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Autore: Panffle    06/08/2012    0 recensioni
Bubu! ^^Eccomi qui, tornata con una one-shot centrata in particolare su una ragazzetta che ha conquistato il mio cuoricino :3 Lo ammetto, sono anch'io tra le tante sostenitrici della teoria di Sugar bimba di San E Brittany. Soooo.. niente, ho voluto provacchiare a tornare alle origini di come accadde che sia finita al McKinley.
Buona lettura! Eeeenjoyyy :)
Ps: Oh! Ci tenevo a precisare che alcune delle citazioni nel dialogo tra mamma Britt e figlia, anche se leggermente riadattate, sono state prese direttamente da Ritorno Al Futuro! ù.ù
Genere: Commedia, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Brittany/Santana
Note: Cross-overOOC | Avvertimenti: nessuno
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capitolo III

Sì lo so, sono un disastro. E sono megaarcisupermaledettamente in ritardo.
Siete autorizzati a schiaffeggiarmi, insultarmi e/o colpirmi con oggetti contundenti.  Cercate di non farmi soffrire troppo però é.è
Ci si rivede a fine capitolo! Enjoooooy :3

***
Sugar camminava a passo deciso tra le strade di Lima. Conosceva fin troppo bene la casa verso cui si stava dirigendo e niente l’avrebbe fermata dal realizzare il suo scopo.

Ormai era diventata una tradizione di famiglia visitare quel luogo quando arrivava il breve periodo dell’anno in cui gli ex alunni del Glee si ritrovavano tutti a Lima per una rimpatriata. E puntualmente Santana portava lei e la madre in visita al grande edificio bianco che portava il nome di Mr. Brown.
Sugar amava follemente visitare quel luogo, forse quasi quanto sé stessa.
Il signor Brown era diventato così famoso per le sue truffe che la sua casa era stata trasformata in un vero e proprio museo, conosciuto da chiunque avesse almeno un minimo di conoscenza nel campo della moda. Brown aveva forse acquistato più fama tra la gente per il museo in suo “onore”, che tra gli agenti di polizia per le sue malefatte. Gli abitanti di Lima avevano iniziato addirittura ad adorarlo e i negozianti a vendere souvenir e gadget, che portavano il suo nome, ai migliaia di turisti in visita.
Albert Brown aveva iniziato a farsi conoscere intorno al 2020, nel momento in cui un gruppo di detective, avendo ricevuto centinaia e centinaia di denunce di clienti truffati da un famoso stilista italiano che si presentava ogni volta con nomi e aspetti differenti, iniziarono le indagini a suo carico.
Il culmine della sua fama arrivò quando, dopo anni e anni di ricerche, fu scoperto che Brown si trovava proprio in Ohio, in una villa fin troppo vistosa per destare sospetti. E non si poteva certo considerare un nascondiglio, centinaia di parrucche, occhiali, abiti eleganti e i più vari travestimenti erano appesi con cura in ogni angolo della casa.
Più che per il guadagno che ci ricavava dalle sue truffe, per il signor Brown era diventata una vera e propria ossessione - o come la definiva lui una 'passione'- quella di collezionare una quantità enorme di travestimenti da utilizzare con le sue sfortunate vittime. Non era un uomo cattivo, forse non era tanto stabile mentalmente, ma non era cattivo.
Aveva creato scalpore per non aver opposto alcuna resistenza ed aver confessato tutto quasi immediatamente dopo il suo arresto.
E alla fine se l’era cavata dopo ben 30 anni di processi in cui erano stati coinvolti migliaia e migliaia di cittadini dell’alta società che si erano ingenuamente affidati a Brown, testimoni, collaboratori, medici che stabilirono le sue effettive condizioni mentali e i migliori avvocati di tutto l’Ohio, pagati profumatamente dal famoso truffatore.

Sarà pure un’idea 'bizzarra', ma puoi farcela. Insomma, sei Sugar Motta! Sugar Motta dannazione! E Sugar Motta è una ragazza intelligente, furba, dotata di un grande talento, strepitosa, affascinante, supermegagigafantastica! E soprattutto è una ragazza che non si arrende facilmente.
Si fece forza e fissò per qualche minuto ciò che le stava davanti, prima di bussare al grande portone.
Nessuna risposta.
Sugar si guardò intorno. Una graziosa e modesta villetta bianca circondata da sgargianti cespugli e alberi in fiore. Di certo quell’uomo aveva buon gusto.
Scosse la testa e provò a bussare di nuovo, stavolta con entrambe le mani.
Il portone si aprì leggermente, lasciando intravedere la mano di un uomo, accanto al chiavistello.
“Chi è?” – domandò una profonda voce dall’interno della casa.
“Scusi mi potrebbe ecco..potrebbe aprire per favore?” – rispose la ragazza.
“Ci conosciamo?”
“No..no. Ma io..” – si schiarì la voce.

