DICIASSETTESIMO
CAPITOLO
Kei
fissava il muro della cucina, disturbato solo dal ticchettio
dell’orologio. Non
aveva distolto lo sguardo dal dettaglio di quella mattonella per almeno
tre
quarti d’ora. In realtà stava pensando, e lo
faceva con tale intensità da
iniziare a sentire mal di testa.
Non
poteva semplicemente fare finta di niente. Non poteva ignorare il fatto
che
Yurij fosse condannato a finire i suoi giorni alla Borg, né
che Vorkov stesse
tramando qualcosa di pesante -e lui non aveva ancora capito di cosa si
trattasse. Non poteva proprio ignorarlo, anche se una voce dentro di
lui gli
diceva che era tutto un bluff per turbarlo. Era al sicuro
lì, giusto?
E
non poteva nemmeno fingere che quel senso di estraneità di
cui aveva già
parlato con Boris non lo affliggesse. Ogni istante che passava in
quella città
gli faceva capire che non era il posto per lui.
I
minuti divennero sessanta, e fu in quel momento che si alzò,
stanco di sentire
quel maledetto ticchettio e arrovellarsi il cervello.
Uscire
di casa gli avrebbe fatto bene.
Prese
il cellulare e fece il numero di Boris. Rispose al decimo squillo.
-Ehi,
che c’è?-
La
voce del russo era tutt’altro che sveglia.
-Non
stavi dormendo, vero?-
-Certo
che stavo dormendo, sono solo le undici!-
Kei
alzò gli occhi al cielo: -Dai, alzati. Mi sto annoiando a
morte.-
Boris
bofonchiò qualcosa di sconnesso e imprecò: -Ma
siamo in vacanza!-
Kei
si immaginò la voce di Hilary che gli diceva che no, non erano in vacanza ma in punizione,
che avrebbero dovuto
recuperare gli arretrati e scontare la loro pena, e quasi sorrise. Poi
si
chiese perché il suo cervello l’avesse messa in
mezzo. Davvero, che cosa
c’entrava lei in quel momento? Non trovò risposta
adeguata, così pensò che la
cosa migliore fosse prendersela con Boris: -Sei proprio un idiota.
Continua
pure a dormire, nullafacente.- disse, prima di riattaccare.
Boris
guardò il telefono con aria sconcertata, poi
iniziò a ridere da solo. Kei stava
certamente diventando bipolare.
Nel
frattempo il suddetto si preparò e uscì. Almeno
si sarebbe ricomprato le
sigarette.
***
Julia
iniziò a singhiozzare, e Takao sentì un brivido
percorrergli la schiena. Ogni
volta che la vedeva turbata non poteva fare a meno di trovarsi nel
medesimo
stato d’animo.
-Non
piangere…- le disse, a media voce. Lei scosse la testa: -Non
ho nessun diritto
di farlo, lo so.-
Takao
la guardò, senza espressione precisa. Le aveva appena detto
che era finita
definitivamente, che non era innamorato di lei e che non avrebbe
più sopportato
il suo modo di fare con Boris. Credeva che lei gli avrebbe urlato
contro, o
comunque si sarebbe infuriata come al solito. Non si aspettava certo
che dopo
un po’ di occhiate acide e tentativi di polemica gli desse
davvero ragione e si
mettesse a piangere.
-Ora
come ci rientro in classe con la faccia così?- chiese,
ridendo tra le lacrime.
Takao non aveva idea di come agire. Avrebbe proprio voluto
abbracciarla, ma non
lo fece: la stava lasciando. Era stanco che la sua dignità
venisse calpestata.
Stanco di lasciare che questo accadesse. E non poteva ricadere ancora nello stesso errore.
Tirò
fuori un fazzoletto dalla tasca e glielo porse.
-Voi
due, la ricreazione è finita da un pezzo, che state
facendo… tutto bene
Fernandez?- chiese secco Crawford, passando loro accanto. Julia
cercò di
ricomporsi e annuì: -Sì, stavamo rientrando,
scusi.- rispose, tirando su col
naso. Ryo li guardò con aria sospettosa e poi
sparì dietro l’angolo. I due si
affrettarono a rientrare in classe prima che quell’uomo
tornasse indietro e li
bombardasse di note sul registro. Hilary attese che Julia si sedesse
accanto a
lei (si era ripresa il posto approfittando dell’assenza di
Kei) e la guardò con
preoccupazione.
-Che
è successo?-
-Mi
ha mollata. Davvero, stavolta.- mormorò, sprofondando con la
testa sul banco.
***
Kei
sobbalzò sentendo la porta spalancarsi. Takao non aveva
certo il dono del
rispetto del sonno altrui.
