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Autore: QueenSango    03/08/2012    6 recensioni
Così è questa la tua risposta?”chiese una ragazza, abbastanza infastidita
“Ehm...in realtà...io..” farfugliò il giovane dinnanzi a lei, agitato.
“Tu cosa? Non ho più tempo da perdere con te. Ne ho perso già troppo”
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doremi Harukaze, Tetsuya Kotake, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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                           Sweet Disposition

Terzo capitolo: I won't let you go

 

Doremì corrugò la fronte stranita, volgendo il suo sguardo in direzione delle amiche che avevano la stessa  espressione stampata in viso, ancor più scettiche e preoccupate per lei, esaminandola con attenzione per capire qualcosa. Dal canto suo la rossa fece spallucce, facendo capire che  non avesse idea di cosa avesse fatto per essere chiamata in presidenza  urgentemente. Storse la bocca alienata, dirigendosi, sotto lo sguardo incuriosito dei suoi compagni, fuori dalla palestra.

Trasse un lungo sospiro una volta arrivata davanti alla porta di presidenza, il cuore le cominciò a tamburellare fortemente; aveva un bruttissimo presentimento. Titubante  bussò alla porta, aprendola ,una volta sentito il cenno di entrare, ritrovandosi davanti tutta la commissione d'insegnanti osservarla in modo alquanto strano per i suoi gusti. Arcuò fortemente il sopracciglio vermiglio scettica, scoccando un'occhiata prima da una parte e poi dall'altra verso gli insegnanti, finché la sua attenzione non fu catturata dalla preside Yuki Hashimada. Yuki Hashimada era una donna sulla quarantina, alta abbastanza, dallo sguardo austero, i lunghissimi capelli color mieli legati in una crocchia e gli occhi  di un castano scuro che mettevano molte volte soggezione. Nel naso teneva degli occhiali trasparenti e la bocca  tinta di rosso  esaltava le sue carnose labbra.

“Harukaze “la chiamò, il tono serio, sistemandosi gli occhialini sul naso, osservando la giovane in maniera ermetica “ Ti starai chiedendo sicuramente il motivo per cui io ti abbia chiamato qui, giusto?” le chiese mantenendo quel tono severo. Doremì annuì, leggermente agitata; sentiva sempre più vicina quella brutta sensazione che aveva avvertito prima di entrare lì dentro. Deglutì amara, ascoltando con molta attenzione ciò che le stava per dire la preside Hashimada. Hashimada socchiuse lievemente le palpebre, togliendosi gli occhiali, fece un lungo respiro, cercando di capire quale fosse il modo più adeguato per dare una notizia che avrebbe stravolto totalmente la ragazza.

“Ecco...come dire..” proferì , cercando di essere più delicata possibile “ Ha chiamato tua madre...e...Harukaze tuo padre ha avuto un'incidente e adesso si trova in ospedale, mi spiace “le comunicò tutto ad un fiato, lanciandole un'occhiata comprensiva, addolcendo un po' il viso severo.

Doremì pietrificò all'istante. Sbarrò i suo grandi occhi magenta e aprì la bocca per dire qualcosa, ma  non uscì alcun suono, non avendo ancora carburato la gravità della situazione; nella sua testa riecheggiarono le parole “ padre “ e “ospedale”, percependo solo in quel momento  la situazione, il fiato le si mozzò. Non proferendo nemmeno una parola, lo sguardo vuoto e sgomento, si fermò ad guardare le persone che la circondavano con cipiglio apprensivo, cercando di dar un minimo di sostegno alla ragazza che si trovava in una situazione delicata.

“Io devo andare...” disse solamente Doremì, lo sguardo assente, uscendo di corsa dalla stanza con le lacrime che le stavano cominciando a rigar il viso, lasciando la preside e gli insegnanti più preoccupati che mai.

