelo, Harry non può pretendere che
acconsenta
ogni santa volta.
– È
un cucciolo, Zayn, non posso lasciarlo qui, – si lamenta
stringendo
al petto quel micio tutto ossa che ha scovato in un vicolo; ha
un'espressione terribilmente dolce e struggente in viso, quelli che
sua sorella definirebbe “occhi da cucciolo” -
ironia della sorte?
- e a cui cederebbe istantaneamente, ma non si lascia incantare
perché lo conosce da quando era in fasce e ha imparato a non
cadere
nella sua trappola: è successo, tre o quattro volte, quando
erano
poco più che bambini, e ricorda fin troppo bene le ramanzine
di Paul
a riguardo.
–
Non
puoi portarlo all'Istituto, – ribadisce il ragazzo, frugando
nella
tasca dei jeans alla ricerca del suo stilo: ha visto, prima che quel
penoso teatrino avesse inizio, come Harry abbia strizzato gli occhi
mentre si chinava a raccogliere Palla
di pelo dall'asfalto
- no, il fatto che gli abbia già dato un nome non va affatto
bene, è
un grosso, grossissimo problema - e si rialzava con un gemito
dolorante: la ferita che quel demone mutaforma gli ha lasciato sul
fianco il giorno prima deve essersi riaperta, maledizione, sapeva che
non doveva lasciare lo stilo nelle mani di Danielle; per quanto le
voglia bene, non può mentire su quanto sia una frana con le
rune.
Senza una parola affianca il parabatai,
sollevandogli la maglietta e rivelando il taglio che sfigura la sua
pelle candida e cosparsa dalle sottili cicatrici argentee dei marchi;
grugnendogli di stare fermo, posa la punta dello stilo appena sotto
la ferita, cominciando a tracciare un Iratze con quanta più
precisione e delicatezza possibile: le rune disegnate dal proprio
parabatai,
lo sanno entrambi, hanno un potere molto più forte di quelle
tracciate da un Cacciatore qualsiasi. E Zayn, al contrario di
Danielle, ha un talento innato per quel genere di cose.
–
Non
posso lasciarlo qui, – mormora Harry non appena la maglietta
torna
a coprirgli il ventre, il gatto ancora stretto al petto; ha gli occhi
lucidi, adesso, e la scena è così fottutamente patetica
che
Zayn si trova costretto ad annuire, secco, per troncare lì
la cosa.
Prova a sottrarsi all'abbraccio dell'amico con uno sguardo omicida,
ma l'altro non demorde e gli stringe le spalle con un braccio,
schioccandogli un bacio sulla guancia, prima di prendere a
cantilenare una serie infinita di “grazie, grazie,
grazie” nel
suo orecchio, il gattino che soffia contro i loro toraci vicini.
Ecco, se Louis fosse presente, in quel momento farebbe la stessa
cosa; o, magari, gli tirerebbe semplicemente un pugno in faccia e si
porterebbe via Harry, con o senza micio, per marcare meglio il
territorio; l'hanno conosciuto un anno prima, a un'assemblea indetta
da Paul, è stato amore a prima vista. E Louis, per quanto
possa
essere un menefreghista all'ultimo stato, è geloso marcio
del suo
ragazzo.
–
Te
lo controlli tu, eh, non voglio aver niente a che fare con Palla
di pelo;
devo già badare a quel demonio di Church, per l'Angelo.
– sbotta
quando Harry, finalmente, si allontana. – È
l'ultima volta, Harry,
sappilo; l'ultimo randagio, cucciolo o meno, che porti a casa.