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Autore: DirtyWriter    03/08/2012    8 recensioni
Alternative Universe.
*Il potere dell’Athena incarnatasi in Saori Kido ha raggiunto il culmine permettendole di sigillare Hades e il suo esercito negli Inferi prima che la Guerra Santa iniziasse. Saga non ha mai ceduto al lato malvagio e con Mu, Rasgado, Deathmask, Aiolia, Shaka, Dohko, Milo, El Cid, Aiolos (Comandante dell'Esercito), Camus e Albafica vigila sul Santuario di cui Sage è il Gran Sacerdote.
Poseidon non ha mosso guerra alla Dea della Giustizia, concentrato a restaurare con i suoi Marines il regno di Atlantide. Kanon è rimasto il Marine di Seadragon ed è fedele al Signore delle Acque.
L’Anello del Nibelungo non è stato mai riesumato dall’oblio ed in una Asgard che vive in pace con il resto del mondo, Hilda ha abdicato in favore della sorella Flare rimanendo comunque Sacerdotessa di Odino*
In questa realtà June, Bronze Saint del Camaleonte, vive una vita da guerriera di Athena per cui ha lottato e sofferto.
Una vita che, comunque, non ritiene essere la sua perché sebbene serva devotamente la sua Dea la ragazza ode un Canto lontano che la invoca, al quale non può rimanere a lungo indifferente. Solo sulla scia di quel Canto, infatti, June potrà scoprire sè stessa...
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chameleon June, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 3

 
L'ennesima folata di vento gelido le sferzò le membra, facendole ringraziare i Numi per averla ispirata a mantenere l'obbligo morale della maschera che stava preservando il suo viso dai fendenti acuminati dei cristalli di ghiaccio che in aria danzavano.
Lenta procedeva lungo una distesa innevata, che ai suoi occhi sembrava infinita. All'orizzonte il paesaggio era stato immutato per giorni: il bianco della neve in terra unito all'orizzonte al grigio cupo e plumbeo del cielo nuvoloso. Da poco, tuttavia, in lontananza aveva iniziato a distinguere la fisionomia di quella che poteva essere una foresta di conifere. Per questo motivo aveva allungato il passo, per quanto le condizioni del tempo le permettessero.
Ripensò ai due mesi appena trascorsi e si disse che mai come in quel momento il suo viaggio era stato così duro...

 
Athena l'aveva ricevuta senza esitazioni una volta che Teano le ebbe annunciato le motivazioni che spingevano la giovane Saint del Camaleonte a chiedere udienza alla propria Dea. Quando fu condotta al suo cospetto, Saori accolse June sulla sua terrazza privata, la quale dominava il Tempio come a volerle offrire la possibilità di abbracciare con il suo benevolo sguardo tutti coloro che a lei avevano votato la vita.
La Dea fanciulla era in piedi, la sua esile figura si stagliava contro la luce fulgida del sole infuocato dal tramonto. Tanta era la forza e la speranza che da lei provenivano che June non riuscì a trattenere un fremito di commozione mentre già si inginocchiava al suo cospetto.
-Alzatevi, amazzone, e lasciate che io possa guardarvi-.
Obbedì istantaneamente a quell'ordine che tale non le sembrò, visto il tono di voce caldo e rassicurante con cui venne emesso. Subito si ritrovò avvolta dallo sguardo cordiale e puro di colei sulle cui spalle giacevano i destini e le speranze di così tante persone.
Athena si prese il suo tempo, silente, mentre la osservava nel profondo del suo essere, allungando una mano e carezzandole dolcemente il viso. Sebbene fosse solo di qualche anno più grande di lei, June ebbe la sensazione di essere come cullata in un abbraccio materno. Ah, questa era senz'altro il fondamento del potere della Dea Vergine, ciò che motivava schiere di uomini e donne a dare tutto per lei...
A rompere quell'incanto fu un sussurrò che sfuggì flebile dalle belle labbra di Saori. -Così presto giunse il momento...-.
Quelle parole appena accennate la lasciarono perplessa. Ma non ebbe tempo per porsi ulteriori quesiti dato che la sua Signora subito sorrise di nuovo, rivolgendosi nuovamente a lei.
-June, Bronze Saint del Camaleonte ed amazzone del Grande Tempio... Teano mi ha spiegato i motivi che oggi vi spingono a chiedermi udienza. Ed il mio cuore è triste...-.
Rimase mortificata, tanto da non riuscire più a sostenere lo sguardo della sua divina interlocutrice. E così la gravità della sua situazione era tale da ferire la sua Dea... Quella consapevolezza la raggiunse con la durezza della più impietosa punizione.
