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Autore: HeavenIsInYourEyes    03/08/2012    8 recensioni
Così la strinse piano, trattenendola un po’ di più a sé, sussurrandole a fior di labbra un debole –Resti qui?- che era un po’ come dirle "Ho bisogno di te".
-Quanto vuoi.- la sentì bisbigliare dopo quella che gli parve un’eternità.
E si fece bastare quel "Quanto vuoi", che era un periodo di tempo ragionevolmente lungo visto che spettava a lui decidere quando mandarla via.
Già.
Peccato che in un momento di completo blackout mentale, si disse che nemmeno tutto il tempo del mondo gli sarebbe bastato.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T.O.P.
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

Lonely girl

 

And I swear you're just like a pill

Instead of makin' me better, you keep makin' me ill

You keep makin' me ill”

-Just like a pill -Pink-

 

 

Seung-Hyun spostò la sedia con irruenza, sedendocisi sopra a peso morto, lanciando occhiate assassine ai coinquilini che, pimpanti, lo salutavano calorosamente. Lui invece avrebbe voluto vederli agonizzanti sul pavimento, giusto per rallegrarsi e vedere uno sprazzo di luce in quella fosca mattinata.

-Qualcosa non va?- Tae si riparò dietro la scatola di cereali, terrorizzato di fronte al suo sguardo tagliente –Hai una faccia…-

-Non ho dormito.- ringhiò continuando a fissare la tazza vuota davanti a sé. Storse il naso quando vide svettare prepotente in mezzo a tante prelibatezze, l’enorme caraffa di latte che sembrava volersi versare autonomamente nella tazza blu con sopra scritto Smile!. Nh, come se ci fosse qualcosa per cui sorridere in quello schifo di giornata che, ne era certo, sarebbe peggiorata. Perché aveva un servizio fotografico per una rivista di moda, un’intervista riguardante il loro nuovo album e si era svegliato con una strana sensazione di disagio, fossilizzatasi in ogni fibra del proprio essere, indelebile. E come se non bastasse, la nausea continuava a passare di lì per rammentargli della sua presenza. Sembrava non volersene andare, la maledetta…

-Qualche incubo?- continuò l’amico, forse non consapevole a cosa stava andando incontro.

Per tutta risposta grugnì ancora, indicando l’abominevole oggetto davanti a sé –Perché c’è il latte? Sai che non mi piace il latte!-

-In casa non ci sei solo tu.- Daesung replicò paziente, scuotendo la nuca nell’udire i suoi brontolii nemmeno troppo sommessi. Top allungò una mano verso la serie di fette biscottate incolonnate su di un piattino e le riversò in quello con la faccia di un panda –paccottiglia che solo Dae poteva andare a comprare- che sembrava volergli trasmettere allegria. Lui avrebbe solo voluto sfracassarlo contro il muro. Si guardò attorno alla ricerca dell’oggetto delle sue brame, trovandolo fra le zampacce di un Tae canticchiante. Strappò la caraffa del caffè dalle sue mani e il ragazzo, corrucciato, si limitò a scoccargli un’occhiata torva senza però dar sfogo ai propri pensieri. Del resto, i migliori documentari sugli animali insegnavano che un Top incazzoso, ancora infetto dai postumi della sbornia e sul piede di guerra, era meglio lasciarlo vegetare nel proprio antro oscuro… Agguantò il burro e con la stessa furia con cui era entrato in cucina, cominciò a spalmarlo sulle fette biscottate.

Lo sguardo affilato si posò su un SeungRi mezzo addormentato che lo scrutava preoccupato –Se vai avanti di questo passo, dovremmo fare un funerale alle povere fette biscottate.- mormorò pensoso, infilandosi il cucchiaio in bocca quando vide gli occhi gonfi di Top sparare fulmini e saette.

-Guarda che è un coltello, non una sciabola.- aggiunse Tae accarezzandosi la cresta afflosciata.

Top guardò il soffitto –Al posto dei cereali, perché non vi fate una tazza di cazzi vostri?- i tre si fissarono allucinati, probabilmente sconvolti dal linguaggio colorito con cui si apprestava a continuare quella sciocca conversazione. Lo sguardo stanco vagò per la cucina, soffermandosi sulle facce addormentate dei compagni, rendendosi conto che alcuni capelli fucsia mancavano all’appello –Ji Yong dov’è?- il terrore lo avvolse al pensiero che quel demonio fosse rinchiuso in bagno a prepararsi.

-Alla YG. Voleva allenarsi un po’ sui nuovi balletti.- mangiucchiò Ri mentre portava un tovagliolo alle labbra. E Top tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi scivolare sulla sedia di legno. Per qualche ora, poteva lasciar riposare il cervello. Perché aveva l’assoluta certezza che Ji Yong, nel vederlo pallido e assorto come un malato, lo avrebbe intrattenuto con una delle sue solite maratone di psicologia che tanto odiava, se solo si fosse trovato a bazzicare per quelle quattro mura. Perché quello stronzo era così: lo coglieva alla sprovvista solo quando era spossato. O ubriaco, non faceva alcuna differenza, bastava solo che la sua lucidità avesse preso le ferie. Inoltre, ad opprimere la sua mente annebbiata, l’inappellabile convinzione che, le sue domande inappropriate e piene di trabocchetti, avrebbero trovato il loro nucleo in un unico soggetto: Lindsay la vipera stronza Moore. Vipera stronza odiosa e asociale che la notte precedente, per motivi ancora oscuri o per semplice sfiga –e propendeva per quest’ultima-, aveva deciso di deliziarlo con la propria presenza in quello che, alla fine, sarebbe dovuto essere uno svago tra amici. Era bene precisare, eh, amici! E lei non lo era, non lo era affatto. Lei era l’anticristo dell’amicizia, ecco! Era solo una sciocca ragazzina con la puzza sotto il nasino all’insù, piombata improvvisamente nel suo cammino per testare i suoi nervi. Già, doveva essere così; probabilmente era il Karma che voleva appurare se la sua bontà e gentilezza fossero innate nella sua natura… Beh, se così fosse stato, di sicuro aveva fallito miseramente il test.

Che palle!, si ritrovò a pensare scuotendo con fronte corrugata la nuca coperta dal cappuccio della felpa rossa relegata a pigiama. Possibile che, anche mentre fissava la stupida caraffa con lo stupido latte, pensasse a quella nevrastenica di un’americana?! Dio, che strazio!

-Quando ci delizierai di un sorriso?- la voce ironica di Ri ebbe il potere di distoglierlo dalla propria paresi mentale. Solo allora un guizzo di lucidità fece capolino nella testa vorticante di insensati pensieri, fuggendo veloce come era arrivata, ma lasciando una scia di rabbia repressa dietro sé: era colpa sua… Se la vipera aveva appestato la sua auto, se aveva rovinato la sua serata, era solo e unicamente colpa del maknae che lo fissava con occhi sbarrati e labbra arricciate, inconsapevole del triste destino armato di scure che lo attendeva al varco.

Assottigliò gli occhi e dopo aver addentato una fetta biscottata, si ritrovò a sputacchiare un cavernoso –E’ tutta colpa tua.- che lo lasciò parecchio spaesato. Il piccolo cercò rifugio nei due amici più grandi che, probabilmente stufi della sua simpatia mattutina, si immersero a capofitto in cose più produttive: mangiare e leggere il giornale.

