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Autore: Madapple    17/02/2007    12 recensioni
[ EDIT: pubblicata nel 2007 con il nickname Arcadia_Lovegood ]
Perchè Hermione lo era e basta. Era decisamente una persona migliore.(...) Invidia. Gelosia. Pansy.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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I personaggi della seguente fanfiction non sono miei, ma della grandissima JK Rowling e questa storia non è stata scritta a scopro di lucro, ma per puro diletto.

Buona Lettura ^^

°*°*°

Pansy fissò disgustata la scena che si svolgeva distintamente dinanzi ai suoi occhi.

Il Serpeverde Malfoy, adirato come non mai, scrutava attentamente i movimenti e i gesti di Hermione Granger, la quale rivolgeva dolci sorrisi complici verso Harry Potter, che ricambiava con occhiatine languide e maliziose.

Una coppia da romanzetti rosa, insomma, di quelli letti da ragazzine troppo impegnate a sognare il principe azzurro piuttosto che premurarsi di trovarne uno seriamente, una volta per tutte.

Blaise e Theodore bisbigliavano tra loro come un gruppo di anziane signore pettegole, mentre Tiger e Goyle discutevano animatamente litigandosi l’ultima fetta di dolce.

E poi c’era lei. La Principessa Slytherin. L’invidia fatta persona, l’eterna seconda. La novità che presto diventava noiosa. L’oggetto che immediatamente invecchiava. L’attrazione che aveva perso il proprio fascino.

Tutto questo perché quella saccente Mezzosangue dei Grifondoro era sbocciata nel fiore più bello di Hogwarts e perfino Draco Malfoy dovette prenderne atto.

Aveva fantasticato sulla maggior parte delle ragazze di quella scuola e una buona parte di esse aveva avuto l’onore e il privilegio di potersi crogiolare sfinita fra le lenzuola verde-argento della camera di Malfoy, testando la morbidezza e il tepore dei lussuosi Dormitori Slytherin.

Ma nessuna ragazza costituiva un problema per Pansy, poiché nessuna poteva competere con lei.

Era intelligente, furba, fiera e orgogliosa. Qualità che un Purosangue come Malfoy certamente considerava essenziali per una futura compagna.

E così dopo ogni incontro erotico, il biondo Serpeverde si trascinava esausto nel letto della Parkinson, in attesa di potersi unire in un connubio di pura passione con una della sua stessa specie.

Quasi a volersi togliere dalla pelle l’odore del sesso di tutte quelle ragazzine ninfomani e senza cervello.

Perché Pansy era la sua preferita. Lei era esattamente come lui.

Eppure, gli sguardi che lanciava alla Granger dimostravano ben altro.

Pansy tossì rumorosamente attirando l’attenzione del biondo.

Uno sguardo ghiacciato riuscì a graffiarle l’anima – Cosa vuoi?

- E’ uno spettacolo interessante? – chiese, tagliente.

Draco tornò con gli occhi sulla Granger – Mi duole ammetterlo, ma disonorerei molto volentieri il mio buon nome con la Mezzosangue, in questo momento.

La Parkinson storse le labbra – Ti abbasseresti ad un livello tale? E per cosa? Una squallida Mezzosangue, dei Grifondoro e compagna del tuo peggior nemico!

Un colorito purpureo le dipinse le guance sottili. Gli occhi velati dalla gelosia più accecante.

Nel cuore e nell’anima, la paura crescente di perdere quel potere di persuasione esercitato sul Principe delle Serpi.

E il biondo si concesse un sorriso di scherno.

- Non mi meraviglio di tanto disappunto, Pansy – osservò Draco – Sei una ragazza, è un istinto naturale quello che ti spinge a salvaguardare ciò che è tuo. Ma ricordati che io non sono di tua proprietà. La tua gelosia e la tua rabbia mi lasciano del tutto indifferente.

Con queste parole, Malfoy si congedò senza aggiungere altro. Chiamò Blaise e Theodore ordinando loro di seguirlo nella Sala Comune e con un ultimo sguardo rivolto verso il tavolo dei Grifondoro, suscitò in Pansy il desiderio veemente di porre fine a quella competizione tra lei e la Granger ancor prima che iniziasse.

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Harry fissava incantato la sua Hermione china sui libri, intenta a scrivere l’ennesima e interminabile ricerca.

