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Autore: Kim WinterNight    02/08/2012    2 recensioni
Allora, premetto che ero titubante all'idea di pubblicare questa mia bacata produzione, ma mi sono detta che si può sempre provare, c'è sempre qualcuno che potrebbe apprezzare.
Detto questo, vi anticipo subito che i protagonisti saranno componenti di diverse band che amo, che si raggruppano in un'unica formazione chiamata 'Faithless' e che, tendenzialmente, non c'entrano niente gli uni con gli altri. In più, fanno parte del gruppo anche un artista italiano che proprio ci sta a fare come i cavoli a merenda, per intenderci, e una comune ragazza con un passato difficile.
Be', spero di avervi incuriosito.
Allora, leggete e ditemi cosa ne pensate, perché mi piacerebbe capire se sono completamente pazza oppure no, a scrivere certe cose!!!!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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26

 

 

Quando scesi dall’aereo, il ricordo dell’ultima volta che ero stata a Milano mi investì come uno tsunami, ferendomi terribilmente. Era stato Michele a portarmici, chiedendomi di accompagnarlo poiché doveva tenere un concerto nella Grande Metropoli italiana. Allora tra noi non era ancora nato niente di che, ma io ero già confusa e cercavo di capire cosa provassi nei suoi confronti. Quei giorni, nonostante facesse male ricordarli, erano stati divertentissimi: nel backstage della manifestazione a cui Michele aveva partecipato, avevo reincontrato il mio amico Nicola, cantante dei Linea 77, e conosciuto Babaman, uno dei miei tanti idoli. Era stata un’esperienza fantastica e ora ci tornavo perché la mia migliore amica abitava là e io non ero sicura di poter tornare in Toscana. Probabilmente mio padre aveva venduto la casa prima di partire a Londra e prima di scoprirlo avevo dovuto trovare una sistemazione temporanea.

Immersa nei miei pensieri, mi avviai verso l’uscita e salii sul primo taxi a disposizione, dicendo l’indirizzo all’autista.

Mi accasciai sul sedile e osservai i claustrofobici grattaceli milanesi ammassati l’uno sull’altro. Non rimasi turbata da quell’ambiente, poiché Londra era ancora peggio di Milano da quel punto di vista. Quando ci imbottigliammo nel traffico, notai che ci trovavamo vicino a Piazza del Duomo e il ricordo del concerto di Michele mi schiaffeggiò ancora una volta con tutta la sua potente crudeltà. Mi venne in mente la dedica che mi aveva fatto prima di cominciare a cantare ‘Ulisse’. Era stato emozionante assistere a tutto quello spettacolo e in quel momento, mentre l’autista ripartiva, fui certa che non avrei mai dimenticato niente che fosse legato ai Faithless.

L’auto si fermò e io scesi, porgendo una banconota da venti sterline all’autista.

Lui mi lanciò un’occhiataccia.

Inizialmente non compresi cosa ci fosse che non andava, poi sgranai gli occhi, mortificata.

“Mi scusi, io… sono appena tornata da Londra e… avevo fretta, non ho pensato di…

Il tizio mi sorrise sarcastico e mi congedò con un gesto della mano. “Vada, non si preoccupi. La prossima volta mi dovrà il doppio.”

Stordita, scesi dalla macchina e la osservai mentre si allontanava, scomparendo nel traffico milanese.

Dio, come avevo potuto non ricordarmi di cambiare le sterline in euro? Mi maledissi un centinaio di volte, mentre mi infilavo nell’androne del palazzo in cui abitava Anna. Presi l’ascensore e schiacciai convulsamente il tasto numero 8, per poi appoggiarmi con la schiena contro la parete metallica e sospirare.

Le porte si aprirono dopo un lungo minuto e, barcollando, mi trascinai fuori, avviandomi verso l’appartamento della mia amica. Vi giunsi e suonai il campanello, lasciando andare il trolley e sistemandomi distrattamente i capelli con una manata.

Pochi istanti dopo Anna mi aprì e mi si fiondò addosso, stringendomi forte a sé. “Oh, Elisa! Quanto mi sei mancata!” disse.

