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Autore: Pwhore    08/08/2012    4 recensioni
Quando Gerard aveva diciassette anni successe una cosa che gli cambiò la vita e gli sottrasse il ragazzo che amava più al mondo. Ora, a distanza di anni, decide di tornare indietro e scoprire cos'è successo effettivamente al ragazzo che tanto amava, scomparso in circostanze misteriose e dato per morto da tutta la comunità.
Genere: Mistero, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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combattere contro il passato (cap 8)
Come ho detto prima, fu abbastanza difficile entrare in contatto con i miei amici e riuscire a parlargli in tutta tranquillità, quel giorno – e non solo perché ci s'era messa di mezzo anche la polizia, a inquinare le acque. Okay, certo, quello non era un dettaglio irrilevante e i ragazzi sarebbero inorriditi nel sapere che erano alle nostre costole, ma allo stesso tempo il fatto che ci venissero dietro non era molto importante, perché quelli non avevano prove per incastrarci o provare che stavamo facendo, non dico qualcosa d'illegale, ma anche solo qualcosa di sbagliato; quindi, dopo un momento di terrore, ansia e oddio-ci-sbatteranno-tutti-in-galera, mi ero tranquillizzato e avevo ripreso a ragionare lucidamente. La madama poteva sospettare di noi quanto le pareva, ma se ci fossimo comportati in maniera sicura e naturale non le avremmo dato alcuna soddisfazione e avrebbe lasciato perdere per dedicarsi a tracce più solide e, tra virgolette, normali. Voglio dire, quale gruppo di ventenni andrebbe a uccidere uno di loro per poi limitarsi a mandarlo in coma e, udite udite, portarlo addirittura all'ospedale, col rischio che si risvegli e li denunci? Bisognava essere proprio coglioni a farsi infinocchiare così, ma probabilmente la polizia non ci riteneva abbastanza intelligenti da essere in grado d'intuirlo e andava sul sicuro, nel dire che sospettava di noi, perché tanto non avremmo potuto farci niente. Ragionandoci a mente fredda, però, è facile notare che il loro ragionamento faceva acqua in vari punti, perché non solo ci saremmo dati la zappa sui piedi da soli, se fossimo stati davvero i tentati assassini, ma avremmo anche rischiato inutilmente, in quanto il ragazzo era solito andare a fare giri nel bosco da solo: sarebbe bastato buttarlo in un fosso ben nascosto che nessuno avrebbe sospettato di niente, e probabilmente il cadavere non sarebbe mai stato ritrovato. Insomma, se ci si pensava un po' su con calma, risultava evidente che non potevamo esser stati noi i colpevoli, perché gli altri, da bravi conoscitori del posto, non avrebbero corso un rischio così grande, col pericolo di finire in gattabuia, se potevano liberarsi del corpo in maniera più pulita e silenziosa. A quel punto, rimaneva un unico grande interrogativo: chi poteva essere stato? Il motivo per cui lo avevano attaccato era ovvio: stava lavorando a qualcosa d'importante che avrebbe potuto danneggiare Urine e i suoi complici – sempre che ne avesse –, quindi andava messo a tacere, possibilmente in maniera pulita e definitiva. Probabilmente il fatto di mandarlo in coma non era stato previsto e il rapitore voleva limitarsi semplicemente a tenerlo in ostaggio per un po', prima di rimandarlo indietro, abbandonarlo o ucciderlo, ma le cose erano degenerate e si era visto costretto a toglierlo di mezzo. Non aveva con se gli strumenti adatti per ucciderlo e il tempo non era dalla sua parte, così si era limitato a colpirlo e tramortirlo, per poi abbandonarlo appena sono saltato fuori io, pronto ad inseguirlo.
Mi morsi il labbro, pensieroso. Da quando ero uscito dal commissariato mi ero perso completamente in pensieri di questo genere e non riuscivo a trarmi fuori da questo circolo vizioso di domanda, ricerca e risposta, che il mio cervello sembrava apprezzare particolarmente. Scossi la testa velocemente e sentii una mano posarmisi sulla spalla, così sussultai e mi girai, sperando di non vedere un agente.
"Gerard!". Fortunatamente non c'era nessun poliziotto, solo Ray.
"Oh, ehi Ray" lo salutai, stupito.
"Che ci fai qui?" gli domandai quindi, guardandomi attorno.
