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Autore: Black_Eyeliner    05/08/2012    3 recensioni
Il vento si sollevò ancora ma, insieme al sorriso di Mikoto, il profumo rimase ed ora, Itachi pensò, aveva anche lui un nome.
Sasuke, sillabò tre volte, sorridendo a sua volta.
[Uchihacest]
[One-shot]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nda: Questa fanfiction è una one-shot. Una one-shot molto lunga che ho deciso di dividere in due parti per motivi, diciamo, logistici. L’ho scritta perché sono reduce dal “Profumo” di Suskind (nonostante non prenda ispirazione da esso) e perché, secondo alcuni studi, il desiderio sessuale tra fratelli può essere giustificato da alcuni, particolari, tipi di odore. Questa fanfiction parla di un amore incestuoso, ma non ci sono scene di sesso fra consanguinei, quindi non si intende violare in alcun modo il regolamento di EFP. Insomma, trattatemi bene questa shot, sono solo una delle peggiori fangirl dell’Uchihacest (se non si era capito) e sarei felicissima se passando voleste lasciare un parere. Ma ringrazio comunque a priori tutti, anche chi deciderà solamente di leggere. Se riesco, posto subito anche la seconda parte. Baci e a presto ^_^

 

 

Profumo

 

#1 – E’ profumo il suono del tuo nome

 

Com’era normale che fosse, considerata la prospera ramificazione del suo albero genealogico, il primogenito di Fugaku Uchiha, capo del dipartimento di polizia di Konohagakure, aveva dimostrato sin dalla più tenera età tutta una serie di qualità che sarebbero valse a fare di lui un genio.

Difatti, Itachi Uchiha, già a cinque anni, era un bambino molto sveglio, dai movimenti agili, il viso pacato e i lineamenti raffinati, fin troppo maturi per la sua reale età. Sapeva già leggere e scrivere – spesso si attardava, a gambe incrociate sul pavimento e un’espressione curiosa sul volto, a spulciare fra le vecchie pergamene che contenevano i segreti più antichi dei jutsu appartenenti alla sua casata, facendo sospirare e preoccupare sua madre che, intenta a preparare la cena, lo sbirciava e si chiedeva cosa sarebbe accaduto una volta che suo figlio avesse cominciato a frequentare l’accademia – così come già sapeva maneggiare kunai e shuriken con una singolare destrezza.

Possedeva anche una straordinaria capacità di osservazione che, unitamente ad un bel paio di profondi e vigili occhi neri, lo avrebbero sicuramente reso uno fra i più grandi e gloriosi eredi dello Sharingan.

Tutti si compiacevano di lui e si aspettavano che, da un momento all’altro, nel nero assoluto delle sue iridi davvero potesse divampare all’improvviso il rosso dello Sharingan; allora davvero sarebbe stato considerato un genio, un vero prodigio da battere addirittura il primato di Shisui il fulmineo, sia per precocità che per naturali doti innate.

Ciò che si sapeva di meno era che, oltre a tutte queste qualità, Itachi aveva dalla sua anche una spiccata dote olfattiva. Fatta eccezione all’abilità che non tutti possedevano di percepire il chakra, saper usare bene il proprio naso era senz’altro una dote imprescindibile per chiunque fosse destinato a diventare un grande shinobi e Itachi non era da meno neppure in questo. Conosceva tutti gli odori possibili e sapeva dar loro nome: da quello del ciliegio, del cinnamomo e dello storace provenienti dal giardino di casa a quello della legna dei mobili fino a quello del miso e dell’okonomiyaki che Mikoto spesso preparava per cena. Trovava gradevole l’effluvio della colonia che usava suo padre prima di uscire di casa al mattino per recarsi al lavoro e non gli era sfuggito il modo in cui sua madre, man mano che troppo velocemente ingrassava solo al girovita, aveva cominciato ad emanare un odore diverso: più dolce, più delicato, simile a quello delle primule misto al miele vergine, ma più bello proprio come il sorriso di lei, di giorno in giorno più radioso.

 

Itachi ancora non sapeva quale fosse il nome di quel profumo.

Almeno non fino al giorno in cui, dopo un pomeriggio trascorso ad imparare il kage-bunshin nel boschetto dietro casa, imboccò il sentiero di ciottoli che conduceva all’ingresso secondario della sua abitazione.

