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Autore: ClaryMorgenstern    04/08/2012    6 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Best safety lies in fear.
W. Shakespeare.

VI
Lies in fear


Jace stette ad ascoltarla in silenzio.
Clary cominciò dall'inizio. «Pensavo a cosa sia impossibile» gli disse. «e a come sia possibile essere finiti nel XIX secolo. Poi ho pensato che tutto è possibile, e tu qui, vivo accanto a me, ne sei la prova vivente.»
Il ragazzo, sdraiato sul letto, guardava il soffitto con una mano tra i capelli. «Perché io ero morto, e ora sono vivo.»
Clary annuì.«E quindi ho pensato:Se Raziel può alterare le leggi della vita e della morte, allora può alterare anche quelle del tempo»
«Questo comporterebbe rubare Mellartach e la coppa mortale» Jace sorrise. Forse all'idea di commettere qualcosa di così illegale e folle. «Poi arrivare ad Idris, gettarle nel lago Lyn, recitando parole di cui non conosciamo nemmeno l'inizio» Già nella maniera in cui le aveva elencate, quelle gli parvero molto più che imprese. Per arrivare ad Idris, forse sarebbe stato facile con uno stilo. Ma rubare la coppa sotto gli occhi del Conclave? E Mellartach, che il console Wayland teneva gelosamente con sé nella Londra Vittoriana?
Non le sembrava neanche corretto, ad essere sinceri. Nonostante avessero infranto le leggi dell'alleanza erano stati corretti: Avevano dato loro la possibilità di difendersi. Con Simon, centoventi anni dopo non l'avevano fatto. Né con Jace. Li avevano sbattuti in cella senza tanti preamboli e da soli avevano assoldato la loro colpevolezza.
Jace si alzò a sedere, guardandola negli occhi. «Mi sembra piuttosto complicato, Clarissa»
«Almeno io ho pensato a qualcosa!» sbottò Clary, incrociando le braccia. «Da quando siamo arrivati non fai che dire che torneremo a casa e fare battute sarcastiche litigando con il tuo antenato.»
Il ragazzo fece una smorfia. «Quello lì è un idiota.» sentenziò. «Non mi assomiglia per niente»
Clary non voleva, ma le sue labbra si tesero in un sorriso. «Siete fatti dallo stesso, arrogante stampino. Stanne certo»
Jace assunse quel sorriso sghembo che le faceva venir voglia di baciarlo e prenderlo a schiaffi contemporaneamente. «Come se non ti piacesse, questo arrogante stampino»
La ragazza lo colpì con un cuscino. «Concentrati Jace.»
Jace fermò il cuscino prima che potesse abbattersi un'altra volta sulla sua testa. «No.»
«No cosa?»
«Non possiamo evocare l'angelo.» disse. Si alzò in piedi e camminò avanti e indietro per almeno cinque minuti prima di continuare.«Se lo facessimo, Mellartach e la coppa mortale non arriverebbero a Valentine»
Clary saltò. «E quindi non ci sarebbe la rivolta!» esclamò. «Salveremmo delle vite»
Jace non era dello stesso avviso. «Pensa agli Shadowhunters che hanno trovato giustizia grazie a Mellartach» le disse. «e ai mondani che sono diventati Nephilim grazie alla coppa mortale»
«Pensa invece» cominciò lei. «a quante persone hanno perso la vita nella rivolta e, successivamente nella battaglia di Idris.» gli si avvicinò, posandogli una mano sul braccio «Salveremmo Max, Jace»
Lui le sorrise. Un sorriso traboccante tristezza e malinconia. «E chi ti assicura che Max nascerà?» le chiese. «Che noi nasceremo?» Le passò una mano sulla guancia, con delicatezza. «Non possiamo alterare il futuro, Clary. E non possiamo rimediare agli sbagli di qualcun altro.»
Clary sbuffò. «Quand'è che sei diventato tu quello saggio e responsabile?»