-Ah,
sei qui? Non avevi detto che la punizione con Crawford iniziava oggi
subito
dopo pranzo?-
L’altro
si mise seduto, cercando di connettere il cervello. Perché
stava dormendo?
Credeva di essersi già alzato quel giorno. Poi si
ricordò, era uscito a
comprare le sigarette, era tornato a casa e si era rimesso a dormire.
Geniale,
pensò.
-Sì,
è oggi.- rispose, cercando con gli occhi la propria sveglia.
Le due e mezza.
Ok, non era così tardi…
L’istante
successivo rotolò giù dal letto,
inciampò fra le coperte e quasi finì contro al
muro. Takao lo osservò in silenzio mentre si infilava le
scarpe, raccattava il
telefono e le chiavi e correva fuori dalla dependance, accompagnato
dallo
starnazzare della papera fuxia all’angolo della stanza.
-Buona
fortuna!- gli gridò dietro.
Kei
lo ignorò e corse. Era solo in ritardo di venti minuti.
Niente di che.
I
minuti divennero trenta quando arrivò a scuola, dopo aver
rischiato almeno tre
incidenti. Parcheggiò la moto e si precipitò fino
alla biblioteca.
-Immagino
che avrai una spiegazione più che plausibile per
questo…- lo accolse Crawford
senza nemmeno guardarlo in faccia. Kei fece per rispondere, ma
l’altro lo
precedette: -…ma qualunque sia, non la voglio sentire.
Rimarrai mezzora in più
del previsto.- aggiunse, alzando lo sguardo dal giornale che stava
leggendo.
Il
ragazzo sostenne gli occhi glaciali del proprio professore, che gli
indicò
enormi scatoloni appoggiati contro al muro.
-Devi
registrare quei libri nel database informatico e metterli a posto.-
Kei
alzò entrambe le sopracciglia: -Sono cinque scatoloni, e
sono pieni.- notò.
-Bravo,
ottimo spirito di osservazione. Fossi in te non aspetterei ancora a
cominciare.- disse Crawford tornando alla sua lettura.
Hiwatari
trattenne le imprecazioni che si stavano affollando sulla punta della
propria
lingua e trascinò il primo scatolone accanto alla sedia
della scrivania, dove
era situato il computer con il quale avrebbe avuto a che fare assai
spesso di
lì ai giorni successivi.
Non
fu un lavoro così sgradevole. A Kei non dispiacevano i
libri. Non che ne avesse
letti tanti, non era un’attività per la quale
avesse mai trovato molto tempo. Iniziò
a inserire titoli e nomi di autori, pensando alla valanga di testi che
lo
aspettavano.
Gli
si incrociarono gli occhi dopo due ore ininterrotte di lavoro, e
dovette
fermarsi per fare una breve pausa. Miracolosamente Crawford non lo
assillò,
limitandosi a guardarlo per poi tornare a trafficare col proprio
cellulare.
***
Crawford
chiuse il giornale e si alzò. Osservò Kei
digitare rapidamente sulla tastiera,
poi uscì dalla stanza sperando di non trovarla in fiamme al
suo ritorno.
Sbucò
in cortile e si accese una sigaretta, lottando contro il vento che fece
di
tutto per impedirgli di farlo. Era a metà quando una voce
conosciuta disturbò
la sua quiete.
-Ehi,
non smetterai proprio mai, vero?-
-A
maggior ragione se tu continui a chiedermelo.-
Mara
si poggiò al muro accanto a lui, fissando il giardino
davanti a sé: -Sei sempre
così gradevole. Perché sei ancora qui?-
-E
tu?-
-Devo
fare i corsi di recupero a quelle menti eccelse dei nostri studenti.-
Crawford
alzò gli occhi al cielo: -Perdi tempo.-
La
Kanagi sbuffò, poi si voltò verso di lui: -Non mi
hai ancora risposto. Di
solito la biblioteca non è chiusa a quest’ora?-
-Sì,
ma ci sono tonnellate di libri nuovi da catalogare. E lo fa Hiwatari,
per
punizione. Devo controllare che non succeda qualcosa di brutto, e succede spesso quando
c’è lui di mezzo.-
Mara
scoppiò a ridere: -Oh già! Come procede?-
Ryo
alzò le spalle: -Sta zitto e scrive.-
-Certo
che deve esserci un bel clima allegro lì dentro, santo
cielo. Che mortorio.-
-Non
siamo tutti chiassosi come te.-
Mara
sorrise di nuovo, tutto le scivolava addosso. –Su questo non
c’è dubbio. Be’,
io vado. Non divertitevi troppo!- salutò, dandogli un
colpetto alla mano e
facendogli cadere la sigaretta. Crawford sorrise pericolosamente:
-Ringrazia
che era praticamente finita.-
Tornò
dentro, mani in tasca e aria ancora più accigliata di prima.
