Bianca come
Rosso come il Fuoco.
La sua storia era così inconsistente da
sembrare vapore, pensava.
Lo stesso vapore che riusciva a scorgere
in nuvolette bianche, uscito dalle labbra dei propri sudditi, mentre lei ne
osservava le esistenze, muta.
Da sempre era stata confinata in quella
che lei chiamava “Casa” ma che in
realtà, era solo la prigione più bella del mondo.
Del suo mondo, per l’appunto.
La donna dai lineamenti Albini si limitò
ad inarcare di un millimetro l’angolo del labbro sinistro in quello che doveva
sembrare un sorriso,che si rivelò essere un movimento lentissimo del muscolo guanciale.
Lei lo sapeva.
Sapeva di essere quattro passi dietro il
tempo e altrettanti dietro la propria vita, che le scorreva davanti come se non
avesse importanza, rendendola ad occhi indiscreti apatica.
In realtà non lo era, perché sentiva
perfettamente il suono sordo che i pensieri le dava, quasi come a voler cozzare
brutalmente contro le proprie membra, paralizzandola ancora di più.
Si fermò ancora un attimo a guardare il
sorriso spensierato e beato di un bambino, mentre correva in mezzo ai campi
innevati.
In quel paese, tutti tranne lei, avevano
una consistenza concreta, di carne, mentre lei, era nata maledetta dentro un
corpo di ghiaccio.
La maledizione era stata lanciata anche ad
un'altra persona, a lei del tutto sconosciuta, che prendeva il nome di Fire.
Questo nome, le avevano insegnato i propri
genitori, doveva farla tremare di paura eppure lei non sentiva nulla. Mai.
Uno scalpitio di stivali, il tintinnio di
armi e oggetti metallici, da dietro la porta della donna, fecero allarmare due
piccoli fiocchi di neve, che stavano formandosi per confortare la loro regina.
Icy, era questo il suo nome, rimase ferma
in quella maschera di statica apatia, mentre una guardia bussava continuamente
contro la porta di un colore turchese, chiamandola a gran voce.
<< Il castello sta crollando a causa
di un individuo che non conosciamo! >>
Proruppe, udendo il basso consenso alla
parola della propria regina.
<< Andate tutti via da qui. >>
Mormorò alla guardia fatta di ghiaccio,
che spalancava gli occhi.
<< Mia regina sono morti in tanti
solo avvicinandoglisi! Dobbiamo andare via! >>
La regina si mosse, mostrando due piedi
dalle delicate forme femminili ma dalla consistenza cristallina come tutto il
proprio corpo.
Si diresse con passo lentamente stoico
alla porta, per aprirla e, fatto ciò, carezzò la guancia di un uomo di
ghiaccio, unico suddito in grado di mettere piede dentro quel castello in
bilico.
<< Osi contraddire la tua regina?
>>
<< Ma... >>
L’uomo cercò di ribattere e mosse
velocemente la testa, cominciando a sciogliersi a causa del calore che stava
cominciando a sentire. Stessa situazione per le mani dell’uomo, che
cominciarono a sciogliersi, lasciando gocciolare sulla lama della spada,
innumerevoli gocce, che finirono a creare una pozza d’acqua cristallina al
suolo.
<< Vedi? Se rimani qui, morirai a
causa di tutto il movimento che hai fatto. Tio, non sei fatto per correre,
usare di spada e tutte quelle cose che servono solo a far riscaldare il vostro
corpo. >>
Tio, conscio di ciò, afferrò saldamente il
polso della propria regina e cominciò a correre, rendendosi contro troppo
tardi, di avere tra le mani solo un pezzo di ghiaccio.
<< Mia regina ... >>
Si girò di scatto e vide la donna ferma
nella propria figura statica e immobile.
<< Ho detto va e portati i tuoi,
dopo che sarete usciti da questo castello, tornerete umani, se morirete sotto
questa forma, morirete per sempre. >>
Proruppero ancora le sue labbra lasciando
all’uomo l’amaro delle proprie lacrime gelate lungo il viso.
<< Come desiderate, mia regina.
>>
E, fatto un profondo inchino, sparì,
urlando a gran voce nomi e ordini di fuga, che svanirono lentamente, con la
vita in quel castello.
La donna si mosse ancora in modo angelico,
somigliando proprio ad una fata.
Plick.
Il suono di quel fenomeno fece fermare
appena i piedi nudi della donna, e fece girare lei il capo verso quell’alone
spesso che si era andato a formare al suolo.
Plock.