Ri si imbronciò –Sarebbe colpa mia… Cosa?-

Roteò gli occhi, spazientito di fronte alla sua incapacità di cogliere al volo certe sottigliezze -Se lei è venuta con noi!- esalò collerico prima di lanciarsi in una imitazione da premio Oscar –GD, Lin può unirsi a noi?- gettò il tovagliolo accartocciato addosso al suo volto ora velato di sorpresa e un sorrisetto scemo a rendere tutto più orribile –GD… E io chi ero? La fata turchina?!-

-Con quei capelli…- si intromise Tae appoggiando la fronte sul quotidiano aperto che fungeva da armatura.  Le risate in sottofondo non riuscirono a beargli i nervi ormai tesi, provocando solamente l’effetto opposto. Era infatti lì che stritolava il coltello dalla punta arrotondata, pronto a sgozzarli se non avessero smesso di trattarlo da giullare di corte. E Ri sarebbe stato il primo a perire…

Il ragazzino sbuffò, forte delle risate degli altri che non accennavano a placarsi –Oh, andiamo, sei ancora arrabbiato perché Lin è venuta con noi?-

Come unghie su una lavagna, il nomignolo Lin stridette nell’aria e vibrò nelle sue orecchie, facendogli scorrere migliaia di brividi che, dalla spina dorsale, si diramarono per tutte le terminazioni nervose. Cos’era quel nomignolo così intimo e assolutamente aberrante?! Un tic colpì l’occhio destro -Solo perché è venuta con noi?- sillabò caustico, indeciso se ammazzarlo ora o attendere una spiegazione plausibile. Dubitava però che da quel cretino sarebbe mai uscita una solida giustificazione.

Ma quando credette di aver ormai toccato il fondo del barile o meglio, che i suoi amici lo avessero raschiato con le loro unghie, e di aver sentito abbastanza stronzate in quell’assurda mattinata, ecco che Dae se ne uscì con un serafico -Oh, andiamo, non credi di stare esagerando?- che avrebbe dovuto sdrammatizzare la sua scenata isterica, ma che a ben guardare ebbe il potere di mandare in tilt il suo cervello ancora cigolante. Una sparata assolutamente inconcepibile, nemmeno pensabile! Perché lui non stava affatto esagerando, lui non esagerava mai! Erano loro ad essere completamente assuefatti dall’idiozia dilagante di quella svitata americana col sorriso spento e la simpatia di un granchio attaccato alle palle.

Gli occhi di Top si ridussero a due fessurine capaci di gettare fuoco, i denti stridettero e le mani sbriciolarono il toast –Io starei esagerando?- scandì ogni singola parola, mettendoci quanta più rabbia avesse in corpo, incapace di godere dei loro sguardi spauriti. Perché nulla avrebbe eliminato quel malumore che grondava da tutti i porti, radicatosi ormai nell’intimo e capace di sbaragliare tutta la positività che aveva difficilmente incanalato negli anni trascorsi. La mascella era talmente contratta che per un misero istante avvertì il dolore e sul volto pallido per la notte insonne, poterono leggere l’ira pulsante –Forse non ho sentito bene.-

-Non-non ho detto nulla.- farfugliò il ragazzo dirigendosi verso il lavabo, blaterando sulle stoviglie che necessitavano delle sue amorevoli cure. E Top si convinse una volta per tutte della completa imbecillità dei suoi coinquilini che, ad un palmo dal naso, non riuscivano a distinguere ciò che era bene e ciò che era male: ovviamente, il male personificato era Lindsay Moore.

Diamine, come potevano non riuscire a vedere oltre la sua apparente bellezza? Perché ormai aveva imparato a convivere con la vocina perversa del proprio cervello che, sofferente ai mesi di magra in fatto di donne, si era indotto a pensare che quella ragazza non fosse poi così orrenda come voleva dipingerla. C’era da dire che aveva un bel fisico, ma lo muoveva come un ubriaco appena uscito dal bar; e quegli occhi da cerbiatto così magnetici perdevano attrattiva per la loro vuotezza e inespressività, proprio come il suo volto, ovale e perennemente contratto in una smorfia di infelicità, malinconia o peggio, impassibilità, che dava a noia dopo appena pochi secondi di osservazione. E i capelli… Bah, erano una matassa informe senza alcun senso logico. Dio solo sapeva come facesse a mettersi le mani fra quei fili corvini senza che vi restassero incastrate. Ma sebbene nell’insieme non fosse uno scherzo di cattivo gusto della natura, c’era da tener conto che quella era solo una facciata. Una facciata ben costruita che nascondeva l’apoteosi della cretineria, un abominevole mostro che sputava acido e senza nemmeno sapere dove stesse di casa la simpatia. Una donna raccapricciante, in poche parole!

Nel silenzio della cucina, soffuso dalla televisione accesa che trasmetteva una degradante soap-opera che solo Taeyang si ostinava a seguire, si rese conto di apparire come l’isterico della situazione, un venticinquenne che, alle prese con una ragazzina maleducata e ingestibile, al posto di insegnarle con pacatezza il buongusto, si aggrappava al proprio orgoglio e si abbassava al suo infimo livello di protozoo camionistico. Lo sapeva, ne era consapevole. Ed era questo a mandarlo in bestia: la propria assoluta incapacità di gestire Lindsay Moore.

-A me lei piace…- quel sussurro pacato lo colpì in pieno viso, riportandolo coi le ciabatte per terra. Cosa aveva appena farneticato quel demente di un maknae?! –E non guardarmi così! Solo perché ti ha lanciato della Coca Cola addosso, non significa che sia antipatica!- Che cosa?. La gamba sotto il tavolo cominciò a tremare mentre il suo sguardo infuocato si posava sul volto imbronciato del più piccolo. Quel demente non capiva in che guai stava andando ad infilarsi –E poi, mia mamma dice sempre che dall’odio nasce l’amore. Lei odiava papà prima di sposarlo!- e a quella biblica vaccata, Top perse il controllo della propria pazienza che, come un funambolo inesperto, cadde nel vuoto. Se non fosse stato educato, avrebbe detto alla madre di Ri di andare a farsi controllare il cervello, perché bisognava essere dei cretini di dimensioni galattiche per partorire una stronzata del genere, inculcarla nel figlio e poi lasciare che tale soggetto la spargesse ai quattro venti spacciandola per perla di saggezza. Ma non lo fece, rimase in silenzio, limitandosi a rivolgergli l’espressione più astiosa che avesse nel repertorio, vedendolo aprire le braccia mentre esalava un confuso –Che c’è? Che ho fatto? Che ho detto di male?-

-SeungRi, tu-sei-morto.- tuonò sbattendo le mani sul tavolo, sollevandosi appena dalla sedia.

Gli amici captarono il pericolo imminente ma mentre Dae, spalle incurvate e riverso sul lavabo, continuava a pulire le stoviglie canticchiando in falsetto per la paura, Tae fu l’unico ad usare quel minimo di materia grigia rimastogli, pensando bene di abbandonare il campo…

-Allarme esplosione, allarme esplosione!- Taeyang si alzò dalla sedia come se scottasse, catturò quella scimmietta saltellante e dalla bocca larga di Ri e se lo trascinò fino in camera, blaterando di un’intervista che tra qualche ora avrebbero dovuto affrontare.

Si lasciò ricadere sulla sedia di legno, spizzicando le fette biscottate sbriciolate sul piatto. Lo sciabordio dell’acqua del rubinetto cessò, portando via con sé la quiete faticosamente ritrovata. Dae, appoggiato al lavabo, lo scrutava da sotto il ciuffo biondo platino come una madre alle prese con un figlio troppo ribelle.

-Il maknae parla troppo.- si difese senza nemmeno attendere un rimprovero. Era tipico di Dae non partecipare alla discussione per poi, privatamente, fare il cazziatone. E la cosa incredibile era che quel ragazzo non si arrabbiava mai, era di una placidità sfiancante, dotato di un controllo e un’ amorevolezza da far invidia alla mamma dell’anno. E non lo avrebbe mai ammesso, ma in quel momento gli fece piacere ritrovarsi da solo in cucina con lui.