Una cascata di boccoli nocciola le accarezzava la pelle del volto, scivolando morbidamente su una mandibola poco pronunciata e dal colorito roseo.

Una ciocca disordinata le cadde dinanzi al viso provocandole fastidio.

Ma lei, così occupata ad appuntare ordinatamente ogni notizia appresa dai suoi inseparabili libri, lasciò che dondolasse lentamente a ritmo dei suoi movimenti.

Il ragazzo allungò una mano verso di lei, sporgendosi di poco oltre il tavolo, e con un tocco delicato, ma deciso, diede fine a quell’ondeggiare tanto divertente per i suoi occhi quanto fastidioso per la dolce Hermione.

La Grifondoro sollevò per un attimo lo sguardo e sorrise riconoscente verso di lui, per poi intingere nuovamente la piuma nell’inchiostro, riprendendo a studiare.

- Dovresti fare una pausa – suggerì Harry – Ti si sono arrossati gli occhi.

Senza distogliere la propria attenzione dalla pergamena sulla quale scriveva, Hermione scosse il capo e si rifiutò di smettere – Devo consegnarla domani e sono nettamente in ritardo – spiegò – Se ti annoi a stare qui, possiamo vederci più tardi.

Ma Harry non accennò ad andarsene.

Si allentò il nodo della cravatta e si sistemò più comodamente, per quanto possibile, poggiando il mento sul palmo delle proprie mani e richiudendo le dita affusolate su loro stesse.

Hermione, allora, lo guardò negli occhi e inclinò il capo da un lato, sospirando e arrendendosi a quella decisione.

- Vuoi davvero restare qui a vedermi studiare? Potrebbe volerci del tempo – spiegò la ragazza.

Harry ridacchiò e sorrise a fior di labbra – Tutto il tempo del mondo non mi basterebbe. Mi piace guardarti. Lo farei per ore… anche mentre studi – chiarì lui, rimarcando sarcastico sull’ultima frase.

Un’occhiatina complice, che invitò entrambi ad avvicinarsi sempre di più, accompagnò i due giovani Grifondoro l’uno verso l’altra, ma quando lo sguardo di Pansy, che li fissava malevola dal tavolo dei Serpeverde, incontrò quello della Granger, quest’ultima saggiò le labbra dell’amato sentendo il sangue raggelarle nelle vene.

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Draco Malfoy si lasciò cadere pesantemente su un divano in velluto verde dalle rifiniture argento posto al centro della Sala Comune.

Poggiò le testa su uno dei braccioli tondi posti alle estremità e poco dopo accolse l’esile corpo di Pansy tra le sue braccia.

La ragazza sistemò la nuca in prossimità della sua spalla ed entrambi rivolsero il viso verso il soffitto, intrecciandosi in un abbraccio privo di valore affettivo.

Per il biondo nulla di più rilassante esisteva al mondo, ma che fosse Pansy o Daphne o una qualsiasi altra ragazza a giacere sul suo petto non faceva alcuna differenza.

Restarono in silenzio per qualche minuto.

La mora Serpeverde accarezzava ossessivamente le mani del suo compagno di Casa.

- Smettila – ordinò Draco, sussurrandolo ad occhi chiusi – Mi infastidisce.

Pansy si passò la punta della lingua ai lati della labbra.

Se fosse stata la Granger le avrebbe comunque chiesto di fermarsi?

- Cos’ha di tanto speciale? – chiese a voce bassa, timorosa.

Malfoy si portò entrambe le mani dietro la testa – Ancora con quella storia della Granger? Sei noiosa, Pansy.

- Allora rispondimi ed io non chiederò altro.

Le bastava una semplice risposta. Nient’altro che una sincera e semplice risposta.

Poteva aspettarsi da Draco tali requisiti?

- Credo che il suo punto forte siano le labbra e… i capelli – rispose il biondo distrattamente.

Pansy si passò le dita tra la sottile chioma corvina, stringendone alcune ciocche.

Provò ad immaginare la sensazione che avrebbe provato se avesse affondato la mano tra i crini bruni della Granger e non poté fare a meno di sentirsi sconfitta dal confronto con lei.

Si aggrappò allo schienale del divano e con una leggera spinta si mise in piedi.