Lì Mikoto se ne stava seduta sul dondolo, le punte dei piedi scalzi premute sul pavimento per darsi la spinta necessaria a cullarsi appena, sonnolenta.

Quel profumo era di nuovo lì, delicato ma così insistente che a nulla servì la folata di vento carica del profumo dei ciliegi che tentò, invano, di sopraffarlo.

Itachi vinse a fatica l’impulso di chiudere gli occhi, salì i quattro gradini che conducevano al patio e a sua madre e gli venne spontaneo, allorchè lei gli prese la mano e se la portò sul ventre gonfio insieme alla propria, chiederle piano.

-Chi è?

-Sasuke.

 

Il vento si sollevò ancora ma, insieme al sorriso di Mikoto, il profumo rimase ed ora, Itachi pensò, aveva anche lui un nome.

Sasuke, sillabò tre volte, sorridendo a sua volta.

 

 

#2 – Smells Like Children

 

La crema di omogenizzato alla mela aveva un odore dolciastro: si era insinuato praticamente ovunque, perché proprio ovunque era finita la sostanza molliccia che lo effondeva.

-Otouto, questo si mangia, non lo si lancia dappertutto, né tantomeno ce lo si spalma in faccia e nei capelli!!

Borbottò Itachi, volgendo lo sguardo al soffitto, esasperato dalla straordinaria capacità dei suoi genitori di uscire sempre nel momento meno opportuno. Ma gli bastò tornare a guardare in direzione del seggiolone che percepì qualcosa nel petto simile ad una morsa, all’atezza dello sterno, che schiacciò anche la minima punta di risentimento.

-Sei proprio una peste, ne, otouto?

Piccole ciglia nere fluttuarono un paio di volte, celando per un istante le iridi nere e brillanti che Sasuke aveva ereditato dalla loro madre – e certamente anche dalle proprie, perché, pensò orgoglioso, il fratellino gli somigliava, davvero un sacco; poi una serie di versetti e gorgheggi insensati parvero ad Itachi una risposta più impertinente del modo in cui Sasuke affondò le manine nel piatto, facendo ulteriore scempio della propria pappa. Con una pazienza affettata da un altro sentimento, che ben presto avrebbe riconosciuto come lo stesso senso di protezione che aveva provato accarezzando il ventre gravido di sua madre, solo molto più forte e quasi possessivo, Itachi prese a pulire con un fazzoletto le mani minuscole di Sasuke e la sua boccuccia pericolosamente imbronciata; di quest’ultima ebbe quasi paura e ben presto ebbe l’impulso di prendere in braccio quel piccolo fagotto di nervi tesi, scosso dal pianto dirotto nel quale il bebè alla fine era scoppiato.

-Su, su… Non piangere adesso…

Itachi sorrise, cullandolo fra le braccia e non senza meravigliarsi da solo dello strano tono, fin troppo melenso, che aveva assunto la propria voce nel pronunciare quelle ultime parole; si rallegrò nella sensazione di tenere suo fratello in braccio, del calore del suo corpicino attraverso il cotone fresco della sua tutina blu, della piccola schiena che sussultava contro il palmo della propria mano con ognuno dei singhiozzi iniziati finalmente a scemare e della testolina abbandonata sulla propria spalla.

Solo alla fine, quando i vagiti cessarono del tutto, spalancò gli occhi alla realizzazione di ciò che realmente stava provando per quell’esserino indifeso che adesso se ne stava quieto, con un lembo della sua maglia stretta in un pugnetto.

-Ti amo, Sasuke, capisci?

Gli sussurrò all’improvviso, stringendolo ancora di più a sé.

Sapeva fin troppo bene che Sasuke non parlava nemmeno e che era troppo piccolo per capire ciò che mai più gli avrebbe confessato nella vita. Ma Itachi sorrise ugualmente sentendo il bambino blaterare ancora qualche insensatezza, felice del solo fatto di sapere che nome dare a quel sentimento così forte nonostante fosse appena nato: parve sbocciare troppo presto, come un fiore in una giornata di sole invernale, proprio nel momento in cui annusò il profumo di latte, d’omogenizzato e d’avena sul piccolo collo del suo fratellino.

-Ti amo tanto, Sasuke.

