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Autore: Herm735    05/08/2012    13 recensioni
Raccolta di One-Shot per provare a dimostrare che, in qualsiasi modo, in qualsiasi mondo, Callie e Arizona si sarebbero trovate. L'ambientazione cambia di capitolo in capitolo, in epoche diverse, luoghi diversi, con una sola costante: il loro amore. Almeno, è così che mi piace pensarla...
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e aggiunto la storia tra le seguite, o anche chi ha semplicemente letto.
Ecco a voi la quarta “shottina” come piace chiamarle a me. Questa è un po' più improbabile delle precedenti, ma spero che vi piaccia lo stesso!

Notare il cambiamento di rating.

Buona lettura!


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La nostra prima canzone d'amore


Avevo visto il suo viso tutti i giorni per non so nemmeno più quanto tempo.
Mai dal vivo, però. Lo avevo visto sui maxischermi della città e sulle riviste di gossip, sulle fiancate degli autobus e nei cartelloni in metropolitana. Lo avevo visto a casa mia. Ogni volta che prendevo in mano un disco con lei che mi sorrideva dalla copertina. Ogni volta che passavo davanti al suo poster che con il tempo aveva sostituito quello di Cindy Crawford.
L'avevo vista tutti i giorni per anni.
Ma questo non me lo rese più facile.
Anzi, se possibile, me lo rese due volte più difficile.
“Continua a respirare, ok?”
La faceva facile, lei. Callie Torres non le stava premendo una mano sulla bocca mentre la teneva schiacciata contro un muro.
Certo che no, idiota, perché lei è Callie Torres.
Non so come, non so grazie a che cosa e sinceramente non so neanche perché, ma continuai a respirare.
Ok Arizona, hai una sola possibilità. Dille qualcosa di intelligente. Qualcosa che la lasci senza parole.
“Ehm...”
Sei spacciata.
“Lo so, mi dispiace. Di solito non salto addosso a delle passanti innocenti. Però odio essere seguita dai paparazzi, così ti ho usato per seminarli. Spero che non ti dispiaccia.”
Mi rivolse il suo sorriso più sexy.
“Uh, no.”
Sei super spacciata.
Mi guardò negli occhi.
“Sei molto più bella di persona.”
Appena le parole ebbero lasciato la mia bocca mi colpii con una mano in piena fronte.
Ottimo lavoro, idiota. Adesso puoi andartene e pregare che il tuo idolo si dimentichi di te così in fretta da non usarti come barzelletta da raccontare ai suoi amici.
“Grazie” rispose lei con un sorriso, invece di farsi beffe di me.
Io annuii, decidendo che era meglio tenere la bocca chiusa. Lei capì che ero troppo emozionata per parlare.
“Vediamo se posso aiutare, ok? Tu diresti qualcosa molto simile a: 'Wow, tu sei Callie Torres! Sono la tua più grande fan'. 'Davvero?' replicherei io allora, 'perché anche la tizia che ha il mio nome tatuato sul viso mi ha detto la stessa cosa e quindi dovrò scegliere a chi credere, adesso. Ma dimmi, c'è qualcosa che potrei fare per la mia fan numero due al mondo?' E tu a quel punto chiederesti un autografo, senza nome o dedica, in modo che sia possibile poterlo vendere su internet. Procedo a firmare l'autografo o hai una richiesta più originale?”
Come cavolo era finita una persona come me in mezzo ad un casino del genere?
Oh, giusto.
Teddy Altman era da incolpare per tutto quello.
La mia migliore amica mi aveva convinto che sarebbe stata una grande idea fare un salto al centro commerciale visto che era periodo di saldi, ed io avevo controvoglia accettato.
Poi mi aveva costretto a provare una stupida maglietta che non mi piaceva neanche un po', ma che secondo lei si abbinava ai miei occhi, mentre lei mi 'aspettava fuori'. Ma se lei avesse davvero aspettato fuori, Callie Torres non sarebbe improvvisamente entrata nel mio camerino, schiacciandomi contro una delle pareti, premendo una mano sulla mia bocca e invadendo quello che avevo sempre amato considerare come il mio spazio personale.
“Forse sì, avrei una richiesta più originale” sussurrai così impercettibilmente che sperai di averlo solo immaginato.
“Davvero?” chiese, positivamente stupita. “E quale sarebbe questa richiesta, signorina...”
“Arizona Robbins” mi presentai. “Può chiamarmi Arizona.”
“Arizona. Perché non mi dai del tu e non mi dici qual'era questa richiesta?”
Io declinai gentilmente l'offerta di dare del tu all'unica e sola persona per cui avevo avuto una cotta enorme da quando avevo quattordici anni.
Ma chi prendevo in giro? Io non avevo una cotta per lei. Io ero follemente innamorata di lei. E qui follemente era la parola giusta, visto che non le avevo mai parlato.
“Potrei...potrei baciarla?”
Lei fisso i miei occhi azzurri per un secondo in più di quanto fosse necessario.
“Quanti anni hai?”
“Venti.”
“Solo un anno meno di me.”
Io annuii.
“D'accordo, Arizona. Puoi darmi un bacio, se è quello che vuoi.”
Voltò il viso di lato, porgendomi la sua guancia.
Ma io appoggiai delicatamente una mano su quella più lontana e la costrinsi a voltare la testa, finché le nostre labbra furono a pochi centimetri.
Capì quali erano le mie intenzioni.
Mentre io non capii subito quali fossero le sue. Se mi avrebbe fermato o no.
Ma, contro ogni logica, non mi fermò.
Lasciò che la baciassi sulle labbra, tenendo il suo viso tra le mani.
Fu pieno di dolcezza. Cercai di lasciare in quel bacio tutto l'affetto che non avrei mai potuto dare a lei.
La guardai negli occhi.
E vidi che era stupita da quello che era successo. Pensai che le persone non fossero dolci con lei, che non l'amassero quanto avrebbero dovuto. Perché lei, secondo me, meritava tutto l'amore del mondo.
“Addio Calliope.”
Uscii dal camerino, cercando di mantenere il battito del mio cuore ad un ritmo accettabile.
Quando fui al sicuro tra le quattro mura della mia camera, piansi.
Piansi perché non avrei mai più rivisto Callie Torres. Tutto ciò che mi sarebbe rimasto di lei era un sogno ed un dolce bacio scambiato dentro un camerino.

