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Autore: GreedFan    03/08/2012    4 recensioni
Si è rinchiuso nella biblioteca del palazzo con il preciso intento di porre rimedio ai suoi errori, perché riconosce che, benché suo padre sia un monarca dispotico e autoritario, legato a valori ormai obsoleti, il suo rispetto è l'unica cosa che ambisce di ottenere. Non intende concepire di averlo perso per sempre.
Potrebbe fare molte cose per attirarsi la gratitudine del re, ma non gli basta; vuole cancellare l'onta e al contempo desidera ammirazione, rispetto, orgoglio. E questo è infinitamente più complesso, quasi impossibile.
Non permetterà a se stesso di annegare nell'autocommiserazione.
[...]
La leggenda narra di un cavallo leggendario di nome Svaðilfœri, appartenente ad uno Jötunn di nobile stirpe, bello più di qualsiasi altro destriero al mondo. Racconta di come sia nato dalla caduta di un astro candido negli abissi di Jötunheim e di come i Giganti se lo siano conteso dall’alba dei tempi; infine, descrive la bellezza del suo manto albino, i suoi zoccoli d’oro, la criniera d’argento e gli occhi azzurri come fiamme fredde.

[Thorki; Movieverse con fortissime contaminazioni della mitologia norrena]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
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Hevn


Loki non viene punito per ciò che ha fatto.

Baldr è stato cacciato dalla corte con il divieto tassativo di rimettervi piede, ma nessun castigo è stato previsto per il figlio negletto, per l'intoccabile che si è macchiato di una colpa tanto infame. Bastano le occhiate, i sussurri alle sue spalle, le parole dure e velenose del Re degli Dei; basta questo perché Loki si senta sul punto di impazzire, circondato da una corte di serpi che finalmente hanno trovato una motivazione valida per trattare con ripugnanza una creatura che mai hanno amato, e che è sempre stata, nel loro immaginario, tanto schiva e ombrosa da destare sospetti riguardo alla sua affidabilità.

Il Dio degli Inganni si è reso conto di essere completamente solo. Poco importa che Frigga lo implori piangendo di farla entrare nelle sue stanze, o che Thor abbia cercato in tutti i modi di parlare con lui - singhiozzando, a volte, accasciato contro la porta di bronzo della biblioteca. Loki è solo perché nessuno potrà mai comprendere fino in fondo il suo pensiero, e questa consapevolezza lo affligge.

Se fosse sciocco e semplice quanto suo fratello, forse, tutti lo amerebbero. Se soltanto la sua visione del mondo si fermasse ai luoghi comuni e alle mere apparenze, se non fosse animato dalla curiosità insaziabile che lo porta ad esplorare i segreti più oscuri dell'Universo... la sua vita è costellata di "se". Si chiede, Loki, se l'ignoranza sia poi così deprecabile, quando conduce alla felicità.

Ma non sono queste le questioni che lo ossessionano, nonostante tutto. Si è rinchiuso nella biblioteca del palazzo con il preciso intento di porre rimedio ai suoi errori, perché riconosce che, benché suo padre sia un monarca dispotico e autoritario, legato a valori ormai obsoleti, il suo rispetto è l'unica cosa che ambisce di ottenere. Non intende concepire di averlo perso per sempre.

Potrebbe fare molte cose per attirarsi la gratitudine del re, ma non gli basta; vuole cancellare l'onta e al contempo desidera ammirazione, rispetto, orgoglio. E questo è infinitamente più complesso, quasi impossibile.

Non permetterà a se stesso di annegare nell'autocommiserazione.


*


Non si può pretendere il perdono.

Tutto il resto è alla sua portata. Il rispetto, la fedeltà, l'amicizia, sono tutte cose che l'erede al trono di Asgard ha sempre ottenuto senza la minima fatica, soltanto in virtù della sua discendenza. Adesso, sapere che il suo stesso fratello - la persona a cui tiene di più in tutto il mondo - lo odia in modo completamente legittimo non gli dà pace.

Ha avuto sempre ragione, Loki, a chiamarlo "idiota". È uno stupido, un imbecille incapace di contenere i propri impulsi, e ha distrutto una delle cose più belle che suo fratello abbia mai avuto, disonorandolo. E con quale coraggio ha rivelato a Odino quel segreto, accompagnandolo con parole di sdegno e riprovazione, quando lui stesso è parte di un rapporto ben più grave e infamante?

Il peso della sua menzogna lo schiaccia, lo soffoca. Non c'è nulla che possa fare per riacquistare la fiducia del fratello.