Jace le sorrise. «Hai dimenticato affascinante e irresistibile»
«No. Ho dimenticato idiota» Gli poggiò la testa sul petto, improvvisamente a corto di energia. «La nostra unica ipotesi sfumata.»
«Vieni» la condusse di nuovo verso il letto, facendola sdraiare. Le baciò con dolcezza le labbra, prima di sussurrarle: «Domani mattina»
Clary chiuse gli occhi e si sdraiò su un fianco, di fronte a Jace. «Ti amo» le sussurrò, prima che si addormentasse.

I giorni passarono lenti e uguali tra loro.
La mattina la passavano sui libri, così come il pomeriggio, intervallato dal pranzo maestoso che Aghata preparava. Dopo ore in biblioteca, aiutati sempre da Tessa e, talvolta, da Jem, si ritrovavano per la cena.
Passarono così dieci giorni. Dodici giorni da quando si erano svegliati nella Città di Ossa, Quattordici giorni da quando erano arrivati nel XIX secolo. La sera del terzo giorno, Charlotte aveva detto loro che lo stregone suo informatore era fuori città, e che non sarebbe tornato prima di una settimana. Quindi, gli Shadowhunters non poterono fare altro che aspettare, e cercare inutilmente trai migliaia di libri della biblioteca.
Il pomeriggio del sesto giorno, Jem entrò nella biblioteca e si voltò verso Clary, chiedendole di seguirlo. Clary annuì, in silenzio. Non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere che Jace li stava seguendo.
Jem li condusse per i corridoi dell'istituto. «E' un piacere avervi qui, sapete?» disse ad un certo punto, mentre svoltavano un corridoio, lasciando cadere il discorso sulle armi rinascimentali cinesi che stava avendo con Jace. Clary notò quanto quell'istituto fosse più grande di quello a New York. E anche con più corridoi. «Credo che la nostra Jessamine e la vostra Isabelle si siano trovate»
Jem aveva ragione. Jessamine e Isabelle sarebbero potute diventare parabatai se fossero nate nello stesso secolo. Isabelle aveva abbandonato le ricerche già dal secondo giorno, quando ormai tutti avevano capito che non sarebbe stata di nessuna utilità, così passava il tempo con Jessamine, o almeno così diceva loro, per imparare come comportarsi nel XIX secolo e la sera, dopo cena, gli insegnava come apparire trasparenti in quell'epoca.
«Il che è un miracolo.» borbottò Jace. «Così almeno si rompono a vicenda, al posto di rompere a noi»
Jem ridacchiò e si fermò davanti ad una porta di legno scuro, leggermente più alta delle altre del piano. «Siamo arrivati» disse.
Il ragazzo aprì la porta e li fece entrare.
Clary rimase senza parole. La sala, grande più o meno quanto la cucina dell'istituto di New York, era il paradiso degli artisti. Addossati alla parete alla sua destra, c'erano diversi cavalletti vuoti con accanto le rispettive tavolozze pulite con assortimento di pennelli di ogni dimensione e strumenti per la scultura. Nella parete alla sua sinistra, vi erano posti grandissimi armadi di metallo. Uno di essi era aperto e conteneva litri di colore a tempera e diverse tavolozze contenenti colori ad acqua. Una scatola più piccola, nel ripiano inferiore conteneva diversi carboncini e, arrotolati lì a fianco, una pila di pergamene bianche era accatastata contro la parete.
Le vennero le lacrime agli occhi per quanto era bello. «Te l' avevo promesso, mi sembra» le disse Jem, con un sorriso.
Al diavolo l'etichetta pensò Clary mentre si gettava tra le braccia di Jem e lo abbracciava. Lo ringraziò di cuore tra le lacrime di gioia e solo dopo lo sentì emettere un gemito di dolore. Clary si staccò immediatamente. «Stai bene?» gli chiese, asciugandosi le lacrime con il polsino del vestito.
Jem gli sorrise, ma Clary vide un'ombra di dolore passare per quegli occhi grigi. «Si, tranquilla» le disse, per niente convincente. «Ti piace, allora?» chiese, voltandosi verso la stanza.