Una mano delicata le sollevò il mento e di nuovo si ritrovò a tuffarsi nelle ormai familiari iridi violacee.
-State fraintendendo le mie parole, fanciulla... Ad attanagliare il mio cuore è la consapevolezza che presto ve ne andrete, June-.
L'amazzone sbarrò gli occhi. Come poteva essere che Athena sapesse già quali fossero le sue intenzioni?
In effetti, durante il suo colloquio con Teano era addivenuta all'unica soluzione che per lei avesse un senso. Non poteva più ignorare il senso terribile di disagio che le attanagliava le viscere da qualche tempo, la pressante sensazione di essere in un luogo al quale non apparteneva. E poi quel richiamo, quel canto, che da dentro le sussurrava di cercare... Ma cercare cosa non le era dato capire.
E per quel motivo aveva deciso di incontrare Athena, ovvero per chiederle di perdonarla e di dispensarla dalla sua carica di Cavaliere. Perché il senso di vergogna e di fallimento sarebbe sicuramente stato forte, ma quel doloroso vuoto che aveva dentro lo era e lo sarebbe stato molto di più.
-Io imploro il vostro perdono, mia Signora. So che rinunciare alla Cloth è un gesto leggibile come segno di vigliaccheria, di faziosità o di irriconoscenza, ma vi giuro sulla mia vita che non è così! Io sono grata in modo indicibile sia alla Fondazione per avermi accolto, orfana com'ero, e di avermi dato una possibilità ed un futuro. Ma soprattutto lo sono a voi per avermi concesso l'onore di aspirare e guadagnare il ruolo di vostro difensore, Athena! Eppure...-.
La sua disquisizione venne interrotta da un delicato gesto della Dea.
-Tranquillizzate il vostro animo, amazzone... Io so cosa risiede nel vostro cuore e capisco il dilemma interiore che vi sta dilaniando. Non dovete aggiungere altro, perché né la vostra devozione e né la vostra fermezza verranno messe in discussione. Io vi dispenso da ogni obbligo verso di me e verso il Santuario: siete libera-.
Con gli occhi traboccanti di lacrime di gratitudine, June si inchinò di nuovo ai suoi piedi.
-Grazie, Divina... Io... Non dimenticherò mai ciò che avete fatto per me. Voglio che sappiate che qualsiasi sia l'esito di ciò che mi attende, in me troverete sempre un'amica ed un'alleata del Grande Tempio- e così dicendo si congedò, con il cuore traboccante di emozione.
In questo modo, guidata dall'impeto dei suoi sentimenti, lasciò frettolosamente la Tredicesima Casa. Fu per quel motivo che le sfuggirono le ultime parole che la Dea le dedicò. -Buona fortuna, June... Che il fato vi protegga in questo viaggio che vi attende...-.
E così dicendo, Saori aveva rivolto un'occhiata preoccupata a Teano, per poi congedarla e ritirarsi in una profonda meditazione. 
Dopo aver riconsegnato a Mu la sua Cloth, perciò, aveva lasciato il Grande Tempio con i suoi pochi averi. Inizialmente aveva vagato in modo confusionario, cercando di capire cosa realmente la aspettasse e cosa avrebbe dovuto fare. Il suo caotico peregrinare l'aveva spinta ad attraversare i Balcani e spingersi verso i brulli territori della Germania. Solo quando si trovò nel cuore della Bavaria, però, riuscì finalmente a capire: quel richiamo la stava guidando. Poteva percepire la sua intensità diminuire od aumentare a seconda della direzione che prendeva, e non le ci volle molto ad intuire che più quel canto misterioso giungeva nitido e forte alla sua anima più era certo che stesse seguendo la via giusta per giungere...
Non aveva idea dove. Ma sapeva che, forse, in quel luogo avrebbe trovato delle risposte.
