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Autore: Luce14    03/08/2012    2 recensioni
"Devi amare per poter suonare." L. Armstrong.
Lei è Amelia, ha sedici anni ed è cresciuta in un orfanotrofio.
E' cresciuta nel mistero, ignara delle sue origini.
Non è mai stata amata da nessuno.
Ma qualcosa sta per cambiare: Viene trasferita in un collegio a Torino, per poter coltivare la sua passione più grande, ovvero la musica.
Lei ha la musica nel sangue, il pianoforte è il suo migliore amico.
Lei trova l'amore. E' un amore freddo, graffiante, incosciente.
Lei troverà la chiave che apre i cassetti dei suoi ricordi ignari.
Lei è Amelia, e ritroverà la forza di rialzarsi dopo una caduta che le ha causato ferite profonde nell'anima.
**
Angolo autrice: Salve a tutti, sono Luce14 e questa è la mia seconda storia orignale. Spero che l'apprezziate, perchè io l'ho scritta con il cuore, per tutti voi.
Un grande abbraccio a chi mi leggerà, seguirà e soprattutto recensirà. Accetto critiche perchè penso che siano molto costruttive.
Saluti e buona lettura! :)
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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CHAPTER TWO
 
Un cigolio.
Un altro ciglio. Era tutto molto confuso.
Dei raggi di sole imperlavano le tende arancioni della camera. Il vento le trasportava, erano aggraziate e danzavano lentamente come in un rituale, all’infinito …
Poi, all’improvviso, tutta questa calma e beatitudine spariscono e sento un rumore talmente forte da dovermi tappare i timpani con la mie piccole manine affusolate. Un altro schianto, come di vetri rotti, e mi muovo velocemente verso un’altra camera.
Il pavimento è pieno di vetri rotti. Le mie margherite, sparse per tutta la camera, hanno perso la loro bellezza, e la sedia a dondolo continua a cigolare. Su di essa una signora anziana dai lunghi capelli bianchi sorride, come dispiaciuta. In mano aveva un altro porta-fiori. Mi guarda dritto negli occhi, con un lampo birichino, se tale si può definire se non maligno e poi guarda il vaso di vetro che porta in mano, come se non sapesse cosa farne e repentinamente, con un gesto secco, lo lancia contro un muro bianco.
Urlo, forte sempre più forte, e penso, Dio, se ci sei, aiutaci tu.
Urlo io, urla lei. E’ tutto un urlo confuso …
E’ meglio se mi nascondo, penso, è meglio lasciarla in pace quando non sta bene. Esco dalla camera e mi rifugio in bagno, mi chiudo dentro. E ricomincio ad urlare, sperando che la vecchietta non mi senta.
--
Mi svegliai con il rumore di porte che si chiudevano con insistenza ed irruenza. I ricordi del sogno erano indistinti e non riuscivo a definirli. Mi alzai dal letto che mi girava la testa e decisi di darmi una sciacquata al viso, per riprendermi più in fretta. Andai in bagno e scoprii che c’era anche uno specchio sul lavandino di media grandezza. Mi sciacquai il viso con lentezza, con l’acqua fredda, anche se era autunno, e la asciugai con l’asciugamano che trovai in un cassettino sotto il lavandino, solo allora ebbi il coraggio di guardarmi allo specchio: due iridi verde foglia mi fissavano concentrate, quasi incerte. Le lentiggini che attorniavano il contorno occhi e naso, non mi erano mai piaciute, però mi avevano sempre dato un aspetto particolare, e i miei lunghi capelli bruni con riflessi mogano e rossi al sole, non mi erano mai dispiaciuti  anche se ribelli e indomati a causa delle lunghe onde che li percorrevano fino a più di metà schiena. Mi diedi qualche schiaffettino per ravvivarmi e cercai il mio burro cacao da applicare sulle labbra rosse ma carnose e secche per il freddo. A causa della mia carnagione chiarissima, sembravo ancora un po’ uno zombie, ma tutto sommato, andava bene.
