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Autore: theashtrayygirl    05/08/2012    4 recensioni
se piangi ti si arrugginiscono le guance, moony
remus/sirius
Genere: Dark, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Se piangi ti si arrugginiscono le guance.


Remus si accasciò sulla sedia, abbandonando il collo all’indietro. Era stanco e dolorante. La luna piena era passata solo da tre giorni, e da quel momento non aveva nemmeno avuto un momento libero per riposarsi e recuperare le forze necessarie. C’era stato un improvviso attacco dei Mangiamorte, a cui erano seguiti turni di guardia raddoppiati dall’Ordine. E, come se tutto ciò non bastasse, c’era anche la paura che incombeva su tutti loro. Era un Grifondoro, non avrebbe dovuto aver paura di nulla, eppure in quel momento ogni minimo rumore estraneo, ogni gesto, lo metteva all’erta, acuiva i suoi sensi. La paura gli attanagliava le viscere, lo faceva sentire debole ed indifeso come non si era sentito mai. Mai. Neanche nelle notti in cui in qualcosa di indifeso non si trasformava, ma dentro di sé si sentiva tremendamente vulnerabile. La paura, poi, non faceva altro che sfiancarlo ancora di più, non solo psicologicamente. Aveva i nervi a pezzi, e purtroppo la situazione non accennava a cambiare.
Mosse il collo, per poi massaggiarselo con una mano. Si rese conto che aveva bisogno di una doccia, quindi si trascinò in bagno. L’acqua calda era un lusso che non si poteva permettere e ormai conviveva con questa situazione da mesi, ma ogni volta che quel getto gelido lo colpiva lui non poteva far altro che rabbrividire, stupito. Dopo qualche minuto si abituò alla temperatura e cominciò ad insaponarsi. Ripensò a quelle volte, ad Hogwarts, in cui Sirius si infilava insieme a lui dentro la doccia, quando James e Peter non erano nei paraggi. Remus lo guardava sempre con rimprovero, dicendogli che voleva fare una doccia in santa pace e non amoreggiare con lui sotto l’acqua, ma, nonostante ciò, dentro di sé era felice, stava bene. Sirius lo faceva sentire così, in fin dei conti: bene, tremendamente bene. La sua sola presenza bastava a riempirlo di speranza, con un suo solo sorriso si sentiva al sicuro. Peccato che negli ultimi tempi quel sorriso fosse sempre meno ricorrente. Quella guerra, incredibile a dirsi, stava intaccando anche l’indistruttibile corazza di Sirius Black. Remus uscì dalla doccia, gli occhi rossi per colpa dello shampoo, o forse anche per colpa della stanchezza. E della tristezza, anche se non l’avrebbe mai ammesso apertamente. Si mise il pigiama senza neanche asciugarsi i capelli, troppo stanco persino per pensare che gli sarebbe convenuto farlo se non avesse voluto buscarsi un raffreddore. Non fece neanche in tempo ad appoggiare la testa sul cuscino che cadde fra le braccia di Morfeo.
 

***

Gli mancava il fiato, le gambe gli dolevano e il suo cervello aveva perso quasi completamente lucidità. Non ce la faceva più, voleva soltanto fermarsi, accasciarsi al suolo e riposarsi. Però qualcosa dentro si sé gli diceva che non doveva assolutamente farlo, una voce dentro la sua testa urlava, allarmata, tesa, solo una cosa: corri Remus, corri!
E allora lui correva, correva senza fermarsi mai, correva con la consapevolezza che nonostante tutto non era solo. Sirius era lì con lui, correva anche lui, anche se era un po’ più indietro. Sirius correva perché doveva farlo, ma fosse stato per lui si sarebbe fermato, avrebbe combattuto, magari fino alla morte, ma avrebbe combattuto. Però correva, perché quelli erano gli ordini, e, benché gli ordini e Sirius Black non fossero mai andati d’accordo, doveva seguirli per forza.
La mente sempre meno lucida, le gambe sempre più deboli, la voglia di fermarsi per poter riprendere fiato incontenibile, ma alla fine la speranza che lo aveva spinto fino a quel punto si rivelò fondata: a poche decine di metri da loro si intravedeva un strada. Non passava neanche una macchina e l’illuminazione era scarsa; con gli occhi offuscati dalla stanchezza fu costretto a sbattere le palpebre per rendersi conto di cosa gli si trovava davanti. Sorrise, consapevole che quello era il luogo dove li aspettavano i rinforzi. Si girò verso Sirius per fargli cenno e quando l’altro ragazzo capì cosa volesse dire quello che Remus gli stava indicando mostrò un sorriso sghembo. Il lupo mannaro ebbe quasi paura dei pensieri che attraversavano in quel momento la testa del compagno, ma ricacciò indietro quell’assurdità. Sirius della famiglia Black aveva solo il cognome, non avrebbe mai potuto uccidere nessuno.
Si girò appena in tempo per vedere gli occhi di Sirius brillare alla luce della luna. Poi un lampo verde.
 