E così, seguendo quella scia segreta, era giunta nelle fredda Danimarca fino a toccare l'estremo capo settentrionale della penisola. Quando tuffò i suoi occhi blu nell'oscurità torbida del Mare del Nord ebbe, però, la conferma che il suo viaggio non si sarebbe concluso lì. No, il canto continuava incessante ad irretirla, a farle sentire quel tormento insoddisfatto che solo il mancato perseguimento di un obiettivo dà. Più avanti, ancora oltre…
Si imbarcò clandestinamente su una nave diretta in Artide, il quale avrebbe fatto scalo per rifornirsi sulle coste della Norvegia centrale. Il viaggio durò cinque giorni e per lei fu paragonabile alla peggiore delle torture. Questo non perché non fosse abituata alla vita sul mare, dato che i lunghi anni del suo addestramento avevano avuto come scenario un'isola lavica dispersa chissà dove nel sud dell'oceano Atlantico, ma perché mentre la nave solcava le onde ghiacciate del mare del Nord la misteriosa voce che dentro di lei sussurrava era esplosa, martoriandola dall'interno. Mai come in quelle lunghe ore passate nell'angolo della stiva adiacente alla cambusa, cercando di trovare conforto dal gelo tra le casse dei viveri ed i tubi del cucinotto, si era sentita così sola e disperata. E nei momenti di insonnia era arrivata persino a maledire la sua stessa vita, che era finita per essere un susseguirsi di azioni finalizzate a qualcosa di imponderabile e non scibile sulle quali lei sembrava non avere più potere decisionale.
Non che prima della sua investitura, quando tutta quella storia aveva avuto inizio, le cose fossero state diverse. Fondamentalmente, riflettendo su se stessa in quel tempo solitario che la traversata le aveva imposto,  era giunta alla conclusione di aver perennemente e semplicemente “esistito”. Ripensando al suo passato, alle sensazioni provate e alle emozioni che avrebbero dovuto segnare gli anni addietro, si accorse drammaticamente di averli vissuti quasi vedendoli dall'esterno, come uno spettatore passivo sul quale la sferzata emotiva di ogni attimo non aveva avuto effetto alcuno. Realizzò traumaticamente di aver imparato il reale significato dei sentimenti e delle sensazioni solo dopo essere giunta al Santuario, ma che la sua infanzia ed il suo addestramento rappresentavano nella sua memoria come una sequenza indefinita di fatti di cui lei era stata semplicemente una presenza e non una parte integrante.
Pianse di rabbia, di frustrazione e di sconforto quando questa ennesima conferma le giunse nitida al cuore. Ma con il passare dei giorni lo smarrimento ed il dolore sembravano sempre più lasciar posto ad una sensazione di benessere e sollievo...
"Sono viva! E mi sento tale! Per questo adesso provo tutto ciò…" si disse in un momento in cui sembrò giungere una sorta di illuminazione. E fu proprio allora che un tonfo sordo la scosse: avevano finalmente attraccato.
Quando era scesa, aveva respirato a fondo l'aria ghiacciata della Norvegia, mentre una nuova serenità ed una nuova decisione la pervadevano insieme al richiamo che la spingeva a riprendere il suo viaggio. E così, sebbene la mèta finale fosse ancora un mistero, ebbe chiaro almeno cosa stesse cercando. Sé stessa.
Nel mese successivo si era spostata con un'enorme lentezza a causa del clima rigidissimo a cui non era abituata e della morfologia di quell'impervia tundra innevata che avrebbe messo alla prova la resistenza di combattenti ben più esperti di lei. Ma non si era mai fermata, spinta da quell'impeto di rivalsa e quella nuova sete di conoscenza, mentre il richiamo le indicava diligentemente il cammino.
E alla fine, era approdata nella regione del Nordkinn, la parte più settentrionale della Norvegia. 


Una volta giunta ai margini della foresta si rese subito conto che l'avanzamento, da quel punto in poi, sarebbe stato molto più agevole dato che i fitti alberi impedivano al vento tagliente di penetrare nel loro folto. Nonostante ciò ebbe comunque le sue difficoltà, date principalmente dal fatto che la già flebile luce del lungo giorno del Nord non filtrava a sufficienza dalle chiome per rendere ben visibile la via.
Dopo un tempo lunghissimo, in cui si mosse a tentoni cercando di non mettere i piedi in fallo e di seguire almeno una direzione sensata, giunse in un piccolo slargo tra i tronchi. 
"Ho come l'impressione di girare in tondo. Sono quasi certa di essermi persa..." rifletté, sconfitta. "Ma non posso fermarmi, le vesti imbottite che indosso non basteranno a difendermi dalla morsa di questo freddo. Devo quanto meno cercare un posto più riparato per riposare o rischio l'assideramento".
Si spronò per far sì che lo sconforto non l'avesse vinta sulla determinazione e si impose di procedere, avanzando così un passo all'interno dello spiazzo. Ma il suo proposito venne immediatamente vanificato.
Un rombo sordo esplose facendo tremare la terra, gli alberi e probabilmente anche il cielo. Il tetto naturale formato dalle chiome delle conifere sembrò squarciarsi, rivelando delle nubi nere più della notte.