Kei non si era
mosso dalla sua postazione e non aveva combinato nessun guaio.
–A che punto
sei?-
-Ho
finito la prima scatola.-
-Allora
vai a casa, continuerai domani. Cerca di non arrivare di nuovo in
ritardo.-
sbottò.
Kei
non rispose e si alzò in piedi, dopo aver spento il pc.
Crawford
si accorse che aveva lasciato due libri dietro al computer.
-Questi?-
chiese, indicandoli. Notò che entrambi erano libri sulla
fisica.
-Pensavo
di prenderli.-
-Devi
registrarti per farlo. E prima vanno etichettati.- rispose Crawford.
Kei roteò
gli occhi e prese i libri, facendo per buttarli di nuovo nello
scatolone.
-Dai,
prendili. Cerca di non distruggerli e riportali in un paio di
settimane.-
Kei
guardò lui, poi i libri, poi di nuovo lui. –Ok.-
disse, per poi superarlo e
uscire.
***
Quando
Kei tornò a casa, trovò una piacevole sorpresa ad
attenderlo in giardino, fuori
dalla dependance.
-Mi
ha fatto entrare Takao, non ho scavalcato.- spiegò subito
Kaori, fissandolo dal
basso del gradino su cui era seduta.
Kei
rispose con un mugugno. La ragazza si alzò in piedi, e lo
fissò per qualche
secondo, in silenzio.
-Quindi,
come stai? Ti è passata?-
-Che
cosa?-
Kaori
lo seguì dentro, e sorrise quando il regalo di compleanno
che aveva fatto a Kei
iniziò a rumoreggiare, segno che ancora non gli aveva tolto
le batterie.
-Quello
che avevi in gita. Forse tu non ti ricordi, ma mi hai detto delle cose.-
Lui
gettò le chiavi della moto sul comodino, poi scosse la
testa: -Non voglio
parlarne. Fai finta che non ti abbia detto niente, ok?-
-Assolutamente
no! Hai detto “tortura e morte”, non che la mensa
faceva schifo. Che posto è?-
-Kaori,
non voglio e non posso parlarne. Puoi semplicemente accettarlo?- chiese
Kei
allargando le braccia.
Lei
interpretò la sua espressione. Non sembrava seccato,
sembrava… triste?
Amareggiato?
-Va
bene. Scusa. È solo che…-
-Lo
so. Non posso dirti quelle cose e poi chiederti di fare finta di
niente. Quindi
scusami tu.-
Kaori
annuì lentamente.
-Tu
che chiedi scusa a qualcuno. Interessante.-
-Piantala.-
-No
davvero, i tuoi progressi sono ammirevoli. Sono lusingata,
evidentemente ti
piaccio davv…-
Kei
la zittì prendendola per un braccio e tirandola a
sé, come aveva fatto la prima
e unica volta che l’aveva baciata. Lo fece di nuovo, e
stavolta non entrò Takao
a disturbarli.
**************
NOTE:
Ok, ero indecisa se fare discorsoni in merito al mio ritardo e al mio
rapporto
con questa storia oppure no. Farò una via di mezzo,
cioè un discorsino. Sono
stata incostante, lo so, ma come ho già detto quando manca
la voglia e l’ispirazione
è meglio lasciar perdere. Questo capitolo poi ha una storia
particolare. L’avevo
scritto, ne ero soddisfatta, poi la chiave usb è morta e
l’ho perso. Ci sono
voluti mesi per riuscire a rimettermi a scriverlo. Quanto al capitolo
in sé, è
un po’ corto, ed è contemporaneamente un capitolo
di transizione e uno di
svolta. Transizione perché non succede quasi nulla riguardo
alla macrotrama,
chiamiamola così. Per questo ci sarà mooolto
spazio nei prossimi. Di svolta
perché… beh, svolta fra Julia e Takao
(finalmente), fra Kaori e Kei
(hallelujah! Ma niente lemon, mi spiace ò.ò), e
vagamente anche tra Crawford e
Kei. Evviva, insomma! Agli occhi di chi legge risulta approfondito
leggermente
anche quello fra Crawford e la Kanagi. C’è un
po’ di background da mostrarvi
riguardo questi personaggi! Volevo anche farvi vedere il loro aspetto,
ho
trovato un programma che crea gli avatar che fa proprio al caso mio!
(“Non ce
ne frega niente” ndTutti)
Specifico
che è mia ferma intenzione completare Another Life, ci tengo
davvero. Non so
quanti lettori mi siano rimasti, ma non baderò al numero di
recensioni (cosa
che già di mio tendo a non fare, o almeno non
più), continuerò e la concluderò
come si deve, per me stessa e per chi ancora mi seguirà. Mi
scuso con tutti per
le sparizioni. Un bacio!