Ma tutto ciò che fece D-Lite fu sospirare stanco e scuotere la nuca mentre si asciugava le mani sul panno da cucina –Ti ricordi quando alcune Vip dissero che, a primo impatto, mettevi loro soggezione?- Top annuì, nascondendo le labbra dietro il pugno –Eri così abbattuto che, dopo quel servizio, uscimmo di nascosto dall’appartamento per andare a comprare il gelato- un sorriso spuntò sul volto ora più rilassato di Seung-Hyun che, silenzioso, rimuginava su quanto gli era appena stato detto. Ok, messa così sembrava quasi un bambino capriccioso, una ragazzina incapace di accettare le critiche o i commenti negativi, ma il senso non era quello. Era che lui stesso si era sentito mortalmente vittima del proprio sguardo un po’ troppo tagliente, un po’ troppo affilato. Della sgradevole sensazione di venir additato a priori come il bastardo del quintetto solo perché aveva quel modo un po’ serio di starsene in pubblico –Ecco, perché non pensi a questo?- propose prima di sparire dietro la porta della propria camera, lasciandolo in balia delle proprie paturnie. E adesso cos’era quel discorso lasciato a metà? Cos’era quel rimprovero bonario capace di scuoterlo internamente più di quanto avesse dato a vedere? Sbuffò. Forse si erano tutti ammattiti, non c’era spiegazione plausibile che potesse fargli cambiare idea… O, forse, era lui non aveva voglia di guardare oltre, spaventato da ciò che avrebbe potuto affrontare. Magari ciò che avrebbe trovato non gli sarebbe piaciuto affatto…

 

Dae rientrò in cucina -Seung-Hyun, tra un’ora partiamo. Vai a cambiarti.-

 

Già, sì, era così… Non gli sarebbe piaciuto affatto.

 

********

 

L’occhio nocciola aperto e appannato fissava il terribile cellulare che, sul comodino, continuava a vibrare incessantemente. Fu un martirio di pochi secondi, quello che rapì Lindsay Moore dal mondo dei sogni, risbattendola nella triste quotidianità della propria vita. Ed era davvero triste, eh! Quasi da piangere, a dire il vero. Perché c’era la camera che era un vero e proprio campo di battaglia e aveva la sensazione che Chyoko sarebbe morta se solo avesse gettato un’occhiata curiosa in quella che, una volta, era una stanza immacolata; c’era il vociare concitato dei vicini che, in giardino, continuavano a ridere sguaiatamente; c’era la testa vorticante, accompagnata a braccetto da un’emicrania pulsante; c’era Minji che, in corridoio, continuava a cantare a squarciagola le canzoni dei cartoni animati…

 

Welcome to the Jungle

We got fun n' games

We got everything you want

Honey, we know the names

 

E c’era la suoneria che ricominciò a trillare imperterrita. Con la bocca premuta sul cuscino liberò quella aggraziata parolaccia che da minuti ormai era rimasta aggrappata alle sue tonsille, spandendosi nell’aria. Si puntellò sul braccio, guardò ad occhi socchiusi il display e, con un tonfo, si lasciò cadere di schiena sul morbido materasso dopo aver recuperato l’apparecchio. Mise a fuoco e con uno sbuffo, maledì chi aveva deciso di svegliarla da quel magnifico sonno ristoratore. Tossicchiò, cercando di apparire tranquilla mentre premeva la cornetta verde –Ciao, Ginko.-

Ci fu silenzio dall’altra parte prima che la voce stridula le martellasse il timpano con il suo –Ciao Lin!- che superava inumanamente la soglia dei Decibel consentita -Ti ho svegliata?- la sua vocina fu un soffio spaurito, come se temesse di venir mangiata attraverso la cornetta.

La ragazza gettò un’occhiata all’orologio da muro: le 11.15. Si passò una mano sugli occhi –Stavo per alzarmi- mentì, conscia che la ragazzina se avesse saputo la verità, sarebbe morta. O peggio, sarebbe caduta in brodo di scuse interminabile –Avevi bisogno di qualcosa?- sorpresa di quella improvvisa chiamata, la Moore optò per alzarsi dal letto, evitando di addormentarsi al telefono, e gironzolare per la stanza nel vano tentativo di acquistare un briciolo di lucidità.

-Oh, nulla di importante!- pigolò allegra. Ma perché diavolo chiami allora?! Si massaggiò una tempia prima di scuotere la nuca. Quell’uragano di entusiasmo a volte era davvero un’incognita. Si chiese se nell’androne del suo cervello le celluline grigie lavorassero oppure stessero dandosi battaglia a Mario Kart –Dovevo dirti una cosa. A proposito del signor Yoon…- la frase lasciata in sospeso fu il colpo di grazia. Che avesse scoperto della Coca Cola in faccia a quel coglione dai capelli azzurri? Già… Quel demente di un cantante coreano che, come una malsana droga, si era insinuato nelle crepe più profonde della sua mente, rendendola indisponente al solo ricordo del suo volto sempre imbronciato. Incredibile come un coglione tra tanti potesse tirare fuori il peggio di lei; da che ricordasse, nessun newyorkese era mai riuscito a penetrare nella sua mente per così tanto tempo e soprattutto in maniera tanto marcata e deleteria. Perché quel ragazzo aveva la sbalorditiva capacità di farsi odiare con poche parole, doveva dargliene atto.

-Sono licenziata?-

-Nh, cosa? Nonononono! Perché dovresti?-

-Per la Coca Cola.-

-Per cosa?-

-Ma sì, per quel tizio, Tip- la sentì mormorare un Eh? velato di confusione –O era Top? Boh.-

Silenzio, poi il suo commento serio serio -Stamattina sei piuttosto lenta. Sicura di non essere ubriaca?- la sua risatina la mise in tentazione di chiudere quella chiamata priva di alcun significato, ma prima che potesse anche solo avvicinare il pollice al tastino rosso, ecco che la ragazza riprese a parlare –Il signor Yoon vuole che ti dia alcuni vestiti per le serate a tema del Tribeca. Sai, alcune vengono spesso riproposte e dice di non voler spendere soldi per cose che abbiamo già in magazzino.- tralasciò il fatto che quell’uomo spendesse soldi per stronzate ben peggiori come lo stipendio del coreografo, un idiota che tramutava in realtà le proprie perversioni, visti i balletti da film porno che propinava ai clienti e si concentrò su ciò che la ragazza aveva appena detto. Ma perché quel locale non adottava una divisa normale come tutte le altre discoteche?

-Tutto qui?- sbrodolò seccata, avvertendo uno squittio dall’altra parte. Si morse la lingua, maledicendosi per la propria sgradevole impulsività –Scusa, stasera non ho dormito e sono piuttosto stanca.- ed ecco che Kamikaze partì in quarta con le scuse, come da copione. Tuttavia, Lin si stupì di non provare fastidio nel sentirsele rivolgere, come se per qualche strana ragione non potesse provare disturbo quando si trattava di quella nana saltellante. Ginko era talmente buona che volerle male significava commettere un peccato o qualcosa del genere.

-Oh, sai cosa ci vuole in questi casi?- c’era eccitazione nella sua voce ora più festosa –Una bella tazza di the!-

-Non era il caffé?-

Un Bleah! nemmeno lontanamente trattenuto giunse con disgusto –Il caffè rende i denti gialli e ti tiene sveglia la notte! Io ho smesso perché mi rendeva troppo esuberante!- probabilmente doveva essere ancora in circolo nel suo minuscolo corpo, si ritrovò a pensare con un sopracciglio arcuato, chiedendosi come fossero state capaci di passare da dei vestiti da bagasce –perché sapeva che sarebbero stati da bagasce- al caffè. Misteri della parlantina di Ginko. Sentì un mugugno di sottofondo, poi la sua voce arrivò velata di incertezza –Mmm, senti, molti vestiti li ho a casa mia… Ti andrebbe di venire qui per una tazza di the?-

-Alle 11.00?-

-Mia nonna dice che c’è sempre spazio per il the!-

-La mia diceva di stare attente che al mulino ci si infarina.- scosse la nuca al pensiero che le due donne fossero su binari completamente diversi di demenza, evitando accuratamente di fornire spiegazioni ad una Ginko che non aveva colto il messaggio implicito e malizioso di quella perla.

