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Autore: TooLateForU    04/08/2012    6 recensioni
“Sapevi che schiessenhausen vuol dire gabinetto?” chiesi divertita, sfogliando il dizionario tascabile di inglese-tedesco.
“Sì Julie, lo sapevo. Perché sai, io sono tedesco.”
“Ti immagini? Scusi, devo fare un salto al SCHIESSENHAUSEN!!” scoppiai a ridere, perché era una parola sinceramente esilarante, ma Mister Trecce Selvagge si limitò ad alzare un sopracciglio.
Nessuno comprendeva il mio spiccato humor inglese.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma mi ero scordata di doverlo fare D: dico sul serio.
comunque, come vanno le vacanze? io ora sono nella mia cità natìa (?) a crepare di caldo, ma il 13 me ne vado in cornovaglia e poi a londra (per la sedicesima volta) YEE
basta. non so che dire.
POLLO!
AHAH
ciao.








Arrotolai attorno alla forchetta altri spaghetti, prima di farli ricadere nel piatto come avevo fatto con i precedenti. Quella pasta era disgustosa, probabilmente perché non era veramente pasta. Chi mi assicurava che questi filini biondi non fossero in realtà i capelli della grassoccia donna della mensa? Nessuno, ecco chi.
E perché il condimento era verde? Ricordo perfettamente quando mamma e papà (in uno dei loro deliri di mezza età in cui credevano che fossimo una famiglia normale) avevano trascinato me e Ben a Pastalandia. E gli spaghetti alla bolognese non erano verdi.
“Li mangi quelli?”
Alzai gli occhi su Carol, che a bocca piena indicava con la sua forchetta il mio piatto.
Ma non si era accorta che ero stata in silenzio tutta la mattinata? Che non avevo toccato cibo? E che non avevo nemmeno fatto una qualche divertente battuta sui pantaloni a quadri gialli del professore di ginnastica?
A volte mi chiedevo se davvero valesse la pena essere amiche di Carol. Avrei potuto conversare con uno scoiattolo in coma, e sarebbe stato uguale.
“No, ingozzati pure e continua a fare come se niente fosse!” ribattei stizzita, allontanando bruscamente il piatto da me.
“Okay…” rispose, un po’ stordita “..Ma posso avere anche il budino?”
Mein Gott!
 
UN’ORA DOPO.
Avevo deciso che non avrei rivolto la parola a Carol finchè non mi avesse chiesto scusa. In realtà non credo sapesse di dovermi chiedere scusa, dato che non glielo avevo detto, ma una vera amica dovrebbe intuirlo, no?
Comunque, era l’ora di chimica, e dovevamo andare in laboratorio. Dio santo, questo camice bianco mi faceva sembrare una povera idiota! Eppure a Dottor House sembravano tutti così fighi in camice..
“Scusa, è occupato?” una voce femminile mi riportò sul pianeta terra, e smisi di lottare selvaggiamente con i bottoni del camice.
Solitamente Carol si sedeva sempre vicino a me, così io potevo incidere qualcosa di figo sul banco con le forbici mentre lei lavorava, ma oggi dovevo evitarla e quindi sorrisi alla biondina sconosciuta.
“No, puoi sederti.” Risposi, e lei sembrò sollevata. Si aggiustò gli occhiali grossi come dei televisori sul naso e posò la sua gigantesca borsa rossa sul banco. Poi si stirò la gonna nera che arrivava fino alle ginocchia (no, non le avevano bandite dopo che era passato il quattro avanti cristo!!) e si sedette.
Sembrava davvero una tipa bizzarra. Perché si era conciata in questo modo? Che gusto c’era a sembrare una stressata impiegata ultra cinquantenne a sedici anni? Bah.
Comunque avevo cose più importanti a cui pensare, del tipo: a chi potevo confessare quello che era successo con Treccia Spastica, in ospedale? Dovevo parlarne con qualcuno, non potevo portare quell’opprimente segreto fino alla tomba.
Carol era esclusa, a prescindere. Quindi rimanevano, ehm..

