-Diciassettesimo
Compleanno-
Avere
diciassette anni non è semplice, ti guardi attorno nel mondo
e capisci che a
breve tutto cambierà, fra un anno saremo
maggiorenni e dovremo camminare con le nostre gambe tra problemi e
responsabilità mentre allo stesso tempo non possiamo
più comportarci da bambini
per quanto lo si voglia, perché… bhe
perché è cosi.
Insieme
a tutte queste preoccupazioni, nel mio caso, il giorno in cui ho
compiuto
diciassette anni mi sono ritrovato ad affrontare un grosso cambiamento,
talmente
grosso che certe volte rimpiango di non aver trovato un modo per
fermarmi ai
cari e spensierati sedici anni.
Il
mio nome è Lucas sono un ragazzo magrolino con dei capelli
arruffati neri e
vivo in un piccolo paesino a sud di Londra, come ben sapete qui da noi
il tempo
non è mai dei migliori, ma stranamente oggi, giorno del mio
compleanno, il sole
risplende in cielo senza neanche una nuvola a guastare il panorama.
Erano
le 7.30 quando mia madre dalla cucina mi chiamò per fare
colazione.
-Lucas…
sveglia… è ora di fare colazione!!-
Mi
alzai in piedi, ancora non rendendomi conto che fosse il mio compleanno
e scesi
giù tranquillamente, passo dopo passo, mezzo assonnato.
-Eccomi
mamma- l’unica cosa che riuscii a dire essendo ancora in
stato cadaverico.
-AUGURIIII-
mia madre urlò; Alzai lo sguardo e vidi un grosso striscione
appeso sul muro,
con scritto sopra “BUON 17° COMPLEANNO”.
Mia
madre mi venne incontro a braccia spalancate –ohh il mio
ometto… un altro anno
e sarai l’uomo di questa casa- mi diede un grosso bacio sulla
guancia –per
festeggiare ti ho preparato i pancake al cioccolato che ti piacciono
tanto…
però sbrigati a mangiare che senno farai tardi a scuola-.
La
guardai –ma mamma è il mio compleanno, posso non
andar…- non mi fece nemmeno
concludere la frase che mi azzittì –Lucas
è inutile che continui …a scuola ci
vai ed anche di corsa-
mi porse un
piatto con dieci pancake impilati l’uno sull’altro
immersi letteralmente nel
caramello e panna.
Sbuffai.
Mi
misi a mangiare in silenzio guardando di tanto in tanto le
pubblicità che
passavano in televisione quando mia madre che era andata un attimo in
camera
sua, mi chiamò –Luuu… vieni un attimo-
mi alzai ed andai in soggiorno, dove
trovai mia madre seduta sul divano con un pacchettino in mano
–tieni- mi disse
sorridendo.
Presi
il pacchetto verde e nero ed incuriosito lo scartai; dopo qualche
istante aprii
l’astuccio e trovai all’interno un ciondolo, la
forma non la capivo, era simile
ad un tribale, ma molto più armonioso e al centro, bloccata,
c’era una piccola
pietra trasparente, con delle sfumature nere.
-Wow,
mamma grazie- sorrisi di rimando –è molto carino-
lo sfilai e lo appesi al
collo.
-Era
del tuo bisnonno…che lo diede a tuo nonno e lui a sua volta
a tuo padre per i
loro diciassette anni- un velo di tristezza calò su mia
madre, mio padre era
sparito un bel po’ di anni fa, non si sa come, non si sa
dove, si sa solo che
una notte uscì e non fece più ritorno
–tuo padre lo portava sempre al collo in
gioventù e mi ha sempre detto che un giorno lo avrebbe
lasciato a suo figlio…ci
teneva molto…- una lacrima solcò il viso di mia
madre –vabhe dai… non pensiamo
al passato… oggi è un grande giorno e la scuola
ti aspetta…- si alzò nuovamente
in piedi, mi diede un altro bacio e torno alle sue faccende in cucina.
Io
restai qualche altro minuto, li in salotto, a contemplare quel ciondolo
ed a
pensare a mio padre, che ricordavo cosi poco e a come dovesse essere
stato da
giovane; Provavo sentimenti vari per mio padre, a volte mi mancava
mentre altre
volte provavo rabbia, perché infondo il timore di essere
stato abbandonato l’ho
sempre avuto anche se mia madre non ha mai dubitato ed ha sempre
cercato di
rincuorarmi.
Ora
invece, provavo tristezza ma anche gioia, perché avevo
qualcosa che mi legava a
lui, qualcosa che era suo ed ora è mio, che lui mi voleva
dare…avvertivo come
un legame.
Sorrisi,
infilai il ciondolo sotto la maglietta e venni riportato alla
realtà dall’urlo
di mia madre –SBRIGATI IL BUS STA PER ARRIVARE!!!- corsi di
sopra ed andai a
prepararmi.
Dopo
una quindicina di minuti ero pronto, presi lo zaino ed uscì
di casa per andare
a prendere l’autobus.
