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Autore: Malvagiuo    06/08/2012    0 recensioni
Chesterton, nel cuore della Cornovaglia, è da centinaia di anni il feudo dell'antica famiglia dei Lonefield. Il villaggio e i suoi campi hanno goduto per decenni di quiete e prosperità, finché qualcosa di terribile ha sconvolto l'esistenza dei suoi abitanti. Diversi suoi cittadini hanno iniziato a scomparire nel nulla. Vani sono stati i tentativi di trovare una spiegazione, inutile ogni ricerca. Finché, una notte, l'orrore si abbatte su Chesterton: coloro che erano scomparsi riappaiono in forma di corpi senza vita, mossi da una misteriosa e malefica volontà, sconvolgendo l'esistenza di quello che era il pacifico villaggio. Spetterà al giovane e poco ortodosso professor Leyton svelare il mistero di Chesterton, che egli considera frutto di mere superstizioni contadine. Ma ciò che si troverà ad affrontare va ben oltre l'immaginazione di qualsiasi sostenitore della logica.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Dottor Leyton?»
Harvey Leyton si voltò, fermandosi in mezzo al corridoio affollato, e trattenne uno sbuffo esasperato nel ritrovarsi di fronte il lentigginoso volto di Harold Kemper. Aveva ormai tale familiarità con le macchie rosse sulla pelle pallida dello studente che sarebbe stato in grado di tracciarne una mappa a occhi chiusi. Kemper lo importunava dal giorno in cui aveva assistito per la prima  volta a una sua lezione, e da allora non aveva mai smesso di perseguitarlo. Quel giorno, tuttavia, era sulla buona strada per battere il suo record di domande fuori lezione nell’arco di otto ore. Ed era anche sulla buona strada per infrangere la granitica diga della sopportazione che arginava la speciale serie di improperi che Harvey Leyton aveva elaborato apposta per lui nel corso degli anni.
«Signor Kemper» borbottò Leyton, nella sua miglior imitazione di un tono di voce indifferente. «Mi dica.»
«Scusi se la disturbo...»
“Ipocrita” pensò il professore. “Come se non sapessi che mi arrechi disturbo con ogni singolo respiro.”
«... ma mi è stato detto di consegnarle questa» Kemper estrasse una lettera dalla costosa giacca di tweed e gliela consegnò.
«Di solito, è il signor Johnson a consegnarmi la posta» disse Leyton, accigliato.
«L’ha detto anche a me, infatti, ma ha dovuto assentarsi per un impegno e ha incaricato me di portarvela.»
«E perché ha incaricato proprio te?»
«Il signor Johnson, vedendoci spesso insieme, ha pensato che lei mi avesse nominato suo assistente, e così ha ritenuto di potersi fidare di me per questa mansione.»
“Preferirei essere infilzato su uno spiedo e messo ad arrostire sulla graticola più rovente dell’inferno per mille anni piuttosto che nominarti mio assistente!” pensò Leyton, la cui irritazione aumentava a ogni secondo.
«Che grossolano errore. Povero signor Johnson, l’età comincia a farsi sentire» disse malignamente Leyton, sperando di suscitare delusione nell’animo del giovane seccatore.
Contrariamente alle sue aspettative, Kemper rimase impassibile. Se era rimasto affranto, era stato davvero abile a celarlo. Questo non contribuì a migliorare l’umore di Leyton. Il professore sapeva bene che il motivo principale per cui quel fastidioso pedante continuava a stargli alle calcagna era strappargli la nomina di assistente alla cattedra di medicina dell’Università di Cambridge. Il posto era vacante da ben nove mesi, e Leyton sapeva di non poter rimandare la scelta ancora a lungo. Man mano che il tempo passava, l’assedio di Kemper diventava sempre più pressante.
Se Harold Kemper fosse stato un signor nessuno, Leyton sarebbe stato deliziato come nessun altro nello sbriciolare ogni sua speranza di ottenere quel ruolo. Umiliarlo e deriderlo gli avrebbe arrecato lo stesso senso di trionfo di quando, diciotto anni prima, aveva ottenuto quella prestigiosa cattedra sbaragliando tutti gli altri candidati, eseguendo un rischioso intervento chirurgico che aveva salvato la vita di un paziente ormai dato per spacciato.
Ma Kemper non era affatto un signor nessuno. Suo padre era nientemeno che William Kemper III, barone di Summersford, membro del consiglio di amministrazione dell’Università. Il che significava che, presto o tardi, avrebbe ottenuto una cattedra. Ma perché proprio la sua?
Leyton aborriva l’idea di consegnare il suo amato regno a uno spocchioso imbecille come quello. Un macaco sarebbe stato più meritevole di sedere su quella poltrona. Purtroppo, il resto dei candidati non poteva competere con Kemper per blasone, capienza delle tasche e nemmeno per meriti intellettuali. Anche se detestava ammetterlo, Harold Kemper era brillante. Un vero idiota, ma con una mente eccelsa.
«Molto bene» disse Leyton. «Grazie mille, Harold.»
E scappò prima che l’altro potesse escogitare un qualsiasi stratagemma per proporre la propria candidatura.
 