Fissò Draco ancora una volta, ma lui con gli occhi chiusi sembrava già dormiente.

Probabilmente stava sognando della Mezzosangue e Pansy avrebbe fatto in modo che quella fantasia perversa sarebbe rimasta tale per sempre.

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Il cielo di quel pomeriggio umido e malinconico circondò l’intero castello fino a coprirne le cime con nuvole dense e cariche di pioggia.

Hermione Granger deviò verso la biblioteca prima di raggiungere i compagni di Grifondoro nella Sala Comune e rifiutò l’offerta di Harry di accompagnarla.

Sarebbe stata questione di minuti, in effetti.

Doveva solo riporre qualche libro preso in prestito. Nulla di più.

Stranamente i corridoi erano vuoti più del solito.

Il tempo poco gioioso aveva costretto i ragazzi di ogni Casa a rifugiarsi nelle rispettive Sale Comuni, tra compiti di Trasfigurazione e ricerche di Erbologia.

Anche la biblioteca era deserta.

Sfrecciando tra gli scaffali lignei in cerca di quello giusto, Hermione non si accorse di essere in compagnia.

Qualcuno le si parò davanti mettendole paura.

Alcuni libri le caddero dalle mani per lo spavento. Il silenzio fu spezzato dal tonfo dei pesanti volumi sul pavimento.

- Ti sei spaventata, Granger?

Pansy Parkinson si avvicinò lentamente verso la Grifondoro, che la fissava impaurita dal basso del pavimento.

- Credevo di essere sola – rispose Hermione tranquillizzata che si trattasse soltanto di Pansy.

- Non lo sei – affermò la Serpeverde – Ti stavo cercando.

Dopo aver raccolto tutti i libri, la Granger abbassò lo sguardo e li ripose negli appositi scaffali, ignorando che Pansy la stesse seguendo come un’ombra.

- Perché mi stavi cercando? – chiese con velato nervosismo.

- Ci vorrà solo un minuto – rispose la Parkinson.

Hermione deglutì a fatica notando l’oggetto nella mano destra della ragazza che aveva di fronte.

Rabbrividì quando lo ebbe talmente vicino da poterne percepire la freddezza della superficie.

Iniziò ad avere paura. Un gemito di terrore preannunciò l’inizio di un urlo, ma Pansy pressò il palmo della propria mano sulle labbra vellutate della Granger e si avvicinò ancora di più.

Le sussurrò parole cariche d’invidia all’orecchio.

Gli occhi di Hermione si velarono d’orrore.

- Ci vorrà solo un minuto – ripeté ancora e stavolta accompagnò quella frase con l’inizio del suo macabro piano.

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La Principessa Slytherin tornò alla propria corte soddisfatta e compiaciuta.

Un sorriso glorioso si dipinse sul suo volto diafano. Tra le mani, i resti di un lavoro svolto minuziosamente.

Varcò la soglia dei Dormitori di Serpeverde fiera come una leonessa.

Sentiva di essersi ripresa il posto che le spettava di diritto.

Trovò Draco Malfoy intento a specchiarsi in una delle tante superfici lucide presenti nella Sala Comune.

Come Narciso, sembrava essersi innamorato di sé stesso.

All’arrivo della compagna di Casa, il biondo Serpeverde non poté fare a meno di notare ciò che Pansy aveva portato con sé.

Rise alla vista di tanta follia negli occhi della ragazza.

Rise, ma sentiva di doversi congratulare di tanta determinazione e fermezza.

Doveva essere completamente priva di buon senso per aver compiuto un gesto tanto malato.

- Hai fatto davvero quello che sembra!? – chiese stupito e desideroso di conferma.

Pansy lasciò cadere le prove del suo gesto sul pavimento grigio della stanza – Assolutamente. Quando mi hai detto di non essere di mia proprietà, ti sbagliavi. Puoi andare a letto con chiunque, ma tu appartieni a me ed io esigo di essere l’unica alla quale rivolgere un certo tipo di sguardi. Quelli che hai rivolto alla Granger sono miei. Le tue fantasie più proibite devono riguardare soltanto la sottoscritta. E in questo modo, dubito che proverai ancora interesse per quell’insulsa Mezzosangue.

Malfoy si avvicinò a lei, bramoso di imprimere le proprie labbra su quella creatura maligna che aveva di fronte.