Coraggio Sugar.
“Salve, sono Sugar Motta e..
“Non conosco nessuna Sugar Motta. Arrivederci.” – la interruppe l’uomo richiudendole il grande portone di legno in faccia.
“Mi apra dannazione!” – urlò la ragazza colpendo rumorosamente il legno, spazientita.
L’uomo aprì nuovamente.
“Cosa diavolo vuole da me? Io non la conosco.”
“Ma io sì, Signor Brown.”
Il portone si spalancò, mostrando l’imponente figura del padrone di casa.
Il signor Brown era un uomo alto e piuttosto ben piazzato, dai corti capelli castani, interrotti da qualche ciuffo grigio. Il viso pallido, gli occhi anch’essi castani e la folta barba che lo faceva assomigliare ad un’eremita. Per essere un mago del travestimento le sue condizioni al momento erano parecchio imbarazzanti.
Indossava grandi ciabatte rosa in tinta con la camicia a quadretti abbottonata fin sotto il mento, appena visibile sotto l’enorme giacca grigia e sbiadita. Si era decisamente preso una vacanza dal ‘lavoro’.
“Ma che diavolo…?”  – bisbigliò l’uomo squadrando la ragazza.
“Come..come sai  il mio nome, ragazzina?!”
“Non è importante come so o non so il suo nome. L’importante è che so.”
L’uomo inarcò un sopracciglio, poco convinto dal senso del discorso.
“Tutto.” – continuò Sugar.
Il signor Brown scoppiò in una rumorosa risata.
“Ragazzina, perdonami. Tu non sai proprio un bel-
“Che ne dice della sua collezione composta da ben 2000 parrucche differenti e altrettanti accessori acquistati in giro per il mondo?” – lo interruppe la ragazza.
“Beh ma..ma questo non significa che... questo non significa niente!” – replicò l’uomo visibilmente agitato.
“E che ne dice invece della truffa che pianifica ormai da anni e che ha intenzione di mettere in atto il 26 novembre 2019? Anche questo non significa niente? Devo continuare?”
L’uomo rimase immobile. Aprì la bocca come a voler dire qualcosa, ma poi la richiuse zittito.
Fortunatamente Sugar amava follemente seguire ogni tipo di notizia riguardante la moda sia passata che recente, e conosceva ogni singolo particolare sul famoso caso del signor Brown.
“So tutto le dico. So come utilizza i suoi travestimenti fingendosi un famoso stilista italiano, so come inganna le persone che le danno fiducia ricavandone enormi profitti. E si tranquillizzi, non sono qui per spiattellare l’intera faccenda alle forze dell’ordine. Certo, ovvio che no. Ma solo se starà alle mie condizioni.”
“Ma lei come..come sa tutto questo?” – mentre parlava un tic nervoso aveva preso d’assalto il suo occhio destro.
“Come ho già detto, non è importante come io sappia. Ora quello che importa è che lei prometta di fare ogni singola cosa che le verrà richiesta dalla qui presente Sugar Motta. E se lo farà, filerà tutto liscio come l'olio. Altrimenti.. beh, l’avviso solamente che un piccolo gruppo di investigatori è già sulle sue tracce, e gira voce che lei collabori con la mafia.”
“Ma-ma questo non è vero!” – replicò l’uomo, il viso arrossato in preda alla collera.
“Oh, io lo so bene. Ma purtroppo non sono tutti come Sugar Motta a questo mondo. Già, un vero peccato.”
Sugar si avvicinò lentamente all’uomo, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
“Senta… - continuò.
So che lei è una brava persona, glielo si legge in faccia. E io non vorrei per nulla al mondo farle passare dei guai. Lei si fidi di me e faccia come le dico. Io in cambio terrò la bocca chiusa, ha la mia parola.” – disse facendo segno di cucirsi la bocca con le dita.
Albert Brown stava immobile davanti a lei, lo sguardo fisso e le labbra sigillate in un misto di rabbia e preoccupazione.
Sugar gli tese la mano.
“Affare fatto?”
“Affare fatto.” – rispose lui con la voce stranamente più acuta del normale.
“Oh e..quelle pantofole, orrende. E quella camicia!” – esclamò indicando il piccolo lembo di stoffa che spuntava dalla giacca.
“Per carità signor Brown, si tolga quella camicia! Già che c’è una piccola rasatina anche alla barba e sarò la sua migliore amica.”
Inclinò leggermente la testa, scrutando la folta barba che gli ricopriva ogni singolo spazio di pelle dal naso in giù.
“Magari le procurò un tosaerba eh.” – disse poi, ritraendosi disgustata.
L’uomo intanto la fissava incredulo, incapace di replicare.
“Scusi, Asperger.”
----