-Quindi vieni?- le sembrava che stesse trattenendo la frenesia, come se così potesse spaventarla. Ma davvero aveva la parvenza di un Pokemon selvatico?!

-Non vorrei disturbare.- tergiversò.

-Oh, nessun disturbo! Tanto sono sempre sola in casa!- la tonalità era la stessa, briosa e raggiante, ma Lin vi colse una nota di avvilimento, un tremore che svegliò il senso di colpa sopito nel sottoscala del proprio cuore. Perché quella ragazza, per quanto vivace e circondata di gente, per quanto illuminasse le stanze semibuie del Tribeca con il proprio sorriso smagliante, per quanto continuasse a ripeterle che la vita era forse la cosa più bella che avesse –che detta in mezzo alle birre e alla Vodka la faceva sembrare un’alcolizzata che tiene una conferenza-, per quanto si ostinasse a tirarle le guance pur di ricordarle che doveva sempre sorridere ai clienti, le dava l’impressione di essere sola. Sola e triste. Proprio come lei… -Allora, ti va di venire?-

Lin si massaggiò la folta nuca, giocherellando con la punta della lunga treccia laterale che terminava il proprio percorso alla vita sottile, pensando seriamente a cosa fare. Perché non aveva voglia di imbucarsi in casa di una semi sconosciuta che aveva il vizio di scoccarle un sonoro bacio sulla guancia quando la vedeva entrare dalla porta principale del locale, perché Chyoko aveva sicuramente messo qualcosa sul fuoco e le sembrava scortese dileguarsi senza mangiare nulla. Ma oltre a questo, c’era la netta impressione ormai divenuta una certezza, che andare a casa di Ginko significava dare il via a quella che, alla lunga, sarebbe potuta diventare un’amicizia. E Lin era un’asociale cronica, inabile nel gestire certe situazioni che richiedevano una buona dose di sincerità e rispetto. Assolutamente incapace di amare, fortemente decisa a non volersi lasciar amare, così l’aveva descritta sua madre in uno di quei suoi stupidi saggi di psicologia vertente sugli adolescenti.

E fu lì che avvertì qualcosa spezzarsi, come un desiderio represso di voler, almeno una volta, dimostrare il contrario. Per sentirsi meglio. Per far tacere Emily e le sue parole di ghiaccio. O quelle rassegnate di Mark. Per zittirli, semplicemente. Guardò la camera immersa nel caos, l’mp3 attaccato al caricatore, la tracolla che giaceva vicino alla porta e il proprio viso riflesso nello specchio, trovandosi più inguardabile del solito. E quel quesito che sottintendeva la sua accettazione, scappò alle proprie labbra senza aver bisogno di venir ponderato –Posso avere del caffè?-

Ginko saltò -Non tengo quel demonio nella mia credenza!- si ostinò –Però ho il the verde! Fa schifo uguale!-

Sorrise –Vada per il the verde.-

-Ah, grazie, grazie!- cinguettò Kamikaze –Passo a prenderti tra mezz’ora! Dammi l’indirizzo!- Lin portò i capelli all’indietro mentre una risata sfuggì al proprio controllo. Quella ragazza era peggio di un vulcano, non poteva combatterci contro. Era così diversa dalle pseudo amiche che aveva abbandonato senza alcun rimpianto a New York… Si guardò ancora allo specchio, un sorriso spontaneo sbocciò. Non le dispiaceva più così tanto ciò che vedeva.

 

***********

 

Gironzolava con noia per i corridoi della YG, salutando svogliatamente gli impiegati che bazzicavano in quelle zone. Una mano alzata, un gesto fluente e privo di allegria che li faceva desistere dall’anche solo pensare di cominciare una conversazione. Chiacchierare con loro rappresentava una futile quando dispendiosa perdita del suo preziosissimo tempo che avrebbe potuto impiegare in cose assai più appaganti. Come tormentare Ri, ripetendogli quanto dubbioso fosse sulla sua nuova fiamma, una ragazzina minuta conosciuta in un negozio di dischi. E vederlo crogiolarsi nell’angoscia che lei stesse con lui solo per la fama era un sublime piacere. Eh, beh, lui ci azzeccava sempre su queste cose… Comunque, se non si fosse capito, Ji Yong era parecchio giù di corda e sembrava che niente fosse capace di poterlo rallegrare…

-A stasera, Seung-Hyun!-

O, forse qualcuno che poteva fargli passare cinque minuti di gioia c’era.

Vide la segretaria del big boss chiudere la porta della sala registrazioni, rivolgendogli un enorme sorrisone prima di sparire dietro la porta che conduceva agli uffici. Il ragazzo mosse il capo in segno di saluto e,  rinvigorito dal solo udire quel meraviglioso nome, si diresse fino alla sala che, sapeva, conteneva il suo giocattolino. Un ghigno gli increspò le labbra quando posò la mano sulla maniglia, abbassandola, aprendo la porta…

 

FA-VO-LO-SO. Assolutamente fantastico!

 

Lì, vicino al computer accesso dalle cui casse usciva la musica di Eminem, in tutta la sua stupenda collera sedeva la sua cavia preferita, l’unico essere umano capace di divertirlo con la sua sola esistenza: Choi Seung-Hyun… Per di più visibilmente incazzato. Decisamente splendido.

Si assicurò che nessuno scocciatore potesse interrompere il suo teatrino, ma Top era la sola anima lì presente. Ottimo! Le danze potevano avere inizio. Il ragazzo sembrava non essersi accorto della sua entrata in scena e Ji Yong ne approfittò per studiare la scena, proprio come un leone si acquatta fra le piante nel tentativo di azzannare la preda, ignara della sua presenza. Non gli ci volle molto per comprendere come l’amico fosse su un altro pianeta e senza indugio, si premurò di farlo tornare tra loro -Oh, Hyun, cercavo proprio te.- lo richiamò mellifluo. Una scusa banale, un pretesto trovato per caso. Si avvicinò con passo cadenzato, l’angolo destro delle labbra guizzante all’insù e le mani nelle tasche posteriori degli scintillanti pantaloni rossi. Nella mente, un unico costante pensiero: assolutamente strabiliante la totale incapacità dell’amico di nascondere il proprio disappunto nel trovarselo tra i piedi. Perché Top era un libro aperto e… Ah, che scemo, Top era IL libro aperto per eccellenza, l’unico capace di trasmettere talmente tante emozioni da non stancarlo mai. Si fermò a qualche centimetro, prendendosi tutto il tempo del Mondo per studiare la sua figura incassata sulla sedia, chiaro segno di disagio incipiente.

Top fece scorrere il pollice sulla rotellina dell’Ipod, sbuffando un tediato -Che vuoi?- che era risuonato rauco e basso, quasi supplicante se solo ci avesse prestato veramente attenzione. Incredibile però come alle proprie orecchie quel Che vuoi?, fosse giunto cristallino e piacevolmente ascoltabile, quasi un invito ad accoglierlo a braccia aperte in una delle loro solite conversazioni. E il ghigno che gli deformò le labbra sottili, fu incontrollabile.

GD trattenne a stento la contentezza -Dimmelo tu- borbottò spelucchiandosi la maglietta bianca a stampe rosse; il rapper gli rifilò un’occhiata confusa. GD gonfiò le guance; uffa!, se però non arrivava alle soluzioni più elementari, il gioco sarebbe stato ingustabile! Magnanimo come non lo era mai stato, gli concesse l’input per quel gioco dell’oca pomeridiano -Sembri piuttosto incazzoso nelle ultime settimane.-

Vide le sopracciglia di Top formare un arco perfetto prima che la sorpresa venisse sopraffatta da un’espressione mortalmente tetra. Il più grande si sistemò sulla sedia girevole della scrivania guardandolo di sottecchi, posando il mento sul palmo aperto mentre tornava a guardare l’Ipod -Come se non lo sapessi.- bofonchiò stizzito, rinchiudendosi nel proprio mutismo.