Maligna e meschina. Proprio come doveva essere.

Ne accarezzò e baciò avidamente la pelle chiara.

Assaporò il gusto di quella bocca velenosa e sottile, il respiro divenne affannoso e irregolare.

- Come fai a sapere che non proverò comunque a portarmela a letto? – domandò Draco, mentre si spostava lentamente alle spalle della ragazza.

Voluttuoso le sollevò la gonna.

Pansy sorrise chinando il capo verso di lui e sfiorandogli le labbra con la punta delle dita.

- Perché ora è soltanto un fiore appassito.

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- Hermione, sei qui?

Una voce preoccupata e tesa chiamò più volte il nome della ragazza del Grifondoro.

Harry respirava con affanno. Aveva percorso tutti i corridoi della scuola in cerca della sua compagna, ma dopo aver guardato ovunque si chiese se non fosse ancora in biblioteca.

Raggomitolata in un angolo, Hermione era avvolta nella toga della propria divisa scolastica dalla testa ai piedi.

Tremava e piangeva.

Quando Harry riuscì a trovarla, ebbe l’impressione che fosse talmente fragile e indifesa da ferirla con il solo sguardo.

Si inginocchio accanto a lei, la avvolse tra le braccia.

Brividi a intermittenza percorrevano ogni centimetro della sua pelle candida.

- Hermione, cosa è successo?? – chiese il moro, ferito al cuore nel vederla così sofferente e impaurita.

La ragazza non rispose. Gemette debolmente e lo spinse via.

- Perché fai così? – domandò ancora Harry. Gli occhi arrossati, la voce tremante.

Tentò di avvicinarla ancora, ma la Grifondoro lo respinse nuovamente.

- Vattene… ti prego… - supplicò Hermione tra le lacrime.

Il ragazzo ne vide una infrangersi sul pavimento. Chi poteva averla ridotta così?

Mai l’avrebbe lasciata sola.

Nuovamente, cercò di stringerla a sé per farla sentire protetta.

In realtà, Harry provava a placare la propria anima che si incolpava di non essere stato lì a difenderla da chiunque le avesse fatto del male.

Come aveva potuto permettere una cosa del genere?

- Ascoltami – disse alla ragazza, la testa bassa a nascondere le lacrime – Spiegami cosa ti è successo e insieme proveremo a risolvere tutto.

Il pungo di Hermione si strinse a tal punto che le unghie si conficcarono all’interno dei palmi, provocandole un dolore sicuramente meno acuto di quello che al momento le dilaniava l’anima.

Con l’altra mano, tirò giù la toga dalla propria testa scoprendosi agli occhi dell’amato.

Uno spettacolo terrificante si impresse nella sua testa come uno schiaffo violento sulla guancia.

- Credi che esista una soluzione per questo, Harry!?

Il moro scosse il capo, chiuse gli occhi e li strinse così forte da farsi male.

Le labbra di Hermione, così morbide e perfette, incise come la corteccia degli alberi.

Il sangue che le aveva colorato il viso, era scivolato giù fino al mento.

E i suoi bellissimi capelli. Quelle luminose onde castane che si infrangevano sulle guance come la spuma marina sugli scogli, non c’erano più.

Al loro posto, ciocche sfoltite le ricoprivano il capo ormai spoglio.

Nessuna cascata di boccoli esisteva più. Solo il ricordo e i segni di un massacro.

La abbracciò più forte che poteva.

Harry pianse con Hermione e soffrì con lei.

- Sono un mostro! – continuava a ripetersi la ragazza.

Ma lui non la vedeva così.

Sapeva che sarebbe tornata ad essere la più bella e dolce tra le creature esistenti al mondo.

- Per me sarai sempre bellissima – la rassicurò – I capelli ricresceranno e per le tue labbra troveremo un rimedio al San Mungo. Chiunque ti abbia fatto questo la pagherà cara!

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Pansy fissò compiaciuta la scena che si svolgeva distintamente dinanzi ai suoi occhi.

Hermione Granger, a disagio come non mai, si muoveva di soppiatto tra gli studenti della Sala Grande accompagnata da Harry Potter, il quale cingeva con il proprio braccio le spalle della ragazza.

Vergogna. Ciò che chiaramente dipingeva l’espressione della Grifondoro in quel momento.