Non appena si ritrovò al sicuro tra le mura del suo rifugio, Leyton chiuse la porta di legno massiccio a chiave. Il brusio della folla nei corridoi dell’Università giungeva soffocato, ma Harvey Leyton era abituato a quel sottofondo, e non ci badò.
Si fermò un istante per assicurarsi che i suoi libri fossero stati debitamente spolverati, e si concesse un minuto per osservare il cuoio delle rilegature dei voluminosi tomi scientifici e umanistici che occupavano gli scaffali, disposti a ogni parete.
Leyton sorrise. “Un buon lavoro anche stavolta. Potessi, nominerei Stan assistente alla cattedra. Altro che Harold Kemper!”
Con la busta della lettera ancora in mano, Leyton si sedette alla scrivania e afferrò il tagliacarte d’argento poggiato sul piano. Ruppe il sigillo di ceralacca rossa ed estrasse un foglio dalla busta giallastra. Prima di leggere il contenuto, andò a osservare la firma del mittente.
Sobbalzò.
Quincey T. Lonefield.
Lo stemma nobiliare accanto alla firma non lasciava ombra di dubbio. Il conte Quincey T. Lonefield.
“Che diavolo vuole da me quell’uomo?”
Aveva conosciuto il conte tre anni prima. Un’esperienza di cui avrebbe volentieri fatto a meno. L’opinione del conte su di lui non era certo elevata, a quei tempi. E non vedeva come avesse potuto migliorare, nel frattempo. Inquieto, Leyton cominciò a leggere.
 
Esimio dottor Leyton,
è mio piacere invitarVi a Chesterton perché possiate trascorrere un piacevole fine settimana come ospite a Lonefield Hall. Diversi ospiti, illustri quanto Voi, saranno presenti al ricevimento che la mia famiglia darà in onore del fidanzamento di mio figlio Robert.
Sono sicuro che accetterete l’invito.
Vi pregherei, inoltre, di mantenere riservata questa missiva e, naturalmente, il suo contenuto. So che lo farete.
 
Benché il messaggio consistesse di poche, semplici righe, Leyton lo rilesse più e più volte. Ogni volta che terminava la lettura, rimaneva più frastornato.
Il conte Quincey T. Lonefield – uno degli uomini più austeri e scontrosi che il regno di Sua Maestà conoscesse – che bandiva un evento mondano nella sua dimora e che – Leyton stentava ancora a crederlo – lo invitava a prendervi parte. Tutto questo suonava davvero assurdo. Per quale incomprensibile ragione il conte Lonefield avrebbe dovuto invitare alla festa di fidanzamento di suo figlio un individuo semisconosciuto e verso cui, in passato, aveva manifestato apertamente la propria antipatia?
Ma era la parte che veniva dopo a inquietarlo di più.
 
Sono sicuro che accetterete l’invito.
 
Era una minaccia, nemmeno troppo velata. Era chiaro che Lonefield intuiva che Leyton avrebbe rifiutato di recarsi a Chesterton, in mancanza di un valido motivo. In un certo senso, glielo aveva fornito. Venite, o ci saranno conseguenze. Lonefield non aveva potere all’interno dell’Università, ma il mondo non si limitava alle mura di Cambridge. Leyton preferì non soffermarsi sulla portata dell’influenza del conte.
 
Vi pregherei, inoltre, di mantenere riservata questa missiva e, naturalmente, il suo contenuto.
 
Il punto più strano della lettera.
Mantenere segreto un banale messaggio d’invito a un ricevimento. Perché?
Leyton sapeva che invitare taluni a scapito di altri avrebbe potuto suscitare risentimenti vari, per questo non era infrequente una richiesta di riservatezza. Ma perché Lonefield avrebbe dovuto richiederla a lui? Chi conosceva, che si sarebbe risentito per quell’invito? Inoltre, l’acido conte non era certo il tipo d’uomo che si preoccupava di ferire i sentimenti di qualcuno.
 
So che lo farete.
 
Altra minaccia. Guai a Voi se parlate di questo invito. Leyton capì che avrebbe adempiuto alla richiesta ben prima di elaborare il concetto.
Quella era la cosa più strana che gli fosse capitata da molti anni.
C’era qualcosa di davvero anomalo, dietro quella lettera. E Harvey Leyton sapeva che c’era un solo modo per andare fino in fondo a quella storia.
   
 
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