Ah, quale gioia per i suoi occhi stanchi quel Seung-Hyun in versione uomo d’un pezzo che non doveva alcuna spiegazione! Era di una banalità sconcertante, eppure attraente. Insomma, per quanto a volte Top figurasse come l’idiota per eccellenza, non poteva non trovarlo smisuratamente spassoso!

Ji Yong si dondolò sulle punte, inclinando il capo -Sapere cosa?-

Seung-Hyun sbatté le palpebre, rivolgendosi a lui con sguardo allibito -Del perché sono incazzato!-

-Ah, quindi lo sei?- sporse il labbro inferiore, continuando a dondolarsi sulle punte nel tentativo di non scoppiare a ridergli in faccia. Eppure era un’impresa troppo ardua perfino per un tipo controllato come lui. Insomma, sul suo volto olivastro vi si potevano leggere le più disparate emozioni che il cuore gli si riempì di commozione. Solo Top poteva lasciar trapelare tutto ciò che provava senza bisogno di esprimersi a parole. Bastavano i suoi lineamenti contratti per descrivere il disagio, i suoi occhi allungati e taglienti per descrivere la collera… Bastava questo e poco altro per rendere GD l’uomo più felice sulla Terra.

-Lo hai appena detto tu!- lo indicò –Tu hai appena detto che sono incazzato!- un gesto secco, un chiaro segnale affinché desistesse dal continuare. Ma lui era un osso duro.

GD scosse la nuca –Ho solo detto che lo sembri.- puntualizzò con pignoleria e un pizzico di sdegno, vedendolo massaggiarsi le tempie. Perché se c’era una cosa che Ji Yong non sopportava, era che la gente attribuisse significati errati alle sue parole. Per esempio, dal suo logicissimo punto di vista, sembrare ed essere erano due linee parallele che mai si sarebbero incontrate: il primo caso avrebbe potuto significare che la sua attenta analisi andava revisionata, una pecca assolutamente disdicevole; nel secondo caso, invece, significava solo e unicamente: divertimento allo stato puro.

-Sembri trovare divertente questa situazione.- scagliò quelle parole con rinnovato rancore, deliziandolo con un’imprecazione a mezza voce. Una goduria per le orecchie.

-Allora, probabilmente è così.- confessò serafico, alzando le spalle.

-Sì, solo per te lo è.-

-E cosa c’è di male?- chiese fintamente curioso. Del resto, lui era conosciuto per non essere un chiaro esempio di crocerossino.

-Lascia perdere.- si arrese immediatamente, concentrandosi nuovamente sull’Ipod.

Oh, no che non lascio perdere Quindi te la passi così male?- evidenziò con un sorrisetto, continuando a scrutarlo con quei suoi occhi felini. Seung-Hyun portò le mani fra i capelli turchesi, probabilmente scosso dalla sua continua ostinazione –Sai? Dovresti parlarne. Magari ti farà bene!- trillò candido.

Top ci ponderò su, poi agitò le mani tornando a guardar scorrere i titoli -Nh, nulla che ti riguardi.-

GD sbuffò, imbronciandosi. Odiava quando tentavano di ostacolare in maniera tanto noiosa i suoi giochetti –Amico, siamo come fratelli! Ciò che riguarda te, è anche affar mio!- lo fissò ad occhi larghi, aspettandosi seriamente una confessione da parte sua. Perché, volente o nolente, Seung-Hyun finiva sempre col partecipare alle sue maratone. E con serietà ammirevole, per di più!

-Ji Yong, non è niente. Sono solo stanco- si massaggiò la fronte con il pollice e l’indice –Ultimamente non riesco a dormire bene.-

-Oh, sì, Tae mi ha accennato qualcosa- mormorò vago, vedendolo annuire –Ha parlato di incubi…-

-Che palle! Non erano incubi!-

-E di una caraffa del latte…-

-Quello stupido di Dae sa che odio il latte!-

-E della mamma di Ri, che parla di matrimoni tra chi si odia- silenzio, chiaro segnale di preparazione allo scossone definitivo -E di America.- gli rivolse un sorrisetto compiaciuto, stupendosi non poco di aver gettato la bomba con così tanta facilità. Perché il discorso era venuto da sé, senza costrizioni, senza che dovesse adottare uno dei suoi soliti metodi coercitivi –alias luuuunghe corse ad ostacoli con domande trabocchetto-. Con pura e genuina semplicità. E in quel preciso istante, nel pronunciare quel soprannome apparentemente insignificante, qualcosa di assolutamente estasiante avvenne: Seung-Hyun, se possibile, divenne ancora più incazzoso. Era incredibile come un semplice continente potesse fare tanto…

-Perché vi ostinate tutti a parlare di lei?- tuonò rauco, stringendo l’Ipod nella mano. Il disprezzo aveva corroso i suoi lineamenti e GD si maledisse per non aver portato con sé una macchina fotografica. Avrebbe potuto immortalare quel sublime momento di crisi mistica di Top e poi riguardare lo scatto nei momenti bui delle sue noiose giornate. Dovette però limitarsi a imprimere quell’immagine nella memoria, sperando che non svanisse mai.

-Ma noi non ne stiamo parlando- pensoso, si avvicinò al muro, appoggiandovisi contro –Ho solo detto che Tae mi ha detto qualcosa che riguarda lei e te.-

Lo vide storcere il naso –Me e lei… Dio, che brividi!- frusciò sfiancato, agitando le mani –Possiamo non parlare di quella? Ah, che strazio!- nascose le labbra dietro la sciarpa bianca a con tanti picche neri minuscoli, borbottando come una teiera –Senti, oggi non è proprio giornata.- tagliò corto, scoccandogli un’occhiata torva.

Ji Yong sospirò polemico –Con te non è mai giornata.-  

Renegade smise di ammorbargli le orecchie e il silenzio li avvolse, leggero. Solo la rotellina che veniva mossa dal pollice dell’amico creava un soffuso brusio di sottofondo, mischiato al rumore di tacchi di alcune impiegate che passavano nel corridoio. Fu solo dopo qualche minuto che l’amico lo fissò seccato, poggiando l’Ipod sulla scrivania –Si può sapere cosa vuoi?-

Gonfiò le guance –Sembra che tu non mi voglia con te.- dribblò la domanda, vedendolo roteare gli occhi per quel suo atteggiamento infantile.

-Cosa vuoi?- domandò ancora, esasperato –Se sei qui per me, sappi—

GD scosse l’indice –A dir la verità non sono venuto qui per te.- mormorò dopo qualche secondo, guardandolo con la coda dell’occhio.

-E allora che sei venuto a fare?-

Mi annoiavo! -Mmm, volevo darti una notizia.- replicò pacato, giocherellando con le catenelle appese alle tasche dei pantaloni. Top fissava il loro tintinnio ipnotico, scuotendo un poco la nuca prima di lasciarsi sopraffare dalla curiosità

-Che notizia?-

Il leader ghignò internamente, ormai al settimo cielo nel constatare che, qualsiasi cosa facesse o dicesse, Top era sempre alla ricerca estenuante di risposte alle sue allusioni. Perché se fosse stato saggio –più del solito, almeno- se la sarebbe data a gambe, avrebbe cercato qualche cosa da fare. Ma non sarebbe rimasto a parlare con lui. Nessuno sano di mente lo avrebbe fatto e solitamente, le persone davano forfait a nemmeno un terzo della gara; ma Seung-Hyun era una delizia ed era sempre un piacere scoprire che decideva di propria spontanea volontà di non abbandonare i giochi a metà percorso. O, magari, gli sembrava maleducato andarsene nel bel mezzo di una fitta conversazione. Ma l’importante era averlo lì, giusto per prolungare le proprie angherie psicologiche. GD arricciò le labbra -A dir la verità non è una buona notizia. Almeno, per me è orribile- mugugnò assorto, lasciandosi scivolare lungo la parete, crogiolandosi nella propria sofferenza. E, prendendosi del tempo per pensarci su davvero, quella non era affatto una buona notizia. Anzi, era da catalogarsi come catastrofe! Un disastro senza precedenti, ecco.