Ripetè ancora e con più convinzione, ma stavolta non giunse alcun suono: Sasuke si era assopito, ma non il suo profumo che, Itachi decise in quel momento, non avrebbe mai permesso a nessuno di avere.

 

#3 – Il tuo odore è ossigeno

 

 

Non appena giunti davanti casa, Sasuke ripetè di nuovo.

-Adesso posso camminare, nii-san.

-D’accordo, ma dopo esserti lavato assicurati di mettere un po’ di ghiaccio su quella caviglia.

Replicò Itachi, chinandosi in modo tale da consentire a suo fratello di scendere dalle sue spalle e rimettere i piedi per terra.

Non gli era dispiaciuto portarlo in spalla, anzi, Itachi aveva adorato ogni istante di quella breve camminata e la sensazione del petto gracile di Sasuke contro la propria schiena gli aveva riportato alla mente giorni lontani in cui, spensierato e felice, aveva giocato con Sasuke, lo aveva tenuto in braccio e in spalla, si erano rotolati fra l’erba facendosi il solletico e dicendosi tacitamene con gli occhi “non ci lasceremo mai, t’amo come so che tu m’ami, che ce lo diciamo a fare”.

 

Le cose erano un po’ cambiate da allora.

Lui era effettivamente entrato negli ANBU dopo la nomina a chuunin ottenuta a soli dieci anni, e Sasuke…

Sasuke cresceva. Sasuke cresceva splendidamente, esile e aggraziato ma forte, pallido e bellissimo con le potenti labbra rosse e i grandi occhi neri, un fascino quasi femminile accompagnato alla tipica prestanza fisica del maschio Uchiha.

E l’indomani anche lui avrebbe cominciato a frequentare l’accademia, quindi non avrebbero più avuto molto tempo per stare insieme.

“Va bene anche una volta tanto, basta che stiamo insieme.”

Quando poco prima Sasuke gli aveva detto così, a Itachi era mancato il respiro. Che cosa avrebbe potuto rispondergli, poi… Che avrebbe desiderato più di ogni altra cosa averlo accanto ogni istante piuttosto che immaginarsi una vita lontano da lui; o, peggio, una vita scialba e logora al pensiero di qualcun altro al proprio posto a tenerlo fra le braccia e a godere di lui, del suo corpo, dei suoi sorrisi, dei suoi respiri, del suo profumo…

-Che guardi, nii-san?

Itachi sobbalzò, come colto nel flagrante di un’azione imbarazzante; si ricompose immediatamente, calandosi per slacciarsi i sandali e non senza meravigliarsi del fatto che, probabilmente, dovevano essere trascorsi interi minuti mentre se ne era stato imbambolato a fissare Sasuke che, sporco e ferito, si stava togliendo le scarpe a fatica.

-Nulla. Adesso va’ a pulirti, otouto.

-Hai.

Itachi guardò Sasuke abbassare la testa in segno d’obbedienza, arrossire lievemente ed infine correre dentro casa. Non riuscì a formulare altro pensiero di quello di quanto fosse effettivamente bello suo fratello, anche sporco e sudato e con una caviglia ferita e di come molte cose fossero davvero cambiate, tranne una cosa. Il profumo di Sasuke. Il profumo di una purezza così autentica ed incontaminata da far salire le lacrime agli occhi.

 

 

 

#4 – In your scent I find my desire

 

Itachi salì le scale lentamente e si biasimò d’essersi col tempo non dimenticato, ma, per così dire, abituato all’odore del suo otouto. Come aveva fatto, che era stato proprio il suo odore a sedurre la sua proverbiale flemma e il suo rigore, già dalla prima volta, da quando Sasuke era nato.

Scosse il capo e poi percepì il proprio di odore a rammentargli che forse anche lui aveva bisogno di una doccia.

Si avviò verso il bagno, la scia di vapore e la porta aperta a suggerirgli che Sasuke doveva aver finito da poco di lavarsi e si era chiuso in camera sua, per vestirsi.

Non volle pensarci oltre; le tempie cominciavano a dolergli e, paradossalmente, pensare di non voler più pensare a Sasuke almeno fino all’indomani glielo stava comunque facendo pensare, provando che ormai il novantanove per cento dei suoi pensieri era Sasuke e l’uno per cento era il pensiero di non voler pensare a Sasuke.