Clary fece un sorriso. «E' meravigliosa» si voltò verso Jem. «Grazie, davvero»
«E' stato un piacere» disse con un sorriso. «Io torno giù, voi godetevi la sala» e li lasciò. Clary entrò nella stanza. Era anche più bella di come l'aveva immaginata, dopo che Will e Jem gliene avevano parlato. Immaginava sé stessa lì, per ore a non fare altro che dipingere, disegnare, colorare. Dare libero sfogo a ciò che lei realmente era: Un'artista. D'altronde, ce l'aveva nel sangue.
Jace entrò silenziosamente, dietro di lei. «Beh, non è male.» disse, esaminando la sala. «Se hai bisogno di un modello per il nudo, fammelo sapere.»
«Se continui a offrirti di spogliarti per fare da modello» gli disse senza voltarsi. «Un giorno sarò costretta ad accettare»
Seppe che stava sogghignando anche senza bisogno di voltarsi. «I tuoi quadri andrebbero a ruba»
Clary fece qualche passo in avanti e sfiorò una tela nuda con la mano. «Passami un carboncino» gli disse, senza sapere bene neanche cosa disegnare.
Jace, silenzioso, glielo portò. Clary strinse la presa sulla grafite, poggiandola sulla tela bianca.
Come le era già successo più di una volta prima di allora, la sua mano si mosse.
Non che non ci avesse pensato, ad usare una runa per tornare nel XXI secolo. Ma quando aveva pensato "Portale temporale", la sua mente era rimasta bianca e pulita, come quando ad Idris aveva cercato di visualizzare 'uccidi Valentine'.
Adesso che stringeva in mano il carboncino e disegnava vorticose linee scure sulla tela, pensò che il suo sangue angelico avesse finalmente deciso di risponderle e fornirle una maniera per tornare a casa.
Già quando alzò la mano dalla tela, si rese conto che non era così. Guardò il suo disegno. Era una runa fatta di vorticose linee che terminavano con un nodo che le ricordava quello usato per le impiccagioni. Era una runa che parlava di ricerca e fatica. E Clary capì subito cosa facesse.
Jace le si avvicinò. «Non vorrei sbagliarmi, ma direi che è una runa.»
Clary alzò gli occhi al cielo. «Grazie, Capitan Ovvio»
Jace ignorò il suo commento. «E' ovvio che non ci riporterà nell'epoca dell'acqua calda corrente, se no staresti facendo i salti di gioia. Cos'è che fa?»
Clary posò il carboncino sul cavalletto e si voltò verso Jace, sorridendo. «Trova l'energia demoniaca.»

Si precipitarono immediatamente in biblioteca per chiamare Alec. Quando arrivarono, si resero conto che anche Jem e Tessa erano lì, pronti ad ascoltare qualunque cosa avessero da dire.
Clary guardò Jace, e sentì quello che il ragazzo le aveva detto appena qualche giorno prima.
Non possiamo alterare il futuro.
E, silenziosamente, Clary capì di doversi tenere il suo talento con le rune per sé. Jace sciolse la mano dalla stretta e si avvicinò al fratello. «Alec alza il sedere e vieni con me.» disse, senza troppi preamboli. «Ho bisogno d'aria fresca»
«Va' con la tua ragazza» borbottò Alec con il naso su un libro dalla copertina scura quanto i suoi capelli. «Fa freddo là fuori»
Non si prese neanche il disturbo di provare a convincerlo. Lo afferrò di peso per farlo alzare e, dopo diversi minuti di lamentele, Jace la spuntò. Clary andò a continuare il libro lasciato a metà da Alec, seduto accanto a Jem. Londra doveva essere piuttosto noiosa, pensò Clary alzando il pesante volume, se Jem aveva tutto questo tempo per aiutarli nelle ricerche.
Sulla porta, Jace e Alec per poco non si scontrarono con Will, che stava entrando in quel momento. Fece un breve inchino con il capo. «Signori»
Lo sguardo di Jace si assottigliò. «Buongiorno» disse, seguito da Alec. E sparirono attraverso la porta.
