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Autore: nikita95    07/08/2012    1 recensioni
E se John non trovasse un modo per fare sopravvivere le cara figliola Elena come umana, e Klaus accettasse lo scambio di Stefan con la zia Jenna? Se Damon non fosse stato morso da Tyler?Vi piacerebbe conoscere un risvolto alternativo della storia? Continuate a leggere!!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Damon ed Elena arrivarono alla pensione un po’ più tardi di quanto tutti si aspettassero.
Trovarono al solito Alaric pronto a perfezionare il necessario per quella sera, Caroline era arrivata, con lei anche Jenna.
Nessuno di loro fece domande e i due vampiri evitarono di suscitarle mantenendo un atteggiamento distaccato e scostante, volto solo alla missione.

Quando Damon notò la zia di Elena, guardò di sottecchi prima la donna poi Elena stessa, e alla prima opportunità l’attirò in cucina.
“Lei cosa ci fa qui?” le chiese guardando con la coda dell’occhio la figura della zia che si intravedeva dalla porta.
Elena non si sarebbe mai aspettata una domanda del genere era troppo strano che Damon si preoccupasse per qualcuno: ancora non aveva imparato a conoscerlo del tutto.

“E’ voluta venire e... io...” disse Elena quasi un po’ imbarazzata.
Il tono di Damon si addolcì improvvisamente.
“Se vuoi, posso trattenerla qui” disse fissando la ragazza negli occhi.
“No!” esclamò lei.

Poi continuò più calma.
“Conosco i tuoi metodi non ho intenzione di farle del male, ti prego lasciala venire, starà bene, ci sarò io...” disse abbassando il tono di voce e avvicinandosi al vampiro “E ci sarai tu” aggiunse baciando dolcemente le labbra dell’uomo della sua vita.
Poi uscì dalla cucina, per non dare troppo nel’occhio, ci sarebbe stato tempo per parlare con gli altri di lei e Damon.
Caroline era seduta sul divano a tormentarsi le mani nell’attesa che Alaric le consegnasse gli strumenti più adatti per lei, al momento, infatti, era impegnato in un’animata discussione con Jenna allo scopo di spiegargli il funzionamento di ogni singola arma.

Elena si avvicinò all’amica e la mise una mano sulla spalla.
“Stai tranquilla andrà tutto bene” aveva detto nel vano tentativo di placare il suo animo in subbuglio, ma le era quasi impossibile trasmettere calma, quando neanche lei riusciva ad esserlo.
Damon entrò poco dopo nella stanza.
“Allora a che punto siamo?” disse cercando di riscaldare la stanza in quel momento gelida.
“Abbiamo quasi finito” rispose il più tranquillamente possibile, mentre fissava sotto i vestiti di Jenna l’ultima arma e le sorrideva.

Alla fine anche Alaric era stato costretto ad accettare la decisione della fidanzata, perché era stata convincente anche con lui.
Il professore di storia ci aveva messo un po’ a digerire la cosa, e aveva più volte riaperto l’argomento con Elena che nel frattempo era diventata irremovibile nel prendere le difese della zia, così alla fine tutti avevano tacitamente acconsentito a quella situazione piuttosto strana.
Improvvisamente qualcuno bussò cautamente alla porta, ma nessuno rimase sorpreso o sospese le attività dell’ultimo momento.

Fu Elena ad andare ad aprire, davanti a lei si stagliò quasi imponente la figura della sua sosia.
Le due ragazze si guardarono un attimo, perché per entrambe risultava stano avere qualcuno uguale a sé ad un palmo del naso, e questo per quanto ormai era diventato normale era qualcosa che toccava nel profondo Elena.
La ragazza si spostò appena per permettere all’altra di entrare.
“Bene, si parte” disse quest’ultima senza neanche salutare.
Poi uscì nuovamente dalla stanza infilando la porta e scomparendo nel buio che ricopriva ogni cosa nel cortile.
Gli altri si guardarono un po’ perplessi, ma non fecero attendere molto Charlotte, così dopo aver chiuso in paio di borse contenenti alcune munizioni di riserva uscirono anche loro.
Charlotte li aspettava nella sua auto: una Porsche Boxster color oro.

