E le stelle
stanno a guardare
"Mi domando se le stelle
sono illuminate perchè ognuno possa un giorno trovare la sua."
Antoine de Saint-Exupéry
"Siamo tutti polvere di stelle."
André Brahic
Antoine de Saint-Exupéry
"Siamo tutti polvere di stelle."
André Brahic
"Ho pena delle stelle
che
brillano da tanto tempo,
da
tanto tempo…
Ho pena
delle stelle.
Non ci sarà una
stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di
esistere,
di essere,
solo di essere,
l’essere triste lume o un
sorriso…
Non ci sarà
dunque,
per le cose che sono,
non la morte,
bensì
un’altra specie di
fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un
perdono?"
Fernando Pessoa
Fernando Pessoa
Gli aveva dato il nome della stella più luminosa del cielo.
Aveva scelto accuratamente, attentamente, amorevolmente un nome che si confacesse al suo primogenito, al rampollo dei Black, a colui che era destinato a perpetuare le gesta e l’onore della sua famiglia.
Gli avrebbe dato tutto. Gli avrebbe insegnato tutto quello che sapeva.
E lui sarebbe stato il miglior figlio che un padre potesse mai desiderare.
Sarebbe stato la luce dei suoi occhi.
Fu allora che gli venne
l’idea.
Se doveva essere la luce degli
occhi di suo padre, non poteva non avere il nome della stella
più brillante che esistesse. Sirio.
Aveva preso in braccio il neonato
dalla sua culla foderata di seta blu notte. Lo aveva guardato per un
po’, con espressione grave e solenne. Il suo volto regale era
impassibile e pieno di contegno come sempre, ma il suo cuore traboccava
di gioia e orgoglio paterno.
“Il tuo nome
sarà Sirius Orion Black.” Aveva sussurrato.
Prima di deporlo di nuovo nella
culla, aveva sfiorato con un bacio leggerissimo la fronte del neonato
addormentato, su cui già stava ritto un ciuffo ribelle di
capelli nerissimi.
***
Nella Casata dei Black si
tramandava da secoli una viscerale, insana passione per
l’astronomia, come dimostrava il fatto che tutti i suoi
componenti portassero il nome di una stella. Sebbene avesse solo tre
anni, a Sirius non venivano risparmiate le lunghe lezioni di suo padre
sulle costellazioni e le galassie. L’unica cosa, a dire il
vero, che trovasse piacevole in lui. Le uniche occasioni in cui davvero
lo ascoltava con curiosità e interesse, trovandosi suo
malgrado rapito ed estasiato dallo spettacolo stupefacente dello
sconfinato cielo nero, pulsante di stelle, i cui nomi aveva ben presto
iniziato a ricordare, ripetendoli lentamente, a voce bassa, in un
sussurro, tra sé e sé, lontano dalle orecchie di
suo padre, quando era sicuro che nessuno potesse sentirlo.
Sirius sapeva da dove veniva il suo nome e quello di tutta la sua famiglia. Riconosceva le stelle più grandi e più belle. Era capace di rimanere ore e ore a guardarle, riempiendosi gli occhi della loro luce bianco-azzurra, così fredde, così distanti, così perfette nella loro algida bellezza. Così imperturbabili.
Erano fortunate… le miserie umane non le toccavano.
Sirius sapeva da dove veniva il suo nome e quello di tutta la sua famiglia. Riconosceva le stelle più grandi e più belle. Era capace di rimanere ore e ore a guardarle, riempiendosi gli occhi della loro luce bianco-azzurra, così fredde, così distanti, così perfette nella loro algida bellezza. Così imperturbabili.
Erano fortunate… le miserie umane non le toccavano.
Più tardi, quando
sarebbe stato più grande e le cose avessero iniziato a
prendere una brutta piega per lui, Sirius avrebbe maledetto le stelle.
Avrebbe lanciato loro urla silenziose, confidato loro tutta la sua
tristezza, sfogato tutta la sua rabbia, ma quelle sarebbero rimaste
uguali a prima, uguali a sempre, immutate, schernendolo come un sorriso
inalterabile dal tempo.
***
Avrebbe mostrato centinaia di
stelle, sfoggiando spavaldo la sua cultura in materia di astronomia, ad
altrettante ragazze. Avrebbe dato loro appuntamento a mezzanotte in
cima alla Torre di Astronomia, sfidandole ad affrontare il buio, il
pericolo, il rischio per godersi una notte romantica sotto le stelle
con lui. Si sarebbero sdraiati sulla pietra, il cielo spalancato sopra
di loro, e si sarebbero sentiti persi per un attimo nella sua
immensità, come astronauti nello spazio. Avrebbero perso
tutti i punti di riferimento, non sarebbe più esistito
né su né giù, né destra
né sinistra, né nord né sud. E allora
Sirius le avrebbe prese teneramente per mano e avrebbe sentito
distintamente le loro piccole dita tremare mentre si allacciavano alle
sue. Le avrebbe guardate negli occhi, con quel suo sguardo
così bambino e così adulto insieme,
così scanzonato e così ferito allo stesso tempo,
così forte e così fragile, così dolce
e così duro, e avrebbe pronunciato le parole di sempre. E
loro ci avrebbero creduto.