Sugar se ne stava seduta ad uno dei tavoli della mensa del McKinley High. Da dietro il suo libro di Tolstoj “Guerra e Pace”- uno dei suoi romanzi preferiti, che per una fortunata coincidenza era rimasto nella sua borsa prima del fatidico viaggio nel tempo - osservava attentamente i membri delle Nuove Direzioni discutere sul da farsi al tavolo proprio accanto al suo.
Jacob Ben Israel non aveva potuto far altro che zittirsi quando il ricchissimo donatore di pianoforti viola Al Motta, si era improvvisamente presentato alla scuola confermando l’iscrizione della figlia Sugar e aggiungendo una ricca donazione per le spese sanitarie del liceo.

“Da oggi ti farai chiamare Al. Siamo intesi? Al. Al Motta. Albert è decisamente troppo lungo da ricordare.”- gli aveva ordinato Sugar.
Il signor Brown annuiva stancamente, arreso al suo destino, mentre un sarto gli prendeva le misure per un'elegante giacca nera nuova di zecca. La sua barba era stata sfoltita e i suoi capelli ritinti completamente di un bel castano scuro, nascondendo ogni traccia di grigio. Con una valigetta 24 ore e un nodo alla cravatta, di lì a poco sarebbe diventato un perfetto uomo d’affari.
“Benissimo. E domani ti presenterai come l’affettuosissimo e ricchissimo padre di Sugar Motta. E subito dopo donerai alcuni pianoforti al McKinley High di Lima, Ohio.”
“E dove li trovo i pianoforti?”
“Magari uhm..in un negozio di strumenti musicali, forse?” – sbuffò Sugar.
“Ah già, dimenticavo. I pianoforti dovranno essere rigorosamente viola.”- aggiunse poi.
“E dove li trovo dei pianoforti viola?! E poi perché viola?” – rispose stressato l’uomo.
“Mi piace il viola ok? E poi basta con tutte queste domande! Sei tu l’adulto. Comportati come tale. Con tutti i soldi che hai ci sarà qualcuno disposto a procurarti dei pianoforti viola! Quindi tu ti procurerai questi pianoforti viola. E ti presenterai come Al Motta. Padre di Sugar Motta. Lima, Ohio. Ricco donatore di pianoforti viola e di denaro aggiuntivo per le spese igieniche del liceo Mckinley. Il preside Figgins sarà così impegnato a godersi tutto il tuo denaro che non farà domande sull’improvvisa donazione, o peggio..su di me. Siamo intesi?”
“Siamo intesi.” – aveva annuito scocciato il signor Brown, anzi, il signor Motta.

“Che ci fa lì quel pianoforte viola?” – Sugar aveva sentito bisbigliare da un giocatore di football.
“Glee Club.” – gli aveva risposto il suo compagno di squadra, sghignazzando.
“Perché ignorate il compito di  Schuester?” - domandò una delusa Rachel Berry proprio in quel momento.
Neanche cinque minuti ed ecco partire la musica. La banda, stranamente presente in sala mensa, si aggregò alle Nuove Direzioni sulle note di “We Got the Beat” delle Go-go’s.
Rachel si cimentò in una movimentata passerella su uno dei tavoli della mensa mentre gli altri membri del Glee si scatenavano in tutta la sala.
Santana afferrò la mano di Brittany, trascinandola con sé fino a un altro dei tavoli.
Sugar intanto le osservava commossa. Splendide come sempre, le ragazze si dimenavano eseguendo piccole coreografie improvvisate sotto gli occhi di ogni singolo studente che le fissava incantato.
Sugar ebbe un leggero sussulto quando il giovane Noah Puckerman salì  proprio sul tavolo dove stava seduta e iniziò a mettersi in mostra con qualche flessione, guardandola dritta negli occhi con aria spavalda. Non riuscendo a trattenere un sorrisino divertito, Sugar lo fissava ammaliata. Aveva sempre avuto un debole per i ragazzacci e trovava non poco attraente quel giovane Puckerman nelle vesti del provolone di turno.
Scosse la testa, ricordando a sé stessa che il ragazzo che le faceva l’occhiolino era pur sempre lo zio Noah. Lo zio Noah che fin da piccola aveva sempre adorato, che la veniva spesso a trovare e le permetteva di giocare con la sua cresta da moicano.
Purtroppo l’esibizione si concluse fin troppo presto, e con il finire della musica finì anche l’entusiasmo dell’intera sala mensa.
E quando Becky Jackson colpì in piena faccia Rachel con quelli che Sugar identificò come spinaci, fu la fine.
“Lotta col cibo!” – gridò quel cespuglio arrapato di Jewfro mentre un paio di spaghetti al sugo venivano scaraventati nella direzione di Puck.
E si scatenò il putiferio.