Appena tutti videro l’auto rimasero con gli occhi spalancati tra lo sconvolto e l’allibito, e non da meno Damon.
“Ehi, me lo daresti un passaggio” esclamò lui, osservando compiaciuto il cipiglio divertito di Charlotte.
“Forse... un giorno” rispose lei sorridendo sotto i baffi.
Caroline sorrise a quello scambio di battute, un sorriso dopo tanto tempo.
Alla fine Elena, Damon, Alaric, Caroline e Jenna salirono tutti sull’auto di Elena, perché era la più spaziosa.
Damon si mise al volante, affiancato da Elena, dietro presero posto il restante dei passeggeri.
 
Il viaggio non fu particolarmente lungo, ma per tutti ogni attimo di attesa era uno strazio, e più tempo passava più sembrava che lo spazio che li allontanava dalla loro meta aumentasse.
Damon cercò di spezzare la tensione destata da ciò che li attendeva a qualche chilometro da Mystic Falls, mettendo un po’ di musica, ma ogni parola, ogni canzone, ogni nota ricordava ciò che toccava loro fare.
E allora nelle loro menti si disegnava crudele il disegno di ciò che sarebbe successo, ogni mossa, ogni errore e per concludere la loro fine, calpestati come scarafaggi nel tentativo di salvare l’insalvabile.
Terribile da pensare figuriamoci da dire, ma a tutti era venuto il dubbio di andare incontro a morte certa o di essere partiti comunque per una missione dall’esito orribile.

Ma nonostante tutti questi pensieri la macchina continuava a procedere, a perdersi in quel labirinto di strade come animata da volontà propria.
Tante volte qualcuno aveva pensato di dire stop di scendere dall’auto e ritornare sui propri passi, fare finta che nulla di ciò fosse successo
C’era chi immaginava quella piccola gita come un viaggio di piacere, ma poi qualcosa: un sospiro, un gesto, un pensiero faceva tornare bruscamente alla realtà e allora l’impellenza di fuggire da quella pazzia diventava prepotente.
E così arrivarono con la guida di Charlotte nel luogo dell’appuntamento.

Scesero ad uno ad uno dall’auto che adesso appariva a tutti come una gabbia, per riunirsi al centro di una piccola piazzetta piuttosto isolata con qualche albero sparso qua e là.
La luna era alta sulle loro teste, e come un’osservatrice crudele emetteva sarcastici giudizi sulla loro folle missione: intrufolarsi direttamente nella tana del lupo, era completamente senza senso, ma allo stesso tempo irrazionalmente ragionevole.
Quasi subito Charlotte aveva cercato di spiegare la piantina della casa, in poche parole a loro interessava sapere che c’erano due entrate.
Si sarebbero dovuti dividere, Elena Caroline e Jenna sarebbero dovute entrare dal retro e cercare di capire dove potesse essere nascosto il loro amico.

Charlotte, Damon ed Alaric, come amici di vecchia data, sarebbero andati umilmente a bussare alla porta della villa pretendendo inutilmente qualcosa che non sarebbe mai stato restituito loro, semplicemente per creare un diversivo.
Il piano non presentava una pecca, e tutti acconsentirono, così sia allontanarono cautamente per avvicinarsi alla villa.
Era poca discosta da dove avevano sostato, bella, imponente, quanto terribile, stendeva la sua ombra ai piedi della comitiva.
Si divisero dietro un cespuglio le tre ragazza silenziosamente si mossero come perfette cacciatrice della notte, fino a raggiungere l’ingresso sul retro.

Si avvicinarono caute per non destare sospetti, poi quando furono abbastanza vicine Caroline si estrasse una forcina dai capelli pronta a manomettere la serratura, ma non prima che qualcuno dall’altra parte suonasse rumorosamente il campanello.
 
 
Nella città regnava un’innaturale silenzio ogni cosa era perfetta, la villa non era proprio al centro della città come del resto la piazzetta in cui aveva deciso di sostare, nessun rumore equivoco avrebbe potuto destare dei sospetti, sempre che qualcuno l’avesse mai sentito.
Damon aveva visto Elena allontanarsi da lui sicura di ciò che stava andando a fare, ma lui non era così tranquillo, lui non avrebbe mai smesso di stare in ansia per lei, quindi quella sera gli sarebbe toccato convivere anche con quel sentimento, perché nulla gli avrebbe fatto perdere la concentrazione e la sua innaturale spavalderia anche nei momenti più bui.
Avanzò con Charlotte e Alaric, questa volta senza aver paura di fare rumore.