Doremì cercò di arrivare il più presto possibile all'ospedale, ma per sua sfortuna quel giorno il traffico era tanto, facendola in quel modo imprecare di brutto che uno scaricatrice di porto le faceva un baffo, sotto lo sguardo perplesso del taxi sta. Batté i piedi nervosamente, mordicchiandosi le labbra talmente forte da sentir il sapor del sangue sulla bocca.

“ Non si potrebbe velocizzare?” chiese stizzita al taxista, torturandosi una ciocca che le era ricaduta in viso.

“ Lo vede pure lei signorina che c'è traffico, di certo non posso scavalcare le macchine” le rispose tranquillamente, facendola in questo modo innervosire più di quanto lo era.

“Si, ma io non posso ritardare! C'è mio padre che lotta tra la vita e la morte! Se morisse io non potrei nemmeno dargli l'ultimo saluto perché sono bloccata qui!” scoppiò disperata, in procinto di una crisi di nervi, mentre  delle stille salate le scendevano, senza che lei se ne accorgesse, nel viso pallido.

“ Mi spiace signorina, ma non posso fare nulla “ le disse solamente, facendo spallucce suscitando la ferocia della rossa all'insensibilità di quell'uomo. Decise di fare l'unica cosa possibile più appropriata: scese dal taxi,  lasciò una piccola mancia e corse all'impazzata verso l'ospedale.

Con il fiatone, rossa in viso, salì le scale che la portavano nel reparto “ Rianimazione “  avviandosi verso il centro informazioni, dove c'era una giovane ragazza dai capelli neri che sistemava delle scartoffie.

“ Mi scusi...sa dirmi in che stanza è il signor Harukaze?” gli domandò  ansimante per la corsa, arricciando il naso.

“ Lei è una parente?” le domandò a sua volta l'infermiera, osservandola.

“ Si, sono la figlia” rispose Doremì, allarmata più che mai, battendo nervosamente i piedi a terra.

“ E' la 504, in fondo a destra “ l'informò l'infermiera, indicandole il corridoio, sorridendole.

“ Grazie” s'affrettò a dirle correndo più che mai verso quell'agognata stanza.

Deglutì amaramente una volta giunta davanti a quella stanza, le sue gambe cominciarono a tremare e il suo cuore a scalpitare sempre più forte; un senso d'angoscia s'impossessò del suo corpo. Con un groppo alla gola aprì la stanza  e s'arrestò di colpo.  Quello che vide la trafisse definitivamente: suo padre coricato su quel letto bianco e triste, una mascherina davanti alla bocca, gli occhi allegri e dolci chiusi, non sapendo se si fossero riaperti più; accanto a sé il rumore della macchinetta che segnava i suoi battiti, le linee verdi che si alzavano e abbassavano a seconda di quei battiti, che, purtroppo erano stabili. Dalla parte opposta alla macchinetta c'era seduta sua madre che stringeva saldamente le mani del marito, la testa chinata, gli occhi lievemente arrossati, sentì i singulti   di Pop, seduta in un angolino della stanza con in mano un piccolo fiore di margherita. Doremì a passi lenti si avvicinò alla madre,  ignara della presenza della figlia,  e le mise una mano sulla sua spalla, facendola voltare lentamente, ritrovandosi davanti un viso stanco e pallido e la bocca crepata che si increspava in un fiacco sorriso.

“ Sei arrivata “ le sussurrò debolmente, appoggiando la mano libera su quella della rossa che la osservava demoralizzata.

