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Autore: thanks tomlinson    06/08/2012    0 recensioni
18 gennaio 2013.
Mi mise li, a scrivere su carta:
«Cari ragazzi, probabilmente non leggerete mai le mie parole, ma scrivere è una delle mie più grandi passioni… quindi, cos’altro potrei fare se non questo? Non è passato nemmeno un anno da quando vi ho sentiti nominare per la prima volta. Sono stata una stupida, sapete.. a volte mi capita. Non rifletto, e finisco per sparare cazzate colossali».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduta sulla sua sedia.
Me ne stavo li, a fissare i megaposter attaccati alla parete.
Erano davvero perfetti.
Il punto è che, poco prima, pensavo che non sarei mai arrivata a tanto.
Li avevo giudicati male, ingiustamente, oserei dire.

18 gennaio 2013.
Mi mise li, a scrivere su carta:
«
Cari ragazzi, probabilmente non leggerete mai le mie parole, ma scrivere è una delle mie più grandi passioni… quindi, cos’altro potrei fare se non questo? Non è passato nemmeno un anno da quando vi ho sentiti nominare per la prima volta. Sono stata una stupida, sapete.. a volte mi capita. Non rifletto, e finisco per sparare cazzate colossali».


Sospirai, appoggiando la penna sulla scrivania.
Non sapevo nemmeno perché stavo scrivendo, iniziavo una lettera e non la finivo mai.. intendo dire, non arrivava mai a destinazione.
Quasi a forza, presi la penna e ricominciai.

 

«Oggi è il mio compleanno, mi piacerebbe venire a vedervi il mese prossimo.. Purtroppo i miei non mi lasciano. Milano è troppo lontano per me. Ma spero, anzi, so che sarà un successo. Qui tutti vi amano. Anche se, ad essere sincera, c’è anche chi vi odia. Ma tralasciamo, le persone così sono ovunque. E sono troppo stupide.
Lo so bene che esistono milioni di band migliori di voi, ma sapete cosa me ne frega? Niente. Io amo le band, i cantanti per ciò che mi trasmettono, non per quanto bravi essi siano. Voglio essere anche oggettiva, più che soggettiva.
Voi mi regalate sorrisi, mi fare ridere, e vedere le cose con un’aria positiva. E per me, questo è l’importante.
Un’altra cosa di cui voglio rendervi partecipi è che sì, prima ero una di loro; ma per fortuna sono cambiata.
Starei ore ed ore a parlare, a dirvi quanto sia contenta di aver dato una ‘svolta alla mia vita’, ma nulla, né il tempo né le parole riusciranno ad esprimerlo.
Tutto ciò che vorrei, in questo momento, è abbracciarvi.»  

 

Mi vennero le lacrime.
Io non piango mai.
Però mi commuove, questo sì.

Presi il cappello grigio, di quelli larghi, morbidi e me lo infilai sulla testa, misi su i guanti rossi e la sciarpa, anch’essa rossa.
Beh, è il mio colore preferito, se non si fosse ancora capito.
Uscii di casa, mettendo quella lettera nella borsa.
Tenevo sempre tutto li, ogni cosa che scrivevo, la portava con me.
Le parole mi frullavano in testa, ma venivano fuori sempre nei momenti più impensabili, così m’imposi di portarmi dietro sempre un foglio di carta. Massimo, appuntavo sulle bozze del cellulare.
Fuori non c’era vento, però l’aria era piuttosto fredda.
Parliamo di Parma, ragazzi. Mi è sempre piaciuta questa città, sin da bambina. Con i miei genitori ci andavo spesso, a trovare zia; ma da quando mia madre decise di lasciare papà, l’avevo convinta a trasferirsi li.
Diciamo che.. Era una vita nuova.
Nuova scuola, amici, nuovo ambiente.
Ops, non vi ho ancora detto nulla su di me.
Mi chiamo Lou, ho 17 anni e sì, sono una directioner.