Sorrise appena. E pensare che, quando era entrato da quella porta con la semplice voglia di giocherellare un po’ con la sua mente, nemmeno aveva preso in considerazione l’idea di accennargli di questo piccolo sfacelo.

Top, di fianco a sé, fremette -Ma che notizia?!- strepitò sull’orlo di una crisi di nervi, probabilmente spazientito dalla sua lunga meditazione.

Ji Yong si risvegliò, sospirando -Oh, ma se te lo dico così che gusto c’è?- decise di lasciarlo sulle spine, godendo dell’espressione corrucciata che aveva adombrato il suo viso dai lineamenti marcati. Distese le gambe, recuperò il cellulare dalla tasca e lanciò un’occhiata al display: cinque messaggi gli stavano intasando la memoria e, senza nemmeno aver bisogno di aprirli, sapeva che si trattava di ragazze che richiedevano la sua sdolcinata attenzione. Mmm… Ora la domanda era: a chi rivolgere le proprie svagate attenzioni? Il rapper, nel mentre, aveva cominciato a muovere nervosamente una gamba prima di biascicare qualcosa sul fare domande e poi non spiattellare le risposte. GD si lasciò andare all’ennesimo gesto caritatevole –Posso darti un indizio però, se ti va.- lasciò in sospeso la frase, dando una sbirciata al primo messaggio. Era Haruko. Diamine, ma esisteva ancora?

Ci fu una pausa –Sentiamo…-

GD aprì il secondo messaggio. Asami… Asami… E questa mo’ chi era?! Cancellò il messaggio -C’entra la tua amica.-

Sbatté le palpebre -La mia amica?-

-Certo- sogghignò civettuolo –La new entry!- lo aveva detto con gioia, un entusiasmo che avrebbe dovuto contagiarlo ma, invece, portò solo un freddo polare capace di congelargli il sangue nelle vene. O almeno, avrebbe dovuto. Perché quando GD cancellò il messaggio di Kiko, l’espressione che si parò davanti ai suoi occhi fu talmente tanto deliziosa da rasentare un miracolo: gli occhi scuri di Seung-Hyun erano larghi e sbarrati, le labbra erano serrate e la fronte sembrava essere solcata da miliardi di dune di sabbia tanto era corrugata. SU-BLI-ME. Ma allora Top non era completamente rincoglionito quella mattina se, senza nemmeno fornirgli ulteriori indizi, era riuscito a scovare il, o meglio, la protagonista di quella loro conversazione!

-Non azzardarti a--

 –Lindsay Moore.- lo aveva solo soffiato, ma per l’amico doveva essere stato come una bufera di soffice neve. GD cancellò il quarto messaggio senza nemmeno prendersi la briga di vedere chi fosse il mittente. Come poteva perdere tempo nel leggere quelle frasette striminzite e per nulla accattivanti quando il secondo miracolo nell’arco di venti secondi si stava compiendo davanti ai suoi occhi ora colmi di gioia?

Top era immobile, una statua di cera dalle guance incavate, gli occhi talmente tanto assottigliati da parere due linee orizzontali, il fiato trattenuto. E tutto perché il nome Lindsay Moore era risuonato nella sala come se nulla fosse –Quella non è mia amica.- si guardò bene dal rivolgergli anche solo mezza occhiata, digrignando i denti nel sentirsi circondare dalla sua risata sciocca.

Lo ignorò - Ma non sei curioso di sapere qual è la notizia?-

-Non me ne frega più niente!- si impuntò come un bambino, mettendosi a braccia conserte.

-Ma avevi detto che ti interessava!- sbatté le mani sulle ginocchia. Ancora un po’ e crolla…

-Se riguarda quella stronza no, non me ne frega niente!- ripeté caustico, troncando ogni possibilità di conversazione.

Fu in quel preciso istante che GD optò per la psicologia inversa, conscio che l’amico avrebbe abboccato all’amo con tutta la brillantina per i capelli turchesi. Alzò allora le spalle, guardando il soffitto –Oh, peccato, perché sono sicuro che ti avrebbe reso felice.-

-La smetti con questi giochetti?!-

GD sobbalzò a quel gracchio poco elegante, mal celando divertimento –Quali giochetti?-

-Queste tue stronzate. Avanti, dimmi qual è la notizia e finiamola qui! Mi avete già rotto abbastanza le palle con quella megera.- aveva esalato tutto in apnea, senza prendere fiato, come se così facendo la risposta sarebbe potuta essere meno orrenda.

-Allora ti interessa.-

-Ma che cosa, dannazione?!-

Ti interessa sapere se America verrà alla festa oppure no?- si compiacque della propria maestosa capacità di saper tirare dal cilindro tutte queste belle penitenze per sottomettere i giocatori. E, come da previsione, la lieta novella fu per il più grande un vero e proprio giubilo, una di quelle cose che valeva la pena festeggiare, magari offrendo da bere agli amici. Come trovare un nuovo lavoro, come prendere la laurea, come dare il primo bacio alla ragazza che persisteva ad occupare i sogni più reconditi… Come se tutte le cattiverie potessero sparire con quella confessione.

-Non viene?- vide il suo volto illuminarsi.

-Ho detto se- sventolò il telefono –Mancano ancora cinque giorni. Potrebbe sempre cambiare idea.-

E come da copione, il ragazzo si gettò a capofitto in commenti non richiesti ma che permettevano al gioco di protrarsi -Meglio che non mostri la sua brutta faccia a casa nostra.- sentenziò inflessibile.

-Brutta faccia?- prese una pausa –I ragazzi la trovano piuttosto carina.-

Seung-Hyun era allibito, sdegnato -Assurdo… Come possono reputare carina quella sottospecie di protozoo con le proprietà lessicali di un camionista in coda da tre ore in autostrada, sotto il sole cocente e senza aria condizionata?- Delizioso, divino! Una crisi isterica coi fiocchi! -Va bene che Ri ha il gusto dell’orrido, ma questo supera i limiti della fantasia!- aveva alzato le mani al cielo, in maniera talmente tanto teatrale da suscitare la sua ilarità.

Quindi, tu la trovi brutta.-

Il tic prese a far tremare l’occhio destro -Non ho detto questo.-

-Hai detto brutta faccia- soppesò, annuendo -Quindi la trovi brutta.-

Si stropicciò il volto –E’ un modo di dire.- abbassò il capo. Secondo colpo di grazia.

-Quindi pensi che sia carina!-

-Ma di che Diavolo stiamo parlando?!- sbatté le mani sui braccioli, perso ormai in quel labirinto di domande insensate a cui non riusciva più dare un senso logico –Siete voi che la trovate guardabile! Io non ho detto nulla!- una smorfia di disgusto corrose i suoi lineamenti già induriti dalla tensione.

GD scoccò la lingua –Ho detto che i ragazzi la trovano carina, non io.-

Aprì le braccia -Parlare con te è impossibile.-

-Oh, così mi ferisci!-

-Fottiti.-

-Aha, dopo di te.- lo sentì imprecare, poi appoggiò la nuca contro il muro. Cancellato il quinto messaggio, nulla era rimasto su quel display. Beh, si era aspettato davvero un suo messaggio o una sua chiamata? La risposta era: sì. Lei avrebbe chiamato. E solo per dargli notizie positive. Ed era quello che, da una settimana a quella parte aveva continuato ad alimentare il suo malumore: la possibilità che Lindsay Moore decidesse di non partecipare alla festa. Perché si sarebbe annoiato, lo sapeva. Oh, per carità, la sua intenzione non era quella di scambiarci qualche parola di troppo e magari concludere la serata in branda con lei, certo che no! Ma vogliamo mettere il raro evento di assistere ad uno scontro all’ultimo sangue tra la mangusta e il serpente? Al solo pensiero, la speranza ricominciava a brillare!