Ancora, questa volta davanti a lei, una
goccia cadde dalle mura del casello.
<< Anche tu hai voglia di tornare
nella tua forma cristallina e limpida, castello mio? >>
Disse, fendendo l’aria con parole cariche
di malinconia, che riuscirono ad inclinare una parete opposta.
<< Non ricordi cosa disse quella
megera? >>
Continuò, riprendendo il cammino.
Plick. Plick.
Si fermò.
Sapeva che se anche il proprio castello
continuava a sciogliersi, per lei non ci sarebbero state speranze di
sopravvivere.
Plick. Plock. Plick. Plick.
Doveva sentirsi in qualche modo turbata da
quella vista, ed invece, non sentiva nulla, se non un timido accenno di
dispiacere, poi, nel suo cuore, regnava incontrastata l’indifferenza.
Senza spostarsi di un millimetro, ordinò
al ghiaccio di prendere vita e di condurla nella stanza del trono, e così
avvenne: in pochi secondi, fu poggiata contro lo scarno della propria sedia e
aspettò con calma l’arrivo di quello che era venuto per ucciderla, a quanto
aveva capito.
Plick. Plick.
Le gocce cominciarono a scendere più
velocemente, bagnandola mentre il suono di passi certi e cadenzati, quasi
militari, cominciare a smorzare il suono delle gocce contro il pavimento
gelato.
Quasi a volerla distrarre da quella figura
una farfalla blu, bella come solo questi animali sono in grado di essere,
cominciò a danzare senza preoccupazioni sotto la pioggia, fino a quando, forse
interessata o attratta dalla figura immobile che la osservava con incanto, si
posò sopra il dorso della mano della Regina di Ghiaccio.
Quest’ultima, affascinata, provò a
toccarla con il polpastrello della mano libera, ma, d’un tratto, così come la
farfalla aveva raggiunto il dorso della regina, i poteri dell’ultima,la
trasformarono in una farfalla di ghiaccio, libera di volare, ma composta dallo
stesso elemento della propria regina.
<< Non è stato uno spettacolo
mozzafiato, eh? >>
<< Il mio tocco gela, Fire. >>
Intuì la donna, alzandosi in piedi dal
proprio scarno, facendo sogghignare Fire, che si inginocchiò al suolo con fare
cavalleresco.
<< Il mio tocco, invece, incendia,
Icy. >>
<< Cosa vi conduce nel mio regno?
>>
Proruppe poi, facendo alzare il capo
all’uomo, che sembrava aver viso una dea scesa in terra.
<< Lei. >>
Annunciò, serio e passionale come solo
quest’elemento poteva essere.
La regina si limitò a risedersi nel
proprio scarno, notando la graduale mancanza di castello alle spalle i Fire.
<< E dimmi, Fire, cosa desideri da
me? >>
Fire, salì alcuni gradini che lo
dividevano dalla regina e con passo delicato si fermo in mezzo alla gradinata.
<< Salvarci. >>
Tornò in ginocchio, guardandola negli
occhi e vide solo dell’altra indifferenza a smorzargli il coraggio.
<< Non è possibile, la tua singola
presenza sta per uccidermi, Fire, per me non ci sono alternative. >>
Spiegò in modo asciutto e acido la diretta
interessata.
<< Io non posso uscire dalle mura
del castello, altrimenti morirò e tu, stai facendo ciò che io non ho fatto da
venti anni: uscire. >>
Le sopracciglia di Fire si aggrottarono e
lui compì due semplici ed aggraziati salti, fino a raggiungerla e averla faccia
a faccia.
Si rese conto di farle del male, ma
proprio come aveva detto lui quella vecchia megera, doveva far del male alla
Regina di Ghiaccio per liberarli dalla maledizione.
<< Perchè non ti ritrai? >>
<< Perché non sento nulla. >>
Soffiò Icy notando il dislivello di
altezza tra lei e quell’uomo.
<< Questo non va bene... >>
Affermò l’uomo, deciso a salvarli
entrambi. << Deve provare dolore, Icy, per sciogliere la maledizione.
>>
La donna rimase indifferente e Fire si
trovò a pregare che il solo sfiorarla non la distruggesse.
<< Cosa aspetta? >>
Soffiò ancora Icy, vedendo esitare l’uomo
con una mano alzata a metà aria. << Provi pure. >>
Incitato da quella Icy che, secondo la
vecchia strega megera, doveva essere la propria anima gemella, poggiò il palmo
della mano contro la guancia della donna, ma lei rimase comunque muta, con
quell’espressione fredda e la consapevolezza di star per morire viva e pulsante
nell’aria.