Il giorno dopo entrai in classe insieme a Teddy. Mi prese quasi un infarto quando vidi sul banco dove mi sedevo di solito un mazzo di fiori. Tre rose rosse con un biglietto.
Arizona, attendo un altro dei tuoi baci. -C
Bene. Almeno non avevo avuto un'allucinazione.
Oppure, più probabilmente, stavo ancora avendo un'allucinazione.
Perché cose del genere sono improbabili nella vita di gente fortunata, e quasi impossibili per qualcuno che ha una mediocre esistenza simile alla mia.
Incontrare Callie Torres dal vivo e baciarla era troppo poco probabile per realizzarsi. Ma incontrarla una seconda volta era categoricamente impossibile.
Teddy mi chiese mille volte di chi fossero i fiori. Non le dissi mai chi li mandava. Non mi avrebbe creduto.
Quella sera qualcuno bussò alla porta del mio appartamento.
Quando andai ad aprire ebbi letteralmente un infarto. Il mio cuore non riuscì davvero a battere per almeno una decina di secondi. Però feci del mio meglio per rimanere in piedi.
“Buonasera, Arizona.”
Mi sorrise in modo così accattivante da farmi domandare se davvero volessi smettere di avere quel tipo di allucinazioni. Domanda stupida. Certo che non volevo.
La feci entrare, perché lei era Callie Torres.
La baciai perché mi aveva portato altre sette rose rosse.
Andai a letto con lei perché era tutto ciò che avevo sempre voluto da interi anni a quella parte.
Era così semplice, nella mia testa.
Non le dissi che da quando lei aveva iniziato a cantare io avevo messo una croce sulla mia vita sentimentale. Quando lei aveva iniziato a cantare io avevo quattordici anni.
Non ero mai stata con nessuno prima di quella notte, ma non rimpiansi neanche un secondo del tempo che passai insieme a lei.
Non fu qualcosa che mi sarei aspettata da una cantante famosa in tutto il mondo, che avrebbe potuto avere chiunque solo con un sorriso.
Fu dolce. Fu lento. Ci prendemmo del tempo, tutto il nostro tempo, per capire come fosse possibile che qualcosa di così perfetto potesse accadere in modo così semplice.
Mi disse di non essere mai stata con una donna prima di me. Di non aver mai neanche baciato una donna prima del giorno precedente. Era stata attratta da alcune donne prima, ma non aveva mai avuto il coraggio di fare niente a riguardo. Io le credetti.
Mi disse anche che, per trovarmi, il suo assistente personale era quasi impazzito. E per trovare il mio banco era decisamente impazzito. Trovare casa mia era stato più facile. A quanto pare, se sei Callie Torres, la gente tende a darti le informazioni che chiedi.
Lasciai che dormisse dentro il mio letto.
Lasciai che si prendesse quanto voleva della mia anima e lo portasse via con sé.
Quando mi svegliai, il giorno successivo, lei non era lì.
Il suo profumo era l'unica prova tangibile rimasta della sua reale esistenza fuori dalla mia immaginazione.
Per tutto il giorno, di lei, non ebbi notizie. Niente di niente.
Non ci furono rose. Non ci furono bigliettini. Non ci furono sorprese.
Immaginai che avesse avuto quello che voleva.
Ma quella sera, quando qualcuno bussò nuovamente alla mia porta, ebbi il secondo infarto in due giorni.
“Mi dispiace se non ho mandato rose. Non ho avuto un secondo libero fino ad ora.”
Non la feci neanche finire. La tirai dentro, chiudendo la porta alle sue spalle, e baciandola come se le nostre vite dipendessero da quello.
Una settimana dopo l'avevo vista ogni sera ed avevo dormito con lei ogni notte.
Quando quella sera bussò ancora alla mia porta io mi chiesi cosa diavolo stessi facendo. Ma non sembrò importante. Stavo prendendo tutto ciò che riuscivo ad avere. Questa era la cruda e nuda realtà. Mi sorrise dalla soglia della porta.
Per la prima volta fui tentata di non farla entrare. Ma lei mi sorrise. Ed il mio cuore si sciolse, perché lei era la donna che avevo amato per sei lunghi anni. Avrei fatto tutto ciò che potevo per avere ancora un minuto insieme a lei. Sempre.
Le cose andarono avanti nello stesso modo anche la settimana successiva.
Non riuscivo a prendere sonno, quella sera.
“Una ragazza mi ha chiesto di uscire oggi.”
Non so perché lo dissi. Parlai senza pensare. Lei si sollevò su un gomito e mi guardò.
“Cosa le hai risposto?”
“Che non potevo. Ho una cena con i miei genitori il giorno che lei mi aveva proposto, cioè questo sabato. Così mi ha lasciato il suo numero.”
Continuai a fissare il soffitto, sentendo i suoi occhi su di me.
“E tu ti sei fatta lasciare il suo numero?” chiese, a quel punto confusa.
“Sì. Io mi sono fatta lasciare il suo numero.”
Si mise seduta. “Non puoi...non puoi farti lasciare numeri da altre donne. Non puoi promettere di chiamare altre donne o avere appuntamenti con altre donne.”
“Non posso?” chiesi. La voce mi tremava per il senso di tristezza che all'improvviso mi aveva invaso. Non sapevo neanche da cosa fosse causato. O forse non volevo ammetterlo a me stessa. Lei, prima o poi, se ne sarebbe andata e non sarebbe tornata mai più.
“No. Sei la mia ragazza” replicò come se fosse ovvio.
“La tua...” io risi amaramente. “Non sono la tua ragazza. Io sono la donna da cui dormirai finché non ti sarai stancata di me. E questo mi sta bene, perché, evitiamo di mentirci, io sono innamorata di te, Calliope. Credevo che se mai un giorno ti avessi incontrato mi avresti deluso così tanto che mi sarebbe passata alla velocità della luce. Ma tu...tu sei così dolce, e mi porti dei fiori, o dei cioccolatini, o lasci bigliettini. Io sono innamorata di te, quindi prenderò tutto ciò che posso avere fino a quando ti renderai conto che non sono niente in confronto a ciò che potresti avere tu e non tornerai mai più.”
Mi infilai una maglietta che era finita sul pavimento, non avrei saputo dire bene come, e mi alzai in piedi.
“Tutto ciò che ti sto chiedendo è di non illudermi.”
Mi voltai e feci qualche passo in direzione della porta del bagno. Lei mi si mise davanti, impedendomi di scappare.
“Credevo che fossi diversa. Il tipo di persona che mi vedeva solo per quello che sono e non per quello che faccio. Sono famosa, sì, è vero, ma questo non significa che non abbia dei sentimenti. E non ti ho mai dato motivo per dubitare delle mie intenzioni. Sono sempre stata gentile con te. Sono una persona gentile, e tu lo sai. Credevo che lo sapessi, almeno. Non ho mai trattato male uno solo dei miei assistenti in tutti questi anni, neanche Phil – il ragazzo che mi porta il caffè tutte le mattine. Io so il suo nome, anzi, e so che ha tre sorelle, Lucy, Julie e Mary. Sono stata invitata ai loro matrimoni, addirittura, ma non sono mai potuta andare perché ero sempre in concerto. E tu lo sai, tu sai un sacco di cose di me che nessuno ha mai saputo, e sei riuscita ad impararle solo in un paio di settimane. Non sono il tipo di cantante che si droga, non l'ho mai fatto in vita mia. Non faccio sesso con persone a caso e tu non sei, nel modo più assoluto, una persona a caso. Ora, puoi credermi, o puoi sbattermi fuori dalla tua vita. Ma prima di fare una qualsiasi di queste due cose devi accettare il fatto che tu sei la mia ragazza. Eccome. Quindi se vuoi che me ne vada dovrai lasciarmi.”
Se ne tornò a letto, sdraiandosi e mettendo su il broncio più carino che avessi mai visto, aspettando che tornassi a stendermi al suo fianco.
E non avrei potuto fare nient'altro se non quello.