Non cammineranno più sotto le fronde degli alberi, nei giardini del palazzo reale, parlando del più e del meno; non combatteranno più insieme, non faranno a botte, non ci saranno più baci né singulti smorzati tra le lenzuola. Thor ha rovinato tutto per il suo sciocco sentimento di gelosia.

Si maledice infinite volte, trattenendo le lacrime e i singhiozzi che affiorano, spontanei, sulle labbra.

«Fratello...» la voce è arrochita, stentorea. Parlare gli fa male. «Fratello, è da giorni che non esci da qui. Ti prego, ti prego...»

Il grande Dio del Tuono - o, almeno, colui che è destinato a diventarlo - ridotto come un ragazzino solo e viziato. La porta della biblioteca non accenna a cedere sotto i suoi colpi, chiusa con chissà quale incantesimo, e la voce di Loki non fa eco alle sue suppliche; l'ultima volta che l'ha scorto era davanti ad una delle finestre, pallido come uno spettro, gli occhi verdi brillanti come lucerne nelle orbite annerite dalla stanchezza.

«Maledizione!» Grida. Tira un calcio alla porta, ma i battenti non si spalancano come vorrebbe. «Loki, apri questa dannata porta! Morirai, se continui a rimanere chiuso lì dentro!».

Silenzio. Se anche il fratello lo sta ascoltando, è evidente che non ha la minima intenzione di rispondere.

E come dargli torto?

Il figlio di Odino, per la prima volta in vita sua, sperimenta il senso d'impotenza.


*


Dopo una settimana di ricerche, finalmente Loki trova ciò che cerca.

I tavoli della biblioteca sono invasi da colonne di volumi aperti e lasciati lì disordinatamente, in piena contraddizione con le abitudini del Dio degli Inganni – che ha sempre avuto una cura maniacale per i libri. Ce ne sono anche sul pavimento, sparpagliati, aperti a metà, le pagine decorate da miniature d’oro che ondeggiano e si sollevano grazie alla brezza leggera che entra dalle finestre aperte.

Accucciato in un angolo, la schiena appoggiata ad una libreria di legno scuro, Loki tiene un tomo particolarmente voluminoso appoggiato sulle ginocchia. Ogni pagina è alta quanto il suo braccio steso e larga poco meno, fatta di una carta spessa e ingiallita dai secoli; la copertina è di cuoio pesante, rifinita da una serie di borchie arrugginite, i caratteri sono runici, di un tipo tanto antico che Loki ha dovuto rispolverare buona parte delle proprie conoscenze per decifrare le iscrizioni.

Si tratta di una raccolta di favole e miti di valore inestimabile, forse uno degli oggetti più preziosi custoditi nel palazzo. Le storie sono riccamente illustrate con inchiostri che hanno resistito al tempo senza perdere un briciolo del loro colore – Loki, per questo, suppone che siano incantati – e ogni immagine è, in sé, un capolavoro dell’arte asgardiana dei primordi, quando ancora nessuna guerra con i Jötnar1 era stata compiuta e gli Æsir e i Vanir2 combattevano battaglie sanguinose. Tra i molti racconti, il Dio degli Inganni ha trovato qualcosa che gli interessa molto, e che reca – al di là della mistificazione favolistica – un fondo di verità palpabile.

La leggenda narra di un cavallo leggendario di nome Svaðilfœri, appartenente ad uno Jötunn di nobile stirpe, bello più di qualsiasi altro destriero al mondo. Racconta di come sia nato dalla caduta di un astro candido negli abissi di Jötunheim e di come i Giganti se lo siano conteso dall’alba dei tempi; infine, descrive la bellezza del suo manto albino, i suoi zoccoli d’oro, la criniera d’argento e gli occhi azzurri come fiamme fredde.3

In altri libri Loki ha già incontrato leggende molto simili a questa – se vi sono delle differenze, solitamente risultano troppo piccole per essere di una qualche rilevanza – ed è convinto che vi sia un qualche fondo di verità. Svaðilfœri non sarebbe certamente la prima creatura magica a vivere sotto il sole di Asgard, ma è un cavallo; Odino, come sa chiunque frequenti anche per poco la corte, ha una grande passione per i destrieri di  tutti i tipi, e accoglie nelle sue stalle solo i più belli del regno.

Sarebbe indubbiamente un dono regale, graditissimo.

Però, Loki deve prima trovarlo.

Chiude il libro con un’espressione risoluta, poi fissa il soffitto e corruga le sopracciglia, rincorrendo i barbagli di un’idea che va formandosi con insolita lentezza. Non mangia da molto, e la mancanza di cibo rende ogni suo ragionamento confuso e vago come un sogno.

L'unica cosa certa è che, se vuole trovare Svaðilfœri, deve recarsi nello Jötunheim.