June sollevò lo sguardo terrorizzata ed affascinata al tempo stesso, poiché in quel momento stava percependo un cosmo di proporzioni smodate avvicinarsi inesorabilmente.
Alla fine con uno schianto un fulmine viola si abbatté al centro della radura. Il rimbombo la mandò a sbattere con la schiena contro un tronco e poi crollò in terra, senza però riuscire a distogliere lo sguardo da quel fenomeno incredibile: un sfera di fulmini viola pulsava rumorosamente a poca distanza da lei, avvicinandosi lentamente.
Non riuscì a mentire a sé stessa: quel fulcro di energia emanava un potere arcano e la sua natura era distintamente ostile tanto che tra i crepitii delle scariche elettriche la giovane amazzone riuscì a cogliere rabbia, astio, dolore e, appunto, una sconfinata ostilità. Vide la sfera avanzare lentamente e mutare progressivamente forma, allungandosi ed assumendo man mano tratti sempre più... antropomorfi.
Si schiacciò contro le radici dell'enorme albero alle sue spalle quando quell'essere le fu a meno di un passo, scioccata e ammaliata allo stesso tempo.
Improvvisamente, con un'ultima esplosione viola, la barriera di fulmini che circondava la figura si dissolse e, da essa, si erse di fronte a lei un'imponente figura di donna che fluttuava a pochi centimetri da terra. Le prime cose che June notò di lei, nonostante il pesante elmo di foggia vichinga che cingeva il suo capo, furono l’innaturale bellezza dei suoi tratti e i suoi occhi profondi come un pozzo senza fine, i quali non nascondevano un'espressione gelida, feroce ed accusatoria. Il suo corpo, alto e flessuoso, era coperto da un'armatura purpurea che recava fregi sconosciuti, probabilmente rune, e alle sue spalle spiccavano... Due immense ali nere, che svanirono non appena i suoi piedi toccarono in terra, scuotendola come un terremoto.
La guerriera, lentamente, sollevò il braccio destro verso di lei e, nello stesso istante in cui ebbe raggiunto l'altezza del collo di June, una spada le si materializzò nella mano. La punta acuminata dell'arma sfiorò delicatamente la pelle della fanciulla, lasciandole un minuscolo graffio che non mancò di zampillare un'impudente goccia di sangue scarlatto. Alla vista di quel bocciolo di linfa vitale, gli occhi della donna si fecero se possibile ancora più cupi e dalle labbra le sfuggì un sibilo minaccioso.
Il tempo attorno a loro sembrava essersi fermato e June temette che la sua fine fosse giunta. Eppure una parte di lei si ribellò all'evidenza di quello che sembrava essere il suo destino: non poteva morire in quel momento, non poteva morire lì!
Il cuore, la mente e l'anima le gridavano che non mancava molto per giungere alla fine del suo viaggio... E proprio allora una guerriera sconosciuta, incollerita e con evidenti intenzioni ferali si era frapposta tra lei e la prosecuzione del sentiero, e lei le stava permettendo di farlo!
Una vibrazione atona scandì da un punto profondissimo dentro di lei e fu come se i riverberi minuscoli ed oscillanti di una goccia d'acqua caduta nell'oceano si fossero propagati a dismisura a creare un maremoto. Fu così che June percepì il cosmo iniziare a crescerle dentro, sempre più forte, sempre più furioso, finché sentì che la minaccia della guerriera non la spaventava più. I suoi occhi scintillarono di orgoglio ribelle, fermo in quello della sua contendente, ed il respiro le accelerò.
Dal canto suo, l'altra continuava a fissarla con gelido risentimento, senza accennare a voler abbassare la spada. Poi, senza preavviso, parlò: la sua voce era talmente algida da ricordare il clangore di due spade che si incontravano in battaglia. L’evidenza fu schiacciante: colei che le era di fronte non era umana.
-Come hai osato profanare i confini del bianco regno di Asgard, essere estraneo? Il tuo fetore e la tua emanazione cosmica si percepiscono a pelle fin dalle radici più alte di Yggdrasyl... Togliti la maschera, dichiara la tua identità e lascia questo posto, prima che decida che non mi importi chi tu sia e ti serva la giustizia del Padre Odino a priori!-.
La spada toccò di nuovo la sua gola e June non riuscì ad impedirsi di deglutire. Ma neppure sotto quella minaccia abbassò lo sguardo o si mostrò di nuovo intimorita. Prima di rispondere un pensiero le sfiorò la mente: "Dunque sono ad Asgard..."