<< Non sento nulla. >>
Rincarò la dose e sotto incitamento di
Fire, Icy, poggiò in contemporanea il palmo della propria mano gelata, contro
la guancia calda e mascolina di Fire.
<< Senti qualcosa? >>
Scosse la testa e liberò la sensazione di
vederlo congelare a causa del proprio tocco dal petto.
<< Addio. >>
Ricordò, mentre vedeva l’ombra del
castello, svanire lentamente dalla propria testa, quasi lo stesso fosse
impaziente di scappare.
<< No! >>
Sbottò Fire, dando modo alla propria
natura ribelle, di essere libera e poi, un’idea gli venne in mente.
<< Icy? >>
Con un movimento aggraziato ma lento, Icy
guardò negli occhi Fire, occhi rossi e brucanti di amore, non capendo cosa
desiderasse.
<< Baciamoci. >>
Affermò, prendendo per le spalle la donna,
senza il timore di scioglierla, anche perché se non l’aveva fatto prima perché
esitare? E fissò intensamente quegli occhi di un azzurro pallido ma intenso,
continuare a guardarlo con indifferenza.
La donna non disse nulla, con una flebile
speranza a rincuorarla e guardò ancora Fire negli occhi, prima di chiuderli e
aspettare il passionale e caldo bacio di Fire, che cominciò a farle male.
Davvero.
Icy non aveva mai provato così tanto
dolore da quando aveva assunto quella forma, da farla piangere se non quando,
dai ricordi, era una bambina.
Pianse nel bacio lacrime di diamanti che
caddero al suolo facendo più rumore delle gocce del castello. Quest’ultimo fu
sciolto del tutto, quando i due interruppero quel bacio, riaprendo gli occhi.
<< Non sono morta? >>
Gioì e riscoprì la gioia di vedere la
propria pelle, diafana, non più fatta di semplice gelo, ma di carne, tendini,
legamenti, muscoli e ossa.
<< Non siamo morti. >>
La voce calda, profonda e sensuale di
Fire, le fece riportare i pensieri a quello che aveva avuto il coraggio di
osare fino alla fine.
La pelle di Fire era tonica, di un caldo
oro, e faceva odore di sabbia, mentre gli occhi avevano mantenuto quella
tonalità rossa che l’avevano incatenata pochi attimi prima.
Era a torso nudo, scalzo e portava un paio
di bermuda strappati in più puniche facevano risaltare le gambe toniche e muscolose
di Fire.
<< Icy. >>
Sussurrò l’uomo, prima di scattare in
avanti, abbracciandola forte a sé.
<< Siamo liberi. >>
Esultò prendendola in braccio e roteando
su se stesso, ridendo.
<< Siamo liberi! >>
Rafforzò, l’urlo, facendo vedere ad Icy la
perfezione dei suoi denti bianchi e del suo sorriso.
<< Siamo... Salvi. >>
Mormorò la donna, libera di muoversi come
voleva, senza paura di sciogliersi in acqua.
Si guardò intorno per ammirare la bellezza
del proprio reame senza più uno specchio a guidarla.
Doveva ammettere che era più bello di
quanto osasse e non seppe che fare quando una folla di curiosi cominciò ad
avvicinarsi alle fondamenta del castello, trovando solo delle rocce e pozze di
acqua oramai in procinto di evaporare.
I propri abiti regali, non davano ai
sudditi dei dubbi, che erano scioccati ma felici che la loro regina si fosse
liberata di una maledizione che andava avanti dai cinque anni della regina.
<< Vieni con me. >>
Chiese Fire, carezzandole una guancia con
fare amorevole e lei annuì, titubante, mentre i suoi sudditi lanciavano in aria
coriandoli e suonavano a ritmo di sistri e aulos, delle melodie di giubilo e
festa per questo miracolo.
<< Dove? >>
Chiese, .
<< Nel mio regno per divenire la mia
Regina. Ic- >>
Lo interruppe la donna. << Snow. Il
mio vero nome è Snow. >>
Lui sorrise e rivelò lei di chiamarsi Sun.
I due si sposarono davanti a tutti i loro
sudditi e i loro regni, furono per sempre legati da quel velo di magia che li
aveva fatti incontrare e, quando nevicava in inverno, o vi era un sole
accecante nel cielo estivo, i due erano soliti a tornare nelle rovine del
castello che aveva rinchiuso Snow per tutto quel tempo, per baciarsi e
mantenere vivo quel loro primo e speciale incontro.