Giunti a quel punto, GD poté ritenersi soddisfatto. Aveva spremuto il cervello dell’amico come un limone e, in questi casi, Seung-Hyun se ne restava a crogiolarsi in silenzio probabilmente a chiedersi cosa avesse detto in quelle loro discussioni. Ma per la prima volta, lo stupì -Sei esasperante, sai? Possibile che ogni dannata conversazione termini con quella deficiente? Che diavolo di incantesimo vi ha fatto, si può sapere?- pregne di disprezzo, le parole giunsero scandite e pesanti, come se fosse un affronto alla sua persona trovare simpatica una persona che non gli andasse a genio. E, occhi spalancati, sopracciglia arcuate e palese incredulità, Ji Yong si ritrovò in silenzio. Per la prima volta, fu incapace di replicare. Perché era una domanda banale che necessitava di una risposta altrettanto futile. Ma, per un istante, gli parve difficile. Perché Lindsay Moore doveva possedere qualcosa di assolutamente speciale se era riuscita a diventare un’incredibile incubo per un ragazzo coi piedi per terra come Seung-Hyun, capace di scuotere il suo mondo così tanto, arrivando a provare disprezzo e odio senza nemmeno averla conosciuta nella sua interezza.

Questa scoperta, rinnovò il suo desiderio di assistere allo scontro…

E prima che potesse anche solo rendersene conto, si ritrovò a riempire il silenzio con la propria voce assorta -Certe persone sono così, sai? Ti entrano dentro senza che tu possa nemmeno accorgertene, un’ossessione che prende forma piano. E quando te ne capaciti, è troppo tardi.- aveva parlato con sincerità, stupendosi di aver condiviso con qualcuno quell’esperienza di vita. Ma Top non era molto efferato nel cogliere le sottili sfumature e i vaghi consigli sparpagliati fra le sue parole cadenzate e lo sguardo colmo di confusione che gli regalò, gli diede ragione.

-Che vuoi dire?-

Una risata venne trattenuta e senza dilungarsi oltre, si mise in piedi –Niente di importante- portò le mani in tasca -Beh, sarò meglio che vada. Non fare tardi, stasera abbiamo una cena con il big boss.- gli rammentò tediato, trattenendo uno sbadiglio mentre zampettava verso l’uscita, sventolando la mano.

-GD…- lo richiamò con stanchezza; avvertì il suo sguardo sulla propria schiena, ma non si volse –Si può sapere cos’hai in mente?-

E quando lo fece, non poté più trattenersi… Era un sorriso dolce ma al contempo raccapricciante quello che gli aveva illuminato il volto, di quelli potenti che avevano la strabiliante capacità di far scorrere i brividi di terrore, di gelare il sangue nelle vene, di far sentire la gente come cavie da laboratorio –Non lo so- disse la prima cosa che gli passò per la mente, dando poi voce a quella che, alla fine, era la verità –Ma era da tempo che non mi divertivo così.-

 

Chiuse piano la porta, lasciando dietro sé un fugace cigolio, appoggiandovisi contro. Un sorriso di beatitudine comparve sul viso sottile, come sempre del resto quando terminava di giocare con il suo Top. Sembrava finalmente che, dopo tanti mesi di tedio, fosse arrivato un nuovo passatempo che, lo sapeva, non gli avrebbe portato altro che felicità. Una gioia smisurata, immensa!

Choi Seung-Hyun e Lindsay Moore…

Lanciò in aria il cellulare, lo recuperò e lo mise in tasca, staccandosi dalla superficie di legno, indirizzandosi verso la palestra.

Ghignò. Ci sarebbe stato da divertirsi.

Eccome se ce ne sarebbe stato.

 

*****

 

L’appartamentino di Ginko era… Stravagante. Quadri vintage, scacciapensieri e fiori adornavano il piccolo salotto color rosa pesca molto pallido, infondendole una gradevole sensazione di confortevolezza che, da tempo ormai, le mancava. Numerose foto riempivano le pareti color giallo canarino, tanto da far apparire il piccolo salotto un museo del passato della famiglia Fujii.

Posò sul basso tavolino davanti a sé la tazza di the verde ormai vuota. Ginko aveva ragione: faceva proprio schifo.

La padrona di casa, dissoltasi a metà chiacchierata sostenuta più che altro da lei, ricomparve con un saccone più grande e grosso di lei -Questi dovrebbero andarti!- mise in mostra alcuni vestiti oscenamente vistosi: ce n’era uno da Cappuccetto Rosso, un altro da Odaliska… Quello da suora sexy, poi, era qualcosa di assolutamente blasfemo –Era della serata Sia lodato il Signore! Quanti bei ricordi!-

-L’ospite d’onore era Ratzinger?- esalò stralunata, stiracchiando le labbra quando la vide piegare tutti gli abiti e porli in bustone enorme.

Il signor Yoon mi ha chiesto di custodirli in attesa della nuova cameriera- le rivolse un sorrisone enorme prima di adagiare il bustone ai suoi piedi. Lin si piegò, ravanando nella sacca. Aveva intravisto un vestitino da piratessa hard… Pregava di aver scorto male –Senti, posso farti una domanda?- e prima che potesse darle il permesso, quella era partita per la tangente –Come mai tutti quei tatuaggi? Insomma, sono davvero tanti!- si sporse per scrutare le braccia su cui svettavano indelebili le scritte e le immagini.

-Mi piacevano.- non si dilungò in confessioni private. Sapeva che, da lì, sarebbero state poste domande troppo personali.

-Ma li hai solo lì?-

-Nh, uno sul costato e un altro sulla schiena.-

-Oh, sono davvero belli! Peccato che costino troppo. Sai, il mio stipendio va via quasi tutto per l’affitto o la rata dell’università- dondolò i piedi –E poi mia madre mia ammazzerebbe se sapesse che me ne sono fatta uno!-

-Mia madre mi ha tolto la paghetta.- sentenziò lugubre, memore delle lunghe e ostiche litigate che erano conseguite ogni santa volta che scovava la pellicola trasparente avvolgerle la zona incriminata. Sorrise al ricordo del viso di Mark divenire pallido quando li vide per la prima volta. Quello fu il primo ed ultimo viaggio in macchina immerso nel silenzio. La risatina di Ginko accompagnò il suo alzarsi dal divano e recuperare la tracolla.

-Vuoi fermarti per pranzo?- chiese con occhioni enormi, lisciandosi i jeans scuri.

Scosse la nuca –Mio padre mi ha dato il coprifuoco.- ironizzò avvertendo nella mente il suo “Un’ora e a casa, sono stato chiaro? Chyoko non è la tua serva.”

-Oh, sarà per la prossima volta!- trillò al settimo cielo, speranzosa probabilmente che lei ripiombasse a casa sua, magari senza invito. Lin ci pensò su per davvero. Ammise che, quell’ora, non era stata poi così malvagia come aveva creduto per tutto il viaggio in macchina in cui Ginko non aveva fatto altro che parlare, coprendo la musica dell’autoradio –Vuoi un passaggio?-

-Nah, prenderò l’autobus. O andrò a piedi.-

-Come preferisci. Ma fai attenzione- cospiratoria, le puntò il dito contro –Il venditore di rose all’angolo della strada, non conosce il significato della parola no.- d’accordo, Ginko era una demente, non poteva farci nulla. Si limitò ad annuire mentre tirava fuori dalla tasca laterale della tracolla il suo Mp3, facendo cadere con esso un fogliettino stropicciato. Lo aprì, impallidendo quando lesse un numero di telefono. E tutti i ricordi chiusi a chiave negli angoli nascosti della propria mente, l’assalirono prepotenti, mettendole uno strano senso di disagio addosso. Perché quello strambo tizio dai capelli fucsia da un lato l’aveva invitata ad una festa, dicendole di confermare la sua partecipazione o meno, e i suoi amici erano stati tanto carini da volerla con loro che per un attimo era stata tentata di dire . Ma poi aveva incrociato lo sguardo tagliente di quel babbeo dalla chioma azzurra e aveva lasciato perdere. Che poi, se non fosse andata, mica avrebbe fatto loro un torto…

Si avvicinò alla porta, avvertendo lo sguardo di Ginko sulla propria schiena. Si voltò –Sentì, delle persone mi hanno invitata ad una festa.- non lo stava dicendo sul serio…

-Oh, degli amici?- trillò battendo le mani.