"Ero venuto a cercarti e tuo padre mi ha detto che eri in zona" mi rispose con una scrollata di spalle.
"Oh. Vi ho cercati anch'io, ma mi sa che non sono portato per le ricerche" ammisi, laconico.
"Mi dispiace per quello che è successo ieri" aggiunsi, incrociando nuovamente il suo sguardo.
"Nah, figurati, fa niente. Tuo padre aveva pure ragione" ribatté, sorridendo.
"Quando sono tornato a casa pure il mio vecchio mi ha dato una bella strigliata, è normale" rise, e io mi sentii più a mio agio nel vederlo così rilassato, così sorrisi anch'io, abbassando un attimo lo sguardo,
"Senti, piuttosto.. sarebbe possibile incontrare Lindsey?" domandai.
"Ma certo, sono venuto per questo, no?" fece lui allegramente, scompigliandomi i capelli. Mi disse di seguirlo e io trotterellai al suo fianco, guardandomi intorno finché non scorsi una macchina.
"E' quella?" gli chiesi, indicandola con un cenno del capo. Lui annuì.
"Già. Non è un granché, ma quando vivi qui non vai a guardare la bellezza delle auto" mi spiegò, e mi parve di cogliere una nota d'imbarazzo nella sua voce, appena più flebile di prima, così cambiai argomento.
"Avete trovato qualcosa, ieri sera?" m'informai, sistemandomi la cintura mentre Ray faceva lo stesso.
"In realtà ce ne siamo andati poco dopo di te. Il bosco era deserto, così abbiamo deciso di andarcene e tornare oggi, visto che più rimanevamo più diventava difficile distinguere qualcosa, e bho, niente, alla fine non abbiamo fatto poi così tanti progressi" commentò, chiudendo le dita attorno al volante e voltandosi indietro per fare manovra. Annuii e guardai dritto, mentre ci lasciavamo alle spalle il parcheggio.
"Ray, qualcuno ti ha cercato, oggi?" insistetti dopo un po'.
"Be', sì, i ragazzi; ma credo sia normale. Non mi ha cercato nessun altro, però" rispose, pensandoci su.
"Capisco" mi limitai a ribattere, appoggiando la testa al finestrino e appannando il vetro con il mio respiro. Che senso aveva venire a interrogare solo me? Forse avevano capito che ero l'anello debole della catena e speravano in un mio gigantesco crollo, che poi avrebbe portato alla deriva anche gli altri. Storsi la bocca. Sapevo di non essere esattamente utilissimo, ma era una strategia meschina.
"Siamo arrivati" annunciò il riccio un quarto d'ora dopo, spegnendo dolcemente il motore dell'auto e slacciandosi con calma la cintura. Scendemmo sbattendoci dietro le portiere e respirammo l'aria fresca per qualche secondo, prima di metterci in marcia verso la base e bussare il più sonoramente possibile sul grande portellone di cemento, cercando di attirare l'attenzione delle ragazze. Ci aprirono dopo meno di un minuto e ci accolsero con un gran sorriso, invitandoci a entrare e a sederci sulle poltrone, perché avevano qualcosa d'importante da dirci che aveva aspettato fin troppo. Presi posto accanto alla bionda e mi sentii a disagio per una manciata di secondi, mentre il riccio richiudeva il portellone a chiave, causando uno spostamento d'aria e la diminuzione improvvisa della luce nella stanza. Gli altri sembravano abituati a quell'ambiente claustrofobico, così tacqui e mi concentrai sulle mani della ragazza, che non riuscivano semplicemente a star ferme, a causa dell'eccitazione per la misteriosa scoperta.
"Allora, siete pronti?" ci domandò Columbia con un sorriso elettrizzato, appena ci fummo sistemati sulle sedie. Annuimmo prontamente e lei lanciò un'occhiata d'orgogliosa felicità alla sua amica, che la ricambiò con un cenno del capo, andando a raccattare delle carte dal bancone. Io e Ray proprio non capivamo.
"Be'? Che dovete farci vedere?" disse lui, aggrottando le sopracciglia.
"Ancora un attimo di pazienza, ci siamo quasi" lo liquidò Lindsey, armeggiando con il proiettore.
"Ecco, guardate" richiamò la nostra attenzione, indicando una diapositiva che cominciava ad andare, anche se facendo qualche balzo e rumore strano ogni tanto, e noi ci concentrammo sulle immagini che andavano a danzare su un lenzuolo appeso a mo' di schermo, che occupava gran parte della parete.