“Si, ho fatto il prima possibile” le comunicò angustiata, guardando prima il padre, per poi avvicinarsi e sedersi accanto alla sorella che continuava a singhiozzare, abbracciandola. Al momento era lei quella a dar conforto, ad essere forte, anche se non risultava per niente semplice. Sospirò, sconfortata, stringendo sempre più stretta a sé Pop che si lasciò andare finalmente in un pianto liberatorio. Rimasero in silenzio per tutto il tempo, sperando che l'uomo si risvegliasse il più presto possibile. Doremì in quell'arco di tempo pensò a tutto ciò che il padre era per lei, cioè una figura da seguire, dolce, caparbia e severa, ma allo stesso tempo divertente e buffo, caratteristica quest'ultima che aveva preso da lui. Le riaffiorarono violentemente quei ricordi legati a lui e a lei: la prima volta che l'aveva portata a pescare, essendo una sua grande passione, con scarsissimi risultati di entrambi, il primo rimprovero serio che ebbe da lui, la loro prima cena insieme da soli, il primo regalo che le fece per il suo compleanno e altri ricordi, sia belli che brutti. Un nodo alla gola ebbe solo a ripensar tutto questo e che, molto probabilmente altri bei ricordi non ci sarebbero più stati.

All'improvviso il ticchettio della macchinetta dei battiti cardiaci si fece sempre più forte e le linee verdi oscillavano a diventar sempre più dritte, e questo significava solo una cosa: suo padre stava per morire se non avessero fatto qualcosa al più presto.

Doremì senza farselo ripetere due volte, corse a chiamare immediatamente il dottore che per sua fortuna trovò  vicino alla porta.

“ La prego, faccia il possibile! Lo salvi” lo supplicò la giovane, la voce incrinata, mentre sua madre e Pop piangevano a dirotto osservando l'uomo in coma.

“ Certo” le sorrise il medico prendendo dei ferri e mettendoli sul petto dell'uomo cercando in tutti i modi di  salvarlo, sotto gli sguardi avviliti della famiglia che pregava con tutta la forza possibile.

Doremì si morse il labbro inferiore forte, sentendo nella bocca il sapor rugginoso del sangue, i pugni stretti lungo i fianchi, soffocando delle lacrime...Non poteva succedere, non doveva accadere, ma l'urlo straziato di sua madre, lo sguardo affranto del medico, le lacrime interminabili di sua sorella, la linea verde retta della macchinetta le fece capire che tutto ciò che stava per accadere era vero; non avrebbe mai più potuto parlare con suo padre. Il cuore le si mozzò, una forte lancia le trafisse brutalmente lo stomaco. Spalancò i grandi occhi vermigli sconvolti, lentamente uscì dalla stanza, fissando a vuoto il pavimento, si accasciò a terra appoggiandosi alla porta e prese dalla tasca della gonna della divisa il cellulare

“ Ho bisogno di te! “ disse con la voce che le tremava, mentre delle copiose lacrime scendevano funeste sul cereo viso.

                                                   

 

                                                    ♥♥♥

 

 

Aiko camminava avanti e indietro in riva al fiume, preoccupata per Doremì, la quale dopo esser stata in presidenza  era scomparsa definitivamente; l'aveva  chiamata al cellulare ma nulla, il cellulare era staccato, era passata da casa sua, ma nessuna traccia, nemmeno dei suoi. Chiamò Hazuki chiedendo se fosse passata di lì, ma nemmeno l'ombra, e ciò fece allarmare anche la castana  .

“ Dove può essere andata? C'è qualcosa che non mi quadra” esclamò Aiko, piegando le labbra in una smorfia e picchierellando l'indice alla bocca meditabonda.

“ Non ne ho la più pallida idea, tra l'altro mi sembra anche strano che non risponda alle nostre chiamate, di solito risponde subito “ aggiunse Hazuki, sospirando demoralizzata rimanendo in silenzio, un silenzio che durò una decina di minuti finché a spezzarlo fu la blu:

“ Ma certo!” esordì, battendosi una mano sulla fronte “ Come ho fatto a dimenticarmi!” aggiunse, pimpante mentre uno sguardo interrogativo si stampava nel viso di Hazuki.

“ Cosa?” le domandò stranita, accigliando lo sguardo.

“ Non abbiamo cercato al lavoro. A quest'ora dovrebbe essere lì, l’uso dei cellulari è  vietato durante il lavoro!” la informò Aiko  sicura, sorridendole. “ Andiamo” aggiunse mentre si dirigeva verso il Cafè dove lavorava Doremì,  seguita da Hazuki.