Erano passate circa tre settimane dalla prima sera, quando bussò alla porta di casa mia ed io esitai prima di fare qualsiasi cosa.
“Non posso stasera. Ho, sai...le mie...” arrossii.
Lei aveva capito. Stavo per salutarla, ma lei mise una mano sulla porta, tenendola aperta.
“Non mi interessa. Fammi entrare. Lasciami solo...starti accanto.”
Due ore più tardi era seduta dentro il mio letto, con la schiena appoggiata alla spalliera e la mia testa appoggiata al suo addome, mentre mi accarezzava i capelli.
“Perché tieni ancora un mio poster appeso in camera tua? Adesso mi vedi di persona tutti i giorni.”
“Ma così posso vederti anche quando non ci sei.”
Non disse altro.
Però la mattina dopo mi fece una foto con il suo cellulare. Quella sera portò un poster della stessa grandezza e molto simile a quello che avevo di lei. Solo che ritraeva me.
“Posso chiedere perché?” chiesi con un sorriso sulle labbra mentre lei lo appendeva proprio accanto al suo.
“Perché così potrò vederti anche quando non ci sei.”
Io alzai un sopracciglio, guardandola con perplessità.
“Adesso vieni in casa mia anche quando io non ci sono?”
“Oh. Hai ragione. Beh, allora forse dovresti darmi le chiavi. Così potrò venire a vedere il mio poster ogni volta che vorrò.”
Evitai di farle notare che avrebbe potuto appendere il poster a casa sua, perché avevo questo bizzarro sospetto che tutta quella storia non fosse che un trucco per farsi dare una copia delle chiavi del mio appartamento.
Lei sapeva che, a parte me, c'erano solo due persone che avevano una copia della chiave per le emergenze. Teddy, la mia migliore amica, e mia madre.