Tutte ci credevano. Era più forte di loro.
Nei suoi sette anni passati ad Hogwarts, la sua vera e unica casa, Sirius avrebbe portato centinaia di ragazze sulla Torre a vedere le stelle. Avrebbe ripetuto gli stessi gesti e detto le stesse parole a tutte loro.
Le avrebbe amate tutte, una per una.
Ma non si sarebbe mai innamorato di nessuna.
Tutte ci credevano. Era più forte di loro.
Nei suoi sette anni passati ad Hogwarts, la sua vera e unica casa, Sirius avrebbe portato centinaia di ragazze sulla Torre a vedere le stelle. Avrebbe ripetuto gli stessi gesti e detto le stesse parole a tutte loro.
Le avrebbe amate tutte, una per una.
Ma non si sarebbe mai innamorato di nessuna.
***
Una notte di Halloween avrebbe
guardato le stelle. Ma non le avrebbe viste, perché la sua
vista annegava in un mare di lacrime cocenti. Avrebbe comunque tenuto
la testa alzata verso il cielo, gli occhi fissi su una motocicletta
nera che diventava sempre più piccola mano a mano che si
allontanava.
Il suo migliore amico era appena morto e quella motocicletta si portava via l’ultimo pezzetto di lui che gli rimanesse.
Sperava non per sempre.
Il suo migliore amico era appena morto e quella motocicletta si portava via l’ultimo pezzetto di lui che gli rimanesse.
Sperava non per sempre.
***
Più tardi ancora...
Dalle sbarre della sua cella ad Azkaban, il cielo sembrava vuoto e nero come l’universo prima della Creazione. Il nulla totale. La disperazione assoluta.
Nemmeno un bagliore amico a confortare i pensieri di morte che turbinavano come foglie secche nella sua testa, sbattendo le ali come uccellini impazziti. Ogni giorno, si trascinava in ginocchio fino alla minuscola feritoia scavata nella gelida pietra stillante umidità, che troppo sarebbe stato chiamare finestra, e le sue dita scheletriche si attorcigliavano alle sbarre, graffiandole con le unghie. Come se si aspettassero che prima o poi avrebbero ceduto. E allora da quel minuscolo spazio il suo corpo, ridotto poco più di un fuscello, avrebbe potuto fuggire.
Se solo ci fosse stata una stella… La luna no, non osava sperare tanto.
Ma una piccola, piccolissima stella che gli desse un barlume di speranza….
Dov’erano finite le stelle?
Possibile che il Male fosse diventato così potente da salire così in alto, talmente in alto da spegnere le stelle?
Dalle sbarre della sua cella ad Azkaban, il cielo sembrava vuoto e nero come l’universo prima della Creazione. Il nulla totale. La disperazione assoluta.
Nemmeno un bagliore amico a confortare i pensieri di morte che turbinavano come foglie secche nella sua testa, sbattendo le ali come uccellini impazziti. Ogni giorno, si trascinava in ginocchio fino alla minuscola feritoia scavata nella gelida pietra stillante umidità, che troppo sarebbe stato chiamare finestra, e le sue dita scheletriche si attorcigliavano alle sbarre, graffiandole con le unghie. Come se si aspettassero che prima o poi avrebbero ceduto. E allora da quel minuscolo spazio il suo corpo, ridotto poco più di un fuscello, avrebbe potuto fuggire.
Se solo ci fosse stata una stella… La luna no, non osava sperare tanto.
Ma una piccola, piccolissima stella che gli desse un barlume di speranza….
Dov’erano finite le stelle?
Possibile che il Male fosse diventato così potente da salire così in alto, talmente in alto da spegnere le stelle?
Sirius guardava ogni notte fuori
dal buco della sua cella, ma su Azkaban non risplendevano stelle.
***
Stava buttato a terra, sul suolo
roccioso cosparso di morbida erba, accarezzato dal vento che batteva la
cima di quella collina sperduta, lontano da qualsiasi traccia umana,
lì dove nessuno avrebbe potuto trovarlo.
Era notte.
La sua schiena si era scavata un comodo giaciglio contro il fianco piumato di Fierobecco. Sentiva il corpo possente della bestia alzarsi e abbassarsi al ritmo regolare del suo respiro, cullando anche i suoi pensieri. Si sentiva il cuore gonfio di troppe emozioni represse.