Una volta arrivate  scrutarono con attenzione il “Cafè” in cerca dell'amica, sotto lo sguardo sgomento della clientela, fino al momento che un bel  riccio biondo si presentò davanti a loro con  un sorriso delineato in volto.

“Salve, sono Keita, posso esservi utile?” chiese il giovane mantenendo quel sorriso , un sorriso così radioso e bello che fece arrossire non poco le due.

“ Ecco... noi cercavamo Doremì, per caso è qui?” tagliò corto Aiko, osservandosi intorno, corrugando la fronte.

“ Doremì?” ripeté Keita, strabuzzando gli occhi “ Voi siete le sue amiche? Oggi non è venuta, ed il capo è infuriato con lei. E' sempre in ritardo, ma stavolta credo che abbia esagerato” rispose, incrociando le braccia al petto, scuotendo la capa dorata esasperato.

“ Si, siamo le sue amiche. Io sono Aiko e lei è Hazuki, piacere di conoscerti “ le presentò Aiko, porgendogli la mano cordialmente cosa che fece anche la castana.

“ Mm “ mugolò la blu, arcuando lievemente le labbra “ Non è a scuola, non è al lavoro, non è a casa, dove diavolo potrebbe essere?” rifletté, la mano messa al mento,  allarmata.

“ Vuoi dire che Doremì è scomparsa?” esclamò  Keita sbarrando gli occhi,  iniziando a temere realmente per la sua  amica, facendo in questo modo spaventare ancora di più le due ragazze che gli stavano di fronte.

“ Deve esserle successo qualcosa, ne sono sicura!” disse tutto ad un tratto  Hazuki, la voce spezzata, cercando di reprime, inutilmente, le lacrime che le stavano scendendo in viso. Aiko deglutì amara. Un sospiro afflitto uscì dalla sua bocca. Scosse la testa, cercando di toglierle dalla mente i  brutti pensieri che la sua testa stava cominciando a partorire.

“ Dobbiamo fare qualcosa! Chiamiamo la polizi...” ma non finì la frase che lo squillo del suo cellulare la interruppe:

“ Pronto?” rispose, prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans “ Nobuko-chan ,cose c'è? Calma, così non capisco nulla” aggiunse un po' stizzita, sotto lo sguardo stranito e incuriosito della castana e del riccio. “ Cosa?” urlò a voce talmente alta che metà della clientela si voltò verso di lei, esterrefatta  “ Non ci posso credere! Devo andare, ci sentiamo per tenerci aggiornate!” concluse chiudendo la conversazione, mettendo il cellulare nella tasca dei jeans. Alzò la capa blu in direzione dei due di fronte a lei che aspettavano impazientemente e turbati  qualche delucidazione; Aiko strizzò gli occhi, prima abbassandoli, poi sollevandoli verso i due ragazzi.

“Doremì è all'ospedale” comunicò tutto ad un fiato, mordendosi il labbro nervosa, facendo sbiancare di colpo i due. “ Dobbiamo andare, Hazuki!” le intimò seria, la voce grave, prendendo per il braccio l'amica, ancora sconvolta per la notizia.

“ Non ci posso credere. Tranquille, spiegherò tutto al capo e presto vi raggiungerò!” le cercò di tranquillizzare il biondo, andando verso il suo capo per spiegargli tutta la situazione, mentre Aiko e Hazuki correvano più non posso per prendere un taxi che le avrebbe portate  il più breve tempo possibile all'ospedale.