A
metà strada incontrai Lynn, la mia migliore amica, la
conosco da… bhe da
sempre. Lynn non è mai stata la classica ragazza che adora
trucchi e bambole,
anzi è sempre stata un maschiaccio, pronta sempre ad andare
oltre l’apparenza e
forse per questo che ci siamo trovati subito, non sono mai stato un
ragazzo
sveglio o estroverso, anzi… ma lei è stata in
grado di vedermi per quello che
sono.
Ricordo
ancora il nostro primo incontro, eravamo in classe, all’asilo
ed un bulletto
che non ricordo più il nome, mi rubò i pastelli
che stavo usando per completare
il disegno di un dinosauro. Iniziai a piangere e Lynn mi vide, corse
verso
questo ragazzo lo buttò a terra ed inizio a dargli dei
cazzotti in faccia; Non
vi dico la maestra per quanti giorni stette a rimproverarla. Ma lei mi
difese,
riprese i pastelli e me li ridiede.
Passammo
il resto della giornata a colorare insieme… o per meglio
dire solo il
pomeriggio, perché la mattina la passò in castigo
dietro la lavagna.
Si
è proprio un maschiaccio, la mia cara Lynn, e con gli anni
la sua passione per
i pugni si è trasformata in svariate cinture di karate e
judoo.
-Auguriiiiii-
mi disse appena mi vide –che ti avevo detto, tua madre non
avrebbe mai
acconsentito a non farti venire a scuola oggi- mi fece una linguaccia.
Le
sorrisi rassegnato.
-questo
è per te… un libro… l’ultimo
di John Reseltov…- era il mio autore preferito.
Lo
presi in mano –grazie mille- dissi eccitato mentre lo
sfogliavo.
In
quel preciso momento, il bus sbucò da dietro
l’angolo, si fermò e rapidamente
posai il libro in borsa per poi salire insieme a Lynn sul pulmino.
Prendemmo
posto dietro a tutto –Lynn stasera mia madre ha organizzato
una piccola festa a
casa… logicamente devi venire!-
Sbuffò
–lo sai che odio le feste…- disse
-Dai!...
saremo in pochi…per lo più parenti…-
alzò gli occhi al cielo –vengo!- disse
–ma
solamente perché sei tu!!!- e mi diede un cazzotto sul
braccio.
Sorrisi
e mi misi a guardare fuori il finestrino.
“Forse
questi diciassette anni non saranno cosi male” pensai, ancora
ignaro di tutto
quello che di li a poco sarebbe accaduto.
Arrivammo
a scuola,
Stare
al suo fianco era, come dire, una sicurezza, mi capitava di tanto in
tanto di
vedere bulletti qua e la che infastidivano i ragazzi, ma con Lynn di
fianco
nessuno osava mai alzare un dito su di me e devo dire che è
una fortuna perché
non saprei minimamente come difendermi.
Entrammo
in classe e prendemmo posto, dopo qualche minuto di caos generale pre
lezione,
arrivò la professoressa di scienze.
-Buongiorno
ragazzi-
-Buongiorno
Miss Fenning- rispondemmo a coro
-spero
che tutti voi abbiate completato il progetto che vi avevo dato sulla
fotosintesi…-
disse.
Ci
avevo lavorato per un mese, ma ero soddisfattissimo, avevo preso una
pianticella e l’avevo fatta crescere ed analizzata nelle sue
singole parti.
Lynn
invece si guardava intorno annoiata, lo studio non era mai stato il suo
forte,
anzi… ed infatti come progetto aveva portato una foglia
presa a caso nel
cortile della scuola.
-ti
darà una F- gli dissi sottovoce
-meglio
di una G- mi rispose
-non
esistono G come voti- alzai gli occhi al cielo, mentre lei sbuffava.
-bhe
oramai è tardi per rimediare… quindi mi
inventerò quattro cose su questa foglia
e cerco di salvarmi con una D-
-
ma…- provai a ribattere ma lei mi guardò con
quello sguardo che usa quando
vuole concludere una discussione.
Tornai
a guardare la professoressa che ad uno ad uno ci chiamò per
mostrare il
progetto alla classe.
Il
turno di Lynn fù il più esilarante, visto che si
inventò tutto di sana pianta e
quelle poche cose che disse, le disse cosi con convinzione che alla
fine la
prof le diede addirittura unaC- -. Tornò a posto super
soddisfatta.
Ora
era il mio turno, presi la pianta con gli schemi ed andai vicino alla
cattedra.
-Il
processo foto sintetico è quel processo che permette alle
piante di
sintetizzare zuccheri attraverso la luce….- iniziai il mio
discorso
-…
ora andiamo a vedere nello specifico alcune parti della pianta,
iniziamo con la
foglia..- presi la pianta e sfiorai con l’indice la
fogliolina.
In
quel preciso istante mi sentì come se fossi stato investito
da una macchina, la
vista mi si annebbiò e tutto cominciò a girarmi
intorno, sentì un forte
bruciore in petto, come se qualcosa stesse bruciando sulla mia pelle,
era il
ciondolo.
Tutto
divenne nero.
Svenni.