Le strade erano quasi deserte, poca gente e gli alberi spogli. Presi la strada per andare al Palazzo Ducale.
Ho sempre amato quel posto, mia zia mi ci portava sempre. D’autunno, poi, è una cosa spettacolare. Le foglie marroncine e rosse che creano un tappeto lungo il viale ghiaioso, i ricci delle castagne che facevano quasi da ornamento.
Le panchine di marmo rendevano la scena quasi da set cinematografico (come se non lo fosse già, ahah)
Continuavo a camminare, arrivando di fronte all’enorme palazzo, che si presentava sotto un cielo scuro, quasi portatore di pioggia; infatti, pochi secondi dopo, iniziò a piovere a dirotto.
Corsi immediatamente vicino al chiosco poco vicino.
Mi sedetti all’unico tavolo libero ed ordinai una cioccolata calda.
Mentre aspettavo, guardavo la pioggia battere sulla finestra accanto a me.
«Ecco a lei signorina»
«Grazie mille» sorrisi.
Qualcuno aprì la porta, ma non ci badai.
Con il cucchiaio continuavo a rigirare quel liquido denso e cremoso in modo da raffreddarlo un pochino.
Immersi un biscottino al burro e lo mangiai; era delizioso.
Ero troppo distratta per rendermi conto che qualcuno si era seduto al mio tavolo.
Teneva la testa china, e sulla testa aveva il cappuccio della felpa ed era completamente zuppo.

«Ehi, scusa, perché sei seduto al mio tavolo?»
Teneva ancora la testa china, mentre con il piede batteva il tempo, ma il tempo di cosa!?
Canticchiava una canzone piuttosto familiare..

«
When he opens his arms an holds you close tonight,
I just wont feel right,
‘Cause I can love you more than this, yeah.
»  

Okay, no.
Appoggiai la tazza sul piattino verde, e l’unica cosa che riuscii a dire fu: Harry!?
Lui alzò la testa e, con un sorriso, fece cenno di sì.
Fu una di quelle volte in cui piansi; tirai giù dolore, rabbia, felicità, immensità, stupore, meraviglia, incredulità.
Lo abbracciai. E lui muoveva su e giù la mano sulla mia schiena, come per consolarmi.
Come diamine faceva a capire l’italiano? E sopratutto, dove diavolo l’aveva imparato per rispondermi senza balbettare come un bambino?
«Dove hai imparato l’italiano?» gli chiesi, seduta di nuovo al mio posto.
Lui ordinò una tazza di te ai frutti di bosco.
«Ho preso qualche lezione prima di arrivare qui, in Italia. Non è difficile come lingua» parlava con l’accento inglese, e ciò mi faceva impazzire.
Dov’erano gli altri? Erano venuti pure loro, oppure erano rimasti a casa?
«Gli altri, invece? Dove sono?»
«In albergo, credo.. A meno che non siano andati a gironzolare per la città. Aspetta, chiamo Niall.» 
Che attesa snervante. Non capivo una parola di quello che dicevano, ma importava ben poco.
«Hanno detto di essere proprio qui, li raggiungiamo?»

CHE DOMANDE ASSURDE, HARRY. CERTO CHE Sì.

Camminavo con passo ansioso, il cuore a mille e la testa che martellava.
Ero come una ragazzina al primo appuntamento. Un appuntamento mai esistito. Questo era molto meglio.
I quattro ragazzi erano seduti per terra di fronte all’enorme lago artificiale che spiccava al centro del Parco Ducale. E loro erano li, seduti per terra che lanciavano sassi nell’acqua.
«Ragazzi!» 
Okay, anche loro avevano preso lezioni private e blablabla per venire qui?
Perché poi cristo erano venuto proprio qui?
Eccoli li.
Oh, mamma.
Tremavo.
Piangevo, di nuovo.
Loro si avvicinano.
Sorridono.
Sopratutto Liam. Oddio, ho sempre amato il suo sorriso.
«Ciao! Tu devi essere Lou! Piacere di conoscerti!» Fece lui. 
Eccolo, ecco il suo lato dolce, tenero e pieno d’amore.
Mi misi le mani in faccia senza un motivo, ed erano calde a causa delle lacrime.
Non capivo più un emerito cazzo.
Mi fecero sedere e mi ripresi.
Per fortuna aveva già smesso di piovere e in cielo c’era un accenno di sole.
«Oh mamma» esclamai piano, quasi senza voce. «Come mai siete qui?»