-All’incirca… Comunque, mi hanno invitata a questa festa ma non conosco nessuno- prese una pausa, sentendosi osservata –Mi hanno detto di portare un’amica e ho pensato che, se non hai niente da fare, potresti veni-- le parole le si spezzarono in gola quando vide l’espressione di Ginko mutare drasticamente: il viso sottile e allungato era ora tutto incavato, quasi smunto, gli occhi blu erano sbarrati ed enormi e la sua bocca era spalancata. Inutile dire che poté leggervi sorpresa e incredulità ma, beh, si era aspettata tali emozioni nel momento in cui avrebbe rivelato chi le aveva invitate, non nel bel mezzo del discorso. Si grattò la punta del naso lentigginoso mentre morsicchiava le labbra –Stai-stai be—

-Una festa e tu-tu vuoi po-portarci me?- la vide avvicinare le mani alla bocca melodrammaticamente e subito si pentì della sua scelta. Quel terremoto umano avrebbe sicuramente portato solo calamità e sventure, ne era certa. Kamikaze balzò dal cuscino che fungeva da sedia a lei in un nanosecondo, stringendola per la vita sottile in una morsa serrata –Oh, graziegraziegrazie! Come sei dolce, tenera, assoluta—

-Se non ti stacchi, ti lascio a casa.- minacciò con voce stridente e acuta, impreparata a tale gesto di affetto. Era abituata alle ragazze di New York che solitamente, a proposte del genere, si limitavano ad annuire mentre facevano un tiro di sigaretta oppure a belare un deliziato –Certo tesoro, no problema!- che le faceva venire l’orticaria.

La ragazzina si lasciò sfuggire un sospeso –Oh- prima di lasciarla andare e guardarla imbarazzata, trattenendo la gioia mentre portava le mani dietro la schiena –E dimmi, chi sono questi tuoi amici? Li hai conosciuti in giro?-

-Al Tribeca. Sono--

-Oh, ma allora li conoscerò sicuramente anche io!-

-Oh, eccome se li conosci. Sono—

-Aaaah, ma come hai fatto? Lavori lì da poche settimane e già sei invitata ad una festa!-

E senza mezze misure, vanificando la propria vocina che le ripeteva di andarci coi piedi leggeri perché una notizia del genere avrebbe sicuramente provocato la sua morte istantanea, impulsiva come solo lei sapeva essere, si ritrovò a spargere nell’aria un placido -Sono i Big Bang- che fece crollare il mondo sotto i loro piedi. La vide ammutolirsi di colpo, indietreggiare e guardarla vitrea –Li ho pronunciati male un’altra volta? Eppure ero sicura che—

-No, li hai pronunciati bene.- esalò con voce cavernosa, appoggiando una mano contro la parete. Ora muore…

-Quindi verrai?-

-E me lo chiedi?! Certo che vengo!- accettò saltellando sul posto, ripresasi dallo stato catatonico in cui era caduta. Strabiliante… Ci aveva messo poco a riprendersi –Ti ho già detto grazie?-

Sorrise annuendo e lasciandosi con la promessa di lasciarsi truccare in vista del lieto evento. 

 

Salì sul pullman, adocchiò un posto vuoto e si lascio cadere con stanchezza, mordendosi il labbro inferiore mentre stringeva il cellulare che, per via del sudore, rischiava di scivolarle nel corridoio centrale. Forse era una cattiva idea andare. Del resto, perché mai una band così famosa doveva prendersi la briga di invitare lei, antipatica cameriera del Tribeca? Buttò la testa all’indietro. Però ci sarebbe stata Ginko. Sì, Ginko era simpatica, gentile, avrebbe potuto chiacchierare con lei ed evitare sguardi indesiderati. O si sarebbe mimetizzata come solo lei sapeva fare. Sì, poteva andare…

Rigirò il bigliettino fra le dita affusolate, morsicò l’interno delle guance indecisa sul da farsi, nell’altra mano il cellulare rovente. Perfino i tasti sembravano bruciare ad ogni pigiata. E quando avvicinò l’apparecchio, si ritrovò a deglutire nell’udire la linea libera.

Appoggiò la guancia sul finestrino mentre vedeva gli enormi palazzi srotolarsi davanti ai propri occhi nocciola velati di spossatezza.


Tuu… Tuu… Tuu….


Strinse la mano libera intorno alla borsa a tracolla, stropicciando il bigliettino. Forse era meglio chiudere la conversazione, forse era meglio lasciar perdere tutto…


Tuu… Tuu… Tuu….

 

Pregò che non rispondesse, pregò di aver ricevuto il numero sbagliato…

-Ji Yong. Chi parla?-

 

Le cadde la testa in avanti, ricacciando quella sgarbata imprecazione che pendeva dalle labbra carnose. Perché aveva la sensazione di essersi appena infilata in un labirinto tortuoso e impraticabile?

 


 

A Vip’s corner:

Chiedo venia per l’infinità di questo obbrobrio, ma avrei dovuto dividerlo in due e siccome ho una scaletta da rispettare (sì, miracolosamente ho una scaletta xD) non mi andava. Perdonate inoltre la pallosità del capitolo (sì, ormai sto diventando ripetitiva xD) ma vi avverto subito che lo scossone arriverà nel prossimo –già praticamente pronto, va solo sistemato-, quindi non disperate :3 Chiedo scusa inoltre se dovesse risultare frettoloso e pieno di orrori grammaticali :(

Comunque nella sua pallosità non mi è affatto dispiaciuto l’evolversi degli eventi: ho cercato di far vedere che, sotto lo strato di stronzaggine, Lin non è poco così male, abbiamo visto un Top in piena crisi esistenziale e un GD che poi tanto scemo non è (ah, ho amato scrivere la scena dal POV di Ji Yong. Lo sto rendendo così perfido che mi diverto troppo a creare le sue parti ♥). E le sue parole non sono un caso… Cioè, lo descrivo stronzo, però cerco di dare un senso alle vaccate che dice xD

Che dire? So che non risulterà accattivante nemmeno questo, ma nella mia mente tutto deve avvenire per un perché e non mi piace forzare gli eventi per far sistemare tutto subito. C’è tempo per vedere l’amore e lo zucchero nei miei capitoli ;)

Passerei quindi a cose decisamente più importanti: ma ai ringraziamenti, mie care! Sono sempre dovuti e non mi stancherò mai di dimostrarvi il mio affetto per le vostre belle parole *.* Un grazie di cuore a xxarkha, lil_monkey, YB_Moon, MionGD, Myuzu, ssilen, hottina, summerheartbeat e luna_09 per aver commentato così carinamente *.* Mi fate sempre commuovere ç_ç Ditemi se il procedere della storia vi annoia o tiratemi addosso i pomodori se volete, sono pronta a tutto :D

Un grazie millissime anche a tutti quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite (il mio cuore lacrima di gioia ♫) e a tutti quelli che leggono ma restano in silenzio :) Posso procedere con la solita campagna pubblicitaria? xD E daiiii, lasciate un commentino se vi va, costa solo un minutino del vostro tempo *.*

 

Alla prossima!

HeavenIsInYourEyes.

 

   
 
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