Will si incamminò verso di loro, appoggiandosi allo schienale della poltrona occupata da Jem. «Ho l'impressione di non piacere molto ai vostri amici.»
Clary non alzò lo sguardo dalla pagina. Tenendo un'espressione cordiale voltò pagina. «Non badare alle apparenze. In realtà ti adorano»
Jem alzò lo sguardo sull'amico. «Volevi qualcosa, Will?»
«Se siete tutti qui a giocare ai fratelli Silenti io mi annoio» borbottò il ragazzo. «Tanto vale che vi dia una mano.»
Tessa alzò lo sguardo dal suo libro. «Che spirito altruista, Will.»
Will la guardò a lungo, in silenzio. Clary l'aveva già visto quello sguardo, tante e tante volte. È lo sguardo di chi ha qualcosa da dire. Qualcosa di fondamentale. Ma mancano le parole.
Alla fine, chiese soltanto quali libri erano ancora da controllare.
Nonostante Will, cercarono ancora per venti minuti prima di fermarsi. Clary si strofinò gli occhi con le mani, improvvisamente stanca. Una sottile nausea la costrinse a chiudere gli occhi. Creare la runa l'aveva stancata molto. Era passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che l'aveva fatto. Così tanto che aveva pensato di averlo immaginato, quel talento. Di non averlo mai avuto. Ma poi ricordava di aver dato una speranza ai Nephilim contro Valentine, con quella runa. E allora si sentiva molto meglio.
Ma creare quella runa era stato qualcosa di diverso. Era una runa di cui non avrebbe mai avuto bisogno nella sua epoca, non con i sensori. L'angelo aveva creato quella runa, ma non l'aveva inserita nel libro grigio. Aveva fatto in modo che i Nephilim ci arrivassero da soli a come trovare i demoni. Non voleva rendergli facile il lavoro.
La nausea le passò, ed aprì di nuovo gli occhi. Erano ancora tutti come li aveva lasciati. Jem seduto su una poltrona con un libro dalla copertina marrone ed i caratteri bianchi. Tessa seduta accanto a lei con un volume decisamente più piccolo, dalla copertina nera con i caratteri di bronzo e Will, seduto di fronte a Tessa e Clary, cambiando libro ogni dieci minuti. Clary non riuscì a capire se li leggesse molto in fretta o li sfogliasse e basta.
Dopo aver cambiato libro per la sesta volta, Will si avvicinò a Tessa, posandole il viso sulla spalla. Tessa sobbalzò, evidentemente non lo aveva sentito. «Signorina Gray» le disse suadente. «Siete ferma in quella pagina da diverso tempo» le fece notare. «Devo supporre che c'è qualcosa che vi distrae.»
Tessa chiuse il libro con uno scatto così veloce che dalle pagine si librò una nuvoletta di polvere. «Sto bene, grazie»
Will sorrise ironico e tornò a sedersi sulla poltrona di fronte a loro. «Cosa avete trovato fin'ora?» chiese.
Clary si sorprese di una domanda così normale. Si passò una mano sul viso, scostando i capelli rossi. «Non molto. Solo cavolate su cos'è il tempo e il suo essere inalterabile.»
«Fin qui non mi sembra molto attendibile» prese il libro che Clary stava leggendo, sfiorandole le mani. «e nient'altro?» chiese, sfogliandolo.
«Nulla» fece Jace rientrando con Alec e Izzy. Si voltò verso Tessa, quasi arrabbiato. «Tu sei una strega, giusto?» le chiese senza troppi preamboli. «Non hai mai sentito di niente del genere?»
Clary rimase confusa per qualche secondo. All'inizio, quando non erano sicuri che lei fosse una Shadowhunters, avevano fatto immense storie sul fatto che lei rimanesse all'istituto, perché non era una Nephilim, perché era una mondana. Pensava che la legge si applicasse anche ai nascosti. Si sentì vagamente risentita.