Decisi che era il momento di disfare le valige, così iniziai ad aprire quella più grande con i vestiti e le lenzuola, ma trovai l’armadio già occupato: tre elegantissime divise blu, nere e bianche erano state posizionate con cura al suo interno, tre maglioncini, tre gonnellini, tre camice e cravatte, ed infine qualche paio di collant neri e bianchi. Come facevano a sapere la mia taglia? Ah, giusto. Gliel’avevo comunicato io.
Presi i miei vestiti e li riposi con cura nell’armadio già pulitissimo. Le mie camicette estive e i miei vestitini, i miei jeans e i miei maglioncini. Tutto sommato non erano così pochi. Avevo solo un paio di scarpe da ginnastica ma mi bastavano, avevo degli stivali e due paglia di ballerine per la scuola, nuove. Di intimo ne avevo abbastanza da poter sopravvivere, ma presto, mi ero ripromessa, ne avrei comprato di nuovo, e quello che avevo, non si poteva neanche definire propriamente sexy. A meno che gli orsetti non siano sexy.
Sistemai i miei saponi nel bagno, spazzolino e quant’altro, accessori per i capelli, ovvero due cerchietti e qualche molletta. Aprii lo zaino e tirai fuori i miei quaderni che riposi sulla scrivania, con l’astuccio e i miei preziosi libri di letteratura. Io amavo la letteratura russa, come Tolstoj e Dostoevskij. Non mi separavo mai da quegli enormi volumi rilegati in pelle, impolverati e rigorosamente donatimi da Suor Cate.
Sistemai le lenzuola, e presi della roba pulita da poter indossare, poi feci la doccia, compresa di capelli. Una volta lavata mi infilai un maglioncino blu notte, un paio di jeans un po’ logori, e i miei adorati anfibi neri. Lascai che i miei capelli si asciugassero naturalmente e li pettinai. Poi mi sistemai sul letto con il mio nuovo cellulare, un po’ fuori moda, poiché ancora bianco e nero, e registrai il numero si Suor Caterina. Non mi sentivo ancora pronta per aprire la roba che mi aveva dato. L’avrei fatto più avanti.
Mi misi a leggere l’orario delle lezioni e mi accorsi con rammarico, che avrei avuto lezione di musica tutti i pomeriggi. Che strazio. Avrei dovuto dar spettacolo tutte le santissime volte, me lo sentivo, d’altronde, era così che succedeva anche in orfanotrofio, le lezioni erano io che suonavo per un ora e basta. Ero la migliore, però mi dava fastidio, perché dovevo sempre rendermi ridicola e farmi odiare per una cosa che a me veniva naturale?
Erano le sei e mezza e tra un oretta sarebbe stata l’ora di cenare nella mensa della scuola. Che pizza.
Mentre elaboravo pensieri catastrofici, sentii una vocina pimpante chiamare il mio nome da dietro la porta.
Mi alzai e aprii la porta, e davanti a me apparve una ragazzina dai capelli corti e neri e gli occhi blu chiari , davvero particolari.
“Ciao”” esclamò pimpante.” Io sono Lucia! Piacere di conoscerti, Amelia!” Mi disse porgendomi una mano.
Io un po’ sbigottita da tanto entusiasmo le strinsi la mano un po’ titubante. “ Ciao…”
“Scusami, ma non vedevo l’ora di sconoscerti! E’ da giorni che qui non si parla altro della nuova eccellente pianista che studierà con noi.” Disse sorridendomi amorevolmente.
Oh, miseria! Qui già mi conoscono tutti!
“Davvero …?” Chiesi giù di morale.
“Ehm, sì. Ma non ti preoccupare, il fatto che tu sia un talento qui non è visto male, anzi!” Mi sorrise incoraggiante. Era davvero molto gentile, era stata l’unica a venirsi a presentare così spontaneamente.
“Speriamo.” Dissi sorridendole stancamente. “Entra pura, e scusa il disordine!” Mi strinsi le mani un po’ impacciata.