Un paio di giorni dopo le detti la copia che mi aveva chiesto.
Il telefono squillò. Le dissi di ignorarlo. La voce di Teddy mi rimproverò di non essere mai uscita insieme a lei nell'ultimo mese.
Quella notte mi disse che le ricordavo New York.
“New York?”
“Sì. Sai, dove la gente cammina e guarda solo verso il basso e neanche si accorge del cielo meraviglioso che c'è sopra le loro teste.”
“Io non guardo il cielo?”
Lei rise. “Tu non ti accorgi, a volte. Però forse somigli più a Los Angeles. Tutto per te è riguardo il caldo e le belle ragazze. O forse sei tutte le città che ci sono tra New York e Los Angeles.”
Quella volta risi insieme a lei.
La mattina dopo mi svegliai ed il letto era vuoto. Non c'erano biglietti. Non c'erano vestiti sparsi a terra. Non c'era la doccia accesa.
Se n'era andata.
Sfiorai il cuscino che ancora aveva il suo profumo e sentii la porta aprirsi. Pensai che Teddy avesse chiamato mia madre e lei fosse venuta a controllare che tutto fosse apposto. Invece entrò in camera da letto una donna dall'aria familiare, vestita con i miei vestiti e che indossava il mio giacchetto, un cappellino con la visiera e degli occhiali da sole enormi.
“Sono andata a prendere la colazione. Hai finito il caffè.”
Appoggiò le due tazze e la piccola busta che aveva in mano sul comodino.
“Sembri un serial killer.”
“Non volevo che mi riconoscessero.”
Si tolse gli occhiali da sole e il cappellino, lasciando i suoi capelli neri precipitare. Si tolse velocemente il pesante giacchetto e la mia felpa, sfilandosi i jeans che erano l'unica parte del suo abbigliamento ad appartenerle. Rientrò a letto e sentii il freddo dalla distanza a cui mi trovavo, allora appoggiai una mano sulla sua spalla. Non mi ero sbagliata.
“Oh mio Dio, stai congelando.”
Mi sedetti dietro di lei, avvolgendola tra le mie braccia.
“Saranno almeno dieci gradi sotto zero fuori.”
Cercai di scaldarla come meglio potevo. Il caffè caldo aiutò. Continuò a lasciarsi stringere anche quando la sua temperatura fu tornata normale. Lo apprezzai.