Ricambiai l’abbraccio e sorrisi, mentre qualche lacrima di gioia sgorgava dai miei occhi.

“Fatti guardare!” Mi afferrò per le spalle e mi fece allontanare, per poi squadrarmi dall’alto in basso. Posò le iridi nocciola sul mio viso e mormorò: “Non piangere, tesoro. Vieni, entra. Ci mettiamo comode e mi racconti tutto, ti va? Vuoi qualcosa da bere?” prese a domandare, trascinandomi letteralmente dentro casa.

Mi fece sedere sulla piccola poltrona in vimini che si trovava in un angolo della cucina e trasportò il mio bagaglio fuori dalla stanza. Poco dopo riapparve e prese ad armeggiare con un bollitore di metallo.

La osservai e sorrisi.

“Allora? Vuoi un tè?”

Scossi il capo. “Dimentichi sempre che odio quella bevanda.”

Anna si batté una mano sulla fronte e ridacchiò, mettendo comunque a bollire l’acqua. “Allora l’inglese sono io, a quanto pare” osservò, voltandosi nella mia direzione.

Risi e le feci una linguaccia.

“Caffè?” chiese ancora.

“Sì, diamine! Un bell’Espresso!”

La mia amica si mise all’opera e io mi guardai intorno, notando l’arredamento modesto ma comunque accogliente; tutti i mobili erano di legno chiaro, mentre le pareti color pesca ospitavano qualche quadretto rappresentante astrattismi.

Una domanda mi occupò improvvisamente la mente e mi voltai di scatto verso Anna, trovandola appoggiata con la schiena contro il frigorifero, intenta a fissare la piccola caffettiera rossa.

“Anna.”

“Sì?”

“Vivi ancora da sola, vero?” domandai.

La mia amica sorrise, ma non distolse lo sguardo dal punto che stava osservando.

Cosa mi stava nascondendo? Non è che forse…

“Sai, in realtà… Giorgio si è trasferito da me circa un mese fa.”

Cosa? Io non ne sapevo niente! E ora stavo deliberatamente invadendo i loro spazi, proprio nel momento in cui Anna e il suo ragazzo avevano appena intrapreso un’esperienza importante come la convivenza.

“Ma Eli, non ti preoccupare!” si affrettò ad aggiungere, notando la mia espressione dopo aver sollevato il viso. Mi si avvicinò e proseguì: “Tu sei e sarai sempre la ben venuta a casa mia, perciò smettila di pensare di arrecare disturbo.”

Spalancai la bocca per dire qualcosa.

“Non essere sorpresa, ti conosco” dichiarò, con tono divertito.

Intanto la caffettiera e il bollitore presero a rumoreggiare nello stesso istante, come se si fossero messi d’accordo.

Sorrisi ad Anna e lei si affrettò a spegnere tutto e a versarmi il liquido nero che tanto amavo in una tazzina.

“Ecco a te!” disse, posandomela accanto assieme alla zuccheriera color porpora, abbinata alla caffettiera. “Ben tornata a casa.”

 

“E così sei fuggita da Londra per amore” riassunse Anna, mentre stavamo accoccolate sul divano.

Le avevo appena raccontato ogni singola cosa e lei era stata ad ascoltarmi con attenzione e comprensione, come se ci fossimo viste appena il giorno precedente.

“Sì.” Le posai la testa sulla spalle e lei mi avvolse in un abbraccio.

“Sei sicura di aver compiuto la scelta giusta?”

“Sinceramente non lo so. Cioè, per i ragazzi è meglio così, ma è logico che io soffra per la drasticità del mio gesto. Ho tagliato i ponti in quattro e quattr’otto e ora mi sento vuota.” Ero sincera, con Anna era inutile fingere.

“Capisco. Sono d’accordo con la tua scelta, Elisa.”

Annuii. “Lo immaginavo.”

“Per come ti conosco, non saresti stata in grado di scegliere.”

Chiusi gli occhi e sospirai. “Già. Sono una bambina.”

Anna ridacchiò, tirandomi una ciocca di capelli. “Sì, sei la mia bambina.”

  
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