Fu la doppelganger a spingere il pulsante del campanello.
Da dentro provenne un suono che in un altro momento non avrebbe significato nulla, ma che in quel momento significava che tutto era iniziato, dopo tanto tempo perso in preparativi prove e piani, finalmente si era arrivati al dunque al momento in cui si gioca il tutto e per tutto, in cui metti in pratica ciò che hai preparato.
Ad aprire fu una donna di mezza statura magra dal volto dolce, ma provato e stanco.
“Abbiamo bisogno di parlare con il tuo padrone” disse Charlotte senza esprimere nulla, se non determinazione nel raggiungere il suo intento.
Qualche luce si accese, poi prima che la donna potesse avere modo di rispondere fu gentilmente spostata, e da dietro quella figura apparentemente perfetta ne emerse un’altra, che per quanto perfetta anch’essa, sapeva solo di paura e terrore.
Klaus si impose in tutta la sua statura davanti l’ingresso con un sorriso che diceva tante cose.

“Benvenuti, amici, nella mia nuova dimora” disse indicando l’immensa villa che si trovava alle spalle, poi sorrise come chi è consapevole di avere il coltello dalla parte del manico.
Damon guardò di sottecchi prima Klaus poi Charlotte, anche lei sorrideva.
“Chi ho l’onore di ricevere questa notte?” chiese sempre con lo stesso sorriso stampato sul volto, sorriso che chiunque dei presenti gli avrebbe voluto strappare, l’unica a non reagire in alcune modo a quella provocazione era la doppelganger.
“Katherine o Elena, questo è il dilemma...” aggiunse quando nessuno si fece avanti.
“In questi secoli ho sempre creduto che fossi diventato più furbo, ma a quanto sembra l’ingenuità è una pecca che ci si trascina anche da “adulti” disse Charlotte godendosi quella piccola vittoria.

Damon si sforzava di capire che gioco stesse facendo quella donna, era spavalderia, incoscienza o altro a guidare le sue parole, alquanto provocatorie.
“Katherine, chi altro avrebbe tutto questo coraggio da rivolgersi a mecon questo tono... strano che tu possa essere tornata, non mi sarei mai aspettato di incontrarti ancora non sulla soglia di casa mia” Klaus sembrava aver ripreso violentemente la situazione tra le sue mani.
Nel frattempo il dubbio si stava insinuando infido nella mente sia di Damon che di Alaric, come era possibile che lui non la riconoscesse, che non sapesse dell’esistenza della prima doppelganger?
“Allora non mi hai sentito, sei ingenuo, come lo fosti tanti secoli fa, mi presento qualora ancora tu sia tanto ceco da non capire” fece una pausa piana di suspense.
“Il mio nome è Charlotte Petrova, e immagino che tu sappia perfettamente chi io sia.” Disse contenta di poter fare una rivelazione tanto sconvolgente, adesso il coltello era diventato un’arma pungente anche per l’originale.

Un fremito scosse appena lo sguardo sicuro di Klaus, segno che il dubbio stava iniziando a scavare.
Non sapeva perché, ma adesso era tutto più chiaro, Damon aveva capito il diversivo non erano loro, era lei, era Charlotte che avrebbe distratto l’ibrido, con un semplice nome che l’avrebbe dovuto sconvolgere nel profondo.
Ma lui rise, forte, una risata quasi disperata, ma bastò quella a far credere a Damon che tutto potesse finire lì.
Fu in quell’attimo, quando tutte le sue aspettative stavano crollando, che vide Charlotte alzarsi i capelli dalla morbida linea della nuca.
“Ho una cosa da mostrati, Klaus” disse allora.

Damon non riusciva a capire, fissava il collo della doppelganger, ma non riusciva a intravedere nulla, fu anche costretto a strizzare gli occhi e alla fine, la vide, una piccola goccia rossa, un rosso acceso che sfumava verso un rosso più cupo, disegnata proprio sotto l’attaccatura dei capelli, era perfetta, fatta da un maestro.
Improvvisamente la doppelganger si voltò, mostrando quel piccolo tatuaggio a Klaus.
Improvvisamente il volto dell’ibrido cambiò espressione, l’aria spavalda che aveva colorito ogni sua frase e gesto era letteralmente scomparsa, la bocca era piegata in una smorfia di incredulità e insieme di timore.
Poi come in trans Klaus aveva aperto le labbra sussurrando piano un nome.
“Charlotte...”
 