«Così» rispose Zayn «Ci andava di fare un giro in una città nuova»

Li guardai in volto e sorridevano. Erano felici.
Poi, oh Gesù. La lettera. Me n’ero quasi dimenticata.
La tirai fuori dalla borsa e la diedi a Niall, che la lesse ad alta voce.
Le mie parole sulla sua bocca erano tutta un’altra cosa. Diventavano quasi speciali e, per un attimo, le amai immensamente.
Tutti sembravano felici per ciò che avevo scritto e, infatti, mi cantarono la canzone di ‘tanti auguri’ in coro.
«Tanti auguri a teee!
Tanti auguri a Louuu, Tanti auguri a teee!» 
E iniziarono a battere le mani, eravamo diventati quasi un gruppo di amici.
«Abbiamo una cosa per te» Fece Louis.

E si alzò in piedi, frugò nella tasca, e tirò fuori un pass e un biglietto andata-ritorno per Milano.
«C-c-cosa?» balbettai.

«Un uccellino ci ha detto che non potevi venire, così ci abbiamo pensato noi.» mi rispose Zayn

«E chi è stato?» 

«La tua mamma» sorrise dolcemente
Okay, non poteva essere. Mia madre, che mi ha negato di andarci, improvvisamente, fa accadere ciò. Chissà come aveva fatto. Ma, in fondo, non importava. Sono felice di poter dire ‘ho realizzato il mio sogno’

_____________________

Quattro giorni del concerto, mi avviai verso la stazione, non molto lontano da casa.
Mia madre mi accompagnò e, prima di girare, mi fece: «stai attenta piccola. Lo so che non abbiamo sempre un buon rapporto, ma io ti voglio bene, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Quindi vai e divertiti. E salutami i ragazzi, mi raccomando!

Sorrisi.
«Certo mamma. E grazie, grazie di tutto. » 
Era il 14 febbraio. Che dannata casualità.
Il pass era l’ingresso per i Meet&Greet. Ed ero stra-fottutamente-felice. Come non le ero mai stata in vita mia.
Li, sul treno, mi sedetti vicino al finestrino. Esibivo il pass e, come sfondo del telefono, avevo la foto che ci eravamo fatto io ed i ragazzi prima che partissero per Milano. 
Una ragazza si sedette vicino a me: «OH GESÙ MIOOOO!- urlò, indicando con un dito tremolante il mio pass, rigorosamente attaccato al collo.

«Ehi, calmati, tranquilla; è solo un pass..» cercai di calmarla.

«Anche tu ci vai!? Finalmente incontro qualcuno.. Sono così felice…» E scoppiò a piangere.

Maldestramente cercai di convincerla del fatto che no, non era sola.
Quando si calmò, mi chiese -sempre in modo assai sconvolto- la storia dello sfondo del mio cellulare.
Così io iniziai a parlare, e lei gioiva come una bambina a Natale.
Dopo 6 ore, finalmente, arrivammo.
Per non perderci, chiedemmo ad un taxi di portarci nel luogo dove si sarebbe svolto il concerto. Stranamente avevano scelto direttamente li dove fare il M&G.
Dopo all’incirca 25 minuti arrivammo, i cancelli erano già aperti e, con le gambe molli, ci dirigemmo all’interno.
Era a dir poco enorme.
E loro erano li, sul palco.
La ragazza che conobbi sul treno, di nome Jenny, cacciò un urlo assordante, e nel mentre si faceva aria con una mano.
I ragazzi mi riconobbero e scesero a salutarmi. 
«Ciao Lou! Ci sei mancata! Come stai?» mi domandò Harry, sorridendomi.

«Tutto bene, gr-grazie. Vi saluta mia madre…» balbettai. 

«Ricambia, appena torni a casa, okay?» fece Liam

Sorrisi.. E, magicamente, mi sentii a casa, come se li conoscessi da una vita intera.
I loro sguardi felici, spensierati, trasmettevano pace e serenità.
li amavo sopratutto per questo.
«Grazie…» sussurrai, abbassando d’un poco lo sguardo.

«E di cosa?» domandò sorpreso Niall.

«Per ogni singola cosa»




 

SE SIETE ARRIVATI QUI: COMPLIMENTI, AVETE VINTO UNA CARAMELLA.

*angolo della vergogna*
Allora, ho scritto questa one shot così, di getto. 
E' una storiella un po' banale e triste, lo so çç
Nulla di quello scritto è ovviamente reale..
Tranne per il fatto che amo Parma e ci sono stata tante volte :3
Perciò, se volete, recensite, oppure fregatevene :'D
Ma vi amo tutti lo stesso 

   
 
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