"Ce l'ha consegnata la madre di Jimmy qualche ora fa, dicendo che lui le ha fatto promettere di darci questa in caso gli fosse successo qualcosa
– ci spiegò, incrociando le braccia sul petto con aria seria. – Dice che quando gli ha chiesto cosa avrebbe dovuto capitargli, lui è rimasto in silenzio e che gli si è oscurato il volto, quindi forse lui era consapevole di ciò a cui stava andando incontro. Per ora possiamo supporre solo poche cose, in quanto stiamo vedendo il video per la prima volta pure noi, ma credo che Jimmy si fosse reso perfettamente conto di quanto vicino fosse alla soluzione di questo mistero, e proprio per questo aveva adottato delle misure extra di sicurezze. Purtroppo non sono bastate, come ben sappiamo, però devo ammettere che è stato davvero intelligente da parte sua" commentò con un sorriso d'ammirazione, scuotendo leggermente il capo e abbassando lo sguardo.
"Certo che è proprio avanti" si compiacque, fiera di essere sua amica e compagna d'indagini. Con un sospiro, dedicò tutta se stessa al video e conservò un silenzio religioso, rivelando un attaccamento quasi morboso per quell'ultimo messaggio del ragazzo, così inaspettato ma allo stesso tempo così razionalmente normale. Spostai lo sguardo da lei al video e mi persi al suo interno.

"Ehi, ciao ragazzi, come va?" chiede, scuotendo la mano in segno di saluto.
"Be', se state guardando questo video immagino male,
soprattutto per me, ma non importa, via. Non c'è niente che non si possa sistemare al mondo e sono contento di poter fare la mia parte per risolvere questo mistero del cavolo, visto che questa storia sta andando avanti da fin troppo tempo. Come avrete di certo immaginato, ci stiamo avvicinando molto alla soluzione dell'enigma e già in questo momento le cose stanno cominciando a farsi molto più pericolose per ognuno di noi, visto che stiamo per rompere le uova nel paniere a qualcuno che non ha paura di infrangere la legge e che non si farà problemi a farlo di nuovo, se può salvargli la pelle. Certo, voi siete un po' più al sicuro di me, visto che ho deciso di concentrare su di me tutte le cose più rischiose, in modo da criptare tutto in un codice che non tutti sono in grado di decifrare e che potrà permettervi del vantaggio in caso mi succeda qualcosa; ma dovrete comunque tenere gli occhi aperti in ogni momento e non dovrete mai, mai e dico mai fidarvi di un qualsiasi membro della cittadinanza, perché potrebbero sgambettarvi e mandarvi in pasto ai lupi. Forse detto così sembra esagerato, ma il punto è che non sono sicuro di chi sia coinvolto e chi meno, quindi meno vi fate vedere in giro meglio è, per ognuno di voi. Certo, non tutti i cittadini sono stronzi e non tutti vi vogliono veder fallire, ma sono sicuro che qualcuno desideroso di vedervi sconfitto c'è, devo solo scovarlo e trovare il modo per smascherarlo. Ho già un piano che non andrò a spiegare qui per ovvi motivi, ma sappiate che è un buon piano e che sono sicuro all'80% che andrà in porto, quindi non avrete da preoccuparvi ancora per molto. In ogni caso, ho già sparso degli indizi in giro per la zona, quindi in caso mi succedesse qualcosa potrete benissimo andare avanti senza di me senza troppi problemi. Ora, il problema maggiore rimane come assicurarmi che questo video lo vedrete solo voi, ma è qualcosa a cui posso lavorare con tutta tranquillità. Anzi, mi è già venuta una bellissima idea, quindi non c'è più alcun particolare a cui pensare per oggi.. cioè, sì, rimane il fatto che devo smascherare pubblicamente quella che da ora in poi chiamerò la spia, ma per quello c'è tempo, visto che l'operazione scatterà con il calar della notte. E quindi bho, sì, insomma, spero che non vedrete mai questo video. Non dico tanto per me, perché di persone come sono fatto io ce ne sono tante al mondo, e non lo dico neanche perché sono morbosamente attaccato a questa mia strana vita, ma perché mi manchereste. Ci sono così tante cose che devo dirvi e che probabilmente non troverò mai il coraggio di sputar fuori... Ehh, ognuno ha le sue debolezze, e le parole sono la mia. Troverò un modo per superare anche questo ostacolo, vedrete, ma per ora concentratevi sul guardarvi alle spalle, e non abbassate mai la guardia. A qualche giorno da ciò che mi capiterà, perché è inevitabile