“Wow, bello qui!” Disse raggiante. “Io sono nella 41! Quella con la porta fucsia fosforescente. .” E mi fece una linguaccia divertita. “Tutte mi dicono che esagero sempre. Ma ci vuole un tocco di colore in questo luogo così cupo. Non lo pensi anche tu?”
“Certo.” Le risposi contenta. “Io ho deciso di decorarla con motivi floreali di tutti i colori.”
“Fantastico!” Mi rispose avvicinandosi. “Io sono un’artista, se vuoi ti aiuto volentieri.” Mi disse con un sorrisone a trentadue denti. Indossava un abitino a motivo geometrico colorato, molto probabilmente firmato, e un paio di stivaletti in tinta con il tacco.
La guardai entusiasta ed annuii.
Si sedette sul letto e mi chiese: “ Che piano di studi hai scelto?”
“Uhm.. Il piano C. E tu?” Le chiesi speranzosa. Magari eravamo in classe insieme …
“Il piano B. Sei del terzo anno vero?” Mi chiese ed io annuii. “Allora abbiamo storia e matematica in comune. Io sono all’artistico.” Mi sorrise raggiante. “Ma le materie obbligatorie si svolgono insieme.”
Le sorrisi sollevata e  iniziò a raccontarmi di sé. Era una Morvillo, e i suoi genitori erano a capo di una grande industria di bagnoschiuma e prodotti per l’igiene personale. Era nata e cresciuta a Firenze ed i suoi genitori l’avevano mandata in questo collegio per i suoi voti, che tendevano ad essere mediocri in modo che si concentrasse specialmente sulla scuola. Lei si era trovata abbastanza bene da subito, aveva trovato degli amici, e mi promise che presto me li avrebbe presentati.
“Devi stare attenta a non fidarti delle persone sbagliate.” Mi disse mentre uscivamo dalla mia camera e ci incamminavamo verso la mensa nell’edificio ovest, ovvero quello scolastico. Anche se eravamo di gran lunga in anticipo, qualche ragazzo, come noi, stava già passeggiando in direzione della mensa. A prima vista le ragazze sembravano delle normalissime adolescenti, e per quanto riguarda i ragazzi, bhè, non che ne avessi incontrati molti nella mia vita, vivendo in un orfanatrofio femminile, a parte Jerry il ragazzo delle consegne a cui tutte le ochette delle mie compagne facevano gli occhi dolci e non so quali altre cose, e il professore di matematica. Quindi, non avevo tanti termini di paragone. Però andava bene così, almeno non mi ero montata la testa come la maggior parte delle ragazzine, siccome dovevo concentrarmi sui miei studi. Infatti, ero arrivata abbastanza in alto. Insomma mi ero esibita tante volte in pubblico, ed una volta era venuto a sentirmi anche il sindaco di Trento e i suoi collaboratori e, una volta, anche il sindaco di Venezia, che era di passaggio.
“In che senso?” Chiesi a Lucia arrivate all’entrata della mensa. Era una stanza enorme, piena di tavoli, le cui pareti erano color malva.
“Ci sono persone false, in questo istituto, come ovunque, ormai. Tu devi stare attenta. Presto capirai di cosa parlo.” Mi disse in tono serio e un po’ turbato. “Ora vieni che ti presento ai ragazzi.”
Così dicendo ci avviammo verso un piccolo tavolino rettangolare a sei posti, quattro dei quali già occupati.
“Ragazzi lei è Amelia, la ragazza nuova.” Disse sempre sorridente rivolgendosi a due ragazze, una dai capelli rossi e ricci dalla corporatura minuta, e un’altra formosa, dai capelli biondo scuro e gli occhi azzurri, e a due ragazzi, uno con i capelli cortissimi neri e gli occhi castano -.chiari, e l’altro biondo platino dai capelli lisci e gli occhi neri, entrambi molto imponenti. “Amelia loro sono Elisabetta, Ilenia, Nicola e Riccardo.”