Il primo mese e mezzo giunse ad una fine. Quella sera sembrava strana. Aveva la testa appoggiata allo stipite della mia porta e guardava in basso.
“Posso entrare?” chiese con incertezza.
“Cos'è successo?” sentii odore di liquore. “Sei...ubriaca?”
Lei rise piano. “Così sembra.”
“Perché diavolo ti sei ubriacata?”
“Perché un tipo ci ha provato con me stasera.”
Sentii un fuoco divamparmi nell'addome e capii di essere gelosa.
“Io l'ho respinto, ma lui non mollava, così una delle mie guardie del corpo lo ha allontanato e quel tipo ha pensato bene di colpirlo in faccia con un pugno. Così io mi sono alzata e ho dato un pugno in faccia a lui. Ed il suo amico ha dato un pugno in faccia a me. A quel punto le mie guardie del corpo li hanno atterrati e fatti arrestare e bla, bla, bla.”
Io pensai di essermi persa qualcosa.
“Tu hai dato un pugno ad un tipo perché ha picchiato la tua guardia del corpo?”
Lei rise di nuovo piano e annuì.
“Anche i ragazzi della scorta hanno avuto questa reazione e mi hanno offerto un sacco di drink. E io continuavo ad accettarli, perché non volevo ammettere il motivo per cui lo avevo fatto.”
“E perché lo hai fatto?” chiesi, leggermente preoccupata.
“Perché è questa, giusto? Questa è la persona di cui sei innamorata. La persona che difende qualcuno anche se è questo qualcuno che dovrebbe difendere lei. Ho pensato che forse tu non sei innamorata della cantante con le guardie del corpo, ma della donna che difende le sue guardie del corpo. E così l'ho colpito, perché voglio che tu continui ad essere innamorata di me.”
La sua fronte era ancora appoggiata sull'angolo dello stipite della mia porta.
Aveva balbettato molto e continuava a mangiarsi alcune lettere. Aveva bevuto davvero tanto.
Voltò la testa di lato per riuscire a guardarmi negli occhi.
“Oh mio Dio” sussurrai prendendole il viso tra le mani.
“Domani il mio occhio nero sarà su tutti i giornali. Ma tu puoi godertelo in anteprima.”
“Entra, dobbiamo metterci del ghiaccio.”
“Stavolta credevo davvero che fosse la volta buona che mi sbattevi la porta in faccia.”
La feci sedere sul divano e andai in cucina a preparare una borsa con del ghiaccio senza degnarla di una risposta.
“Allora...avevo ragione? Sono io o è la cantante più famosa del pianeta? Di quale delle due sei innamorata?”
Io sospirai, facendo scivolare alcuni cubetti di ghiaccio dentro la borsa.
“Perché non me lo dici tu? Io sono innamorata della donna che mi porta i fiori una sera ogni tanto, quando non mi aspetto che lo faccia. Sono innamorata della donna che mi lascia delle piccole note sul cuscino prima di uscire, perché sa che così non starò tutto il giorno a chiedermi se la rivedrò mai più. Sono innamorata della donna che mi tiene per mano quando facciamo cena insieme e che mi abbraccia quando guardiamo un film.”
Ebbene sì. Da un po' di tempo il sesso aveva smesso di essere la sola ed unica cosa che facevamo insieme. Anche se era ancora qualcosa che facevamo molto spesso. Lei aveva iniziato a venire ogni sera un paio di minuti prima e adesso arrivava verso le sette.
Cenavamo insieme nel mio appartamento la maggior parte delle volte. Poi ci rannicchiavamo sul divano a guardare un film. Dopo parlavamo per ore.
“Amo la donna che parla con me come se mi conoscesse da una vita. Amo la donna che mi abbraccia dopo il sesso invece di voltarsi dall'altra parte e fare finta che io non esista.”
Anche quella era una cosa che lei faceva sempre e che ogni volta continuava a stupirmi.
Mi sedetti accanto a lei sul divano, premendo il ghiaccio sul suo occhio.
“Sono innamorata della donna che mi guarda negli occhi e fa completamente sparire il resto del mondo nel nulla. E amo anche la donna che si fa dare pugni in faccia per fare da guardia del corpo alla propria guardia del corpo, anche se preferirei che evitassi di fare a botte.”
Lei continuò a guardarmi con l'unico occhio che riusciva a tenere aperto.
“E mi piace il fatto che tu sia una cantante, amo la tua voce, non c'è nessuno al mondo che non la ami. Ma non amo la fama o i soldi, amo le tue canzoni, amo ascoltare le emozioni che provi e sentirle mie.”
“Non sono le mie emozioni. Tutta quella roba, non sono io. Sono solo...canzoni su come l'amore dovrebbe essere o su come uno si dovrebbe sentire se la sua anima gemella lo molla. Ma non sono cose successe a me.”
Io corrugai la fronte. “Mi stai dicendo che non sei tu a scrivere le tue canzoni?”
“No, certo che sono io a scriverle. Sono solo...molto empatica. Scrivo di cose che conosco solo attraverso gli altri. Spesso le sento davvero mie, ma non sono dedicate a persone realmente esistenti. Sono solo canzoni su come ho sempre pensato che un giorno mi sarei sentita se mai mi fossi innamorata.”
Fu allora che capii che hanno ragione. C'è sempre molto di più sotto la superficie di quello che si vede da fuori.
“Non sei mai stata innamorata?”
“Non sono mai stata innamorata prima.”
“Prima di cosa?”
“Prima di te.”

Le chiamate preoccupate di Teddy e mia madre continuarono.
Noi due però non ne parlammo mai.
“Sei la tentazione fatta persona” le confidai una sera.
“Davvero?” chiese sorridendomi. “Allora tu cosa sei? Te ne stai lì, completamente nuda a guardarmi. Questo a casa mia si chiama tentare qualcuno” mi baciò.
“D'accordo. Se ti fa sentire meglio possiamo concordare che sei la tentazione fatta persona e allo stesso tempo molto facile da tentare.”
“Esattamente quello che io penso di te.”

Erano circa tre mesi che quella cosa andava avanti, quando una mattina fui svegliata dalla porta che si apriva.
La sentii muoversi dietro di me e gli occhi mi si spalancarono di loro spontanea volontà.
“Arizona, sono tre mesi che non fai altro che studiare e non esci più di casa, adesso è ora che tu...oh Santo Dio!”
Teddy sapeva che ero lesbica. Beh, tutti sapevano che ero lesbica, perché tutti sapevano che ero innamorata di Callie Torres.
Ma nessuno sapeva che ero innamorata di Calliope.
Mi tirai a sedere, facendo attenzione a tenermi il lenzuolo stretto addosso.
“Teddy, che diavolo ci fai tu qui? E quella chiave è per le emergenze, perché tu e mia madre sembrate non riuscire a capirlo?”
Callie si era stirata, svegliandosi. Quando si era accorta di Teddy si era messa a sedere.
“Questa è un'emergenza. Sono tre mesi che non...sto avendo un'allucinazione o quella stesa lì con te è Callie Torres?”
Lei arrossì. Cavolo, era la cosa più carina che avessi mai visto.
“Hai intenzione di rimanere lì con la bocca spalancata oppure...”
“No. Certo che no. Aspetterò in soggiorno.”
Si richiuse la porta alle spalle.
“Mi dispiace così tanto. Ma Teddy non è una persona che parla dei fatti degli altri. Vedrai che non dirà niente...io...sono mortificata. Mi dispiace, mi...”
Lei mi prese il viso tra le mani, mi guardò negli occhi e mi baciò.
“Non è che non ho detto niente perché non voglio. Non ho detto niente perché la tua vita sarebbe un inferno. Fotografi davanti casa tua, alla facoltà di medicina, a casa dei tuoi genitori, di Teddy, ovunque. Pensavo che non fosse quello che vuoi.”
“Non lo vorrei, infatti.”
“D'accordo. Allora che ne dici se iniziamo un passo alla volta? Puoi presentarmi a Teddy, intanto, visto che lei è qui. Come ti sembra questo?”
“Mi sembra perfetto.”
Riuscii a non scoppiare a piangere. A malapena.
Le presentai Teddy. Lei ebbe quasi un infarto. Quando le raccontammo tutta la storia mi accusò di essere una traditrice, per non averle presentato Callie. Anche lei era una sua grande fan.
Poi frugò in uno dei miei scaffali, tirandone fuori le mie otto copie degli otto cd che Calliope aveva registrato. Le spiegò che quelle erano solo le mie copie da collezione, quelle intoccate, mentre ne avevo altre sparse per tutta casa, in macchina, nel mio armadietto all'università. Insomma, la sua musica mi accompagnava ovunque, ero stata io a contagiarla secondo lei. Non ero mai stata tanto imbarazzata in vita mia.
Però avere Teddy dalla nostra parte fu utile. Mi coprì più volte con mia madre ed era molto abile ad inventare scuse. E anche lei, come me, rimaneva sempre incantata da quanto meravigliosa Callie riuscisse ad essere nonostante i suoi mille impegni.
“Domani ho una conferenza stampa” mi disse una sera. “Parlerò del mio orientamento sessuale, quindi potrei non avere più un lavoro dopodomani.”
Lo fece.
Disse al mondo con coraggio ciò che voleva, anche se io avevo cercato di dissuaderla, ed il giorno dopo aveva ancora un lavoro.