che mi succeda qualcosa, vista la situazione in cui mi sono cacciato, riprendete con le operazioni di routine e comportatevi come se non fosse successo niente, troverete gli indizi senza neanche farlo apposta. Come ben sapete, purtroppo solo quel coglionazzo di Steve è in grado di decifrare il codice, quindi la sua presenza è davvero molto, molto determinante, e vi pregherei di far sì che rimanga sempre nel gruppo, qualunque cosa succeda. In caso venga allontanato, dovrete passare parecchie notti insonni a confrontare i miei appunti originali con quelli tradotti ovvero la versione ufficiale che vi ho sempre passato , a cercare di familiarizzare con il codice, perché è davvero di fondamentale importanza riuscire a 'farci amicizia'. Ma soprattutto, state attenti più che potete quando vi avvicinerete alla rete, perché non sono mai riuscito ad infiltrarmi nel loro sistema di sicurezza, e di conseguenza quelli là hanno qualcosa di grosso da nascondere. Non sono mai riuscito a capire cosa, ma c'è qualcosa di decisamente importante isolato in quella zona; quindi quello rimane il punto più misterioso e pericoloso di tutto il monte, e quello in cui mi concentrerei maggiormente, se fossi un po' più muscoloso e un po' più agile. Purtroppo sono quel che sono e non potrò mai cambiarlo perché i miei limiti sono questi, ma sono sicuro che uno di voi riuscirà alla grande dove io ho fallito, e allora il mistero sarà pressoché risolto. Be', che dire, buona fortuna, ragazzi. Sappiate che credo in voi con tutte le mie forze, e che non smetterò mai di farlo. Sono onorato di aver fatto la vostra conoscenza e di esser potuto diventare vostro amico. Siete dei grandi. Delle fonti d'ispirazione. Non cambiate mai, vi prego, perché ora come ora siete ciò che mi spinge a migliorarmi costantemente, giorno dopo giorno. Grazie di tutto, davvero. Alla prossima".
Finisce di parlare, sorride malinconicamente, gli occhi velati di lacrime, e si avvicina per spegnere la telecamera, sillabando qualcosa con le labbra. Probabilmente 'vi amo'. Poi tutto si fa buio.

Quando il filmino finì, un silenzio soffocante riempì la stanza e nessuno mosse un muscolo. Riuscivo a percepire il magone che aveva attanagliato le bocche dello stomaco di tutti i miei amici e io stesso mi sentivo poco bene, anche se non lo conoscevo quasi per niente in confronto a loro, e la situazione era a dir poco straziante. Mi morsi il labbro e mantenni lo sguardo basso per non incrociare quello velato di lacrime e tristezza degli altri, ma le cose non migliorarono minimamente e mi sentii solo un gran codardo. Respirai a fondo, il cuore che batteva forte, e mi alzai per abbracciare la bionda, ancora in piedi di fronte a me, scossa dai tremiti e dai singhiozzi silenziosi che attaccano sempre chi non vuole farsi vedere debole. La strinsi a me il più forte possibile, accarezzandole delicatamente i capelli e lasciando che m'inondasse la maglietta di lacrime amare, e per qualche istante mi sentii una persona migliore, mentre anche Ray si alzava e ci circondava con le braccia, seguito a ruota dalla riccia. Ci abbracciammo tutti, un abbraccio di gruppo sincero, profondo e addolorato come non ne avevo mai provati, e ci giurammo silenziosamente che avremmo scoperto chi aveva fatto questo al nostro Jimmy, che gliel'avremmo fatta pagare, che non avremmo lasciato che le cose ci sfuggissero di mano un'altra volta, non a questo prezzo. Lindsey si appiattì ulteriormente contro il mio petto e si portò le mani vicino al volto, come se dovesse mordersi le dita, e mi guardò con i suoi grandi occhi da cerbiatto, trasmettendomi in un istante tutto quello che aveva temuto, sofferto e passato durante i miei anni di assenza, mentre le indagini avevano preso velocemente vita e si erano trovati tutti catapultati in una situazione più grande di loro. Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e deglutii, ma sostenni il suo sguardo e lo ricambiai con uno più dolce, positivo, pieno di speranza e buone intenzioni, e sentii i suoi muscoli rilassarsi un po', mentre arcuava le labbra in un sorriso timido e impacciato e mi ringraziava silenziosamente. Columbia si staccò da noi e Ray fece lo stesso, così finimmo di sciogliere l'abbraccio e ci guardammo tutti in faccia, più seri possibile.