“Piacere.” Dissi un po’ a disagio, cercando di accennare un sorriso.
“Il piacere è tutto nostro!” Risposero in coro le due ragazze, che sorridendomi, mi incoraggiarono a sedermi di fianco a loro. I ragazzi, dal canto loro si limitarono a sorridermi, Nicola più apertamente, lanciando occhiate furtive in direzione di Lucia e Riccardo molto timidamente mi porse una mano che io strinsi titubante.
“Allora è vero che vieni da un orfanotrofio?” mi chiese entusiasta Ilenia.
“E’ vero che hai suonato nella filarmonica della scala di Milano?” Mi chiese di filato Elisabetta.
“E che sei fidanzata con il figlio della famiglia produttrice di violini … Mmmmh come si chiamano?” Chiese la prima.
“ E che ti ha sentito suonare persino il sindaco di Venezia?” Mi chiese di nuovo a raffica la rossa.
Nicola le interruppe: “E’ appena arrivata e già la riempite di domande, ma fatela respirare!” E si levò un coro di risate appartenenti anche alle due amiche.
“Allora.. Sì, no, no e sì. Caspita però girano veloci le voci qui. Anche quelle non vere … “ Dissi leggermente imbarazzata.
“E’  normale, qui tutti fanno supposizioni, non abbiamo nulla da fare, siamo confinati. E tutti molto curiosi.” Mi risposa Lucia un po’ avvilita.
 Così iniziammo a chiacchierare del più e del meno e scoprii di avere le lezioni di letteratura in comune con Ilenia, quelle di lingue in comune con Riccardo e quelle di musica con Elisabetta, che andava al quarto anno, come Nicola, e per questo andava al corso avanzato. Mentre io e Lucia ci potevamo vedere solo due ore al giorno, almeno non sarei stata sola nel primo giorno di scuola.
Mentre la sala iniziava a riempirsi velocemente di studenti, vidi entrare un gruppetto che a mia detta, era un po’ troppo vistoso. Si poteva definire la perfezione. Era un gruppo di studenti bellissimi: tra ragazze e ragazzi, non sapevo chi trovare più affascinanti. Quando ci passarono di fianco, lanciarono uno sguardo truce ai miei compagni. Una parolina risuonò nella mia mente. Spocchiosi.  Dai soli sguardi allibiti e furiosi dei ragazzi capii che non erano in buoni rapporti con quel gruppetto, e a quanto avevo potuto constatare, non consideravano nessuno degno di stare con loro. Infatti guardavano dritti davanti  a sé senza degnare di uno sguardo a nessuno, sprizzando disprezzo dai tutti i pori. Io ero per la libertà di pensiero, ma questo era decisamente oltre alla libertà di pensiero. Trattavano tutti come inferiori.
Alla fine del gruppo, una biondina alta con il corpo da modella e il viso da spot pubblicitario, stringeva il braccio ad un ragazzo tanto affascinate quanto distaccato. Freddo, era l’aggettivo migliore per definire il suo comportamento. Quando riconobbi il viso familiare quanto bello del ragazzo mi portai una mano alla bocca per lo stupore. Era lui, il giovane arrogante che mi aveva guardato con aria d’insufficienza e di sfida all’entrata dalla presidenza. Sarà per la sua bellezza sovrumana, sarà per i suoi modi arroganti ma sicuri, ma mi aveva letteralmente sconvolto. Nei suoi occhi avevo percepito qualcosa di molto familiare. Il dolore.
Qualcosa, nella vita, gli era stato tolto proprio come a me. Ne ero sicura.
Il gruppetto si avvicinò ad un tavolo enorme, cacciò coloro che vi erano seduti e si accomodarono incuranti dei loro atti egoistici.
Solo allora guardai allibita i miei nuovi amici. Loro non erano sconvolti più di tanto, evidentemente erano abituati a quella scenata.