Andò un mese in tour. E allora le cose furono difficili. Ma chiamava sempre, come minimo due volte al giorno.
E appena ne ebbe la possibilità tornò a casa.
Si presentò sulla mia porta con una piccola valigia in mano e capii che non era nemmeno passata da casa sua, prima. La feci entrare.
La valigia finì sopra il mio armadio ed il suo contenuto nei miei cassetti. Fu una cosa graduale, ma alcuni dei suoi vestiti rimasero lì a tempo indefinito.

Sei mesi e tutto sembrava perfetto. Mio fratello era tornato vivo dalla guerra, così andammo a bere una birra insieme per festeggiare. Nel locale c'erano dei fotografi camuffati, che vennero costretti a uscire da degli uomini in giacca e cravatta. Uno di loro lo riconobbi. Era Joe. Ogni tanto veniva a prendere Callie, e gli avevo parlato qualche volta. Mi sorrise e mi salutò, io ricambiai con un cenno della testa e qualche parola.
Tim non ci fece caso. Poi vide Callie Torres seduta ad uno dei tavoli.
“Non ci crederai, ma in questo bar c'è il tuo idolo” me la indicò con un cenno della testa.
Io la vedi ridere insieme ad un uomo. Di nuovo, sentii un fuoco divamparmi nello stomaco.
Non sapevo se avrei dovuto parlare di lei almeno a Tim. Sapevo che avrei voluto.
“Sai, io le ho tipo...parlato...” mi guardò in procinto di scoppiare a ridere “...una volta” aggiunsi cercando di suonare più plausibile.
A quel punto scoppiò a ridere sul serio. Io lo colpii. Lui mi prese per un braccio e mi costrinse ad andare verso il suo tavolo.
Cercai di scappare, ma lui, fisicamente, era molto più forte di me.
“E dai Tim, perché devi mettermi in imbarazzo?”
“Perché è la cosa più divertente del mondo” mi sussurrò. “Salve, signorina Torres” la salutò educatamente.
Io rimasi voltata di spalle rispetto al tavolo, cercando di scappare.
“Mia sorella, qui, sostiene di averle parlato una volta. Così mi chiedevo se per caso non si ricordasse di lei.”
Ero sicura che Callie mi avesse già riconosciuto.
“Ti odio” sussurrai a Tim. Ero sicura che anche lei avesse sentito. Guardai verso di lei dagli spiragli tra le dita con cui mi ero coperta la faccia.
Lei aveva quel suo sorrisetto furbo che mi avvertiva sempre quando stava per fare qualcosa di cui avrei dovuto seriamente preoccuparmi.
“Arizona” mi salutò alzandosi e sorridendo in un modo che mi fece quasi tremare. Appoggiò una mano sulla mia schiena, baciandomi sulla guancia. “Credevo avessi deciso di rimanere a casa stasera, con tuo fratello.”
Io ero così rossa come non lo ero mai stata.
“Mark, lei è Arizona Robbins. Arizona, lui è Mark, il mio migliore amico. Ti ho parlato di lui” per un attimo sembrò volersi giustificare, farmi capire che non mi aveva mentito.
“Oh, così lei sarebbe la donna di cui non smetti mai di parlare. È un piacere conoscere l'oggetto delle ossessioni di Callie.”
Correzione. Adesso ero così rossa come non lo ero mai stata.
“Callie Torres” si presentò, tendendo una mano a Tim.
Lui la afferrò più per inerzia che altro. Era stupefatto.
“Tim Robbins.”
“Arizona mi ha detto che sei tornato qualche giorno fa dall'Iraq.”
Lui annuì.
“In realtà, stavamo festeggiando il fatto che ha deciso che non ci tornerà mai più” le feci sapere, finalmente ricordandomi perché solo qualche minuto prima ero così felice.
“Meraviglioso. Arizona è sempre molto preoccupata per te, sai? A volte è sovrappensiero e guarda lontano, come se riuscisse a vederti anche dall'altra parte del mondo. E quello che vede non sembra piacerle. Quindi credo che rimanere qui, al sicuro, sia la scelta giusta.”
Non credevo se ne fosse accorta. Non credevo che mi conoscesse così bene. Ma mi conosceva abbastanza bene, stando a quanto potevo vedere.
“Perché non vi sedete con noi?” ci propose.
Alla fine della serata si offrì di riaccompagnarmi a casa. Io accettai, salutando Tim. Dopo qualche chilometro le dissi che stava sbagliando strada. Lei mi rispose che stava sicuramente andando dalla parte giusta.
Casa di Callie era molto più grande della mia. Sembrò strano essere con lei da qualche parte che non fossero le quattro mura del mio appartamento. Ma anche casa sua andava bene.
La mattina successiva mi dette la copia della chiave che aveva fatto fare per me.
Tim mi chiese se ero stata io la ragazza di cui tutti parlavano che aveva fatto diventare gay Callie Torres. Tentai di spiegargli che una persona non può diventare gay. Alla fine gli feci solo promettere di tenere la bocca chiusa a riguardo. Lui lo fece.
Quella sera aprii la porta canticchiando una delle canzoni di Callie.
Lei sorrise sentendomelo fare. Poi mi porse una rosa. Mi disse che era felice che continuassi ad evitare di sbatterle la porta in faccia, anche se sapeva molto bene che non l'avrei mai fatto.