“La nostra jam session in sala mensa non ha ispirato neanche un cane, professore.” – si lamentò Mercedes Jones.
L’intero Glee Club, demoralizzato dopo il fallimento dell’esibizione in sala mensa, era intento a ripulirsi stancamente dai resti del pranzo.
Il professor Will Schuester toglieva alcuni spaghetti dal pianoforte mentre i suoi studenti si lamentavano del disastro.
“Per forza, avete fatto schifo.”
L’intero gruppo si voltò. Sulla soglia era comparsa una ragazza dall’aspetto esageratamente appariscente, con un ego da far concorrenza perfino a Rachel Berry.
“Ehm scusa..tu saresti?” – chiese l’ebrea irritata.
“Sono Sugar Motta.” – rispose sicura la ragazza, facendosi strada attraverso la sala canto.
Intanto ogni singolo membro del Glee la fissava stupito, compreso il professor Schuester.
“Mi sono autodiagnosticata la sindrome di Asperger per poter dire ciò che voglio. Tipico dei figli dei diplomatici.” – continuò Sugar, accennando un sorriso.
“Posso aiutarti, Sugar?” – domandò confuso Schuester.
“Il fatto è questo. Io sono pazzesca, e sarò famosissima un giorno. Vi ho visti cantare e ballare a mensa e mi sono detta.. sono molto più brava di loro!”
Schuester la guardò ancora più confuso di prima, senza sapere bene come reagire.
“Scusate, l’Asperger.” – affermò lei,  sotto gli sguardi stupiti dei ragazzi.
--
“Sugar Motta? Perché mi suona così familiare?” – domandò Kurt Hummel in un sussurro.
“Suo padre è il riccone che ha donato i pianoforti viola.” – gli rispose Mercedes, intenta a rimuovere gli ultimi residui di lattuga dalla maglietta.

“Preparatevi a farvi zuccherare le orecchie.”


Angolo della psicopatica mangiapantofole:
Ebbene sì, è ufficiale. Sono definitivamente un caso perso. Ma questo già lo sapevate :’3 lol
Non ho scuse per questo immenso ritardo, davvero… ho passato l'ultimo periodo della mia vita a guardare negli occhi la prima metà del capitolo (?) e niente..dopo uhmm..quanto è passato? Quasi due mesi (cielo sono un disastro D:) ho finalmente deciso di ritornarci sopra e bom! Ne è uscita questa “cosa”.
Allura..detto in tutta onestà non mi convince molto >.< sto cercando di dimenticare l’idea della one-shot e continuare avendo un minimo di coerenza con il telefilm e mi sta risultando complicaticcio, ma il mio cervellino ci sta lavorando u.u
Ok stavolta meglio che non prevedo tempi di aggiornamento che tanto si sa che non li rispetterò mai lol
Un milione di grazie a tutti i fantastici lettori che continuano e continueranno a seguire questa fic nonostante tutto e un trilione di grazie a quei fantavigliosi recensori degli scorsi capitoli, siete meravigliosamente pucciosi!
Detto questo, vi saluto e mi scuso nuovamente per il ritardo çç
Fatemi sapere cosa ne pensate e se vale la pena di andare avanti! Sono ben accette critiche ma se qualcuno volesse lasciare qualche recensione coccolosa mi riempirebbe il cuore di arcobaleni :3
Peace and love and Brittana feelings ^-^ Alla prossima amorevoli lettori! E ovviamente buone vacanze! :)
Panffle :3

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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