“Ma … Chi sono quelli?” Domandai un po’ incerta.
“Come posso spiegartelo?” Mi rispose Ilenia. “Hai mai visto Mean Girls?” E io scossi la testa negativamente. Conoscevo molto bene i film classici, ma quelli più moderni e decisamente rosa, proprio per niente.
“ Sono delle specie di razziatori.” Mi rispose cupo Riccardo. “Loro ti giudicano del primo momento che arrivi. Se gli vai bene, allora sei libero di stare con loro o meno, se invece no … Beh, hai visto come ci guardavano.” Disse scuotendo la testa. “Ma noi non gli diamo troppa importanza.”
“Sì effettivamente sono alquanto discriminatori.” Aggiunse Elisabetta. “ Pensa che l’anno scorso hanno buttato in piscina una ragazza che aveva provato ad avvicinarli.” E poi abbassò lo sguardo sul suo pasto.
“Allora mi auguro che mi giudichino indegna, con loro non ci voglio stare.” Sorrisi convinta. “E quei due … Al fondo del gruppo?” Chiesi titubante riferendomi al ragazzo misterioso e alla sua accompagnatrice.
“Lei è la razziatrice numero uno.” Rispose Nicola, facendo una smorfia di dissenso.
“Si chiama Eleonora Casadei.” Mi informò Lucia ironica. “ E’ almeno tanto bella quanto stronza.”
“E il suo “amichetto” affascinate e tenebroso è Corrado Balestrieri. L’anticonformista dell’istituto, ha delle idee tutte sue, quello lì.” Aggiunse Ilenia con un sospiro. “ E quando non passa il tempo in presidenza o in biblioteca o nel giardino nascosto a fumare, lo passa con la fotomodella che le sta appiccicata. Tra poco le si vede il culo.” Disse facendo un cenno verso la sua minigonna da spavento. Notai che i due ragazzi avevano indugiato un po’ troppo su quel particolare.
Pensai a ciò che mi aveva detto del ragazzo Ilenia, era bello, stronzo e tutto, ma almeno aveva una sua opinione, a differenza della maggior parte dei ragazzi d’oggi che si facevano influenzare.
“ E gli altri?” Domandai io a questo punto per informarmi. “ C’è qualcos’altro che devo sapere?”
“Beh, I gruppi qui non sono molti e alla fine siamo, coloro che stanno con Eleonora Casadei e quelli che non ci stanno. Come in qualunque scuola ci sono i secchioni, i belli, i musicisti, ecc … Ma tra di noi siamo tutti abbastanza amici, nel senso che non ci disprezziamo e parliamo tra di noi pacificamente. In compenso amiamo molto disprezzare il gruppo di quell’ochetta senza cervello.” Mi disse Elisabetta. “ E tanto per saperlo, loro sono anche i preferiti dagli insegnati. Ancora non abbiamo capito perché, siccome la maggior parte sono assurdamente ed irrecuperabilmente stupidi.”
Detto questo tutti i ragazzi si misero a ridere ed anche altri ragazzi nei tavoli vicini si unirono alla risata, avendo sentito la battuta. Forse, perché si sentiva esclusa, forse perché doveva stare sempre al centro dell’attenzione, Eleonora si alzò e si mise a ridere raggiungendo il nostro tavolo trascinadosi due delle sue amiche.
“Posso sapere anch’io di cosa stavate ridendo?” Chiese con un sorriso forzato.
“ In realtà di nulla di cui tu ed il tuo gruppo di amichetti vi dobbiate preoccupare.” Rispose Ilenia, la più coraggiosa e la più spavalda del gruppo. Almeno aveva risposto a dovere ed aveva la battuta pronta.
“Certo” Rispose lei sbattendo ripetutamente le ciglia. Distolse l’attenzione da Ilenia quasi infastidita e posò il suo sguardo su di me. “Tu devi essere quella nuova … La piccola pianista, vero?” Chiese porgendomi la mano che io rifiutai bellamente rivolgendole un sorriso forzato e degnadola di un misero ‘ciao’.