***

 
Remus si alzò di soprassalto, la fronte sudata e il cuore che batteva all’impazzata. Prese dei profondi respiri e si guardò intorno prima di capire che quello era solo un sogno. Si passò una mano tra i capelli, cercando di far rallentare il cuore che non ne voleva sapere di smettere di galoppare. Decise di alzarsi e andare a bere un bicchiere d’acqua.
Quando accese la luce in cucina trovò Sirius seduto su una sedia, sulla stessa sedia in cui si era seduto prima lui, mentre fissava il vuoto. Il moro ci mise un attimo a rendersi conto di chi avesse acceso la luce, ma non appena i suoi occhi si abituarono spostò lo sguardo su Remus. Si fissarono per un secondo prima che Sirius gli rivolgesse un sorriso sghembo. Lo stesso del sogno. Un brivido attraversò la schiena di Remus.
“Che ci facevi seduto al buio?” chiese Lupin, avvicinandosi al frigorifero e tirando fuori una bottiglia di birra. Meglio qualcosa di più forte dell’acqua, pensò mentre il liquido freddo gli scorreva freddo nella gola.
Sirius riprese a guardare il vuoto, senza rispondere. Remus lo guardò per un po’, conscio del fatto che avrebbe dovuto aspettare per avere una risposta.
“Pensavo” disse dopo un attimo, portando le  mani dietro la nuca e guardando l’amico mentre prendeva un altro sorso di birra. “E tu, perché hai deciso di convertirti alla filosofia di Mundungus?” scherzò poi, indicando l’alcolico in mano a Remus. Quello sorrise, alzando gli occhi al cielo.
“Non ho adottato proprio nessuna filosofia, Sirius” ribatté, prendendo una sedia e sedendosi dopo aver appoggiato la birra sul tavolo. Sirius la afferrò e bevve. “Avevo solo bisogno di qualcosa di un po’ più forte” continuò Remus quasi in un sussurro, guardandosi le mani intrecciate sul tavolo.
“Per te la birra è forte Moony?” ribattè inarcando le sopracciglia leggermente incredulo. “Andiamo, non ti ho insegnato niente!” ridacchiò poi, stuzzicando l’altro. Remus si riprese velocemente la bottiglia, ma solo dopo avergli tirato un canovaccio che chissà per quale motivo era appoggiato sul tavolo. La cosa non fece altro che scatenare ancora di più l’ilarità dell’altro. Lupin sbuffò, scuotendo la testa davanti alla poca serietà che mostrava certe volte il suo migliore amico. Sirius, dal canto suo, gettò la testa all’indietro e continuo a ridere senza curarsi dello sguardo rassegnato di Remus, né del fatto che fosse un’ora poco decente e che le pareti che li dividevano dai loro vicini avessero uno spessore alquanto discutibile. Dopo un paio di minuti la sua risata, che Remus a dirla tutta aveva trovato un tantino esagerata, cominciò a scemare, fino a svanire del tutto. Sirius si asciugò gli occhi lacrimanti e si girò nuovamente verso il compagno.
“Seriamente, Remus, perché avevi bisogno di qualcosa di più forte?” la sua espressione, notò Remus, era radicalmente cambiata. Uno sguardo attento da parte di qualcuno che conosceva bene Sirius, come lui, poteva facilmente intravedere la preoccupazione nei suoi occhi corvini. Il licantropo sospirò, puntando lo sguardo sulla bottiglia di vetro tra le sue mani. Il contrasto tra la superficie fredda e il calore delle sue mani sudate gli fece correre un brivido lungo la schiena.
“Io…” cominciò lentamente mentre immagini dell’incubo che lo aveva svegliato gli tornavano alla mente. Il sorriso di Sirius, i suoi occhi che brillavano nella notte, quel lampo verde, accecante, letale. Chiuse gli occhi di scatto, automaticamente, quasi come se avesse paura di rimanere scottato da ciò che gli sembrava di poter rivedere. Dovette bere un altro sorso di birra per riuscire a sciogliere il nodo che gli bloccava la gola e per un istante pensò che neanche quello lo avrebbe aiutato in quel momento. Ma poi riaprì gli occhi e si trovo davanti quelli scuri di Sirius, attenti e pieni di preoccupazione. Pieni d’amore.
Remus li fissò per un attimo, stordito da tutto quello che poteva vederci dentro, da tutto quello che sapeva c’era al di là, e da quella visione prese la forza necessaria. Si schiarì la voce, puntando lo sguardo verso i suoi piedi nudi e stringendo la bottiglia.