Tim si presentò a casa mia una sera, aveva leggermente bevuto. Callie lo riconobbe dallo spioncino ed aprì. Lui entrò, salutandola educatamente, non aspettandosi di trovarla lì. Callie si scusò, dicendo che doveva andare in bagno e ci lasciò da soli.
A quel punto ci furono urla. E poi la discussione prese una brutta piega.
“Come credi che finirà, Arizona? Credi ci sia un modo, solo uno, in cui potrebbe finire bene?”
“Non sono stupida, Tim. So che lei se ne andrà un giorno, ma non è che chiunque altro non se ne andrebbe prima o poi. Le persone si lasciano in continuazione.”
“Ma lei è Callie Torres, Arizona. Sa che sei stata innamorata di lei per sei anni prima che vi conosceste? Lei hai mai almeno detto che non eri mai stata a letto con nessuno prima? Ha una vaga idea di quanto sia importante per te?”
In quel momento odiai che mio fratello mi conoscesse così bene.
“Ti spezzerà il cuore, Arizona.”
“Lo so questo! Ma non è che se la lascio andare adesso non avrò il cuore spezzato, ok? Quindi la lascerò rimanere finché vorrà rimanere.”
Era incredulo. Se ne andò senza aggiungere altro.
Mi voltai e Callie mi guardò dalla porta della camera da letto. Capii dalla sua espressione che ci aveva sentiti.
Mi guardò e per un attimo fui terrorizzata da quale degli argomenti sollevati da Tim avrebbe deciso di usare per iniziare una discussione.
“Davvero credi che me ne andrò?” chiese.
“Credo che lo farai” risposi sinceramente.
“Mh” si voltò, sparendo dentro la mia camera.
Non ci fu alcuna discussione.

Il giorno dopo entrò in casa mia usando la sua copia della chiave.
“Ho cercato di trovare una soluzione per fare in modo che tu mi creda quando dico che non me ne andrò tanto presto, ma per quanto continui a pensare e ripensare, ce n'è solo una che mi viene in mente.”
Io rimasi ferma in piedi, a guardarla dal centro del mio soggiorno, mentre lei appoggiava uno dei suoi ginocchi al pavimento.
“Vuoi sposarmi?”
Io continuai a fissarla come se mi avesse chiesto di prendere un caffè e stessi pensando se ne avevo tempo o meno.
“Dico sul serio. Tu, tu sei l'unica persona al mondo che ama me per essere...me. Avevi ragione, mesi fa, quando hai detto che io ti guardo e faccio sparire il resto del mondo. Per me non esiste nient'altro al mondo eccetto te. Io...io amo quando ti arrabbi per una sciocchezza ed io faccio di tutto perché tu mi perdoni anche se so che comunque in due ore mi avresti perdonata lo stesso. Ma amo anche quando ti arrabbi per qualcosa di serio e allora devo lasciarti stare, perché te la prenderesti con me anche se non è colpa mia e poi passeresti ore a scusarti. Amo la tua espressione quando ti faccio una piccola sorpresa e sembra che ci siano i fuochi d'artificio nei tuoi occhi. Amo il tuo sorriso, non mi stanco mai di vederlo. Amo il modo in cui dici il mio nome. Amo il fatto che tu tenga così tanto alla tua famiglia. Amo guardarti leggere o studiare e quando invece ti lasci abbracciare. Amo la tua testardaggine, anche quando mi dà sui nervi. Io...io amo tutto di te. Quindi, sposami.”