"Dopo Steve sono io quello che conosceva meglio James, mi occuperò io del codice" annunciò il riccio.
"Noi cercheremo degli indizi e ci prepareremo per la ricognizione della rete metallica, invece" fece Columbia, con tono autoritario e deciso. Io e Lindsey annuimmo, ci guardammo negli occhi per un po' e infine ci separammo, il riccio nella zona appunti e io e le altre a setacciare l'intera base, mettendo in discussione i più minimi dettagli e particolari, alla ricerca di qualcosa che non sapevamo neanche che forma avrebbe avuto. Dopo una mezzora di duri e infruttuosi sforzi, mi lasciai cadere su una sedia, esausto, mentre le ragazze si accoccolavano una sul bordo del tavolo e l'altra ai piedi della scaletta, e tirai fuori dalla tasca l'ipod, infilandomi le cuffie in tasca e facendo partire una canzone casuale, senza farci davvero caso.
"Ehilà, ragazzo mio, vedo che hai scoperto il primo indizio" cinguettò una voce.
"Jimmy?!" esclamai, scattando in piedi e voltandomi a destra e sinistra, freneticamente.
"Gerard? Ehi, tutto okay?" mi chiese la bionda, avvicinandosi. La guardai con occhi sbarrati e abbassai lo sguardo sull'ipod, che non entrava tutto nella mia tasca, e in un istante mi fu tutto chiaro.



Ho ancora la scena come dipinta davanti agli occhi, tant'era singolare. Camminavo spavaldamente, tutto sommato, e mi guardavo attorno con circospezione ogni due secondi, tant'era grande l'ansia, e ogni minimo fruscio mi allarmava e mi metteva l'anima in subbuglio, quindi ero decisamente buffo da osservare. Non avevo ancora raggiunto la recinzione, ne ero anzi ancora un po' lontano, e stavo cominciando a dubitare che l'avrei mai raggiunta, quando di punto in bianco, spostando l'ennesimo ramo di sempreverde, l'avevo vista ergersi lì davanti a me, in tutto il suo metro e mezzo di altezza, in una spavalda e arrogante sicurezza; sembrava quasi dirmi 'ragazzino, vattene pure via; non riuscirai mai a scoprire il mio segreto'. Non mi ero lasciato intimorire maggiormente e avevo cominciato a guardarmi intorno con l'aria più disperata e terrorizzata possibile, cominciando a recitare la mia parte e facendo partire il piano. Esitai qualche secondo vicino alla rete, senza appoggiarmici, poi lanciai un 'c'è nessuno?' per rendere la scena più realistica e mi costrinsi ad aumentare il battito cardiaco, respirando più velocemente e in modo più irregolare. Deglutii sonoramente e ripresi a camminare, costeggiando la recinzione, lanciando qualche richiamo di tanto in tanto, per non perdere credibilità; e mi fermai dopo circa un chilometro, lasciandomi cadere sulle ginocchia e inumidendomi più volte le labbra, come per recuperare il controllo, poi gridai un 'ehi' a tutti polmoni, conscio che nessuno mi avrebbe risposto. A quel punto attaccai con un 'c'è nessuno? dove siete tutti? ehi?' e finsi di asciugarmi le lacrime, nonostante i miei occhi fossero quasi completamente non-lucidi, e mi tirai su, ostentando stanchezza e smarrimento. Pretendendo di singhiozzare, spaventato e spaesato come dovrebbe esserlo un qualsiasi ragazzo disperso, ripresi a camminare, tenendomi il più vicino possibile alla maglia metallica, argentea come se fosse nuova ma vittima della ruggine in qualche raro punto, e cercai di far arrivare ai ragazzi la più vasta varietà d'immagini possibile, voltandomi verso destra una volta, verso sinistra un'altra e indietro un'altra ancora, e mi appoggiai al tronco di un albero lì vicino, lasciando che il mio peso si riversasse interamente contro la corteccia.