La consapevolezza di avere mille occhi puntati addosso.

Un fazzoletto avvolto intorno alla testa per coprire i segni di una violenza subita, di una bellezza deturpata.

Sulle labbra e tutt’intorno i cosmetici di Ginny mascheravano le tracce incise dalla lama di un coltello.

Gli occhi profondi e dolci contornati da gonfiore e rossore. L’espressione del viso immobile e senza entusiasmo.

Harry la aiutò a sedersi e le baciò la fronte mentre la affidava all’amico Ron.

Il suo sguardo di smeraldo viaggiò fino al tavolo dei Serpeverde, focalizzò la propria attenzione su Pansy Parkinson. Si avvicinò a testa alta continuando a fissarla.

Lei, così tranquilla e rilassata, mutò la propria espressione in un ghigno sarcastico.

- Cosa ti conduce fin qui, Potter? – chiese divertito Draco Malfoy.

Ma il Grifondoro fissava Pansy dall’altra parte del tavolo. La scrutò a lungo prima di battere violentemente i palmi delle mani su quella scura superficie lignea. Il rumore delle posate d’argento a contatto con la porcellana delle stoviglie fece zittire l’intera Sala Grande.

- So cos’hai fatto, infame di un essere che mai definirò una donna – iniziò Harry. Le labbra contratte dalla troppa rabbia. Gli occhi fiammeggianti, ardenti come un incendio – E voglio dirti che provo compassione per te: hai temuto una persona che definisci inferiore a chiunque e questo fa di te una perdente, oltre che una folle accecata dall’invidia – non più ira ormai, ma solo disprezzo mostratole attraverso un sorriso tutt’altro che calmo – Sei piccola così, Pansy… e contro Hermione sei destinata a subire solo sconfitte. Perciò, mettiti l'anima in pace, ammesso che tu ne abbia una.

Così dicendo, si voltò senza neanche aspettare un’eventuale risposta.

Ma Harry sapeva che non ci sarebbe stata.

Lasciò il tavolo dei Serpeverde così come l’aveva raggiunto. Tranquillamente e a testa alta.

Draco Malfoy rise rumorosamente delle parole di Potter, subito seguito da Blaise e Theodore.

Tutta la Sala Grande tornò alla propria colazione, come se le parole di Harry non fossero mai state pronunciate.

Nessuno si accorse di quell’unica lacrima che scivolò lungo la guancia pallida di Pansy Parkinson.

Nessuno la vide incassare il colpo con la rigidità di un ghiacciaio, mentre dentro sentiva di voler urlare più forte che poteva.

Al tavolo dei Grifondoro, Hermione Granger sorrideva debolmente, ma sorrideva.

Harry le accarezzava le mani e la stringeva a sé per farla sentire protetta. E amata.

Il problema di Pansy forse non era la Mezzosangue.

Il problema di Pansy, sicuramente, riguardava il Bambino Sopravvissuto.

Nonostante avesse compiuto un gesto tanto assurdo per amore di un ragazzo, quest’ultimo era riuscito a ripagarla soltanto con una notte di sesso come tante e ora flirtava con una ragazzina di Tassorosso dai biondi capelli.

Ebbe come l'impressione di essere vuota.

Il problema era decisamente un altro. Sfregiare la bellezza della Granger non le avrebbe mai dato ciò di cui necessitava.

Perchè Draco non era come Harry. Ed Harry apparteneva ad Hermione.

Non sarebbe stata qualche ciocca di capelli in meno e un segno sulle labbra ad allontanare l'amore dalla Granger, perchè quelle caratteristiche prettamente estetiche attraevano la superficialità di Malfoy, ma non erano fondamentali per rendere la Mezzosangue una persona migliore di lei.

Perchè Hermione lo era e basta. Era decisamente una persona migliore.

°*°*°

Spero vi sia piaciuta ^^ So che potrebbe sembrare un pò macabro da parte mia l'aver spinto Pansy a tagliare tutti i capelli di Hermione e a sfregiarle le labbra, ma spero di essere riuscita a trasmettervi il significato reale di un simile gesto. Perciò, che vi sia piaciuta o meno, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate ^^

Ringrazio, naturalmente, tutti coloro che hanno letto e in particolar modo chi deciderà di lasciare un commento. Un bacio, Arcadia_Lovegood

  
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