Quando Caroline aveva sentito il debole suono del campanello provenire da dentro, aveva agito subito senza attendere più di una attimo.
Aveva inserito la forcina nella stretta serratura e aveva iniziato a muoverla cercando, al contatto, gli ingranaggi, poi uno scatto e la porta si era aperta appena cigolando sui cardini.
In attimo furono dentro.
Non sapevano dove cercare, quando avevano varcato la soglia erano pronte ad attaccare, immaginavano di trovarsi davanti un’orda di ibridi pronti a spazzarli via come formiche, ma la casa era innaturalmente silenziosa, sembrava che tra quelle mura e tra il cielo senza stelle di quella notte non ci fosse differenza.

Camminarono piano evitando di fare rumore, ma nulla, anche il loro respiro in quel silenzio appariva come una suono assordante.
Alcune luci della casa erano accese, entrarono in queste stanze, ma non c’era nulla che annunciasse il passaggio di qualcuno, era tutto innaturale.
“Non è possibile, non c’è nessuno” sussurrò Elena.
Caroline la fissò con uno sguardo eloquente, Elena sapeva cosa stava pensando e le rispose prima che potesse aggiungere altro.

“Non ci ha mentito, me lo sento, non è una trappola” disse cercando di apparire convincente almeno un po’.
“Ok, non è una trappola, ma allora dove sono tutti?” disse Caroline.
Alla fine fu Jenna a gettare così un’ipotesi.
“E se ci fosse un passaggio, insomma se la villa non fosse solo questa?” chiesa un po’ intimorita.
Caroline ed Elena si guardarono e annuirono quasi contemporaneamente.
“E allora che aspettiamo, diamoci da fare” esclamò Caroline.
Setacciarono con attenzione morbosa ogni stanza in cerca di una passaggio, ma non trovavano mai nulla e uscivano sempre con le mani vuote, ancora più abbattute di prima.

Alla fine, dopo un tempo quasi interminabile si ritrovarono in un salone, l’ultima stanza della casa,la più lontana dall’ingresso principale, la percossero, spostarono oggetti, aprirono sportelli, ma niente.
Alla fine si fermarono esauste più per la tensione che le divorava che per altro.
“Non lo troveremo mai!” esclamò disperata Caroline, mentre si appoggiava pericolosamente a un mobile.
Nell’appoggiarsi urtò un ninnolo dall’identità indefinita, facendolo cadere sul pavimento.
“Attenta!” esclamò Elena, ma ormai era troppo tardi, l’oggetto aveva toccato il pavimento, non aveva fatto un gran rumore, ma era il caso di lasciare la casa, subito.

“Andiamocene, subito” aggiunse Elena, infilando la porta.
Ma Jenna le aveva afferrato il polso bloccandola.
“Guarda, ascolta” le aveva detto, prima di battere piano un pugno sul pavimento.
Il suono che ne scaturì non fu grave, ma insolitamente acuto come se sotto il parquet non ci fosse nulla.
“E’ vuoto” aveva subito notato Caroline con una punta di entusiasmo.
“Sotto il divano” aveva subito aggiunto Elena.
Le due ragazze si avvicinarono ai due lati del divano che ingombrava la maggior parte della stanza e lo sollevarono per non fare altri rumori equivoci.

Sotto il pavimento era sempre in parquet, ma una sottile linea nera delimitava una zona piuttosto larga da cui sporgeva una maniglia.
“Una botola!” esclamò allora Jenna.
L’aprirono subito, il pertugio si affacciava su una nero liquido e profondo.
 
Damon vide l’espressione che Klaus cambiare radicalmente ed improvvisamente.
Se i vampiri potessero essere ancora più pallidi di così, lui lo sarebbe stato.
I suoi occhi esprimevano solo confusione, una sensazione di panico dilagava tutta intorno alla sua figura.
Quando Charlotte fece ricadere delicatamente i capelli al loro posto e era tornata a guardare l’originale negli occhi, questi aveva cercato di riprendere la situazione nelle mani, ma Damon gliela vedeva sfuggire ancora, come sabbia al vento.
“Noto che rivedermi, ti fa un certo effetto, le cose non cambiano neanche con il tempo” disse ironica Charlotte.