-Placate il vostro astio, guerriera, che mai intenzioni bellicose furono nel mio cuore. June è il mio nome e non posso accontentarvi riguardo al togliere la maschera. Essa è retaggio di ciò che ero e di come venni addestrata, ovvero come guerriera amazzone nel nome di Athena Dea della Giustizia... Giungo qui non per turbare la pace del regno del Nord, ma in cerca di qualcosa che...-.
Non poté terminare di parlare. La sua aguzzina le colpì il volto con un manrovescio di forza inaudita.
Strabuzzò gli occhi e rimase qualche secondo con la testa reclinata da un lato, prima di tornare a guardare l'altra con rabbia ed orgoglio ferito.
Nelle iridi della guerriera colse immediatamente un furore selvaggio di cui non riuscì a spiegare l'origine.
-Tu menti! Potrai anche ingannare un semplice essere umano, ma non una figlia di Odino, creatura estranea! Io sono Hrist*, sono una Valchiria, dea della Morte e dispensatrice di gloria ed onore per coloro che cadono in battaglia! Te lo intimo per l'ultima volta: dimmi cosa ci fa qui una come te oppure ti troverai ad incontrare ben presto il Signore dei tuoi Inferi!-. 
Frustrazione. Sgomento. Ribellione. Rabbia. Confusione. Il turbinio di sentimenti la travolse in pieno, tanto che si sentì mancare per un istante, sebbene si stesse imponendo di non farsi sopraffare da una miriade di interrogativi.
“Una Valchiria? Ma… Perché? Cosa vuol dire Una come te? Cosa sta succ..” ma la riflessione non terminò di concretizzarsi.
Improvvisamente tutti i pensieri sgomberarono la sua mente e si sentì vuota tanto da avere paura. Poi anche il timore scomparve, seguito dalla coscienza e da tutti i sensi.
Stralci confusi di scene vissute. La Valchiria… Il suoi occhi prima gelidi, poi incerti, ed infine tristi e confusi. Un movimento rapido tra le ombre ed una figura maschile sprigionante fascino e carisma. Un potere sconfinato e l’emanazione di una saggezza ancestrale. Paura… Passione… Smarrimento… Onore.
Tutto si confondeva, le immagini si susseguivano come a prendere forma da un turbinio di nebbia bianca e densa, concretizzandosi e disfacendosi prima che riuscisse a coglierne morfologia e significato.
Non era padrona né della sua mente né del suo corpo. Non provava nulla. Poi percepì qualcosa di incredibilmente potente dipanarsi dal profondo dentro di sé e le proprie membra levitare. Infine udì la propria voce che le giunse distorta, atona e metallica. Ultraterrena.
-…Ti perderai… Tu… Sentirai…-.
Ciò che Hrist si trovò davanti non la sorprese. Il suo potere di Valchira divampò dirompente mentre già risollevava l’arma, puntandola verso l’altra.
-Ora morirai, invasore!- gridò, e la sua voce risuonò come una carica di cavalli in battaglia.

 
Spalancò gli occhi. Stava succedendo qualcosa, qualcosa di incredibile e non era molto lontano da lì. Si alzò di scatto, distogliendo la sua attenzione dall’ immagine bellissima che aveva di fronte.
Era il suo turno di perlustrazione dei confini e, come sempre negli ultimi mesi, aveva approfittato di quell’occasione per fermarsi al tempio della divina Freya, Dea dell’Amore, della Magia e della Morte, che aveva eletto a suo nume tutelare, sebbene la sua esperienza lo avesse condotto a diffidare di tutte e tre le sfere di cui la Dea era patrona. Aveva anche smesso di chiedersi il perché di quella scelta quando aveva realizzato il fascino magnetico che quella divinità aveva cominciato ad esercitare su di lui subito dopo… quel fatto. Nel suo cuore di guerriero, ligio al dovere ed efficiente come una macchina, si era riaffacciata la speranza circa il fatto che forse per lui non tutto fosse perduto…
Generalmente nulla era capace di smuoverlo dalla contemplazione della sfolgorante bellezza e del mistico potere che la Dea sembrava emanare solo a suo esclusivo beneficio, neanche la percezione di qualche pericolo che giungeva a minacciare i confini della sua amata Asgard. La sicurezza nei suoi mezzi lo aveva sempre spinto a terminare i suoi tributi a Freya e poi ad intervenire. Ad onor del vero era sempre stato in grado di risolvere ogni cosa…
Che la Dea lo avesse forse eletto a suo campione, donandogli quelle capacità in battaglia in onore di quella sua così profonda abnegazione? Non avrebbe saputo dirlo, e neppure gli importava. Ciò che contava era la coscienza di ciò che era in grado di fare e della sua abilità.