Nessuno. Certo, se fossi stata a casa mia, a Bristol, avrei chiamato Cathy o Jude, ma ormai loro saranno andate avanti con la loro vita, e si saranno scordate della povera ma strepitosa Julie Armstrong.
Ma allora a chi potevo dirlo? A chi?!
Improvvisamente sentii un fracasso terribile alla mia destra, e vidi che la biondina aveva fatto rovesciare tutte le fialette di vetro. Anche quelle del banco di dietro.
Ma come..?
“Ma cazzo, stai attenta!” esclamò irritata la voce di Daan Böhm, il fighetto palestrato della scuola. Sinceramente, non era neanche poi così carino, ma da quanto mi aveva detto Carol tutte impazzivano per lui e si ammazzavano per fargli annusare le loro mutandine, o qualcosa del genere.
Comunque la biondina divenne tutta rossa, e borbottò qualcosa che assomigliavano a delle scuse mentre rimetteva apposto le fialette. Ma Daan continuò a prenderla per il culo (almeno credo, non è che capissi molto) con il suo idiota e gorgheggiante compagno di banco.
Non so come, ma in quel momento ritrovai dentro di me la vena da Xena – Principessa Guerriera e mi incazzai tantissimo. Ma come si permetteva questo?
“Senti, Adolfo, perché non torni a giocare con la macchinine a scontro e non la smetti di rompere le palle alla mia amica?” gli dissi, innervosita. I due smisero subito di ridere, e mi lanciarono un’occhiata perplessa.
Sperai che avessero capito, perché mi stavo già cagando sotto dalla paura e non l’avrei ripetuto.
“Quindi ce l’hai una lingua, tu? Non sei autistica o cose del genere.” Ribattè, divertito, prima di battere il pugno al suo amico.
“Mi verrebbe da chiederti se ragioni con il cervello o con il cazzo, ma dato che non hai nessuno dei due non so che dire.” risposi, prima di rivolgerli un sorriso angelico. Lui divenne immediatamente rosso di rabbia, e stava per urlarmi qualcosa di molto molto offensivo in tedesco quando entrò il prof. e tutti si zittirono.
Dietro di lui entrò Carol, affannata. Si guardò intorno, e quando mi vide già con una compagna di banco fece una faccia offesa.
Così impara.
 