"Ehi? C'è qualcuno qui? Vi prego, aiutatemi" piagnucolai, facendo scivolare la schiena lungo il legno, sedendomi e abbracciandomi le ginocchia in un ultimo tentativo di consolarmi e calmarmi. Nessuno rispose, niente si mosse. Storsi la bocca, amareggiato. E se qualcuno si perdesse davvero in mezzo a questi cazzo di boschi? Come reagirebbero le autorità? Come reagirebbero i proprietari della rete?
Guardandoli storto, me ne rimasi seduto per un'altra decina di minuti, poi mi alzai e mi rimisi in cammino, zoppicando e appoggiandomi agli arbusti di tanto in tanto, per far capire che ero allo stremo delle forze, ma continuai a non attirare l'attenzione di nessuno. In preda al finto sconforto e alla disperazione più nera, presi a calciare un sasso e lo mandai contro la recinzione, senza farlo apposta, e mi sentii mancare il fiato nel vedere che non solo non era scattato nessun allarme, ma che non c'era neanche un sistema di elettroshock destinato a chiunque provasse anche solo a toccare l'attrezzo. Mi sentii più fiducioso e mi avvicinai a guardarla, raccolsi il sasso, me lo misi in tasca e ripresi a camminare, con aria depressa.
"Perché non mi aiutate?!" sbottai dopo un po', stringendomi le mani attorno alle tempie.
"Assassini, assassini, assassini" gridai, crollando in ginocchio. Grazie al cielo sapevo piangere a comando.
"Che cosa vi costa? Cosa vi cambia? Vi prego, aiutatemi. Non ce la faccio più" piagnucolai, sdraiandomi per terra, abbracciandomi stomaco e gambe e piangendo come un forsennato. Per un po' rimase tutto in silenzio, poi, quando avevo ormai perso la speranza, sentii un cigolio e intravidi un cancello che si apriva in lontananza, da dove uscirono due donne, che mi corsero incontro. Strinsi i denti prevedendo il dolore che avrei provato, strizzai gli occhi e sbattei la ferita contro il terreno arido e roccioso, in modo quasi impercettibile agli occhi degli altri ma fin troppo percettibile per me. Mi si riempirono gli occhi di lacrime e assunsi un'aria di disperato dolore ancora più credibile, in quanto reale, e mi raggomitolai ulteriormente su me stesso tra i singhiozzi, fingendo di non essermi accorto di niente. Le donne mi si avvicinarono, caute, e lanciarono un'occhiata preoccupata prima alle mie bende insanguinate, poi ai miei vestiti strappati ed infangati, e decisero di portarmi con loro. Una di loro si piegò sulle ginocchia e mi posò una mano sulla spalla; finsi di sobbalzare e spostai velocemente il viso dal braccio, facendo correre i miei occhi sgranati lungo i lineamenti dei loro volti. Contrassi il volto in un sorriso e mi asciugai le lacrime con commozione.
"Lo sapevo che.. che c'era qualcuno ad ascoltarmi... Grazie, grazie mille..." mormorai stringendo le labbra in un ultimo scatto di gratitudine, poi pretesi di svenire. E loro ci credettero.



Quando mi "svegliai", non avevo più la giacca addosso ed ero disteso su un lungo divano di un verde militare piuttosto stinto, con una borsa del ghiaccio sotto il collo e delle bende pulite attorno alla testa. Le due donne non erano nella stanza, così ne approfittai per far emergere meglio una delle cuffiette, che avevo in precedenza infilato sotto la maglietta, facendola passare per un buco e incastrandola là in mezzo, in modo da assicurare sempre una visuale abbastanza decente ai miei amici. Socchiusi gli occhi, udendo uno scalpiccio di passi, e pochi secondi dopo una donna sulla ventina irruppe nella sala, stringendo tra le mani una pezza inumidita d'acqua tiepida con cui lavarmi via lo sporco dalla faccia. Finsi di svegliarmi proprio in quel momento e lei abbozzò un sorriso imbarazzato, dopo un attimo di puro panico, e si allontanò da me, permettendomi di tirarmi a sedere. Mi portai una mano alla testa e mugugnai.
"Dove... dove sono?" domandai, lasciandomi scappare un gemito di dolore nello sfiorare la ferita appena disinfettata. La donna scattò verso di me e mi strinse forte la mano, facendomi sussultare. La guardai con gli occhi sgranati e lei cercò di sembrare meno tesa di quanto fosse.