Era libero. Libero dopo tredici anni di cattività.
Libero ma costretto alla fuga, a nascondersi come il criminale che non era.
C’era una sola persona che avrebbe voluto uccidere, che aveva avuto a portata appena pochi giorni prima e che- consapevolmente- aveva lasciato andare. La persona che gli aveva rovinato la vita, la persona che lui aveva perdonato e che lo aveva giocato per la seconda volta.
La sua schiena si era scavata un comodo giaciglio contro il fianco piumato di Fierobecco. Sentiva il corpo possente della bestia alzarsi e abbassarsi al ritmo regolare del suo respiro, cullando anche i suoi pensieri. Si sentiva il cuore gonfio di troppe emozioni represse.
Era libero. Libero dopo tredici anni di cattività.
Libero ma costretto alla fuga, a nascondersi come il criminale che non era.
C’era una sola persona che avrebbe voluto uccidere, che aveva avuto a portata appena pochi giorni prima e che- consapevolmente- aveva lasciato andare. La persona che gli aveva rovinato la vita, la persona che lui aveva perdonato e che lo aveva giocato per la seconda volta.
Peter. Amico mio.
L’avrebbe voluto morto, non lo negava, perché gli aveva portato via la cosa più cara che avesse mai avuto, prima di Harry. Questo faceva veramente di lui un assassino? Probabilmente sì. Desiderare un omicidio equivale a commetterlo…
L’avrebbe voluto morto, non lo negava, perché gli aveva portato via la cosa più cara che avesse mai avuto, prima di Harry. Questo faceva veramente di lui un assassino? Probabilmente sì. Desiderare un omicidio equivale a commetterlo…
Non sapeva spiegare come si
sentisse precisamente, in quel momento. C’erano la
frustrazione e la rabbia e la ribellione che gli suscitavano il sapersi
ricercato per qualcosa che non aveva fatto e che gli impediva di
godersi appieno la libertà. Gli impediva di sentirsi
completamente uomo. Ma, dall’altra parte, c’era
l’ebbrezza selvaggia del vento nei capelli, il profumo
così pulito dei fili d’erba che si arrotolavano
intorno alle sue dita contratte, il sospiro silenzioso della notte.
E c’erano le stelle.
Dopo così tanto tempo, continuava a provare sentimenti contrastanti verso di loro, risentimento e ammirazione. Gli ricordavano altrettante cose belle e brutte della sua vita.
Automaticamente, i suoi occhi cercarono i punti più luminosi in quella lavagna nero ardesia. Con compiaciuto stupore, si rese conto di ricordare a memoria tutti i loro nomi. Ecco l’inconfondibile W di Cassiopea, e poi Cefeo, e le due Orse, che facevano da corteo alla Stella Polare.
Conosceva il nome di quegli astri, uno per uno.
In quel momento non riusciva a restare arrabbiato ancora a lungo con il mondo.
Per quella notte almeno Sirius fece pace con la vita. E con le stelle.
Dopo così tanto tempo, continuava a provare sentimenti contrastanti verso di loro, risentimento e ammirazione. Gli ricordavano altrettante cose belle e brutte della sua vita.
Automaticamente, i suoi occhi cercarono i punti più luminosi in quella lavagna nero ardesia. Con compiaciuto stupore, si rese conto di ricordare a memoria tutti i loro nomi. Ecco l’inconfondibile W di Cassiopea, e poi Cefeo, e le due Orse, che facevano da corteo alla Stella Polare.
Conosceva il nome di quegli astri, uno per uno.
In quel momento non riusciva a restare arrabbiato ancora a lungo con il mondo.
Per quella notte almeno Sirius fece pace con la vita. E con le stelle.
***
Non aveva memoria dei suoi ultimi
istanti di vita, stranamente.
Non aveva memoria del volto acceso di gioia malvagia di Bellatrix, né del modo in cui il proprio corpo si era sollevato, come privo di peso, le braccia spalancate, ed era caduto, fluttuando dolcemente come una piuma, dietro il velo nero.
Non aveva memoria del volto acceso di gioia malvagia di Bellatrix, né del modo in cui il proprio corpo si era sollevato, come privo di peso, le braccia spalancate, ed era caduto, fluttuando dolcemente come una piuma, dietro il velo nero.
Ma ricordava perfettamente il dopo.
Era stato come risucchiato da un tunnel nebuloso, luminosissimo, fatto di vento e di nulla. Gli era sembrato di udire voci intorno a lui, voci che si mescolavano e si fondevano, a volte più alte, a volte più basse, in una melodia cristallina.
Si era sentito veramente in pace, forse per la prima volta da che fosse nato.