Le cose cambiarono da quel giorno.
Non riusciva ad accettare il fatto che le avessi detto di no.
Così continuò a chiedermelo.
Una sera riprovò con un anello.
Una notte continuò a chiedermelo ancora e ancora mentre stavamo facendo sesso.
Una mattina trovai un biglietto nel mio armadietto.
Mi portò al nostro primo appuntamento in pubblico e me lo chiese di nuovo, sussurrandomelo all'orecchio mentre guardavamo le stelle dalla terrazza del mio ristorante preferito.
Continuai a dire di no.
“Te lo sto chiedendo gentilmente, per la milionesima volta. E tu continui a dire di no. Posso almeno sapere perché no?”
“Perché un giorno potresti pentirtene. Potresti renderti conto che hai sbagliato e allora io dovrei convivere con l'aver rovinato la tua vita.”
“Anche tu potresti pentirtene, un giorno. Quando capirai che io sono l'amore della tua vita. E allora dovrai convivere con l'aver rovinato la vita di entrambe. E comunque sappi che non ho intenzione di smettere.”
Una sera mi portò a sentirla cantare. Era il suo ultimo concerto prima di una pausa dal palcoscenico a tempo indefinito.
Aveva detto che sarebbe bastata una mia parola e avrebbe mollato tutto, per sempre.
Aveva detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendermi felice.
Pensai che fosse davvero impazzita. Ma non presi mai in considerazione che potesse essere davvero innamorata di me.
Prima di salire sul palco mi disse che, esattamente un anno prima, io l'avevo baciata dentro il camerino del negozio di un centro commerciale.
Mi fece mettere dietro le quinte, in modo che potessi vederla mentre si esibiva.
Fu la cosa più bella che avessi mai visto. Vederla cantare e sapere che dopo sarebbe rimasta con me, fu qualcosa che mi lasciò senza fiato.
Alla fine del concerto annunciò al pubblico che voleva cantare una canzone che aveva scritto molto recentemente.
Disse che era per qualcuno di speciale. Ma era quello che diceva ogni volta, eppure mi aveva confidato che le altre canzoni erano scritte solo grazie alla sua empatia. Che non aveva mai amato davvero.
Non prima di me.

She's sun and rain, she's fire and ice
A little crazy but it's nice
And when she gets mad, you best leave her alone.
'Cause she'll rage just like a river
Then she'll beg you to forgive her
Oh, she's every woman that I've ever known.


Ok, sì. La donna della canzone poteva assomigliarmi.
Ma ero abbastanza sicura di non essere io.
Anche se era la prima canzone in assoluto in cui Calliope parlava esplicitamente di una donna.

She's so New York, and then L.A.
And every town along the way
And she's every place that I've never been.
She's makin love on rainy nights
She's a stroll through Christmas lights
And she's everything I want to do again.

Ricordai la notte in cui mi aveva paragonato a New York e poi a Los Angeles.
E in quel momento capii cosa intendesse quando mi aveva detto che io non mi accorgevo di alcune cose.
Ero stata così occupata ad aspettare il momento in cui Callie mi avrebbe lasciato che non ero riuscita a capire fino infondo cosa io significassi davvero per lei.
Avevo fatto lo stesso errore di tutti gli altri. Avevo visto la cantante prima e non la donna, lasciando che si nascondesse, che nascondesse i suoi sentimenti dietro il suo atteggiamento così sicuro di se stessa.

And it needs no explanation
'Cause it all makes perfect sense
When it comes down to temptation
She's on both sides of the fence.

Avevo le lacrime agli occhi.
Sì, lo so, è stupido piangere per una canzone.
Ma quella canzone parlava di noi. E lei la stava cantando davanti a tutto il mondo.
Teddy era tra il pubblico.
Mio fratello e i miei genitori la stavano guardando in tv.
Ed io stavo piangendo da dietro le quinte.

No, it needs no explanation
'Cause it all makes perfect sense
When it comes down to temptation
She's on both sides of the fence.

Ero innamorata di lei.
Come avrei potuto non esserlo?
E chi mai avrebbe potuto biasimarmi per esserlo?

She's anything, but typical
She's so unpredictable
Oh but even at her worst she ain't that bad.
She's as real as real can be
And she's every fantasy
Lord she's every lover that I've ever had
And she's every lover that I've never had.

C'era un velo di tristezza nella sua voce alla fine.
Io ero l'unica dei suoi amanti che era davvero stata sua. Ero l'unica che l'aveva amata ed ero l'unica che lei aveva amato. Eppure, allo stesso tempo, ero l'unica che non avrebbe mai avuto davvero fino in fondo.
Ci fu silenzio per qualche istante.
Poi ci fu un boato.
Quando la folla si fu calmata Calliope, con le lacrime agli occhi, si avvicinò di nuovo al microfono che aveva davanti.
“Arizona Robbins, vuoi, per favore, per favore, per favore, sposarmi?”
“Ok, Calliope. Ti sposo” sussurrai, anche se sapevo che lei non era in grado di sentirmi.


*La canzone in corsivo alla fine è "She's Every Woman" di Garth Brooks.

Lo so. Troppo, davvero troppo sdolcinata. D'altra parte, di loro riesco a parlare sempre soltanto in questo modo...
Fatemi sapere che ne pensate, ci sentiamo presto con il prossimo aggiornamento!

Mi fate avere un suggerimento sul numero di shot che secondo voi dovrei mettere nella raccolta? Grazie! (Solo per curiosità, voglio sapere che ne pensate...)

A presto!



  
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