"Non devi toccarti la testa o la ferita non si cicatrizzerà mai" mi avvertì frettolosamente, come a scusarsi del suo comportamento istintivo e inspiegabile, poi mi lasciò la mano e io la abbassai, confuso.
"Io mi chiamo Alicia, comunque" si presentò, spostandosi una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio.
"Gerard, piacere" dissi a mia volta, incerto sul doverle stringere la mano o meno. Lei decise di no.
"Sei pieno di graffi, Gerard. Ti senti bene?" mi domandò, guardandomi dritto negli occhi.
"Sì, be', più o meno
biascicai. – Diciamo che non sono fatto per i boschi, ecco"
Rise della mia pessima battuta e la sua risata cristallina mi piacque, così abbozzai un sorriso.
"Ma toglimi una curiosità, che ci facevi in mezzo alla foresta?" mi chiese dunque.
"Be', ecco, vedi, stavo passeggiando per passare il tempo e a un certo punto mi sono allontanato troppo dal sentiero. Ho provato a tornare indietro, ma non riuscivo proprio a ritrovare la strada, così ho finito col perdermi ancora di più e sono finito qui. Più o meno. Diciamo che da sud arrivavano degli strani rumori e mi sono spaventato, così ho perso il controllo di me stesso e ho cominciato a correre all'impazzata verso nord. Ho avuto parecchia fortuna a finire qui" spiegai, torturandomi le dita.
"Be', caspita, sembri più morto che vivo" commentò lei, accennando ai miei abiti in pessime condizioni.
"In effetti sono ore che giro" ammisi, imbarazzato.
"Oh. E non sei stanco?" chiese ancora, piegandosi verso di me.
"Infatti sono svenuto" le ricordai con un sorriso, facendola arrossire per la domanda stupida.
"Ah, già, hai ragione, scusa" esclamò tutto d'un colpo, coprendosi la bocca con la mano.
"Immagino che tu ti senta a disagio così conciato, vado a prenderti qualcosa di mio fratello, così potrai cambiarti. Tu intanto va a farti una doccia, così ti riprendi un po' da questa brutta esperienza" trillò convinta, prendendomi per una mano e tirandomi in piedi prima ancora che potessi dire qualcosa.
"Il bagno è da questa parte, vieni" mi avvisò, portandomici davanti.
"Dentro troverai degli asciugamani puliti, usa pure quello che preferisci. Il phon è lì sulla mensola, se ti serve una qualsiasi cosa dimmi pure, sarò felice di aiutarti" cinguettò, sfoggiando un enorme sorriso. Non ebbi neanche il tempo di aprir bocca che lei era già trotterellata via, presumibilmente verso la camera del fratello alla ricerca di un paio di vestiti per me. Rimasi lì spiazzato per un paio di secondi, poi mi lanciai un'occhiata attorno e mi avventurai verso la direzione in cui era sparita lei, inquadrando il più possibile quel corridoio lungo ed eccentrico, pieno di quadri, ninnoli e chincaglierie d'altri tempi, e mi chiesi dove diavolo fossi capitato. Mi era ben chiaro che infilare le cuffie e ascoltare i consigli degli altri era a dir poco impossibile, vista l'iperattività della mia ospite, quindi potevo contare solamente su me stesso. Presi un respiro profondo e mi fermai davanti a una porta di legno di ciliegio, che sembrava molto più spessa del normale, e mi preparai ad aprirla, quando all'improvviso spuntò fuori Alicia.
"Gerard! Ehi, sono qui!" mi chiamò, avvicinandosi a me sventolando freneticamente la mano.
"Scusa se ti ho lasciato lì così, ecco il tuo cambio" sorrise, mettendomi in braccio un paio di vestiti.
"Credo siano della tua misura, in fondo mio fratello è alto più o meno quanto te" aggiunse.
"Grazie mille" mormorai un po' perplesso, alzando lo sguardo ed incontrando il suo, raggiante di allegria.
"A-allora io vado" affermai, indicando il bagno con il dito. Lei annuì e mi salutò con la mano, così mi voltai e rifeci tutto il percorso al contrario, esitando un momento sulla soglia della sala, voltandomi a guardarla. Era ancora lì, e il suo sorriso sembrava ancora più grande di prima. Mi sentii scuotere da un brivido e mi chiusi la porta alle spalle, girando due volte la chiave. Non ne capivo bene il perché, ma quella ragazza m'inquietava, e così faceva la sua casa. Mi lanciai un'occhiata attorno e mi sentii invadere da un senso di disagio, così aprii l'acqua e feci tutto il possibile per lanciarmi il prima possibile sotto il suo getto bollente.