Eppure, alla luce di tutto ciò, questa volta non riuscì comunque a rimanere indifferente.
La portata del primo cosmo ad essersi manifestato lo aveva distolto, lasciandogli dentro un senso di incertezza e curiosità. Non era la prima volta che percepiva la manifestazione di una Valchiria, di quella in particolare, ma ogni volta che era accaduto era stato durante una qualche battaglia o campagna di guerra. Che motivo poteva aver spinto la divina Hrist a manifestarsi in un periodo di pace?
Poi, la scossa. Il fragore emotivo. E lo sconcerto. Il potere che aveva sentito dipanarsi in seguito lo aveva lasciato di pietra, sebbene in esso non avesse colto sfumature di minaccia od ostilità.
Non aveva altra scelta, e la cosa non gli pesò neppure. Senza porre ulteriori indugi, spense con uno dei suoi colpi congelanti le torce che aveva acceso nel tempio e si dileguò nella foresta per intervenire. Qualsiasi cosa stesse accadendo.
 
June tornò in sé, spalancando gli occhi e boccheggiando come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato. Non ebbe tempo di porsi domande su ciò che aveva appena vissuto, perché immediatamente inquadrò la Valchiria che, con sguardo ferreo e minaccioso, si stava apprestando a sferrare su di lei un colpo mortale con la sua spada potenziata dal cosmo divino.
L’evidenza le fu lampante: era finita. Abbassò le palpebre e si preparò ad accettare il colpo che l’avrebbe trapassata. Ebbe un sussulto interdetto quando realizzò che il suo ultimo pensiero era per due occhi azzurri di bellezza incredibile…
Ma la ferale stoccata non giunse. Al posto del dolore mortale sentì sopraggiungere la sensazione tumultuosa dell’accendersi di un nuovo cosmo la cui natura la lasciò ulteriormente confusa. Non v’era solo ghiaccio, in quell’emanazione, ma anche fuoco…
“Ma cosa…”
-Cosa ci fate qui, voi? E cosa state facendo? Toglietevi, in nome degli Aesi e lasciate che il fato di questa… Creatura si compia!- udì ruggire la Valchiria, evidentemente rivolta a qualcuno che non fosse lei.
Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu, in piedi davanti a lei, un uomo. Un guerriero, che nella sua scintillante corazza rossa e grigia si era frapposto tra lei e Hrist. Subito lo vide profondersi in un inchino e parlare alla Dea con deferenza.
-Divina Hrist, chiedo il vostro perdono… Ma sebbene io abbia percepito nitidamente il potere che si è scatenato qui poco fa, credo che sia impietoso infliggere a questa ragazza addirittura la morte. Non v’era ostilità nell’emanazione di costei… Non è questa la giustizia che impera in Asgard, mia Signora-.
June vide Hrist digrignare impercettibilmente i denti e poi abbassare la spada. –Come osate, umano, impartire lezioni di moralità a me? Voi per primo, che siete paladino e difensore di queste terre, dovreste sapere che qui gli estranei non sono bene accetti! A maggior ragione estranei che si mostrano delle minacce… Come costei ha dimostrato di essere! Fatevi da parte…-.
Ma il guerriero non si mosse. –Garantirò io per lei, divina. Lasciate che la porti a Palazzo, dalla Regina… Lasciate che Asgard pensi autonomamente alla sua difesa…-.
La Valchiria tacque, fissandolo con risentita stizza. –E sia… Tendenzialmente non ho l’abitudine di intervenire in faccende umane che esulino la morte di impavidi guerrieri da condurre alla dimora di Odino… Ma rimango pur sempre un nume tutelare di questa terra, e vi avverto: in costei c’è qualcosa… Diffidate, e fatelo di più rispetto a quanto fareste con un estraneo qualsiasi che varca i confini di Asgard. Oppure fate come preferite, l’avvertimento è dato-.
Con quelle parole la divinità rinfoderò la spada e spiegò le grandi ali nere. Prima di spiccare il volo per tornare da dove era venuta, tuttavia, non si astenne dal lanciare una velenosa ed eloquente occhiata al suo indirizzo.
Quando il rombo di tuono che accompagnò l’uscita di scena della Valchiria si dissolse in un’impercettibile eco tra i ghiacci, finalmente il guerriero si volse verso di lei.