“Ho sognato delle cose… difficili da mandare giù, ecco…” spiegò con voce roca, sopraffatto ancora una volta dalle emozioni. Sirius continuò a guardarlo senza proferire parola, invitandolo silenziosamente a continuare. “Io ero… con te, in una missione. Dei Mangiamorte ci inseguivano, noi stavamo correndo, i rinforzi erano vicini, ma poi… tu…” D’improvviso non ce la fece più. Tutte le emozioni che aveva cercato di contenere, di bloccare, stavano fuoriuscendo. Ripetersi che era solo un sogno, uno stramaledettissimo incubo, non bastava. Non bastava lasciare che il suo corpo venisse scosso da violenti singhiozzi, non bastava liberarsi di tutta l’adrenalina, di tutta la rabbia, di tutta lapaura. La paura di non avere abbastanza tempo, la paura di poter morire da un momento all’altro. La paura di dover seppellire le persone che aveva imparato ad amare e che avevano amato lui senza mai giudicare, senza mai chiedere nulla, solo donando il loro amore e sperando di riceverne in cambio. La paura di dover sopravvivere senza quelle persone che per lui significavano tutto e senza le quali era certo che non sarebbe stato in grado di andare avanti.
“Ssshh, Remus va tutto bene… va tutto bene” Sirius lo strinse forte a sè, desiderando ardentemente di poter alleviare il suo dolore, di poterne prendere tutto il peso e di poterlo portare lui al suo posto. “Tu… eri… morto…!” Continuò il licantropo tra i singhiozzi, aggrappandosi alla giacca dell’amico quasi con disperazione, come se la sua vita dipendesse dalla quella stessa stretta.
“No Moony. Io sono qui, va bene? Sono qui!” Ribattè l’altro, facendo scivolare le mani ruvide sul volto ormai completamente bagnato dalle lacrime di Remus. “Sono qui”. Sussurrò ancora, posandogli un leggero bacio sulle labbra, per poi guardarlo negli occhi, cercando di fargli capire in tutti i modi possibili che lui era vivo, che non lo aveva lasciato e che non aveva intenzione di andare da nessuna parte. Non senza di lui.
Remus dal canto suo sembrò calmarsi. I suoi respiri lentamente tornarono regolari, le lacrime smisero di bagnargli il volto, quel bagliore di paura quasi folle che aveva rischiato di far crollare anche Sirius sbiadì.
“Se piangi ti si arrugginiscono le guance, Moony” sussurrò , appoggiando la fronte a quella del compagno e ostentando uno di quelle smorfie misteriose e accattivanti che tanto lo contraddistinguevano. Remus gli sorrise, sfregando delicatamente il suo naso contro quello di Padfoot. E rimasero così, senza proferire parola, in un silenzio interrotto solo dai loro respiri spezzati. Non seppero per quanto, non aveva importanza. Ciò che contava era il potersi ognuno della presenza dell’altro. Pervasi e protetti dall’amore reciproco.
“Stai bene?” chiese dopo un tempo indefinito Sirius, l’espressione seria, ma allo stesso tempo carica di una dolcezza travolgente che solo chi lo conosceva veramente era in grado di cogliere. Remus lo guardò per un attimo prima di rispondere, cercando di imprimersi per bene la vista di un Sirius così visibilmente preoccupato per lui, quando di solito il ragazzo preferiva tenere i suoi pensieri più cupi chiusi a doppia mandata dentro alla sua mente affollata.
“Sì…” sussurrò Lupin dopo un po’, annuendo e inspirando a pieni polmoni l’odore dell’altro. “Sì, va tutto bene”.
Finché ci sarai te, andrà tutto dannatamente bene.
 

 
 
Questa storia era nella mia cartella da circa un anno, l’altro giorno ho deciso di riesumarla e finirla. Devo ammettere che non ne sono molto fiera, continua a darmi un senso di insoddisfazione, ma sono stata costretta convinta a pubblicarla quindi eccomi qua. Naturalmente critiche o suggerimenti costruttivi sono più che bene accetti!
Dedico questa storia a Sabb perché senza di lei questa fan fiction sarebbe restata seppellita in una cartella, perché è l’autrice della fantastica tag all’inizio e perché è la mia sorellona maggiore online che mi sopporta anche quando la assillo con i miei problemi da adolescente complessata ♥
  
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