Doremì fissava con sguardo apatico dalla  piccola finestrella della stanza, la madre e la sorella accasciate nel letto dov'era stato pochi minuti prima di morire,  suo padre, singhiozzando  e sfogando tutta la loro disperazione, stringendo fortemente quel lenzuolo che emanava ancora l'odore dell'uomo. Tremò all'istante; piccoli singulti strozzati uscirono dalla sua bocca , mentre impugnava strettamente la stoffa della sua gonna. Il mondo le era crollato in un solo attimo, così veloce, imperioso, che non le aveva dato  nemmeno il tempo di metabolizzare concretamente ciò che stava succedendo, ciò che era successo; una realtà parallela. Sì, pensò che si trovava in una dimensione parallela- brutta e brutale- e questo era solo l'inizio di un incubo. “ Illusa “ le ripeteva una vocina nella sua testa, bruta  e selvaggia. Un sospirò oppresso uscì dalla sua bocca, osservando oltre la finestrella della stanza, la sorella e la madre dormire profondamente, stanche e distrutte.

Davanti al distributore, cliccò il bottoncino del caffè amaro, ne sentiva la necessità, anche se solitamente non le piaceva così tanto il caffè; aveva quel sapore amaro che odiava totalmente. Aspettò che il liquido scuro scendesse tutto nel bicchiere, per poi prendere il bicchiere e portarselo alla bocca; una smorfia di disgusto si formò nel suo viso, al sapor così forte e schifoso del caffè, infatti più che caffè sembrava acqua con scarsissimo aroma di caffè. Gettò il bicchiere semi-pieno nel cestino accanto al distributore, per tornare dalla madre e dalla sorella.

“ Doremì” la chiamò una voce familiare affannata, facendole  sollevare la testa , ritrovando  davanti a sé tutte le sue amiche, le quali la guardavano preoccupate e tristi per quello che le era appena successo. D'istinto la rossa, senza farselo ripetere due volte, si gettò nelle loro braccia  sfogando tutto il dolore  che aveva addosso con inesauribili lacrime, facendo in questo modo pianger anche loro per una serie interminabili  di minuti.

“Momoko, Onpu voi che ci fate qui? Non dovevate essere in America e a Tokio? “ domandò Doremì alle amiche, una bionda dagli occhi color smeraldo e una dai capelli viola e gli occhi del medesimo colore, una volta smesso di piangere.

“ Beh, ecco mio padre è stato trasferito per lavoro nuovamente qui, e io volevo farvi una bella sorpresa...” rispose Momoko con un po' d'accento americano, osservando rammaricata la rossa, soffocando a stento delle lacrime.

“Io ero qui per via del lavoro, e beh, anch'io volevo farvi una bella sorpresa...ma purtroppo, una volta incontrate, per puro caso Aiko e Hazuki, la sorpresa l'abbiamo avuta noi, una spiacevole sorpresa” intervenne Onpu, amareggiata, accarezzando una guancia a Doremì, dolcemente.

“Già...” mormorò la rossa, abbassando lo sguardo “ Grazie di cuore ragazze, per esserci in un momento così delicato della mia vita” le ringraziò abbracciandole nuovamente, riprendendo a piangere, facendo commuovere le amiche.

“ Le amiche servono a questo, no?” le disse Aiko, abbozzando un dolce sorriso, staccandosi lievemente dall'abbraccio, per poi asciugarsi le lacrime con il braccio. Doremì ricambiò il sorriso, lasciandosi ancora un po' coccolare e consolare dalle sue più care amiche, il dono più prezioso che poteva avere al momento. Di nascosto una figura osservava la scena con sguardo assorto, un piccolo sorriso delineò il suo volto.

“ Il mio compito qui è finito” mormorò tra sé incamminandosi verso l'uscita dell'ospedale.