June, quando riuscì a guardarlo in faccia, si ritrovò a smarrirsi in due pozze colore del ghiaccio, algide eppure intense come una fiamma. I lineamenti di lui erano aggraziati ma saldi, ed il volto giovane e fiero era incorniciato da lisci capelli biondi come il grano acconciati in un foggia probabilmente tipica di quelle terre, ovvero lunghi sulle spalle e corti sulla nuca.
Si sentì terribilmente esposta mentre subiva il gelido vaglio di quegli occhi seri. Una volta di più fu felice di indossare la maschera, perché si sarebbe sentita umiliata dal mostrare il disagio che in quel momento percepiva.
Lentamente lo vide raccogliere le sue cose e caricarsele in spalla, allungando poi una mano verso di lei e  incitandola a farsi aiutare ad alzarsi. Senza dire una parola lui le fece segno di precederlo, indicandole la direzione di marcia.
Camminavano già da un po’ quando June, non avvezza a silenzi simili e soprattutto non dopo circostanze come quelle che aveva appena vissuto, si volse verso di lui e parlò.
-Vi ringrazio, guerriero di Asgard… Non eravate tenuto ad intervenire in mio soccorso-.
-Hagen di Merak. E’ il mio nome e sono God Warrior di Odino al servizio della Regina. E no, è vero: non ero tenuto a salvarvi, soprattutto in virtù del fatto che ad Asgard gli stranieri non sono ben visti… Se poi dispongono di poteri come i vostri, fanciulla, la situazione peggiora esponenzialmente. Fatto sta che, nonostante non sembri, non siamo dei barbari e, a meno che non vi sia una schiacciante evidenza di minaccia per la nostra pace, concediamo sempre agli estranei l’opportunità di spiegare chi siano e cosa ci facciano in questa terra inospitale-.
Ora camminavano appaiati, uno di fianco all’altra, e June lo osservava mentre le parlava con quello che sembrava essere un tono distaccato e senza guardarla. Calò di nuovo il silenzio, mentre la ragazza ragionava su quello che lui le aveva appena detto e tornando a guardare il sentiero che si stagliava di fronte a loro.
Dopo qualche istante, però, lo udì schiarirsi la voce e continuare in tono irritato e… Si, imbarazzato. –Ignoro da dove proveniate, fanciulla, ma qui abbiamo l’usanza di presentarci a nostra volta quando il nostro interlocutore ci dice il proprio nome… Nel vostro caso a maggior ragione, visto che la maschera mi cela anche le vostre fattezze-.
Trasalì e, se lui avesse potuto guardarla in faccia, avrebbe notato che era vistosamente arrossita per la vergogna. –Perdonate le mie maniere, Cavaliere…Non sono usa a tali mancanze di forma, di solito. June è il mio nome, e al momento non mi fregio di titolo alcuno se non quello di ex Bronze Saint di Athena. E’ per questo che ancora indosso questa maschera…-.
Se rimase sorpreso da tale affermazione, Hagen non lo diede a vedere, così lei continuò –Non ho omesso di svelarvi la mia identità per diffidenza o mancanza di buona creanza… E’ soltanto che non capisco cosa mi sia successo e perché addirittura una Valchiria, una Dea, si sia accorta della mia presenza in queste terre e mi abbia minacciata! Voi tutti parlate di “potere come il mio”, ma io ignoro di che cosa stiate parlando! Mi è stato detto di andarmene, ma se io sono qui è perché…-.
Venne interrotta dalla brusca fermata di Hagen, il quale la fissava con sguardo distaccato.
-Non serve che sprechiate fiato ora, June. Darete le vostre giustificazioni davanti alla corte, alla regina ed al consiglio dei God Warriors miei pari. Sappiate solo che, per ora, non avete più nulla da temere… A meno che non siate voi a darci adito a minacciare la vostra incolumità. Ora andiamo, il cammino per Palazzo Polaris è ancora lungo-.
June abbassò la testa e, come lui, riprese a camminare in silenzio. Mille pensieri le affollavano la mente, mille domande senza risposte possibili e mille dubbi sull’immediato futuro. Tanto era presa da tali elucubrazioni mentali da non accorgersi che ormai erano fuori dalla foresta. Ora, davanti a loro, si apriva l’immensa distesa dello scuro Mare del Nord: erano nei pressi del Picco della Preghiera.