Il suo corpo era stato sollevato dal respiro sbarazzino del vento su, su, sempre più su, fino alla volta celeste e oltre… era assurto là dove non aveva mai sperato di arrivare, là doveva aveva tanto pregato di arrivare, tra le lacrime di rabbia e disperazione, nel buio senza tempo di Azkaban.
E, una volta arrivato, aveva sentito che quel posto gli apparteneva. Come se ci abitasse da sempre. Come se non se ne fosse mai allontanato. Come se il suo cuore vi avesse sempre dimorato. Come se le sue radici non se ne fossero mai staccate.
E aveva sorriso, pur sapendo di non avere più delle labbra o un corpo materiale.
La sua anima aveva sorriso. Perché aveva capito una cosa. Da quel momento Harry non sarebbe più stato solo. Avrebbe vegliato dall’alto su ogni suo respiro, avrebbe teso l’orecchio con ansiosa preoccupazione ad ogni battito del suo cuore, avrebbe pianto con lui per ogni suo dolore e avrebbe festeggiato con lui per ogni sua gioia. Gli sarebbe stato vicino come mai aveva potuto essere durante la sua vita mortale.
Harry lo ignorava, ma paradossalmente gli sarebbe stato molto più accanto da morto di quanto fosse mai stato da vivo. Sarebbe stato con lui ad ogni passo, lo avrebbe accompagnato ad ogni bivio, lo avrebbe guidato in ogni scelta, avrebbe scacciato i mostri dai suoi sogni finchè non fosse diventato abbastanza grande per farlo da solo.
Era stato come risucchiato da un tunnel nebuloso, luminosissimo, fatto di vento e di nulla. Gli era sembrato di udire voci intorno a lui, voci che si mescolavano e si fondevano, a volte più alte, a volte più basse, in una melodia cristallina.
Si era sentito veramente in pace, forse per la prima volta da che fosse nato.
Il suo corpo era stato sollevato dal respiro sbarazzino del vento su, su, sempre più su, fino alla volta celeste e oltre… era assurto là dove non aveva mai sperato di arrivare, là doveva aveva tanto pregato di arrivare, tra le lacrime di rabbia e disperazione, nel buio senza tempo di Azkaban.
E, una volta arrivato, aveva sentito che quel posto gli apparteneva. Come se ci abitasse da sempre. Come se non se ne fosse mai allontanato. Come se il suo cuore vi avesse sempre dimorato. Come se le sue radici non se ne fossero mai staccate.
E aveva sorriso, pur sapendo di non avere più delle labbra o un corpo materiale.
La sua anima aveva sorriso. Perché aveva capito una cosa. Da quel momento Harry non sarebbe più stato solo. Avrebbe vegliato dall’alto su ogni suo respiro, avrebbe teso l’orecchio con ansiosa preoccupazione ad ogni battito del suo cuore, avrebbe pianto con lui per ogni suo dolore e avrebbe festeggiato con lui per ogni sua gioia. Gli sarebbe stato vicino come mai aveva potuto essere durante la sua vita mortale.
Harry lo ignorava, ma paradossalmente gli sarebbe stato molto più accanto da morto di quanto fosse mai stato da vivo. Sarebbe stato con lui ad ogni passo, lo avrebbe accompagnato ad ogni bivio, lo avrebbe guidato in ogni scelta, avrebbe scacciato i mostri dai suoi sogni finchè non fosse diventato abbastanza grande per farlo da solo.
E anche allora avrebbe continuato a
fare la guardia per lui.
Avrebbe visto i suoi figli, e i figli dei suoi figli.
E un giorno- il più tardi possibile sperava, ma sapeva che quel giorno sarebbe arrivato- lo avrebbe riabbracciato.
Avrebbe visto i suoi figli, e i figli dei suoi figli.
E un giorno- il più tardi possibile sperava, ma sapeva che quel giorno sarebbe arrivato- lo avrebbe riabbracciato.
Ma in attesa di quel giorno non
sarebbe stato solo. Oh, no. Nel momento in cui era arrivato
lì- a
casa- aveva visto un cervo trotterellargli incontro.
L’avrebbe riconosciuto tra mille.
L’avrebbe riconosciuto tra mille.
“Ti ho aspettato
tanto, Sirius.” Gli aveva detto.
“Ora sono qui,
James.” Gli aveva risposto.
Poi non c’era stato
più bisogno di parole.
Ora come allora, oggi come in
passato e per sempre.
Un grosso cane dal pelo irto e un elegante cervo dalle corna rigogliose.
Ramoso e Felpato erano tornati a correre insieme.
Tra le stelle.
Un grosso cane dal pelo irto e un elegante cervo dalle corna rigogliose.
Ramoso e Felpato erano tornati a correre insieme.
Tra le stelle.
Fine