 

 

                                              ♥♥♥

 

Erano passati già tre mesi dalla morte del padre e tutto era radicalmente cambiato: sua madre non era riuscita a superare del tutto la prematura scomparsa del marito,  a buttar via tutto ciò che gli apparteneva, anche le cose più superflue, o almeno quelle che pensava lei prima della sua morte, come ad esempio le canne da pesche e mille riviste riguardante l'argomento; gli ricordavano lui, era un modo, almeno era quello che pensava, per stargli accanto e averlo sempre con sé. Il sorriso le era scomparso definitivamente, aveva smesso perfino di dar lezioni di piano, nonostante non navigassero nell'oro, gettandola in uno stato inerte da cui era difficile uscire. Pop invece era diventata chiusa e taciturna,  non usciva più con i suoi amici, preferiva stare rinchiusa in casa ,in camera sua a disegnare,  e, per  il primo mese senza sua padre, non volle andare a scuola. Insomma la casa era devastata. L'unica a reggere le redini di quella casa  in quel periodo così complicato fu Doremì, anche se con molta difficoltà;  era una cosa più grande di lei dover affrontare tutto ciò, doveva farsi forza e far reagire la sua componente familiare, dopo quel terribile lutto. Per sua fortuna, aveva delle amiche fantastiche che l'aiutarono nel periodo più “ cruento” della sua vita, sostenendola, incoraggiandola e stando sempre più vicine a lei. Sospirò avvilita, guardando la madre seduta nella poltroncina a dondolo, cucire passivamente, prima di uscire e dirigersi a scuola, dove l'aspettavano Aiko, Momoko, trasferitasi tre mesi prima e capitando nella stessa classe delle amiche, e Nobuko, come ogni mattina.

“ Good morning, Doremì-chan “ cinguettò Momoko  allegra, andandole incontro sorridendo.

“ Buon giorno, Momo-chan, ragazze “ rispose calma la magenta, facendo un segno con la mano alle altre due ragazze, dirigendosi verso l'atrio del liceo  quando videro che li davanti c'era una gran confusione di studenti che urlavano qualcosa, in particolar modo le fanciulle. Le quattro si guardarono per un secondo stranite, cercando di capire cosa stesse succedendo, facendosi spazio tra gli altri studenti. Doremì si fermò di colpo, facendo sbattere in questo modo le sue amiche dietro di sé, guardando la figura che le si trovava davanti pavoneggiarsi con fare sbruffone. Ridusse gli occhi magenta a due piccole fessure,  non appena questi si scontrarono con degli occhi blu esterrefatti. Una vena cominciò fortemente a pulsare nella testa della fanciulla. Non si era minimamente fatto sentire dopo quel giorno, neanche una chiamata per chiarire, o almeno per sapere come stava. Se ne stava lì a fare il galletto con le ragazze, senza preoccuparsi minimamente della situazione grave in cui si trovava, almeno per quel che riguardava lei. Scosse la testa, indignata, lanciandogli uno sguardo torvo, facendo deglutire dolorosamente il ragazzo, per poi allontanarsi da lì. Kotake si fece largo tra la folla per poter chiarire una volta per tutte con Doremì, ma per sua sfortuna venne fermato da una Aiko furiosa.

“ Dove credi di andare? Lascia stare Doremì, hai fatto abbastanza “ sentenziò cruda la Aiko, allungando le braccia, cercando in questo modo di bloccargli il passaggio, scrutandolo truce per aver fatto soffrire l'amica molto. Kotake trasse un respiro e con un gesto veloce spintonò Aiko, facendola cadere a terra, ignorando bellamente le proteste di quest'ultima, andando a raggiungere la rossa, la quale si trovava di fronte al campetto di calcio della scuola.

                       

                                                                                                                                                         « E non volermi male adesso che non ti riconosco… »

 

“ Doremì “ la chiamò, respirando affannosamente per la corsa “ Senti...”

“ Cosa vuoi?” tuonò acida,  senza nemmeno rivolgergli lo sguardo, osservando con cipiglio infastidito il campetto davanti a sé.

“Dobbiamo parlare, Doremì “ dichiarò il fanciullo serio, posando le sue grandi mano sulle spalle della rossa, facendola voltare bruscamente, trovando il suo sguardo accigliato.

“ Ah, adesso ti viene tutto ad un tratto la voglia di parlarmi! “ sbuffò la ragazza con tono sarcastico, guardandolo torva “ Te lo dico fin da adesso, è una gran perdita di tempo “ aggiunse indispettita, incrociando le braccia al prosperoso seno. Se c'era una cosa che non era cambiata in lei, era la cocciutaggine pensò il giovane, scrollando il capo esasperato.