Improvvisamente, senza preavviso alcuno, la sua mente ed il suo cuore furono come avvinti e il canto, il richiamo che fino a quel momento sembrava essersi come chetato, esplose nuovamente dentro di lei con un fragore tale da farla gridare. Cadde in terra, presa da uno spasmo dato dall’intensità di quello che nuovamente stava vivendo: le sembrava come se fosse andata in mille pezzi e il canto stesse facendo di tutto per rimettere ogni parte di lei nella giusta collocazione. Fu troppo per la sua anima ed il suo corpo già duramente provati: l’ultima cosa che vide ed udì prima di perdere i sensi fu Hagen chinarsi su di lei e la sua voce preoccupata chiederle di non lasciarsi andare. Poi, il buio.
 
 
 
*Nota: Per chi non ne fosse a conoscenza Hrist non è un OC, bensì il personaggio protagonista del videaogame Valkyrie Profile. Ci tengo a questa specifica, perché sarà un personaggio che prima o poi si riaffaccerà in questa storia (nel gdr questo cross-over l'ha resa parte integrante delle scene giocate ed ha perciò un peso piuttosto rilevante), quindi è giusto che le sia tributata la giusta provenienza e la giusta importanza.
 


 
L'Angolo di June
Apro questo mio angolo autrice per effettuare l'ennesima dedica. Premesso che questi primi capitoli saranno delle implementazioni alle scene di gioco di ruolo che nel mio gruppo svolgemmo anni fa (in poche parole: le sto aggiungendo io per dare un senso alla trama, in realtà non furono mai giocate), voglio ringraziare sentitamente in questa sede i miei amici Jul, PalladeDidy, Cavallo e la Sacra Miciona, nell'ordine Teano, Athena, Hrist, Hagen e la dea Freya. E poi di nuovo il mio fidanzato KillerKing, che nel gioco è, tra gli altri, Albafica.
Ripeto, sebbene tutte le scene comprese tra il capitolo 1 ed il capitolo 3 non sono state mai giocate, nell'improvvisare la narrazione che le collega a quelle effettivamente esistenti mi è stato necessario e indispensabile tenere a mente i personaggi come sono stati trattati da loro.
Un OC come Teano, il cui fascino in questa fan fiction non si evincerà del tutto ma che spero di poter rendere pubblico se Jul vorrà scrivere un'opera su di lei e pubblicarla (perché io ritengo che la sua storia sia particolarissima, ben studiata e geniale). 
Un'Athena completamente OOC, la quale spazza completamente via l'essere amorfa dell'originale Saori, che la mitica Pallade è riuscita a sviluppare negli anni come quello che io reputo uno dei pg più riusciti del nostro fandom.
A seguire il personaggio cross-over che per primo è stato inserito nel nostro gioco, ovvero la Valchiria Hrist del videogame Valkyrie Profile: un'idea estremamente felice della bravissima Didy per implementare un ambito un po' povero, un personaggio giocato con estrema coerenza e che si sposa perfettamente con le ambientazioni ed il contesto di Asgard.
Un Hagen dannatamente IC, giocato magistralmente e con coerenza estrema da un Cavallo ispiratissimo e sempre fonte di role fighissime.
Una Freya fascinosa e conturbante, sebbene per il momento il suo ruolo sarà molto marginale, in cui la Sacra Miciona ha mostrato all’intero fandom che per ruolare dignitosamente una Dea non bisogna essere necessariamente dei dissociati mentali, ma delle persone con una testa sulle spalle che amano divertirsi in compagnia.
Concludendo, infine, con un Albafica strepitoso, così simile eppure così diverso dal personaggio originale, capace di far girare la testa anche senza l'aiuto delle sue rose venefiche!!
Tributo a loro questo capitolo, in primo luogo per sottolineare l'apprezzamento che sempre ho nutrito per il loro modo di ruolare, ed in seconda battuta perché... Bhè, perché sono persone che nel mio cuore hanno un posto tutto loro e si sono decisamente guadagnate una palma come autori e persone speciali! (...e adesso criticate pure per la sviolinata... Su, su: fatelo! >:) )
 
E ora il "visual matching" tra persone famose e personaggi della fan fiction:
Athena/Saori Kido: Charlize Theron – http://www.wallpaperweb.org/wallpaper/babes/1920x1200/charlize_theron_20080312_0226.jpg
Hrist Valkyrie: Mila Kunis - http://www.yidio.com/images/article/images/mila-kunis.jpg
Hagen di Merak: Paul Walker – http://imstars.aufeminin.com/stars/fan/paul-walker/paul-walker-photo.jpg
Freya dei Vanir:  Olivia Wilde - http://www.thewallpapers.org/photo/37320/Olivia-Wilde-052.jpg
 
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!
Un bacio solo a quelli simpatici,
 
June

   
 
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