OTTO SECOLI DOPO
“Dio, grazie!” esclamai rivolta al cielo (soffitto) mentre il suono stridulo dell’ultima campanella si diffondeva per tutta l’aula. Tutti si alzarono e cominciarono ad uscire, ignorando bellamente il patetico Mr Schmitt che balbettava i compiti per la prossima volta.
Dico io, quest’uomo non ce l’aveva una moglie? Una moglie che gli dicesse ‘smettila di mettere quegli stupidi papillon..e fatti una permanente!’
Comunque non mi interessava. Dovevo correre a prendere l’autobus prima di Carol, in modo da non incrociarla fino a casa, quindi raccattai velocemente lo specchietto, il mascara, il lucidalabbra e l’astuccio che copriva specchietto, mascara e lucidalabbra.
“Ehm, scusa..” una vocina flebile interruppe il filo dei miei pensieri, e mi girai esasperata verso la biondina.
Oh madre santa, perché non si toglieva di dosso quell’espressione da koala smarrito nella savana? Mi veniva voglia di prenderla per le spalle e urlarle ‘c’è una vita qua fuori..vivila!!’
“Dimmi.” Risposi, il più cortesemente possibile.
“Volevo solo ringraziarti, per prima..con Daan. Nessuno zittisce mai Daan, tantomeno per difendere me. Qui lo assecondano tutti.” continuò, con una smorfia.
Io scrollai le spalle, come se non facessi altro nella vita che prendere a parolacce i fighetti della scuola e difendere gli sfigati “Figurati. La prossima volta rispondigli tu però, eh? Ci vediamo.” La salutai velocemente, dato che avevo visto la chioma di Carol spostarsi verso la porta.
“Io mi chiamo Alina!” mi urlò dietro lei, e io mi girai di nuovo “Julie!” risposi, con un sorriso un po’ tirato, prima di voltarle le spalle e prendere a correre verso la porta. Ma quando arrivai alle scale mi chiesi se non fossi stata troppo brusca.
Oddio, magari io ero la prima persona con cui parlava da anni e anni e ci era rimasta male. Magari pensava che saremmo diventate migliori amiche, o mi considerava la sua salvatrice, la sua eroina, il suo faro nella notte..
Domani mi sarei seduta vicino a lei a mensa. Scesi a due e due gli ultimi scalini, finchè non uscii nel cortile. Strizzai gli occhi, nel momento in cui mi arrivò una gocciolina di pioggia sul naso. Bene, stava pure per piovere.
Continuai a camminare spedita verso la fermata, guardandomi intorno alla ricerca di Carol. Se stava già aspettando l’autobus, era la fine.
Bhè, non proprio la fine, ma sarebbe stato molto più difficile non parlare avendola a tre centimetri da me.
“Psss!”
Sentii uno strano sibilo, e rallentai il passo. Mi guardai dietro, ma non c’era nulla di strano, solo studenti.
Ripresi a camminare, quando sentii un altro “Psssssss!”
Aggrottai la fronte, e presi a girare su me stessa come un’idiota. Okay, non potevo essermi immaginata lo stesso rumore per due volte di seguito, no? Io non sono pazza.
“Bill ma devi pisciare?”
“No, la sto chiamando!”
“Se continui a sibilare così ti prenderanno per un idiota. E non avranno torto.”
Riconobbi quelle voci, e li inquadrai appostati dietro al giornalaio. O meglio, Bill era semi raggomitolato e nascosto, mentre Tom era semplicemente appoggiato al muretto. Ruotai gli occhi al cielo, e mi avvicinai svelta.
“Tranquillo Bill, non ti noterà nessuno con questi stivali con le borchie e il k-way giallo da maniaco.” Lo rassicurai, sarcasticamente.
“Vedi Tom, te l’avevo detto che non sarei sembrato uno di quelli che lavorano di notte sull’autostrada!” esclamò trionfante lui, ignorando il mio sarcasmo. Il cesso ninfomane ruotò gli occhi al cielo, sospirando.
“Che ci fate qui?” continuai.
“Siamo venuti a prendere te e Carol! Lei non è con te?” domandò Willy, guardando oltre le mie spalle.
“Siete..venuti a prenderci? Perché?”
“Perché vogliamo portarvi sul cucuzzolo di una montagna e darvi in pasto agli alpaca.” Ribattè ironico El Treccia.
“Bill, hai sentito anche tu questo ronzio? Chissà da dove viene..” commentai, senza degnarlo di uno sguardo, ma vidi la faccia di Bill illuminarsi.
“Quella è Carol! La vado a chiamare.” Esclamò, poi si portò il cappuccio giallo del k-way sulla testa, si guardò intorno furtivamente e si allontanò, lasciandomi sola con quello.
Ora cominciavo a sentirmi in imbarazzo. Dovevo far finta di niente, come se non fosse successo assolutamente nulla..
Ma in effetti, era stato solo un bacio a stampo, che vuoi che sia? Una cosa così veloce che a malapena potevi dire che fosse accaduta sul serio.
E poi magari era solo inciampato e si era aggrappato..uhm, alle mie labbra. Tutto può essere, no?
“Vuoi?” la sua voce mi riportò da Baciolandia al pianeta Terra, e mi accorsi che aveva una sigaretta tra le labbra e mi porgeva il pacchetto.
“No, non fumo.” Mentii. Bhè, non era proprio una bugia, avevo fumato solo un paio di sigarette con Corey, ed entrambe le volte avevo quasi vomitato sulle sue scarpe. All’inizio pensavo che mi avrebbero dato un’aria più chic e misteriosa, ma l’unica cosa che ti danno è un alito pessimo.
“Che brava bambina.” Commentò, accendendosi la sigaretta con un sorrisetto.
“Sei così rompicoglioni con tutto il mondo o è un trattamento riservato a me?”
“Non crederti speciale, lo sono con tutte.”
“Uuuh, il fascino del cattivo ragazzo. Ho i brividi. Puoi farmi un autografo sulla tetta destra?” domandai, candidamente.
“Prima dovrei riuscire a trovarle, le tue tette.” Replicò, divertito.
Oddioddio, perché ogni volta che apriva bocca mi veniva voglia di ucciderlo? Dio, se ci sei, fa che Carol abbia il corso di ceramica questo pomeriggio e che non possa accettare il passaggio!
“Ehi Julie, dato che ci danno un passaggio li ho invitati a cena, stasera!”
La voce di Carol comparve dal nulla, per distruggere tutte le mie speranze.
Evviva. 
 


   
 
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