Tessa arrossì, leggermente. «Io.. non ho mai sentito di niente del genere» disse con voce tremolante.
Will si alzò in piedi, dando le spalle a Tessa e si rivolse verso Jace, come facendo da scudo alla ragazza. «Tessa era ignara del mondo invisibile fino a tre settimane fa.» sibilò. «Se avesse saputo qualcosa, stanne certo che ve ne avrebbe fatto parola»
Jace lo guardò con lo stesso sdegno. «Allora perché non ce l'ha detto? Avrebbe potuto essere utile»
«L'unica cosa che potrebbe esserti utile e una corda con cui impiccarti»
«Oh cielo!» fece Jace con falsa aria di scuse. «Non sapevo di essere capitato nel secolo degli idioti colossali! Chiedo immensamente scusa»
Clary scattò in piedi. «Jace, adesso basta» il ragazzo la guardò per qualche secondo, prima di alzare le braccia e gli occhi al cielo e di gettarsi su una poltrona. Will ridacchiò, e Clary lo fulminò con lo sguardo. La ragazza si rivolse verso Tessa. «Perché non ce l'hai detto?»
«Perché non sono capace di fare magie» disse con un filo di voce, guardando gli stivaletti di Clary. «C'è solo una cosa che so fare.»
Jace alzò un sopracciglio biondo. «mentire con leggerezza?»
Tessa e Jem si scambiarono un lungo sguardo. Era uno sguardo di implorazione. «Tessa è una mutaforma» rispose Jem, al posto suo.
Jace scattò in piedi. «Un Eidolon
Will indicò Tessa, che aveva abbassato il capo e si accarezzava le mani. «Ti sembra per caso un demone?»
Tessa guardò Will, e lui guardò lei. Clary riconobbe nello sguardo del ragazzo quello che Jace le aveva rivolto nella cantina della tenuta dei Wayland. Quello sguardo di incoraggiamento che diceva "Alzati e fai vedere a questi idioti quanto vali" Così pieni di un fuoco vivo, di fede nelle sue capacità.
Di fede in lei.
Era uno sguardo talmente intimo e speciale, che Clary si sentì all'improvviso troppo ingombrante e di troppo.
Tessa fece un debole sorriso, guardando Will e poi si volse verso di Clary, che vide un barlume di coraggio scintillare dentro i suoi occhi. «Dammi qualcosa di tuo»
Clary non disse nulla, confusa, e si sfilò la catenina con l'anello dal collo, porgendolo alla ragazza. Era l'unica cosa di suo che avesse ancora con sè. Le avevano buttato via persino i vestiti. Avrebbe dato qualunque cosa per riavere i suoi jeans e le Skechers verdi.
Tessa prese la catenina tra le mani, stringendo le mani a coppa su di essa. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
All'inizio non accadde nulla, tanto che Clary pensò che li stesse prendendo in giro. Poi, una leggera luminosità si sprigionò dalla pelle della ragazza, mentre la figura ormai più simile ad una fiammella che ad una persona, si trasformava. Le spalle, una volta leggiadre e sottili, divennero robuste e pesanti, così come il collo di cigno si alzò e si irrobustì, non reggendo più la piccola testolina e i capelli scuri di Tessa, ma un viso aristocratico e affascinante, decisamente maschile, dai tratti duri e spigolosi, la mascella pronunciata e i serici e sottili capelli biondo cenere. Gli occhi erano molto simili a quelli di Tessa, di un grigio chiaro tendente all'azzurro, ma ne cambiò la profondità e il calore. Quelli erano freddi, duri, vitrei.
Clary fece qualche passo indietro, invasa dall'orrore.
Ho capito che la ragione per cui Jocelyn mi lasciò fu di proteggere te.
Sapeva che non era reale, lo sapeva. Ma si portò una mano alla gola, sentendo all'improvviso la lama della spada mortale premerle contro il collo.
Per colpa tua lei mi odia. E per questo io odio te.
Valentine.
  
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