Si sfilò la maglietta velocemente, si sciolse i capelli ma, abbassandosi per sfilarsi anche i pantaloni, il suo sguardo ricadde su un mucchietto di stoffa accantonato in un angolo del pavimento. Prima ancora di avvicinarsi per constatare che lo erano, capì subito che si trattava dei vestiti sporchi che Sasuke si era tolto di dosso per farsi la doccia e che, innocentemente, si era dimenticati lì. Itachi non seppe esattamente cosa lo spinse a mettere da parte il proposito di lavarsi per raccogliere i vestiti di suo fratello da terra – la maglietta, i pantaloncini, le mutandine- ma soprattutto, ripensandoci in seguito e a mente lucida, non avrebbe saputo trovare una spiegazione ragionevole al fatto che, istintivamente, se li portò al naso e inspirò, inspirò fino a riempirsi i polmoni, fino a quando non gli girò la testa, fino a quando non annaspò per riprendere fiato. Inspirò l’odore di Sasuke fino quasi a soffocare, fino quasi a morirne.

Fra le trame della stoffa, l’odore della sua pelle fresca, l’acredine del suo sudore , l’odore caldo e intriso di una sottile vena muschiata della sua biancheria liddove il suo sesso era rimasto nascosto per tutta la giornata, tutti insieme si mescolarono e il profumo di Sasuke effuse in tutta la sua delicatezza, una quintessenza di ingenuità e dolcezza che Itachi dovette appoggiarsi al muro per non cadere; e si sentì incommensurabilmente sporco per il solo fatto di desiderare tanto violentemente qualcosa di così puro e candido.

Perché sapeva cosa significava desiderio e adesso lo riconosceva chiaramente, in maniera così cristallina che neanche si fermò a riflettere prima di fiondarsi letteralmente nel corridoio, di spalancare con veemenza la porta e di irrompere con una foga che non gli era mai appartenuta nella stanza di suo fratello.

-Itachi!! Potevi almeno bussare…

Sasuke trasalì, ritrovandosi Itachi davanti; e tentò di coprirsi alla meglio, imbarazzatissimo dal fatto di indossare solo un paio di slip e una maglietta mentre tentava di tenersi premuta la sacca del ghiaccio sulla caviglia sempre più gonfia e dolente.

Itachi vide Sasuke arrossire appena e finse solo di non notare lo splendido contrasto che la maglietta bianca che indossava creava coi capelli nerissimi e ancora bagnati e sgocciolanti di suo fratello.

Gli si avvicinò con una lentezza quasi morbosa, cosicchè quando gli fu finalmente lontano meno che un palmo di naso, Sasuke non potè impedirsi di sgranare gli occhi e di indietreggiare istintivamente.

-Niisan, ma cosa…?

-Questi. Li hai dimenticati.

Disse solo Itachi, godendo intimamente e per qualche ragione sconosciuta degli occhi sbarrati di Sasuke, del brivido che gli percorse le spalle e che lui tentò orgogliosamente quanto maldestramente di nascondere.

Poggiò il fagotto che aveva fatto dei suoi abiti liddove sedeva sul letto accanto a lui, dopodichè scoccò un’occhiata apprensiva al gonfiore e al colore bluastro che aveva assunto la pelle in corrispondenza della caviglia di Sasuke e aggiunse, indicando la sacca del ghiaccio.

-Ti serve una mano con quella?

Sasuke annuì impercettibilmente, quasi si vergognasse a desiderare le attenzioni di Itachi per una cosa che era perfettamente in grado di fare da sé; sentì il battito del proprio cuore accelerare furiosamente non appena poi Itachi si inginocchiò ai piedi del letto davanti a lui e trattenne il respiro quando lui gli sollevò delicatamente il polpaccio e gli baciò a fior di labbra il collo sottile del piede.

-N-no, Itachi… Il piede no!!

-Profuma… Come il resto di te.

Mentre gli teneva premuto il ghiaccio sulla ferita, Itachi pensò di non aver visto nulla di più bello di Sasuke; Sasuke seduto sul bordo del letto, le gambe nude, le braccia a sorreggere il peso del suo corpo leggermente piegato all’indietro e un sorriso radioso a stirargli le labbra, mentre lo apostrofava.

-…Mpf… Scemo, nii-san!

 

 

 

 

 

 

 

 

TBC ***

   
 
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