Damon non riusciva a capire ciò che stava succedendo e fissava lo scambio di battute come uno spettatore impotente, ma comunque gli piaceva vedere l’originale così inetto di fronte a quella rivelazione, che, pochi giorni prima, aveva colpito non poco anche lui.
“Tu sei morta” aveva provato a dire un po’ titubante.
Questa volta quella a ridere di gusto fu Charlotte.
“Si dice che i fantasmi del passato tornano, sempre, ma mi dispiace per te, io non sono un fantasma, sono in carne ed ossa e sono qui per renderti la vita un inferno, non c’è riuscito tuo padre che è finito in una bara, ma io ci sarò, sempre” disse la doppelganger sprezzante.
Damon continuava a non capire tante cose, ma la situazione lo divertiva, sorrise appena.

“Ti diverti vero Salvatore?” disse sprezzante Klaus nel vano tentativo di volgere la situazione a suo vantaggio.
“E tu cacciatore? Come sta la cara zia Jenna?” disse continuando.
A quelle provocazioni rispondeva però solo il silenzio.
“Sai ancora mi ricordo la paura nei suoi occhi, il desiderio di fuggire, mi sarebbe dispiaciuto ucciderla” aggiunse.
Questa volta Ric strinse i pugni, Damon allora spostò lo sguardo su di lui sperando che non facesse nulla di avventato.
“Ma per fortuna è arrivato il minore dei Salvatore, gli si addice questo cognome, Salvatore... ma comunque torniamo al punto, deve essere stato un gran sollievo per tutti, soprattutto per te Damon” continuava a fissare entrambi mentre buttava fuori quelle parole intrise di cattiveria, voleva risollevarsi da quella situazione sputando sentenze e giudizi, voleva giocare sulle debolezze dei suoi nemici in modo che loro non giocassero con le sue, quella Klaus la chiamava legittima difesa.

“Adesso la bella Elena non deve scegliere più , è tutta tua vero? Goditela allora senza di me tu adesso piangeresti un amore perduto” disse prima di ridere un’altra volta.
A quel punto anche per Damon fu impossibile trattenersi, e meno male che era lui che voleva tenere sotto controllo Ric, ma si era talmente tanto concentrato sull’amico che aveva dimenticato se stesso.
“Klaus...”
“Dimmi Salvatore”
“Và all’inferno” lo aveva urlato mentre dal braccio destro, da sotto il suo amato giubbotto di pelle partì un paletto di legno, che squarciando l’aria bramava la carne della spalla dell’originale.
Era fatta gli avrebbe fatto, male come lui aveva fatto a loro, non importava che poi lui li avrebbe uccisi ad uno ad uno come inutili insetti, non aveva importanza, Klaus li aveva umiliati e feriti ogni giorno nell’animo e nel corpo, adesso lui gli avrebbe fatto male.

Ma purtroppo il paletto non arrestò la sua discesa verso l’obbiettivo prestabilito, ma ad un soffio dalla spalla, Klaus ne intercettò la traiettoria e ne deviò il percorso bloccandolo a mezz’aria.
“Stupido ragazzino” esclamò rabbioso tra i denti.
Poi girò il paletto e o lanciò mirando direttamente al cuore di Damon, il vampiro evitò la punta mortale per un soffio.
Klaus imprecò tra i denti poi diede il via.

“Uccideteli, tutti!”
 

ehi sono tornata e prima di quanto immaginassi,
ho pubblicato anche questo capitolo e la fine di questa storia che mi ha fatto sognare si avvicinia ogni giorno di più,
i nostri protagonisti preferiti stanno vivendo un'avventura per salvare il loro amico, ma le sorprese non sono ancora finite.
non mi và di farvi aspettare così il capitolo 22 è già in fase di stesura, purtroppo ho dovuto dividere quest'avventura in due capitoli per non renderla noiosa, spero che presto mi diciate cosa ne pensiate, aspetto con ansia voste notizie.
Nikita95 - A New Life

vi ricordo il mio gruppo su facebook per parlare della nostra serie televisva preferita: The Vampire Diaries Forever 








 





 



 
 
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