Appena uscito dalla doccia, effettivamente, mi sentii davvero molto meglio. Lo shock dell'interrogatorio, del video e ora dell'incontro con quella pazza scatenata se n'era andato con calma, scivolando via assieme al sapone, e mi sentivo più carico, rinato. Era stata una giornata pesante ed era ancora lontana dal finire, quindi quella pausa sotto l'acqua mi era stata davvero d'aiuto, sebbene all'inizio ero un po' scettico. Anche perché, diciamocelo, chi è che fa entrare uno sconosciuto in casa sua e poi insiste perché si faccia la doccia, quando non puzza o niente? Okay che avevo i vestiti strappati e un po' laceri, ma il fatto che mi c'avesse spedito senza neanche chiedere mi aveva lasciato spiazzato, perplesso, e mi aveva dato molto da pensare, mentre mi toglievo i nodi dai capelli. Era una ragazza strana, poco ma sicuro, ma forse potevo sfruttare la cosa a mio vantaggio e farmela amica, visto che non sembrava neanche poi così antipatica. Carina era carina, suppongo, ma quello non significa niente. Aveva la faccia allegra e la parlantina facile, e queste ultime cose me la facevano vedere come una ragazza aperta e spensierata, una sognatrice che crede ancora che al mondo esistano i principi azzurri e i lieto fine, una ragazza che pensa sempre positivo, qualunque cosa accada. Avevo davvero intenzione di fare amicizia con lei, solo che allo stesso tempo mi metteva un po', come dire?, non paura, non ansia, ma mi comunicava un misto di sensazioni che passava in continuazione dallo spiacevole al piacevole, e non sapevo come comportarmi in sua presenza.
Uscii dal bagno con titubanza e mi guardai intorno, senza ricordarmi da dove ero arrivato, da dove era sparita lei o dove avevo visto la gigantesca porta di ciliegio, e mi sentii smarrito come non mai. Respirai a fondo, mi morsi il labbro e imboccai il corridoio che portava verso destra, il più austero e meno pieno di ritratti di famiglia
– che trovavo orribili e inquietanti – tra i due, e lo percorsi finché non m'imbattei in un'altra porta, stavolta di dimensioni normali, dalla quale proveniva un flebile vociare. Mi domandai cosa fosse e bussai sul legno con le nocche, senza ricevere risposta, così provai a chiamare la mia amica un paio di volte, per capire se si trattasse di lei o dell'altra donna che avevo scorto qualche ora prima. Niente. Improvvisamente tutti i suoi avevano cessato di esistere e l'unico rumore che riuscivo a udire era quello del mio respiro che s'infrangeva contro il legno nodoso e levigato.
"Alicia? Alicia, sei tu?" riprovai, dopo aver bussato un'altra volta, con più decisione.
"Ehm, Alicia? Tutto bene?" domandai. Non ricevetti risposta, così deglutii, sistemai meglio le cuffiette in modo da riprendere meglio la scena e misi una mano sulla maniglia, pronto a girarla.
"Gerard! Eccoti finalmente!" esclamò lei dall'altra parte del corridoio, facendomi sobbalzare.
"A-Alicia, c'è qualcuno qui" osservai, indicando la stanza.
"Ma che dici, non c'è nessuno" ribatté lei, scuotendo la testa e guardandomi come se fossi pazzo.
"Eppure giurerei
.." provai a obiettare, ma lei mi posò un dito sulle labbra.
"Shh" mi intimò, allontanandosi a passi pesanti. Un paio di minuti e il brusio ricominciò. Guardai la ragazza come a dire 'hai visto?' e lei tornò da me in punta di piedi, stupita almeno quanto lo ero io.
"Non è possibile" sussurrò, gli occhi sgranati e i muscoli irrigiditi. Misi nuovamente la mano sulla maniglia e la guardai negli occhi, aspettando il suo permesso per aprire la porta e saltar dentro, e lei annuì. Il grido che la persona all'interno della stanza fece quando mi vide è qualcosa che non dimenticherò mai.
   
 
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