“ Oh, Kami! Vuoi una buona sapere la ragione per cui non ti ho risposto?” le chiese alzando la voce,  strattonandola un po', mentre i loro sguardi ardenti, desiderosi, infuriati, nervosi, disperati si incrociavano cupidamente. Un brivido percosse le loro schiene.

“ No, non è più una cosa che mi riguarda. Ho un quadro abbastanza chiaro su questo. “ gli rispose   mordace, fissandolo severamente negli occhi, colpendo in pieno centro il giovane, scostandosi sgarbatamente dalla sua presa.

“ No, tu non hai per niente...tu menti!” ribatté Kotake, mordicchiandosi il labbro nervoso, afferrandola per il polso che subito la rossa schiaffeggiò, infastidita.

“ Pensala come vuoi, sono stanca di te “ gli disse con tono piatto “  Non sei cambiato affatto, sei il bambino stupido delle elementari, solo cresciuto in altezza!” aggiunse graffiante più che mai “ Ah, in una cosa sei cambiato: sei diventato un emerito STRONZO!” concluse gridando talmente forte che fece scappare dei piccoli uccelli appollaiati nell'albero accanto al campo, girando i tacchi, lasciando il ragazzo più deluso che mai.

“Coglione, ecco cosa sono” bofonchiò tra sé , tirando un calcio a un sassolino.

Angolo Autrice:

Ehilà, chi non muore si rivedere. Si, lo so, sono in un mostruoso ritardo, ma come ben sapete ho avuto -esami fino alle fine di luglio- maledetta sessione estiva-.—quindi il tempo per me è stato minimo. Devo dire che questo capitolo è stato un parto, e come al solito, non mi convince, e doveva essere tutt’altro, a parte alcune parti. Che dire? Beh, ve l’avevo detto io che le cose sarebbero peggiorate da questo capitolo e sarebbero diventate più ANGST! Ok, vi dico solo che il padre di Doremì non doveva morire, era un altro personaggio, ma alla fine ho optato per lui perché mi serviva per il proseguimento che vorrei dare alla storia, soprattutto per quel che riguarda la maturità di Doremì ;).

Sono tornati altri due vecchi personaggi, certo, in un contesto tragico, ma vabbè ci stava…si, pensiamola così, ma la cosa che vi starete chiedendo, perché lo so che lo state facendo, anch’io l’avrei fatto, e chi è la misteriosa figura nascosta? Hihihihi, lo scoprirete solo vivendo…no scherzo, si scoprirà molto più avanti, ma sono accettate delle scommesse XD.

Passiamo tuttavia al rapporto che più vi interessa,ovvero Doremì e Tesuya: inizialmente doveva essere diverso, ma ascoltando “ Broken Strings” forse il titolo del prossimo cap, mi è uscito tutto questo; adoro far litigare in modo così drammatico le coppie, si, è come mi sento io al momento u.u, e poi, diciamocela tutta Doremì ha le sue buone ragioni u.u Tuttavia vi posso anticipare che dal prossimo capitolo la loro relazione subirà qualche cambiamento, non dico né in positivo né in negativo, a sorpresa. Detto questo fatemi sapere se ci sono altre coppie che volete vedere, che vi piacciono..c ercherò di accontentare tutti;).

Intanto ringrazio le undici persone che hanno messo la ff nelle seguite *-*, nelle ricordate, preferite ecc, grazie di cuore. So che sono ripetitiva, ma vorrei sapere cosa vi ha spinto a metterla, mi farebbe piacere sapere, come sapere se sto capitolo fa schifo, o bello, o strano..insomma ci siamo capiti, un bacione e si spera presto perché anch’io ho bisogno di vacanze e di un meritato riposo.

Un bacio, alla prossima^-^

   
 
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