C'è qualche probabilità che Heimdall lo faccia passare - dopo tutto, perché non dovrebbe? Odino non ha confinato Loki nei suoi appartamenti, e il guardiano del Bifrost non si metterà certo a fare domande sulla natura di un viaggio come quello, uguale a mille altri che lui e Thor, insieme, hanno compiuto nel regno ghiacciato dei Giganti.

Thor. Deve rimuovere il fratello dai propri pensieri, se lo ripete sempre più spesso.

Batte le mani, e i libri si sollevano in aria con il confuso turbinare delle pagine, per poi tornare diligentemente a posto nei rispettivi scaffali; non lo fa per un particolare amore dell'ordine o perché ha paura che i libri si rovinino, ma perché lasciarli lì, aperti nei punti che ha consultato, equivarrebbe a fornire una traccia fin troppo evidente dei suoi propositi.

Ha bisogno di tempo, e di evitare che una delegazione di asgardiani boriosi si presenti nello Jotunheim proprio quando lui sta cercando di passare inosservato.

Si avvicina ad una delle finestre e la spalanca con un gesto imperioso, assicurandosi che nei giardini sottostanti non ci sia nessuno. Pensa di nuovo a Thor, adagiato contro la porta in attesa che lui esca - crede, lo sciocco, che abbia passato gli ultimi giorni segregato tra i libri, vergognoso al punto da sfuggire la vista dei suoi stessi familiari.

"Lo sapevi, fratello?" Pensa, salendo sul davanzale "Ho imparato a volare".


*


Quando la porta cede sotto il suo peso, per un attimo Thor crede di star sognando. La verità è che ci si era assopito, contro quella porta, pensando che prima o poi Loki si sarebbe deciso ad uscire; quando il battente scivola in avanti, facendogli rischiare una testata contro il pavimento, il giovane principe di Asgard si convince in un battito di ciglia che suo fratello ha deciso di stipulare una tregua, probabilmente animato da un senso di nostalgia forte almeno quanto il suo. Si puntella sulle mani, scatta in avanti, in pochi secondi è nella biblioteca.

Il suo sguardo vaga tra i tavoli vuoti, e grande è la delusione quando capisce che Loki non è lì. Che l'ha gabbato, di nuovo, e probabilmente non gli importa di sapere che lui non fa altro che darsi dell'idiota per la sciocchezza che ha fatto. Non gli importa di lui.

È quasi un senso di abbandono quello che avverte, mentre cerca - invano - di inghiottire l'insopprimibile amarezza che gli stringe il cuore in una morsa ferrea. Non riesce a credere, Thor, che tutto il suo trasporto si riversi su una persona che, semplicemente, non lo ricambia. Nella sua purezza - o ingenuità, che dir si voglia - ha troppa fiducia nell'animo del fratello per credere che lo odi sul serio, che davvero il loro legame non verrà più rinsaldato.

Non riesce ad arrendersi nemmeno di fronte a quest'ultimo rifiuto.

Esce dalla biblioteca con un groppo in gola che ben presto si scioglie, mentre percorre ad ampie falcate i corridoi della reggia. Cerca Loki ovunque: nelle sue stanze, nei giardini, nei cortili interni, perfino nei luoghi dove sa che non lo troverà; il suo desiderio di vederlo è così forte che è disposto anche ad illudersi pur di provare un senso di speranza fugace, pronto a dissolversi.

Ma Loki non è da nessuna parte. Pare si sia dissolto come la brina sotto i raggi del Sole.

Thor cerca di non dare retta al proprio istinto, quella voce traditrice che gli sussurra, melliflua, che suo fratello se n'è andato per sempre, è scomparso per non tornare mai più. Perché ha sempre una speranza, lui, per tutto.

Perché crede, il Dio del Tuono, che non c'è nessun problema che il tempo non possa risolvere.

Ben presto, però, è costretto a ricredersi.












1Plurale di "Jötunn".

2Rischio di scadere nell'ovvio, ma si sta parlando di "Asi" e "Vani".

3Tutto ciò è farina del mio sacco. La leggenda vera potete trovarla qui.









_________________ _ _ _

Perdonatemi davvero se non ho aggiornato entro tre/quattro giorni come volevo fare, ma mi hanno bannato - tecnicamente per una settimana, in realtà per nove giorni - e ho riavuto l'account soltanto adesso. Visto che è mezzanotte e venti risponderò domani alle recensioni, ma vi ringrazio anche qui per il vostro meraviglioso sostegno e l'amore che dimostrate per questa storia.

Grazie, ragazze.

Alla prossima,

Roby


   
 
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