 Infastidita ritrasse la mano e mi guardò come se fossi la cosa più inutile del mondo e mi disse: “ Bene, vedo che hai fatto la tua scelta. Resta pure con gli sfigati. Che peccato.” Mi disse guardandomi con finto rammarico.
“Già, che peccato.” La apostrofai io, sorridendo divertita. Io, la più timida del mondo!
Non l’avessi mai fatto! Mi guardò malissimo, e da quello sguardo capii che non avrei avuto vita facile nel collegio a causa sua.
Non mi degnò neanche di un saluto, e seguita dalle sue amiche si avviò verso l’uscita della mensa sculettando indispettita. Uscita dall’edificio, tutti si guardarono allibiti e scoppiarono in una sonora risata, i miei amici mi guardarono ammirati e io provai a scusarmi perché sapevo di averli messi nei casini, ma loro mi ringraziarono perché uno di loro finalmente aveva saputo risponderle e farle fare una pessima figura davanti a tutti.
“Non so come ho fatto. Io sono la regina dei timidi ed isolati.” Dissi leggermente in imbarazzo e tutti mi guardarono con calore, dicendomi che l’avevo rimessa al suo posto.
Mi voltai verso il loro tavolo e notai che Corrado mi stava scrutando con uno sguardo colmo di rispetto ed incredulità. Quando notò che lo stavo osservando mi gelò con lo sguardo e sprezzante si girò e riprese a parlare con i suoi amici che altrettanto sprezzanti ci guardavano male.
Dopo cena ci avviammo insieme verso il dormitorio, chiacchierando. Ci eravamo dati appuntamento per il giorno dopo nella sala comune alle otto meno un quarto per andare insieme a lezione.  Ci augurammo la buona notte e ognuno andò in camera sua, non dopo un veloce abbraccio. Ringraziai Lucia di avermi accolto così calorosamente nella nuova scuola e lei schioccò la lingua, come se per lei fosse un piacere e mi stampò un bacio sulla guancia.
Entrai in camera mia, feci un po’ di ordine e mi lavai i denti. Preparai la borsa nera per la scuola dell’indomani e vi misi qualche penna, dei quaderni e i miei spartiti. Mi sarebbe piaciuto tanto poter aprire la busta di Suor Caterina quella sera, ma era tardi ed ero molto assonnata, così rimandai la cosa.
Con gli occhi rivolti verso la luce tenue e soffusa che proveniva dal corridoio e dai flebili passi che vi sentivo, mi addormentai in preda all’agitazione per la mia nuova vita e per la vecchia colma di misteri e così confusa, che sembrava volermi tormentare e perseguitare per sempre.
Anche se si cerca di sembrare diversi, si sa, non si cambia mai.
Il triste passato lascerà per sempre una traccia indelebile nel cuore.

***

 

 Angolo autrice:

Salve a tutti!
Vi è piaciuto il terzo capitolo?
Ho introdotto il personaggio di… Corrado! E’ lui il ragazzo misterioso, spero che impariate ad amarlo quanto lo amo io, è stupendo!
Vi ho presentato anche Ilenia, Elisabetta, Nicola, Riccardo ed Eleonora che sarà la ‘nemica giurata’ di Amelia, e non solo nel collegio, ma anche in … amore!
Spero che questo capitolo non sia così noioso e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!
Un grazie a: _Lumen_ che ha recensito i miei capitoli! Thank you! :)
Un grandissimo grazie anche a: deepfede,  gra_lily e prettyvitto, per aver messo la mia storia tra le seguite! Un bacio!
Un saluto ed un ringraziamento anche a  _Scarlett_ Che ha aggiunto la mia storia tra i preferiti, e a kikathefly per averla aggiunta alle ricordate!
PS: Una piccola recensione mi fa sempre piacere, e lasciarla a voi non fa alcun male! ;)
Un bacio!!


 

   
 
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